Diario (della crisi) - Le pillole rosse del 4/12/2009

  1. “Diario, in edicola l’ultimo numero“, Corriere della Sera (articolo non disponibile on line). Dicembre si sta rivelando un mese particolarmente crudele. Soprattutto per l’editoria italiana. In queste settimane - come ha ricordato anche oggi il “Corriere della Sera”, in un breve trafiletto - è in edicola l’ultimo numero del mensile “Diario”. L’ultimo non in senso cronologico. Ma in senso stretto. Il mensile - nato come supplemento del quotidiano piddino “L’Unità” - chiude. Fondato 13 anni fa su iniziativa del suo direttore storico, Enrico Deaglio (famoso soprattutto per un’inchiesta su presunti - aniz, molto presunti - brogli elettorali a favore di Forza Italia), il settimanale non ha retto il peso della crisi economica e del non entusiasasmante successo in edicola. Anzi, per la precisione e per usare le parole del suo editore, Luca Formenton: “Purtroppo il difficile momento economico e le risorse limitate non ci consentono di proseguire”. Amen.
  2. “Gli Altri diventa settimanale“, Il Fatto quotidiano (articolo non disponibile on line). E dopo soli 7 mesi e 176 numeri, anche il neonato quotidiano “Gli Altri” si ritrova alle prese con conti non proprio esaltanti. Di qui la decisione - comunicata in un editoriale dal suo direttore, Piero Sansonetti - di trasformare il giornale in un settimanale (a partire dal 18 dicembre). Perchè? Perchè così - come ha scritto Sansonetti, che, prima di fondare “Gli Altri”, per anni e con nonchalance si era diviso tra la guida di “Liberazione”, quotidiano di Rifondazione comunista e il salotto tivù di Bruno Vespa - si diceva: perchè così si risparmia. “Dunque - ha spiegato Sansonetti - le cifre sono queste. Il nostro quotidiano ha un costo di 180mila euro al mese. Di questi 180mila euro, i due terzi se ne vanno per la stampa e la distribuzione. (…) Con la scelta del settimanale abbassiamo radicalmente i costi e questo ci consente di portare i conti in pareggio. Per ora ripartiamo da qui”. Per ora. Poi - e visto l’andazzo è meglio non fare previsioni - si vedrà.
  3. “Soru cerca un nuovo proprietario per L’Unità”, Il Fatto quotidiano (articolo non disponibile on line). Già, perchè l’andazzo è quello che è. E perfino il quotidiano piddino “L’Unità” non naviga in acque quiete. La scorsa primavera l’editore - Renato Soru, fondatore di Tiscali ed ex governatore della Sardegna - aveva imposto un piano di risanamento stile lacrime e sangue: pensionamenti, prepensionamenti e mancato rinnovo del contratto per ben 23 giornalisti precari (tra l’altro proprio mentre il giornale dava battaglia in nome dei tanti lavoratori precari italiani, con articoli e inchieste una più lacrimevole dell’altra). E i conti - che prima erano in rosso come la storica testata - sono tornati (almeno in parte) in ordine. Ora però, Soru non ha più intenzione di mettere mano al portafoglio per aiutare il giornale a svilupparsi. Anzi: il giornale, lo vorrebbe proprio vendere. Ma causa crisi - così scrive il Fatto, concorrente de L’Unità a sinistra - non trova compratori.

Insomma. Per carità, il 2009 è stato un anno nero per tutti. E anche la grande stampa americana e anglosassone ha patito (e sta paendo) non poco. Ma sta di fatto che nel Belpaese - nell’anno più nero per i fautori del libero mercato e del turbocapitalismo; e mentre rimbomba un coro di critiche contro i media di regime “berlusconiani” e “filoberlusconiani” - a patire sono proprio i giornali della “sinistra storica”. Una cosa che dovrebbe dare da pensare. Soprattutto alla sinistra storica.

http://bamboccioni-alla-riscossa.org/?p=4896

Il gioco dei tassi

Evviva! Il report dell'Agenzia del Lavoro (BLS) uscito oggi ci dice che negli Stati Uniti a Novembre la disoccupazione è scesa dal 10,2% di ottobre al 10,0%
The unemployment rate edged down to 10.0 percent in November, and nonfarm payroll employment was essentially unchanged (-11,000)
Ma se il totale del numero degli occupati è rimasto lo stesso, o è diminuito di sole 11.000 unità, dove è andato a finire quello 0,2% di disoccupati? La spiegazione, nascosta, è sempre nel rapporto della BLS, più sotto.
The number of long-term unemployed (those jobless for 27 weeks and over) rose by 293,000 to 5.9 million. The percentage of unemployed persons jobless for 27 weeks or more increased by 2.7 percentage points to 38.3 percent.
Capito? Il numero dei disoccupati di lungo periodo (quelli senza lavoro da oltre 27 settimane) è cresciuto di 293.000 unità arrivando a 5,9 milioni. La percentuale dei disoccupati per 27 o più settimane è cresciuta di 2.7 punti percentuale al 38.3 per cento. E allora, direte voi, dov'è la spiegazione dell'arcano? Perchè è diminuito il tasso di disoccupazione? Perchè è diminuito il tasso di coloro che fanno parte della forza lavoro in quanto è diminuita la popolazione della forza lavoro. La forza lavoro negli Stati Uniti è diminuita di 98.000 unità. Il numero di coloro che non fanno più parte della forza lavoro è aumentato di 291.000. Il totale della popolazione attiva è pari a 153.877 + 82.866. Il tasso di coloro che fanno parte del mercato del lavoro è pari al 65%. Vi ho confuso ancora di più le idee? In tal caso chiedo scusa, ma c'è qualcuno che sia mai realmente riuscito a spiegarvi il gioco delle tre carte?

VOLA ALTO L'AQUILA AMERICANA, NELL'INVERNO DELL'ECONOMIA!

Bisogna ammettere che i dati di oggi sull'occupazione sono sorprendenti e che chiunque abbia a cuore l'anima e non il numero di persone che hanno perso il loro lavoro in questi ultimi anni di grande crisi, non può che esserne contento.

Questa è una buona notizia! Ho spesso sostenuto in passato l'inattendibilità dei dati macroeconomici in generale che si tratti di America o Europa non importa.

Nonostante i vari ISM e gli INITIAL CLAIMS abbiano segnalato una realtà profondamente diversa, non ho elementi da poter discutere e mettere in dubbi questi dati sino a quando non verranno revisionati nel tempo tra qualche mese o qualche anno.

Alcune perplessità sorgono rispetto ai più affidabili sussidi di disoccupazione che solo nella loro media a quattro settimane al di sotto delle 400.000 unità storicamente testimoniano la possibilità di ritornare a creare lavoro in maniera strutturale e non temporanea come è accaduto in questo mese di novembre, occupazione finalizzata alle dinamiche dell'ultimo mese dell'anno, mese fondamentale per i consumi.

Sorprendente è inoltre l'incredibile forbice che esiste tra una sistema di rilevazione spesso inattendibile come la ADP che misura il settore privato e quello governativo del BLS, 169.000 vs 11.000, sorprendente davvero!

Come più volte osservato, il BLS nel mese di febbraio comunicherà una importante revisione negativa di circa 824.000 posti di lavoro nella realtà delle cose, frutto nella maggior parte dei casi di uno degli strumenti utilizzati per rilevare l'imponente mercato del lavoro americano, ovvero il modellino statistico stagionale CES/NET B/D model. nell'occasione l'unfluenza del dato in questione, ovvero quello del B/D Model ha influito in maniera marginale rispetto al passato, il che mi fa dire che probabilmente se verrà confermato il prossimo mese, d'ora in poi potrebbe influenzare questa volta in maniera negativa un'eventuale dinamica positiva dell'occupazione americana.

Come abbiamo più volte visto il B/D model è un modello statistico che si richiama alle tendenze degli ultimi anni, senza essere in grado di assecondare le svolte economiche, togliendo o aggiungendo minori posti di lavoro rispetto alla realtà!

Un'altra perplessità è relativa alle dichiarazioni degli ultimi mesi da parte di molti governatori delle varie Federal Reserve regionali che segnalavano come lungo il cammino dell'occupazione per uscire dal lungo tunnel della Madre di tutte le crisi avrebbe costretto la stessa Federal Reserve a tenere bassi i tassi di interesse per lungo tempo. La reazione del dollaro, fa pensare che a breve qualcuno incomincerà ad urlare la necessità di un rapido aumento dei tassi per evitare un ritorno del solito fantasma dell'inflazione. Probabilmente con il tempo chissà che gli amanti delle exit strategist non incomincino a trovare buone motivazioni da un dato che in fondo assomiglia ad una rondine in pieno inverno.

Nella glaciale deflazione di questo tempo, non basterà il lanciafiamme dell'inflazione finanziaria, non cambio idea, l'occupazione subirà un strutturale ridimensionamento.

Inoltre quale fretta e per quale motivo Obama ha convocato un tavolo permanente per occuparsi delle condizioni del mercato del lavoro se questi ultimi dati in realtà riflettono una dinamica effervescente di un mercato che ha subito una sostanziale depressione nell'economia reale?

