BERNASCONI

Mentre la maggior parte dei piccoli cigni non osano abbandonare la madre, c'é un ribelle che preferisce l'indipendenza. Gli altri osservano perplessi. Mentre la massa degli investitori é felicemente riunita sul carrozzone del rialzo si notano i primi abbandoni. Vedremo chi ha ragione nel prossimo futuro.

Ieri le borse europee sono oscillate senza costrutto seguendo gli impulsi forniti dall' America e dai dati economici. Hanno terminato la seduta in guadagno anche se le plusvalenze sono state al di sotto delle aspettative. A Wall Street é successo poco. L'S&P500 ha guadagnato un punto muovendosi in un range ristretto di 5 punti. Forti invece trasporti e tecnologia. La nostra opinione tecnica é invariata: "È evidente che, malgrado la situazione di ipercomperato e la scarsa partecipazione, gli indici azionari non vogliono più correggere. È questo un segno evidente che ci avviciniamo alla fine del lungo rialzo iniziato il 6 marzo dell'anno scorso. I mercati sono ormai arrivati alla fase esaustiva di questo movimento. Non ci saranno più correzioni né ritracciamenti superiori ai tre giorni fino al raggiungimento di un massimo definitivo." Per quel che riguarda gli obiettivi vi abbiamo dato questa indicazione: "Sembra che il top non sia imminente. Prepariamoci quindi ad un'ulteriore salita dell'S&P500. Abbiamo definito un range tra i 1200 ed i 1270 punti per il massimo definitivo di questo lungo rialzo." Stamattina le borse asiatiche sono a sorpresa deboli. I futures americani scendono del -0.5% e anche l'apertura in Europa sarà in calo. Oggi scadono le opzioni di aprile. In teoria non dovrebbe succedere molto ma proprio per questo potrebbe essere il momento ideale per un forte movimento. Il cambio EUR/USD stamattina é sceso a 1.3545. Il cambio potrebbe nelle prossime settimane risalire fino a 1.38 prima che il ribasso riprenda in direzione 1.30. L'oro é stabile a 1154 USD/oncia e resta sotto la resistenza a 1160 USD. Prossimamente dovrebbe seguire un tentativo verso l'alto. La rottura di questa resistenza segnerà l'inizio di una nuova gamba di rialzo a medio termine con obiettivo 1220 USD.

Leggete il nostro avviso o visitate il nuovo sito !!!

Passiamo ora ad esaminare la situazione (charts a sei mesi) dell'S&P500.

L'S&P500 (+0.08% a 1211 punti) non si é mosso. La fase esaustiva del rialzo segue le nostre previsioni: "Durante il fine settimana abbiamo precisato il nostro scenario per la fase finale di questo lungo rialzo dal minimo del marzo 2009. Abbiamo fissato un range 1200-1270 punti nel quale il rialzo si esaurirà senza più correggere."

Scenario 2010 (aggiornato a marzo 2010) Nel corso del 2010 ed al termine di alcuni mesi di distribuzione prevediamo una sostanziale correzione delle borse dopo il rally di marzo 2009 - gennaio 2010. Probabilmento l'S&P500 toccherà nel corso di quest'anno un minimo tra i 740 ed i 820 punti. La performance annuale dovrebbe essere negativa e l'S&P500 dovrebbe terminare il 2010 intorno ai 900 punti. Ora che la recessione sembra alle nostre spalle, le stime ufficiali per per gli utili operativi 2009 (al 3 novembre 2009) delle societâ dell'S&P500 sono risalite a 56.22 USD. Quelle per il 2010 sono addirittura al'incredibile livello di 74.99 USD. Capitalizzando gli utili 2009 con un P/E normale di 15/16 si arriva ad un valore teorico dell'S&P500 di 900 punti. In questi dati é però scontato un recupero marcato dell'economia ed un forte aumento degli utili delle imprese. Ricordiamoci che gli utili operativi 2008 delle società dell'S&P500 sono stati di 15.09 USD. Debitiamo inoltre che i dati relativi al 2010 siano realistici. In America si differenzia tra Operating Earnings (i guadagni ripuliti da tutti quelli che il Management definisce perdite o guadagni straordinari) e i Reported Earnings (che sono i soldi guadagnati o persi dalla società indipendentemente dalla loro provenienza o causa). Fino all'inizio del 2000 tra questi due valori le differenze erano trascurabili. Poi é arrivata la moda di definire tutte le grandi perdite come eventi straordinari che non vengono più attribuiti alla normale attività della società. Il risultato é una sovrastima sistematica dei guadagni. Una prova? Le stime ufficiali per i Reported Earnings 2010 per l'S&P500 sono a 45.50 USD (contro i 74.99 USD di Operating Earnings). La capacità delle società di generare profitti viene sistematicamente gonfiata. Se un giorno gli investitori aprissero gli occhi si renderebbero conto che una oggettiva valutazione dell'S&P500 con i tassi d'interesse sul USTB a 10 anni al 3.70% (stato ad inizio marzo 2010) é sui 790 punti (nostro calcolo). Immaginatevi cosa potrebbe succedere se i tassi d'interesse aumentassero! Ammettiamo che stimare ora correttamente gli utili delle società e determinare un giusto rapporto P/E per capitalizzare questo valore é un'impresa ardua. Troppe sono le variabili e le incognite. La nostra valutazione tecnica e fondamentale é però che i 1150 punti di S&P500 raggiunti a gennaio 2010 corrispondono ad una sopravalutazione. La prossima dovuta sostanziale correzione ci dirà a quale punto si trova la congiuntura mondiale.

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FINANZA/ La Germania sogna un nuovo euro senza l’Italia

venerdì 16 aprile 2010

Fortuna che Ue e Fmi avevano salvato la Grecia e i suoi conti pubblici da incubo! Ieri è infatti schizzato di nuovo verso l’alto il differenziale fra il rendimento dei titoli di stato tedeschi e quelli greci: lo spread è arrivato a 426 punti base, il valore più alto da una settimana, dopo che l’altro giorno era risalito oltre i 400 punti a 406 punti base.

Per quanto le autorità europee professino ottimismo, i mercati hanno tutt’altra idea rispetto a quanto sta accadendo. E ne hanno ben donde. Basta rileggere alla luce di quanto sta accadendo le parole di George Soros, durante una lecture tenuta a Londra alcuni giorni fa: «I tedeschi hanno sempre fatto le concessioni necessarie per far avanzare il progetto europeista. Ora non è più così, ecco perché l’Ue è in uno stato di stallo».

Già, nonostante “frau nein” Angela Merkel abbia abbassato i toni rispetto al salvataggio della Grecia, l’assegno tedesco deve essere ancora non solo staccato ma anche firmato: da Francoforte sono arrivate secche smentite alle voci che volevano il piano di salvataggio addirittura da 90 miliardi di euro - la Grecia deve rifinanziarne 110, 50 dei quali entro la fine dell’anno - e la Bundesbank manda segnali inequivocabili rispetto a quanto sta accadendo. Ovvero, di deciso c’è poco. Pochissimo.

Ovviamente è interesse di tutti in Europa evitare un default controllato della Grecia, di tutti tranne che della Grecia stessa. La quale, infatti, avrebbe tutto da guadagnare da una procedura di ristrutturazione del debito in stile uruguayano gestita unicamente dal Fmi: certo, al Fondo chiedono sacrifici