(AGI) - Washington, 4 dic. - I dati sul mercato del lavoro Usa a novembre dimostrano che finalmente l'economia statunitense sta maturando quei "progressi di cui c'era grande bisogno" e che il Paese "si sta muovendo nella giusta direzione". Il commento e' del portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, che ha comunque escluso che il presidente Barack Obama possa annunciare gia' in occasione di un discorso sui temi economici in agenda martedi' prossimo un secondo piano di stimoli. - (AGI) - Allentown, 4 dic. - Il presidente statunitense Barack Obama non nasconde la sua soddisfazione per i buoni dati registrati dal mercato del lavoro Usa a novembre ma invita a non lasciarsi andare a facili ottimismi. "La strada per la ripresa e' ancora lunga", avverte parlando ad Allentown, in Pennsylvania, un'area duramente colpita dalla recessione. "Dobbiamo fare tutto cio' che di responsabile possiamo per spingere i nostri imprenditori a tornare ad assumere". - (Via Wall Street Italia )

Se qualcuno vuole convincermi che la Federal Reserve e il Tesoro americano non sanno in anticipo i dati riferiti all'occupazione, perde il suo tempo.

fonte: BLS

E' stata dimezzata la perdita di posti di lavoro nell'edilizia, soprendentemente nei mesi invernali, mentre nei mesi favorevoli come la primavera e l'estate le perdite sono state molto più sensibili, l'industria manifatturiera ha continuato a distruggere posti di lavoro, mentre quasi 60.000 nuovi posti sono stati creati dall'industria dei servizi terziari contro una perdita uguale nello scorso mese. Quasi 70.000 posti di lavoro sono stati inoltre creati dal servizi professionali con altri 40.000 che provengono dalla sanità. Servizi al dettaglio e servizi professionali hanno contribuito in maniera determinante a questo buon risultato.

I posti di lavoro temporanei nella sostanza riferiti ai Professional & Business Services sono stati la punta di diamante di questo nuovo ed entusiasmante volo d'aquila dell'economia americana.

Migliora inoltre il computo delle ore settimanali lavorate, dimostrando se mai ve ne fosse bisogno che gli impreditori americani prima di ricominciare ad assumere allungheranno le ore lavorative dei propri dipendenti a part-time.

Stabile la forza lavoro, il livello di partecipazione mentre resta sullo stesso livello il numero delle persone che sono costrette a lavorare a part-time a causa delle condizioni economiche.

Secondo lo stesso BLS siamo di fronte ad un nuovo recor di quasi 6000 lavoratori che sono senza lavoro da ormai più di 26 settimane.

Un'ultima ed importante considerazione andrebbe fatti in riferimento all'occupazione dei servizi di ristorazione, uno dei migliori termometri della fiducia delle famiglie per un ritorno alla normalità, ovvero l'uscire per mangiare al ristorante., ma in questo caso le notizie non sono buone, le perdite di lavoro proseguono.

Complessivamente si tratta di una buona notizia, anche se non basta per farmi cambiare idea sulla reale situazione dell'economia americana e mondiale, una situazione che resta strutturalmente inserita in un processo di cambiamento epocale.

Per Paul Krugman una buona notizia è una cattiva notizia, in quanto un numero non troppo brutto contribuirà ad attenuare il bisogno di urgenza, l'urgenza di preoccuparsi per la vera emergenza di questa crisi, ovvero l'occupazione.....una tragedia avvolta in uno strano compiacimento.

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Postato da: icebergfinanza a dicembre 04, 2009 17:34 | link | commenti (2)

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http://icebergfinanza.splinder.com/post/21818759/VOLA+ALTO+L%27AQUILA+AMERICANA%2C+

NATALE: CONSUMATORI; RINCARI IN ARRIVO E CALO ACQUISTI 23%

(ANSA) - ROMA, 4 DIC - E' in arrivo un Natale ''surgelato'': gli italiani ancora alle prese con la crisi terranno stretti i cordoni della borsa. E' quanto emerge dalle indagini dei consumatori che stimano un calo del 23% degli acquisti per le festivita'. I prezzi in rialzo per cenone e addobbi non aiuteranno la ripresa dei consumi. E anche se le vacanze diventano in alcuni casi piu' convenienti, rispetto allo scorso anno, l'84% rimarra' a casa. Secondo l'Osservatorio nazionale Federconsumatori brindare sotto Natale costera' di piu', basti pensare che in media rispetto allo scorso dicembre il prosecco e' salito del 10% (7,60 euro). Anche il classico albero e' rincarato, segnando il 16% in piu' rispetto al Natale del 2008 (48 euro). Mentre passare qualche giorno fuori conviene se si sceglie una capitale europea (-2,4%), una beauty farm (-7,4%) o l'altro emisfero per un viaggio al caldo (-7,2%). Tuttavia, secondo uno studio dell'Adoc solo due italiani su dieci partiranno durante le vacanze natalizie e chi decide di lasciare le mura domestiche comunque andra' al risparmio, infatti la spesa media non superera' i 700 euro. (ANSA).

Sul filo del rasoio

di Andrea Ferrario

A Milano la bolla finanziaria e immobiliare è stata messa in standby. Da Risanamento salvata (per ora) dal fallimento, fino agli aumenti di capitale, alle fusioni societarie e agli esercizi provvisori del bilancio, si sta cercando di mettere in qualche modo una pezza a una situazione che permane pesantissima e appare ancora senza vie di uscita. Un aggiornamento del nostro speciale in tre puntate “La bolla che deve ancora scoppiare”.

La bolla immobiliare e finanziaria milanese che deve ancora scoppiare (si veda il nostro speciale in tre puntate: Parte 1, Parte 2, Parte 3) continua a pendere come una spada di Damocle sulla città. Gli sviluppi dell’ultimo mese vanno quasi tutti in un’unica direzione, quella degli sforzi per mettere una pezza temporanea a una situazione potenzialmente esplosiva. Da Risanamento che è stata salvata dal fallimento, ma viene tenuta sotto stretta osservazione, all’aumento di capitale di Citylife che evita l’arresto dei cantieri, ma non garantisce la futura realizzazione del progetto, alle spese autorizzate dal Cipe per Expo e Pedemontana, che non costituiscono però un’effettiva erogazione dei fondi, alle manovre per porre rimedio in qualche modo ai problemi di Pirelli Re e a quelli dell’immobiliare Statuto, fino a quelle del Comune per tappare i grandi buchi apertisi nel bilancio, tutto parla di un frenetico lavoro per rimandare nel tempo lo sgonfiarsi della bolla. Nel momento in cui scriviamo il mondo finanziario globale trema per il possibile crack del Dubai e per i suoi 59 miliardi di debiti, un segno che la crisi è ancora molto lontana dall’essersi esaurita – anche se nessuno lo dice, la bolla milanese non è poi così lontana, in termini di volumi di denaro in gioco, da quella dell’emirato arabo.

RISANAMENTO SOTTO OSSERVAZIONE

Cominciamo la nostra rassegna degli sviluppi più recenti dal caso più rilevante, quello di Risanamento. Il 10 novembre il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta di fallimento per la società immobiliare di Luigi Zunino, ritenendo che il piano di salvataggio delle banche sia idoneo a escludere lo stato di insolvenza. Un giro di parole dei giudici illustra tuttavia chiaramente come dietro alla decisione di non avviare il fallimento ci sia comunque una forte dose di incertezza: l’ipotesi di vendere le aree Falck a Sesto San Giovanni per 450 milioni e di cedere un’ampia quota di Santa Giulia vengono definite dai giudici “non manifestamente illogiche”, una frase alquanto tortuosa, come d’altronde un’altra frase, e cioè il “non appaiono poco probabili” usato in relazione alle ipotesi sulla capacità del piano delle banche di generare liquidità a breve termine. I giudici hanno poi riconosciuto che la richiesta di fallimento dei pm ha “inibito l’eventuale tentazione di ricorrere a metodi estemporanei o poco trasparenti di composizione della crisi”, parole che, seppure indirettamente, sono molto pesanti nei confronti delle banche. Inoltre, come osserva il Sole 24 Ore, la decisione del tribunale resta avvolta da incertezza: d’ora in avanti “sarà necessario un monitoraggio costante della società” e saranno i pm, continuano i giudici, che dovranno effettuare “un’attenta vigilanza sulla regolare attuazione degli accordi di ristrutturazione”. Frasi che equivalgono a dire che le banche hanno ottenuto il respingimento del fallimento, ma saranno sottoposte alla stretta sorveglianza dell’ufficio dei pubblici ministeri. D’altronde, come prosegue lo stesso quotidiano, il decreto dei giudici sottolinea che rimangono per il futuro “inevitabili fattori di rischio”, come l’andamento dell’economia e del settore immobiliare o le inchieste giudiziarie che hanno interessato Santa Giulia – tant’è che i giudici mettono le mani avanti sottolineando che il tribunale si limita a considerare “le circostanze fin qui documentate” e non può prevedere il futuro. La Repubblica si spinge ancora più in là commentando: “come dire che il fallimento, schivato oggi, potrebbe anche essere nuovamente chiesto in futuro”.

La pubblicazione dei conti di Risanamento al terzo trimestre 2009, solo pochi giorni dopo la decisione dei giudici, ha non a caso portato alla luce un notevole peggioramento della posizione della società. La perdita netta è di oltre 213 milioni di euro, in peggioramento del 26% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre il risultato operativo è calato addirittura del 112%. La posizione finanziaria netta è in profondissimo rosso e in peggioramento: -2,85 miliardi di euro rispetto ai -2,63 del 2008. Intanto la holding personale di Zunino ha deciso di mettere sul mercato immobili, per la maggior parte a Milano, al fine di fare fronte a parte del debito verso le banche. Sul mercato dovrebbero quindi riversarsi vendite per 194 milioni di euro, che copriranno solo parte dei 431 milioni dovuti agli istituti finanziari, che hanno già messo in conto una perdita del 55%. Nel frattempo è stato deciso che Risanamento sarà guidata da Claudio Calabi, che lascia la poltrona di ad del Sole 24 Ore, mentre per sbloccare la situazione di Santa Giulia, resa ancora più complicata da alcuni articoli del Giornale in cui si avanza l’ipotesi che i terreni su cui è stata costruita non siano stati bonificati a norma, vengono avanzate due soluzioni: la creazione di un fondo immobiliare e l’intervento di soccorso del Comune di Milano con la decisione di insediarvi la “cittadella della giustizia” in modo tale da aumentarne l’appetibilità. In questi giorni in cui gli Emirati arabi sono sull’orlo del crack (guarda caso, originato dalla speculazione immobiliare) sorge poi spontaneo a proposito di Risanamento un pensiero davvero malizioso: meno di un anno fa per la società di Zunino sembrava imminente l’uscita dalla crisi tramite la vendita delle aree e del progetto Falck al fondo Dubai Limitless (un “limitless”, cioè “senza limite”, che alla luce degli ultimi sviluppi suona alquanto inquietante…), ipotesi poi rientrata all’ultimo secondo. Cosa ne sarebbe oggi di quell’enorme area e di quel progetto miliardario, con Dubai che sta andando a picco? Su tutta la vicenda Risanamento ha scritto parole molto precise e dure Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera dell’11 novembre: “La fine dell’impero di Luigi Zunino pone una questione più generale: la bolla edilizia, chi l’ha alimentata e finanziata, chi aveva la cultura per denunciarla e invece discetta degli alberi in piazza del Duomo. La bolla edilizia non è un affare da furbetti del quartierino. E’ la conseguenza della privatizzazione non dichiarata dell’urbanistica. [...] Gli immobiliaristi hanno avviato progetti assai ambiziosi nel quadro di piani di governo del territorio (i piani regolatori generali di un tempo) che prevedono grandi aumenti delle volumetrie. Strumenti urbanistici e investimenti privati sono il risultato di trattative tra giunte, costruttori e immobiliaristi, con i consigli comunali imbrigliati dal conformismo di maggioranza blindate e opposizioni ideologiche o cooptate, dunque incapaci di esercitare il controllo. [...] E le banche credono all’incredibile prima perché la rendita fondiaria in tal modo creata rivaluta le garanzie ricevute dalle vecchie industrie, e poi perché, per interposti Zunini, entrano nella gestione delle città. E le star dell’architettura, immemori dell’urbanistica, firmano e tacciono sulla sostenibilità dei progetti”.

UNA NUOVA POTENZIALE MINA

Messa in standby la bomba a orologeria della Risanamento spunta subito una “nuova potenziale mina da almeno 1 miliardo di euro nei confronti delle banche esposte”, come hanno scritto Luca Fornovo e Gianluca Paolucci sulla Stampa. Si tratta della pesante situazione dell’immobiliarista campano Giuseppe Statuto, che ha interessi soprattutto a Milano. Il suo gruppo, come riferisce il Sole 24 Ore del 21 novembre, è in difficoltà e ha un’esposizione di 1,2 miliardi di euro nei confronti del Banco Popolare, che è giunto a un’intesa con l’immobiliarista per dimezzarla a 648 milioni. Prima dello scoppio della bolla Statuto aveva inoltre contratto debiti per 250 milioni di euro con Merrill Lynch per l’acquisto dell’hotel Four Season a Milano e per 400 milioni di euro con l’ex Lehman Brothers per alcuni sviluppi immobiliari nella capitale lombarda. Ma ora Statuto non riesce a fare cassa vendendo i propri immobili a un prezzo soddisfacente per fare fronte ai suoi debiti. A inizio novembre sono stati poi pubblicati i dati di Pirelli Re per il primi nove mesi del 2009, dopo l’aumento di capitale e l’ottenimento di nuove linee di credito per 320 milioni di euro. Nel corso dei tre trimestri Pirelli Re ha perso quasi 58 milioni di euro rispetto ai quasi 13 dello stesso periodo 2008, mentre il risultato operativo è passato da un utile di 22,4 milioni a un passivo di 30,2 milioni. A metà novembre è stato ufficialmente annunciato che è allo studio una fusione di Pirelli Re con la Fimit (Fondi Immobiliari Italiani) guidata da Massimo Caputi (su di lui, e in generale sul connubio banche-mattone si veda l’inchiesta “Banche al ballo del mattone” di Vittorio Malagutti, pubblicata dall’Espresso). Pirelli si libererebbe così dal suo braccio immobiliare in difficoltà, che ha in gestione un portafoglio di asset immobiliari da 5,7 miliardi di euro, che insieme a Fimit (gestisce 13 fondi immobiliari per un totale di 4,7 miliardi di euro) darebbe vita a una grande società di finanza immobiliare concentrata prevalentemente sulla gestione e i servizi. Fimit ha come propri soci quattro grandi enti di previdenza, che vanno dall’Inpdap, dipendenti pubblici e 3,6 milioni di iscritti, ad altri enti previdenziali del settore commercio, sport e spettacolo, ingegneri e architetti che hanno un totale di 700.000 iscritti. Le casse di previdenza corrono non pochi rischi puntando sulla finanza immobiliare. Lo testimonia il caso di Fasc Immobiliare, veicolo della cassa di previdenza degli spedizionieri che gestisce svariati immobili di pregio a Milano e che fa affari tra gli altri con il Gruppo Statuto. Attualmente i debiti finanziari verso Fasc ammontano a ben 173 milioni di euro.

CITYLIFE COSTA CARA

Meno di un paio di settimane prima della decisione dei giudici relativa a Risanamento si sono avuti due nuovi sviluppi, apparentemente positivi, anche per Citylife. Il 28 ottobre il cda della società che gestisce il progetto sull’area ex Fiera ha deciso un aumento di capitale di 105 milioni di euro, una decisione che deve essere costata molta fatica ad alcuni dei soci, come Ligresti e Toti, che sono a corto di liquidi. Ma non c’era alternativa, perché il rischio era il fermarsi dei cantieri nel giro di un mese (cioè proprio nei giorni in cui scriviamo). Ora si potranno realizzare due dei blocchi residenziali per avviarne le vendite, sperando che vadano bene. Sulle famose tre torri invece rimane il punto di domanda, non è più sicuro che si facciano, dipenderà dalla liquidità disponibile. Le banche intanto hanno chiesto nuove garanzie per l’aumento del loro prestito, scrive la Repubblica del 31 ottobre: “un’estensione dei pegni sulle azioni Citylife e un aumento dei tassi da 145 a 200 punti base sopra l’Euribor “. Inoltre, secondo lo stesso quotidiano, la banca tedesca Eurohypo starebbe pensando di sfilarsi dall’operazione. Contemporaneamente all’aumento di capitale Citylife ha ottenuto un’apparente vittoria ottenendo il via libera definitivo al progetto, in conseguenza del respingimento di due ricorsi presentati da comitati della zona. Il Tribunale amministrativo regionale ha infatti deciso che sull’area è possibile costruire con indici di cubatura più alti che nel resto della città (1,15 invece di 0,65). Il cantiere non verrà quindi bloccato, ma per Citylife si apre un ulteriore onere da affrontare. Il Comune è stato infatti troppo “morbido” nel calcolare la monetizzazione degli standard, cioè dei servizi che Citylife sarebbe stata tenuta a costruire, ma che sono stati sacrificati a vantaggio delle aumentate volumetrie. Palazzo Marino ha calcolato la monetizzazione come pari a 43 milioni di euro, secondo il tribunale il calcolo giusto è 163 milioni di euro, una differenza di 120 milioni che rischia di andare subito a mangiarsi per intero l’aumento di capitale da parte dei soci Citylife. Tra l’altro la magistratura ha avviato un’inchiesta penale proprio sulla monetizzazione degli standard. Non sembra invece risentire della crisi il progetto Porta Nuova-Garibaldi, sul quale però va riscontrato anche una generale mancanza di interesse dei media, tutti presi dalle ultime emergenze, e quindi una carenza di informazioni aggiornate. In un’intervista rilasciata a Milano Finanza il 31 ottobre, Manfredi Catella, direttore del ramo italiano del gruppo immobiliare americano Hines, protagonista del progetto, parla del conferimento delle aree e dei progetti da realizzarsi in zona (tre lotti: Porta Nuova-Garibaldi, Porta Nuova-Varesine e Porta Nuova-Isola) a dei rispettivi fondi immobiliari. Per il secondo, riferisce Catella, ci sono già 300 prenotazioni (non si capisce però su quante unità previste): in realtà la cifra fornita non ha pressoché rilevanza al fine di prevedere quale sarà l’esito dell’operazione, perché chi prenota versa una cauzione di 5.000 euro che, in caso di rinuncia, gli verrà interamente restituita, quindi prenotare non costa pressoché nulla e pertanto non è sufficientemente vincolante. Secondo le parole dello stesso manager i fondi immobiliari di Hines mirano in particolare a catturare il patrimonio delle casse previdenziali e dei fondi pensione, riguardo ai quali rimandiamo alle considerazioni formulate più sopra.

EXPO E PEDEMONTANA, FINANZIAMENTI IN ALTO MARE

A inizio novembre il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha autorizzato circa 5,8 miliardi di euro di spese per le opere fondamentali e quelle connesse dell’Expo 2015, su 9 miliardi complessivi approvati dal Cipe stesso per l’intera Italia (alla faccia di chi gridava qualche mese fa che tutti i soldi vanno a Roma o a Catania…). Di questi, 1,2 miliardi riguardano le due linee della metropolitana da realizzarsi, con la sanzione definitiva della cancellazione del progetto della linea 6 e lo spostamento di circa metà dei relativi fondi sulla linea 4. Più precisamente, la linea 5 verrà portata a termine in project financing (soluzione che prevede investimenti in larga parte di privati, ma il più di volte con una formula di garanzia pubblica sui redditi da generarsi e quindi con forti rischi per il pubblico) con la copertura da parte dello stato di 384 dei 657 milioni necessari, mentre per la linea 4 ci sarà una copertura statale di 400 milioni su 910 milioni di costi previsti per il secondo lotto, mentre per il primo (da S. Cristoforo a Linate, 790 milioni di costi previsti) il Comune di Milano dovrà indebitarsi per 550 milioni di euro e il governo dovrebbe pertanto varare un’apposita deroga al patto di stabilità. I politici hanno tra le altre cose presentato l’autorizzazione di spesa da parte del Cipe come se fosse un’erogazione di fondi. In realtà non è così, si tratta solo di una decisione di programmazione e non c’è nessuna garanzia che i fondi verranno effettivamente erogati (come vedremo più sotto anche per il caso della Pedemontana). Per quanto riguarda la voce spese per l’Expo 2015 sono in arrivo dolori per le amministrazione pubbliche. Passata la sbornia dello sbandieramento ideologico dell’Expo come bacchetta magica per lo sviluppo per Milano arriva il conto da pagare: Regione, Provincia e Comune dovranno infatti tirare fuori complessivamente la cifra astronomica di quasi 900 milioni di euro per le opere essenziali. Entro il 2010 dovranno infatti presentare “tassativamente” (cioè pena la perdita dell’assegnazione dell’evento) al Bie, l’ente che assegna e supervisiona l’organizzazione della manifestazione, “l’impegno formale a garantire la propria quota di finanziamento di Expo 2015 per la realizzazione dell’intero progetto (2009-2015)”, cioè nel caso dei tre enti la somma summenzionata. Si tratta di un impegno di enorme entità e cade proprio in un momento in cui il Comune di Milano in particolare si trova ad affrontare un grosso buco di bilancio e non può più fare conto su alcune delle sue principali voci di entrata. Rimane poi l’enorme punto di domanda sulla partecipazione dei privati, che dovrebbe essere notevole se si vuole realizzare l’evento: in questo periodo di mancanza di liquidità e di banche che non erogano finanziamenti ci si chiede quanti saranno in grado di gettarsi nell’avventura e con quali garanzie di continuità. A fronte di tutto questo, la società Expo 2015 S.p.A. sta pensando di acquistare direttamente i terreni su cui dovrebbero sorgere le infrastrutture, in modo tale da poterli rivenderli dopo averli “valorizzati”, gettandosi cioè su una operazione di speculazione immobiliare che alle già pesanti uscite aggiunge un ulteriore fattore di rischio finanziario. Rischio che nel complesso è comunque molto alto, se si guarda alle esperienze degli altri: le Expo non sono un buon affare, come ha tra l’altro dimostrato il caso di Saragozza 2008, chiusasi con un pesante passivo per la locale amministrazione municipale. Il commento quindi è che l’Expo 2015, in versione hard, light o “verde”, è solo un’operazione di megaspreco di denaro pubblico (ma anche di denaro privato, che comunque ha sempre ricadute pubbliche, come ci sta insegnando questa crisi) priva di giustificazioni razionali fondate. Il Cipe ha approvato nell’ambito delle opere Expo 2015 anche i fondi per la Pedemontana. Come spiega sul Corriere Economia il giornalista Jacopo Tondelli (già il titolo del suo articolo è eloquente: “Grandi opere: sì ai progetti, i soldi dopo”), “lo ’sblocco’ deliberato dal Cipe per 4,1 miliardi di euro non è l’approvazione di un finanziamento, ma la deliberazione politica definitiva su un piano costi”. I costi vivi dell’opera, come spiega Tondelli, dovrebbero essere pari a 4,1 miliardi, dei quali 1,2 di finanziamento pubblico già erogato e 0,5 già versato dagli azionisti privati (in prima fila, come al solito, Intesa Sanpaolo). Ma alcuni studi rivelerebbero nuove spese in precedenza non preventivate per quasi 1 miliardo di euro, che non sono coperte dal pubblico. Anche in questo caso i politici e molti media hanno dato fiato alle fanfare, ma la situazione dei finanziamenti naviga ancora in alto mare, e si tratta di un mare che in questo momento è duramente colpito dalla tempesta della crisi internazionale.

COMUNE PROVVISORIO

In alto mare anche il bilancio del Comune di Milano, sul quale sono arrivate le prime cifre precise. Per il bilancio preventivo 2010 c’è un buco di 160 milioni di euro, dovuto oltre ai mancati dividendi A2A e alla cancellazione dell’Ici sulla prima casa, di cui avevamo già parlato, anche a un calo degli oneri di urbanizzazione calcolato come pari a 40 milioni di euro. Il risultato è che il bilancio preventivo 2010 non verrà approvato entro fine dicembre, come avviene normalmente, e si passerà alla soluzione di emergenza dell’esercizio provvisorio, cioè andando avanti un mese alla volta limitandosi alla gestione ordinaria, come spiega il Corriere della Sera. Per porre rimedio alla difficile situazione sono state messe a punto soluzioni creative. Palazzo Marino, per esempio, avrebbe dovuto versare 130 milioni di euro all’Atm (che a giudicare dall’impressionante serie di incidenti ne ha proprio bisogno), ma visti i tempi si tratta di una cifra che il Comune fa fatica a esborsare. Così si è giunti a una decisione salomonica: il Comune verserà sì i 130 milioni all’Atm, ma quest’ultima ne distribuirà subito 65 milioni al Comune come dividendi: in pratica i finanziamenti all’azienda di trasporti pubblici sono stati tagliati del 50%. Un giorno avremo quindi l’Expo, ma non un tram che ci garantisca di arrivarci senza deragliare: è questa la filosofia del bilancio comunale. E’ inoltre allo studio la creazione di un terzo fondo immobiliare del Comune, per giungere a un’alienazione di immobili pubblici e fare cassa. Intanto il procuratore Alfredo Robledo ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro banche e tredici persone, di cui undici dirigenti bancari e due funzionari comunali (l’ex direttore generale del Comune e braccio destro di Gabriele Albertini, Giorgio Porta, e il consulente economico, sempre di Albertini, Mario Mauri) con l’accusa di truffa aggravata in relazione al famoso bond da 1,7 miliardi di euro coperto da derivati. Con l’occasione il centrosinistra ha depositato una nota in cui si stima che il passivo generato dai derivati di Albertini ammonta attualmente a 174 milioni di euro. Intanto si aggiunge un nuovo capitolo alla storia della privatizzazione del patrimonio pubblico. I media hanno riportato con risalto la notizia della “privatizzazione dell’acqua” voluta dal decreto Ronchi per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. La giusta battaglia per preservare il controllo pubblico sull’acqua ha messo però in secondo piano la reale portata del decreto, che stabilisce l’obbligo per le amministrazioni locali di scendere, entro il 31 dicembre 2010, al di sotto di una quota del 30% nelle società che gestiscono servizi pubblici, nonché il divieto di affidare gli stessi a una società a controllo prevalentemente pubblico. Non solo l’erogazione dell’acqua, ma tutti i servizi finora pubblici, fatta eccezione per i trasporti ferroviari, il gas e le farmacie comunali, passeranno sotto il controllo privato. Un passaggio nelle mani dei privati che in Lombardia verrà gestito da una classe politica che sembra sempre più vicina a una nuova “mani pulite” (sullo scandalo Grossi, Gariboldi, Ponzoni ecc., che secondo molte fonti lambisce Formigoni e Comunione e Liberazione, segnaliamo due inchieste dell’Espresso (“Premiato clan Lady Lombardia” e “Grandi, grossi e Formigoni“) e un articolo del Sole 24 Ore (“La coppia Grossi-Zunino e l’area Sisas a costo zero“).

Chiudiamo questo articolo che dipinge un quadro non certo esaltante della situazione milanese con una notizia invece davvero positiva. Il centro sociale Conchetta, il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, il Circolo Arci Bellezza non finiranno nel secondo fondo immobiliare del Comune di Milano, e quindi per il momento si salvano da una privatizzazione che avrebbe comportato uno sgombero. Lo ha deciso il Consiglio Comunale, che con un solo voto di scarto ha purtroppo invece confermato il destino fondo per il centro sociale Torchiera. A votare a favore dell’estromissione dei luoghi storici della sinistra milanese dall’iniziativa di alienazione sono stati anche molti consiglieri del Pdl. I motivi in realtà sono come al solito di bassa lega finanziaria: l’inserimento di queste vere e proprie istituzioni della Milano democratica avrebbero comportato una diminuzione del valore del fondo, a causa delle proteste sociali che la loro vendita potrebbe causare.

http://milanointernazionale.it/

Il caso Dubai puo’ essere un pericolo per i nostri portafogli?

Posted on Dicembre 4, 2009 Filed Under Economia globale, Bolle speculative, Mercati Emergenti, Mercati Azionari | Leave a Comment

Più o meno sette giorni fa, si è diffusa la notizia della difficoltà da parte della rete di società statali del Dubai di fronteggiare i loro impegni finanziari. In particolare, le difficoltà sono della Dubai World, una holding company dell’emirato che opera diversi business nella regione (costruzioni, logistica, servizi finanziari, risorse naturali).

La Dubai World ha ottenuto, negli anni scorsi, finanziamenti per circa 34 miliardi di dollari su un totale di 100 miliardi prestati complessivamente alle società dell’emirato. Ed ora che la Dubai World si trova in difficoltà, si teme che la cosa possa riversarsi a cascata anche sulle altre società dell’emirato.

Non solo, ma diversi analisti internazionali ritengono che questo possa poi generare una reazione a catena sui mercati. Alcuni analisti di Bank of America ritengono addirittura che la reazione a catena possa essere simile a quella dell’Argentina nei primi anni 2000 o della Russia a fine anni ‘90.

Per noi piccoli e medi investitori cosa puo’ significare questo? C’è veramente il rischio di una reazione a catena?

Ovviamente, il futuro è ignoto, tuttavia non credo che le dimensioni di questi impegni finanziari siano tali, di per se, da mettere a rischio i mercati finanziari dei paesi occidentali.

Dopo la notizia, gli indici europei la scorsa settimana hanno reagito molto male (l’America era chiusa), ma nel giro di qualche giorno hanno prontamente recuperato i massimi.

In questo momento, gli indici azionari reagiscono maggiormente a notizie di carattere economico. Il livello di disoccupazione, le vendite al dettaglio o la produzione industriale muovono gli indici molto di più delle difficoltà di qualche emirato. E 100 miliardi di dollari a livello complessivo sono ben poca cosa rispetto ad altri tipi di rischi che possono esplodere.

Gli elementi a mio avviso da tenere sotto osservazione nei prossimi mesi o anni che possono muovere gli indici molto di più del Dubai sono questi:

1 - derivati: ancora oggi le banche e i fondi hedge hanno in pancia volumi stratosferici di derivati spesso fuori bilancio. Se dovesse esplodere la bolla dei derivati, 100 miliardi di dollari sembreranno bruscolini;

2 - finanziamenti su carte di credito: sappiamo tutti che i mutui sono stati la miccia che ha generato la crisi del 2008. I finanziamenti tramite carte di credito possono essere, potenzialmente, un’altra miccia;

3 - debiti sovrani: i principali governi occidentali si sono impegnati in interventi e spese che aumenteranno i deficit statali. Saranno sostenibili questi deficit? Difficile dirlo, ma certamente un eventuale impennata dei tassi rappresenta un rischio notevole. Anche in questo caso, le cifre in ballo sono spaventose;

4 - ripresa economica: gli stimoli all’economia durante la crisi sono stati enormi, quasi senza precedenti. Se neanche così l’economia riprenderà a marciare, allora saranno problemi.

Ricapitolando, il caso Dubai puo’ essere motivo per una correzione sui mercati (abbastanza dovuta), ma di per se non sarà, credo, sufficiente per invertire il trend rialzista partito a marzo.

Ci sono, invece, altri rischi molto più rilevanti che andranno monitorati maggiormente in futuro. Questi possono creare molti più problemi rispetto alle difficoltà di un lontano emirato.

http://www.educazionefinanziaria.com/il-caso-dubai-puo-essere-un-peridolo-per-i-nostri-portafogli/

LE SCALE TEMPORALI DELL’ECONOMIA

Nella dinamica Hamiltoniana, energia e tempo sono variabili coniugate. In virtù di tale relazione, dall’omogeneità del tempo (invarianza per traslazione temporale) discende il principio di conservazione dell’energia in un sistema chiuso. In economia non è valido il principio di conservazione dell’energia poiché il sistema economico nel suo complesso non è a divergenza nulla in quanto l’energia monetaria fluisce dal futuro verso il passato attraverso la creazione del debito (fermo restando che l’integrale delle variazioni di energia monetaria lungo un tempo lungo deve essere nullo perché il debito deve essere restituito onde preservare la sopravvivenza del sistema). Per analogia con la meccanica quantistica la non conservazione dell’energia monetaria è intrinsecamente connessa con la non omogeneità del tempo in economia. Questo è il mutamento epistemologico che consente di comprendere in una luce nuova inflazione e deflazione. L’inflazione è un fuoco distruttore (chiaramente quando supera una soglia tollerata e forse anche necessaria) che accelera il tempo, incrementa la velocità con cui avviene qualsiasi processo economico. Viceversa la deflazione è associata ad un rallentamento della scala temporale e come conseguenza aumenta il valore del debito. L’inflazione riscalda liquefando i debiti ma anche il potere d’acquisto (e quindi distrugge i risparmi), la deflazione ghiaccia il debito accumulandolo e condensa il risparmio in una staticità mortale. La politica di Bernanke di coniare moneta attraverso il processo di Quantitative Easing evitando nel contempo l’incremento della massa M1 (tutti i dati sono contenuti nel post precedente) presente nel mercato reale ha effettuato una segregazione definitiva tra il sistema finanziario (in iperinflazione) dall’economia reale (in deflazione). Le scale temporali con cui si evolvono i due sistemi sono sempre più divergenti. Il sistema finanziario sta aumentando la temperatura, mentre l’economia reale è in fase di congelamento. Il Quantitative Easing ha funzionato da macchina frigorifera che sta raffreddando sempre più il sistema reale rubandogli energia che procede a riscaldare ulteriormente il sistema finanziario. I sistemi sono per ora tenuti incollati dall’incremento del debito pubblico (malgrado consideri gli USA come l’esempio più eclatante, con particolari specificità la medesima situazione sta ormai avvenendo anche in Europa e Giappone), ma ciò determina un circolo vizioso che aumenta la velocità con cui avviene lo spostamento di energia dal sistema a scala temporale rallentata (l’economia reale) verso il sistema con tempo accelerato (l’economia finanziaria). Il crescente deficit pubblico sta solo temporaneamente rallentando gli effetti deflattivi, ma al più presto le ricadute saranno drammatiche. Bernanke con la socializzazione delle perdite e l’aumento del debito pubblico ha accoppiato sistema finanziario con il sistema valutario ancorando il dollaro con l’andamento dei mercati finanziari attraverso il processo di carry-trade. Con il Quantitative Easing ha segregato economia reale e sistema finanziario che si muovono su due scale temporali divergenti. Il sistema nel suo complesso è entrato in una fase di assoluta instabilità. In tale ambito una qualsiasi perturbazione, seppur piccola, potrà avere effetti destabilizzanti se non addirittura distruttivi. Malgrado si desideri trasmettere la sicurezza che tutto sia sotto un ferreo controllo, ho l’impressione che fra non molto si tornerà a ballare e non sarà un ballo lento.
12 commenti http://economiaincrisi.blogspot.com/2009/12/le-scale-temporali-delleconomia.html

SocGen - l'Oro è Conveniente!

Societe Generale Oro Cheap PDF E-mail
il prezzo dell'oro conveniente per societe generale
SocGen invita a comperare Oro. Guardando il prezzo dell'oro rispetto alla base monetaria degli Stati Uniti, Albert Edwards di SocGen ( Societè Generale) trae la conclusione che l'oro è a buon mercato. Sarà vero o è forse un segnale che SocGen ha deciso di servire oro al parco buoi essendo il metallo prezioso vicino ad un picco massimo ed ai suoi target di prezzo dell'ultima gamba di rialzo (intorno a 1.300)?
Anche nel passato SOCGEN ha lanciato segnali poco imparziali come questo.
Un esempio qui
http://www.societegenerale.com/sites/default/files/LyxOR-GBS-EN.pdf.
Se andassimo a vedere lo stesso grafico dal 1800 perchè l'oro è stato "sottovalutato" circa il 99,99% del tempo considerato da Edwards. Mi ricorda quegli annunci in TV tipo.. "Quanto più si spende, più si risparmia!" Un sacco di gente si arrabbia per l'aumento del prezzo dell'oro. Alcuni dicono che l'attuale tendenza è andata in rialzo "parabolico" e che siamo nel bel mezzo di un colpo "a strappo", simile al picco dei primi anni 1980, che poi per anni ha visto il prezzo dell'oro deludere gli investitori.
Proprio questa mattina, Hu Xiaolian, un vice-governatore di Banca del Popolo cinese, ha nominato la bolla dell'oro dicendo che la banca centrale non era molto interessata a comprare migliaia di tonnellate in più di lingotti, come riserve bancarie a prezzi correnti.
Guardando il grafico annuale dell'oro qui sotto è difficile essere in disaccordo con questa tesi, ma c'è molto di più. Dal momento che il metallo giallo ha iniziato la sua decennale lunga salita nel 2000, ci sono stati periodi distinti di aumento dei prezzi, la maggior parte dei quali hanno iniziato negli anni dispari, con un picco negli anni pari, come indicato di seguito. 10 anni oro.
http://www.borsamonitor.it/market/commodities/societe-generale-oro-cheap.html

CRISI: GRECIA, NO RISCHI BANCAROTTA,MA SITUAZIONE SERIA/ANSA

(di Giulio Gelibter) (ANSA) - ATENE, 4 DIC - ''Nessun pericolo di bancarotta'' per la Grecia, assicura il premier Giorgio Papandreou, e il suo ministro delle Finanze dice che e' stata riguadagnata la fiducia dell'Europa. Ma la situazione economica del Paese resta seria e preoccupa governo e mercati. In un'intervista alla Cnn, ripresa stamane con evidenza dai media ellenici, Papandreou nega con decisione l'ipotesi di un default greco e definisce improprio qualsiasi paragone con la situazione determinatasi a Dubai, ricordando che la Grecia ''e' un membro della zona euro''. Il premier aggiunge che l'Ue appoggia il piano del governo per ridurre deficit e debito e stabilizzare l'economia. Ieri il ministro delle finanze Giorgio Papaconstantinou aveva detto in Parlamento, all'indomani della riunione dell'Ecofin a Bruxelles, che l'esecutivo socialista ha ''rimosso la sfiducia'' dell'Europa dovuta alla cattiva politica economica e agli inattendibili dati statistici del precedente governo. Le affermazioni del ministro coincidono con l'opinione della maggioranza dei principali analisti economici secondo cui i timori di un ipotetico default a breve della Grecia non sono giustificati, anche se restano dubbi sul medio termine, soprattutto perche' le profonde riforme strutturali necessarie rischiano di scontrarsi con una forte opposizione in un momento in cui il Paese e' gia' attraversato da spasmi sociali. Su questa linea anche la societa' di rating Moody's, e il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, pur dicendosi ''preoccupato'' da' fiducia al governo socialista. La Borsa non sembra pero' fiduciosa, dopo analisi non ottimistiche da Goldman Sachs e Ubs, e continua a scendere in modo preoccupante, soprattutto nel comparto finanziario. Il fatto e' che in meno di 11 mesi il deficit di bilancio e' passato, secondo i dati ufficiali, dal 3,7% al 12,7% del Pil, oltre quattro volte il tetto fissato dall'Ue. L'ultima informazione fornita dal precedente governo di Costas Karamanlis parlava a inizio ottobre del 6%, con un'indicazione preelettorale secondo cui il deficit avrebbe potuto toccare l'8% del Pil. Dopo la vittoria socialista la percentuale aveva continuato a crescere, attestandosi al 10%, per poi schizzare infine al 12,7%. L'indebitamento pubblico si prepara a superare il 120% del Pil, mentre l'economia, dopo anni di alta crescita, e' in recessione e lo restera' nel 2010, grazie a una crisi che colpisce tutto: marina mercantile, turismo, costruzioni. La disoccupazione reale e' al 15%, secondo i sindacati. Nel mese di novembre il clima economico e' peggiorato significativamente, con l'indicatore passato da 71,7 punti a 66,4 secondo l'osservatorio Iobe, per la caduta della fiducia dei consumatori e delle aspettative industriali e commerciali. Il governo greco conta di riportare il deficit sotto il 10% del Pil nel 2010 grazie a riduzione della spesa, incluso un congelamento limitato dei salari, riforme del sistema previdenziale e impositivo, con la tassazione dei latifondi anche della chiesa, e la lotta alla gigantesca evasione fiscale. In base a un piano triennale, Atene punta infine ad ottenere dall'Ue tempo fino al 2012 per portare il deficit sotto il 3%. (ANSA).

Derivati, la Cina attacca le major Usa: comportamento “criminale”!

Derivati, la Cina attacca le major Usa: comportamento “criminale”! La denuncia viene direttamente da Li Wei, il vicedirettore della State-owned Assets Supervision and Administration Commission (Sasac) cinese

Prodotti finanziari troppo complicati, poco trasparenti e, in definitiva, talmente “maliziosi” (sic) da diventare di fatto fraudolenti. Sono i derivati immessi dalle banche occidentali nel sistema finanziario cinese nel corso degli ultimi anni e finiti oggi nel mirino dei regolatori che, nell’occasione, hanno puntato apertamente il dito contro le grandi major. La denuncia viene direttamente da Li Wei, il vicedirettore della State-owned Assets Supervision and Administration Commission (Sasac), che, in un articolo pubblicato in questi giorni, ha attaccato esplicitamente l’attività di Goldman Sachs, Morgan Stanley, Merrill Lynch e Citigroup.

Secondo Li, riferisce il Financial Times, le banche d’investimento straniere si sarebbero comportate in modo “criminale” conducendo alla rovina le imprese cinesi che avevano acquistato i derivati. 68 delle 130 compagnie statali controllate dalla Sasac avrebbero comprato i derivati per assicurarsi contro le fluttuazioni dei prezzi nel mercato delle commodities senza nemmeno avere, in alcuni casi, la necessaria autorizzazione dello Stato. Tali compagnie sarebbero andate incontro a una perdita complessiva pari a 11,4 miliardi di yuan (circa 1,7 miliardi di dollari). Tra le vittime dei derivati ci sono Air China, China Eastern Airlines, Cosco, China Railway Engineering Corp, China Railway Construction Corp e Citic Pacific.

http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=1840

BofA, lanciata la più grande vendita di azioni degli Usa dal 2000

BofA, lanciata la più grande vendita di azioni degli Usa dal 2000 Un’operazione che ha fruttato nelle casse dell’istituto 19,3 miliardi di dollari attraverso la vendita di titoli a 15 dollari a pezzo

Bank of America, la più grande banca degli Stati Uniti, ha completato la più imponente vendita di azioni (o titoli preferenziali) effettuata sul mercato degli Usa almeno dal 2000. Un’operazione che ha fruttato nelle casse dell’istituto 19,3 miliardi di dollari attraverso la vendita di titoli a 15 dollari a pezzo.

L’obiettivo, come annunciato ieri, è di restituire al governo di Washington i 45 miliardi di dollari prestati nell’ambito del piano d’emergenza per la copertura degli asset tossici (il Troubled Asset Relief Program). Per questo il gruppo ha proceduto alla vendita - riferisce l’agenzia Bloomberg - di 1.286 delle cosiddette “common equivalent securities”, convertibili in azioni comuni. «È un mossa intelligente e sana», ha spiegato Jason Brady, direttore della controllante del fondo Thornburg Income Builder, che possiede una partecipazione di 4 miliardi di dollari in BofA.

Nello scorso mese di maggio, il colosso bancario americano aveva rastrellato 13,5 miliardi attraverso la vendita di 1,25 miliardi di azioni comuni per un ricavo complessivo di 13,5 miliardi di dollari (al prezzo di 10,77 dollari per ciascun titolo). All’epoca, tuttavia, le necessità principali erano, da un lato, quella di coprire le perdite legate al salvataggio di Merrill Lynch; dall’altro, di centrare i requisiti di capitalizzazione richiesti dal governo in seguito agli stress test.

http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=1837

Gli italiani non hanno più risparmi per permettersi un mutuo immobiliare

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Venerdi 4 Dicembre 2009 – 9:17 – Rinascita stampa
Gli italiani non hanno più risparmi per permettersi un mutuo immobiliare

La crisi economica non accenna a scemare e così le tasche degli italiani rimangono sempre più vuote. A farne le spese soprattutto i consumi, con tutta l’economia che rimane bloccata su se stessa. Una brusca battuta d’arresta è ora stata registrata anche nel campo del credito alle famiglie, con le relative erogazioni in materia che hanno fatto segnare un meno 11%, mentre la mancanza di denaro ha anche posto un freno ai mutui immobiliari scesi di oltre dodici punti, segno che ormai siamo troppo poveri perfino per indebitarci ulteriormente, ed anche il mattone, storicamente bene rifugio per gli italiani ora sta diventando un lusso per pochi. Nel primo trimestre di questo annus horribilis a calare vistosamente sono soprattutto i finanziamenti per l’acquisto di autoveicoli, -20,3%, e i prestiti personali, per la prima volta storicamente in calo. Evidenti segni di rallentamento arrivano anche dalla cessione del quinto dello stipendio o della pensione, pur risultando l’unico prodotto ancora in crescita, +8% a fine settembre 2009, con una contrazione del -2,8% dei flussi erogati nel corso del terzo trimestre. Le difficoltà del momento e quelle del mercato si ripercuotono anche nella qualità del credito, in particolar modo in quello al consumo dove l’indice di rischio di credito di tipo dinamico che misura le nuove sofferenze e i ritardi di sei o più rate nell’ultimo anno di rilevazione, continua nel primo semestre 2009 su un trend di crescita, confermato anche dal dato più recente di settembre che lo attesta al 3,1%. Secondo le stime fornite dall’osservatorio Assofin-Crif-Prometeia nel prossimo biennio l’evoluzione del mercato dovrebbe evidenziare un ritmo di crescita più contenuto rispetto agli anni precedenti a questa grave congiuntura. La lenta ripresa del mercato si dovrebbe accompagnare a una evoluzione del comparto del credito al consumo leggermente più vivace rispetto alle altre forme tecniche, favorita dall’evoluzione delle politiche di offerta. Questa grave crisi, colpevolmente sottovalutata dal governo di centrodestra, continua a far sentire i propri effetti tra gli italiani che ora, tra mille difficoltà nell’arrivare alla fine del mese, stanno in tutti i modi cercando di evitare di indebitarsi per non correre il rischio di diventare insolventi. Urgono riforme di stampo sociale quanto prima, anche se i nostri politici continuano a dire che il peggio è ormai alle spalle. Forse dovrebbero finalmente uscire dai loro dorati palazzi e guardare in faccia la realtà.

inv
inv http://www.rinascita.info/

IL CHECK-UP DELLA REALTA'

Piano, piano, lentamente si incomincia a reputare più utile e talvolta necessario un esame periodico, atto a verificare lo stato di salute dell'economia e in particolar modo della finanza, un vero e proprio check up che sino ad oggi si è limitato ad una serie di stress test, particolarmente fantasiosi alquanto lontani dalla realtà, che lasciano il tempo che trovano, in particolare per quanto riguarda l'occupazione.

Ma i migliori check up dell'economia ce li forniscono giornalmente alcuni sondaggi che talvolta non sono certo quelli ufficiali, quelli che abbisognano di una versione particolare della realtà!

Come ho scritto nell'ultimo post..... dimenticate le meraviglie che analisti e giornalisti in questi giorni vi racconteranno sulle spese di un mondo che deve ritrovare il suo equilibrio, un mondo perduto, quello dei consumi, soggetto ad una nemesi "deleveraging" inarrestabile.

E puntuale è arrivato uno dei tanti check up della realtà, una realtà che questo sistema si ostina a dipingere in maniera diversa, ma che chi analizza ha il dovere di dipingere con colori reali anche se soggettivi.

"... Le vendite al dettaglio nel lungo weekend di Thanksgiving chiamato Black Friday sono andate molto peggio di quel si e' voluto far intendere, secondo l'istituto di statistica e sondaggi americano Gallup. In una rilevazione appena pubblicata, risulta che durante lo scorso weekend la spesa dei consumatori Usa in negozi, ristoranti, pompe di benzina e acquisti online e' stata in media di $69 al giorno per persona, esattamente come la settimana precedente. Tuttavia rispetto al weekend di Thanksgiving del 2008 si e' verificato un crollo di -25%, nonostante l'anno scorso si fosse nel pieno della crisi finanziaria. I consumatori americani, secondo Gallup, nel 2008 spesero in media $92 al giorno. ... WALL STREET ITALIA

In attesa dei dati relativi alla disoccupazione americana di domani, la favola della crescita economica che il buon Bernanke continua a raccontare, subisce l'ennesimo ed inquitante confronto con la realtà, una realtà che si evidenzia in un nuovo decennio perduto nell'occupazione privata. Abbiamo già visto lunedi ed ora anche ieri che nonostante il PIL del terzo trimestre sia cresciuto solo grazie ad una dose massiccia di stimoli monetari e governativi. gli ISM segnalano l'inizio della fine delle favola della ripresa economica. Abbiamo bisogno di ristrutturare questo sistema, prima di pensare a riprendere il mare con lo stesso veliero che fa acqua da tutte le parti, con al timone gli stessi capitani che ci hanno portati contro gli scogli e i banchi di sabbia della Madrea di tutte le crisi.

Abbiamo già visto alcuni mesi fa e recentemente come l'economia americana, spesso evidenziata da un percorso da montagne russe con annesso l'ultimo giro della morte, in questi ultimi dieci anni nella realtà non ha prodotto un solo posto di lavoro reale.

Sul WSJ on line, troviamo che oggi gli Stati Uniti producono minori posti di lavori privati rispetto ad un decennio fa, come nel caso del mese di agosto. Nel mese di ottobre ad esempio, le aziende del settore privato hanno assunto 108.401 milioni di lavoratori, un milione in meno rispetto ad ottobre 1999, quando erano impiegati 109.487 lavoratori.

Dal 1939 quando è iniziato il monitoraggio dell'occupazione da parte del BLS, ma ciò era accaduto! Mai! Il WSJ sostiene che ci vorranno mesi se non anni per colmare questa lacuna, ma come abbiamo visto spesso non c'è ancora la reale percezione di quanto è successo.

Ci si chiede come è possibile spiegare il divario, identificando nelle due recessioni dell'ultimo decennio la causa principale. Inutile ricordare l'imponente aumento della produttività di questi anni, inutile rispolverare il grande dogma che ha permesso maggiori profitti tagliando l'occupazione. Nel lungo periodo si sostiene che questa conbinazione porta ad incrementi di reddito ma i costi a breve termine sono sempre più debilitanti. Solo la produzione di due milioni di posti di lavoro da parte del governo hanno permesso di ottenere un risultato complessivo positivo. Abbiamo distrutto le nostre industrie manifatturiere nel nome della produttività e della concorrenza, abbiamo tranciato milioni di posti di lavoro che naturalmente hanno intrapreso la strada dell'occidente, dei paesi emergenti, di quella forza vitale che è nascosta in paesi immensi, spesso sconosciuti.

15 Stati americani, hanno preso in prestito 15 miliardi di dollari per pagare i sussidi di disoccupazione e almeno 9 sono in difficoltà nei pagamenti, si i sussidi scendono, ma lentamente, troppo lentamente al punto tale che probabilmente resteranno strutturalmente alti per oltre un decennio.

Non mi avventuro a fare previsioni per il numero di anime che hanno perso il lavoro nel mese scorso, gli analisti sussurrano 100.000, l'oracolo Goldman Sachs conferma, ma tramite Reuters ci racconta anche che l' outlook per il 2011.....

The key features of our 2011 outlook: (1) a strengthening in growth from 2.1% on average in 2010 to 2.4% in 2011, with real GDP rising at an above-potential 3½% pace in late 2011; (2) a peaking in unemployment in mid-2011 at about 10¾%; (3) extremely low inflation – close to zero on a core basis during 2011; and (4) a continuation of the Fed's (near) zero interest rate policy (ZIRP) throughout 2011.

Un picco della disoccupazione addirittura nel 2011, con un'inflazione estremamente bassa e la politica monetaria che vola radente il suolo. Oggi i check up intermedi farebberpo pensare ad un miglioramento, ma ho i miei dubbi che possa arrivare sino alla perdita di "soli" 100.000 posti di lavoro, sempre che il demenziale modellino stagionale CES/NET BIRTH DEATH, con la sua proverbiale fantasia non continui ad aggiungere nuovi posti di lavoro fantasmi.

Destagionalizzando ogni dato recente e rapportandolo agli ultimi mesi dello scorso anno quando all'improvviso il mondo crollò, non vi è un solo indicatore, dalle abitazioni alle automobili, dall'occupazione alle vendite che non segnali una crescita anemica, fantasma, deludente da ogni punto di vista, stimolata da un'imponente liquidità e stimolazione governativa che ha sostanzialmente fallito. Per il momento l'ultimo indice ISM manifatturiero ne è l'evidenza empirica.

L'ultimo ""Black Book" della Fed sussurra che la crescita è stata modesta, i prezzi immobiliari sono piatti o stanno ancora calando, mentre le condizioni del mercato immobiliare commerciali sono deboli e in molti casi in continuo deterioramento. C'è ci dice che gli immobili garantiti dalla FHA saranno il futuro fenomeno subprime americano, in fondo, non c'è agenzia governativa americana che non sia stata infettata da questa imponenti crisi.

Ieri CalculatedRisk, un grande blog ha detto che l'audizione di Bernanke è stata molto povera se per affermare l'indipendenza della Banca Centrale un governatore si mette a parlare di deficit da tenere sotto controllo e se è tempo o meno di mettere in atto altre mosse fiscali per stimolare l'economia. Concordo, sono altre le cose di cui deve parlare Bernanke in questo momento, dare un'occhiata in casa propria e relazionare il suo fallimento. Secondo un sondaggio, il "Rasmussen report" solo il 21 % degli americani vorrebbe continuare a lasciare il timone della politica monetaria in mano a Bernanke, non c'è che dire un messaggio di fiducia esaltante!

Ieri il senatore Bunning, ha identificato Bernanke con l'azzardo morale stesso e in fondo non ha poi tutti i torti...

ANSA) - ROMA, 3 DIC - "Come presidente della Fed lei e' stato un fallimento, non e' riuscito a prevedere lo scoppio della bolla immobiliare e sul caso Aig dovrebbe ritornare a Princeton per studiarne una soluzione". E' il torrente di accuse rivolto dal senatore repubblicano del Kentucky Jim Bunning al presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, durante l'audizione alla commissione bancaria del senato Usa, secondo quanto scrive Bloomberg. Nel suo attacco al presidente della Fed, Bunning ha aggiunto che Bernanke ha trasformato l'istituto centrale Usa in una ramificazione del Tesoro e ha creato un sistema bancario fatto di "zombi". Bunning fu l'unico senatore ad opporsi alla nomina di Bernanke a capo della Fed nel 2005. (ANSA).

Non ho idea di come si evolverà la telenovela della conferma di Bernanke, ma almeno qualche dubbio, qualche crepa nelle sicurezze della sua riconferma si sta aprendo. Come ho scritto ieri nei commenti, comunque vada la nemesi continua, tolto il timone a Bernanke, il capitano......Summers, Larry Summers è pronto ad assumere il comando e se penso al ruolo che ha avuto nella distruzione di ogni barriera costruita nella Grande Depressione per arginare l'esaltazione finanziaria, per esaltare la deregulation, mi vengono i brividi........dove sei cara Yanet Yellen, dove sei altra metà del cielo!

Una donna al timone, Yanet Yellen, attuale governatrice della Fed di San Francisco, fed regionale da dove escono le migliori analisi degli ultimi mesi; ecco cosa ci vorrebbe, l'unica che sino ad oggi ha dato almeno l'impressione di avere compreso quanto è accaduto, esplorandone le origini attraverso Fisher e Minsky.

Non certo come quel simpatico ragazzo di nome Plosser, governatore della Fed di Philadelphia che si agita per raccontarci che l'inflazione è sempre e solo un fenomeno monetario e che il basso utilizzo delle risorse e della capacità produttiva non è un indicatore molto affidabile per l'inflazione.

Certo abbiamo un oceano di consumi, l'occupazione che assomiglia ad una catena di montaggio che produce lavoro giorno e notte, il debito è sparito e le aziende riducono la produzione solo per assecondare la produttività, tagliando il lavoro e rinunciando a qualsiasi tipo di investimento, solo perchè terrorizzate da questa imponente "asset inflation". Caro Plosser, l'inflazione è sempre e solo un fenomeno "soggettivo" nella Madre di tutte le crisi, un fenomeno che Voi banchieri centrali, amate aizzare per preservare sempre e solo le vostre ideologie e gli interessi corporativi, ma questa volta mi dispiace dovrete attendere molto di più di quello che siete in grado di immaginare. Certo i tassi saliranno, anche in Giappone salivano ma alla fine sono rimasti per un paio di decenni, vicini al livello dell'oceano.

Sento spesso parlare di Weimar, di iperinflazione, lasciamo perdere, non è nelle stelle neanche con l'immaginazione. Dopo questa imponente "debt deflation", deflazione da debiti, che è nella realtà senza alcun bisogno di check up, probabilmente assiteremo ad un ritorno dell'inflazione, un alto livello di inflazione, ma non oggi, ne domani, ne post domani, ma dopo che la Madre di tutte le crisi avrà ripulito il sistema da un eccesso generalizzato di capacità produttiva, di debito e avrà ristabilito una nota stonata, quella che nessun orecchio sembra voler sentire, quella della ......

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Postato da: icebergfinanza a dicembre 03, 2009 18:59 | link | commenti (17)

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COBRAF

  • Il Mistero Delle Società di Tony Blair
  • 19:21 03/12/09
  • Come mai questa mega crisi finanziaria globale ? Prendiamo il paese che in proporzione ne soffre di più al punto che si parla di un rischio per il debito sovrano della nazione e la sua valuta da due anni perde contro ogni valuta al mondo, l'Inghilterra Chi ha governato dal 1996 al 2007 ? Toni Blair che se leggevi i giornali era laburista, erede di una tradizione socialista e sindacale, ma più "moderno". Due anni fa appena prima che scoppiasse il bubbone grosso della crisi Blair ha lasciato il posto al suo ministro delle Finanze e ora sembra che non faccia politica e lo senti solo a eventi benefici come presidente di Fondazioni che promuovono cause ecologiche Il Guardian ieri ha lanciato un appello ai lettori bravi in contabilità e finanza per aiutarlo a districare la rete di società finanziarie, trust e limited partnership in cui finiscono i milioni di sterline che Toni Blair guadagna con la serie di società di consulenza varia intestate al suo nome che il giorno dopo essere uscito dall'ufficio di Downing Street sono apparse istantaneamente e con le cariche presso banche che si sono materializzate per lui. I politici italiani che incassano ancora mazzette di banconote in una busta come Del Turco sono ancora all'età della pietra rispetto a quelli anglosassoni che prendono molto di più in modo legale ed elegante e apparendo come coinvolti solo in Fondazioni culturali e non-profit all'esterno. Una volta un politico specie socialista, se non era ricco di famiglia, viveva con uno stipendio o pensione da deputato e basta, magari scrivendo sui giornali e venendo pagato per quello se era capace. Oggi un politico inglese o americano importante si trasforma in una multinazionale, Clinton o Blair (o Schroeder anche), vengono sommersi di milioni tramite dozzine di incarichi di consulenza, fees per discorsi, pagamenti per servizi di "advisory" da parte di multinazionli di tutti i paesi del mondo e specialmente da parte di banche e istituzioni finanziarie. Inoltre appare una rete di fondazioni no-profit a scopi sociali vari (in genere il cambiamento climatico ed energie verdi) che ricevono decine di milioni che i politici di cui sopra dirigono e che consentono di avere influenza Ma questo denaro che arriva a Blair non viene semplicemente incassato e poi dichiarato come succede ai comuni mortali, sparisce in una serie di società con nomi e statuto legale da fantascienza Clinton ha guadagnato da 100 a 200 milioni da quando non è più presidente e ha una rete di fondazioni, trust a suo nome impressionanti ma non come AlGore che è partner di due fondi di investimenti che investono in energia verde dove il governo rovescia miliardi di sussidi, ma finora forse perchè la stampa inglese è più onesta non ho mai visto i dettagli come nel caso qui di Blair in cui trovi una serie di trust e partnership impenetrabili e che attraverso arrangiamenti bizzarri non pagano quasi tasse. Sono meraviglie dell'ingegneria legale e contabile rivolta ad "ottimizzare" le tasse che il 99.9% dei contribuenti inglesi non arriva nemmeno a sognare perchè richiedono il lavoro di una dozzina di avvocati, commercialisti ed esperti ai massimi livelli. Politici come Blair parte dell'ELITE FINANZIARIA GLOBALE, sono di casa nel mondo della finanza, delle banche e e delle multinazionli a livello personale, delle loro finanze personali, ma vengono comprati in modo elegante e legale. La parte migliore per loro arriva dopo che non sono più ministri perchè allora vedono i milioni di sterline o di dolllari e i loro amici e protettori nella finanza, a cui hanno fatto indirettamente favori per anni, ricambiano mettendo a loro disposizione le strutture e scatole legali impenetrabili e a prova di tasse che hanno per i loro clienti miliardari e che garantiscono che il popolo bue non noti nemmeno che diventano ricchi
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  • Se non Arriva la Slavina nei Prossimi Tre Giorni Mangio un Rospo
  • 16:20 03/12/09
  • L'indice del settore servizi USA, ISM è uscito 20 minuti fa sotto 50, cioè si sta di nuovo contraendo, è passato un anno e mezzo dall'inizio della recessione e torna a contrarsi ! nessuno ci faceva caso oggi come dato perchè era scontato che con previsione di PIL a +3% sarebbe uscito a 52 o 53, persino in Italia l'ISM è sopra 50 e hai i dati di vendite tutti peggiori delle previsioni anche a Target o Macy che sono i più grossi con il CEO di Macy che dice ci aspettavano un incremento e le vendite uscite stamattina sono a -6% rispetto ad un anno fa, questa è stata una sorpresa un altro calo rispetto a novembre 2008 qui hai i dati di consumi rispetto ad un anno fa cioè a novembre 2008 che dovrebbero ora uscira positivi perchè a novembre 2008 eri nel pieno del panico finanziario e la recessione era iniziata nella primavera 2008, invece hai ulteriori cali del -6% rispetto ad un periodo che era già negativo. Per le catene di grandi magazzini che vendono di tutto come Target o Macy le variazioni annuali sono sempre dell'ordine del +2% o -1%, hanno margini risicati dell'1% per cui quando i ricavi calando del -6% è drammatico. In Italia non abbiamo cali del genere siamo al massimo con dei -2%. Ma i dati delle vendite al dettaglio sono dati veri al 100% perchè sono basati su scontrini e ricevute di cassa, non sono i dati di PIL che sono "stime". Per un commento di un esperto del settore consumo qui alcune espressioni colorite in questo video di Davidowitz: "Siamo avviati nella Marcia della Morte" (dalla famosa marcia dei prigionieri americani dei giapponesi nel 1944...che marciavano e marciavano sempre in avanti spinti dai giapponesi, ma verso la distruzione) e questi hanno spinto a nuovi massimi, mentre stamattina le valute cedono tutte e il Petrolio (grafico) è tornato da 78 a 75 dollari da ieri se non arriva la slavina nei prossimi tre giorni mangio un rospo, specialmente sul petrolio, dollaro canadese, NZD, sterlina e indici come il Nasdaq, guarda Apple Computer Inc (grafico) che ha invertito
  • Buy Dollar
  • 15:28 03/12/09
  • La chiamata di ieri sera per l'inversione generale dei mercati (inutile specificare quali, tanto da sei mesi si muovono tutti in sincronia perfetta che siano cambi, materie prime, borse occidentali o emergenti o bonds) sembra meno azzardata stamattina guarda lo Yen (dollaro/yen) come sta invertendo direzione, il Dollaro cioè la continua e lenta svalutazione del Dollaro è l'ingrediente che fa salire tutti i mercati, se il dollaro inverte viene meno la leva che usano Compra dollaro ! contro Yen, Dollaro Neozelandese, Sterlina, Dollaro canadese, Corona.... BUY DOLLAR qui (nella foto: Dollaro/yen)
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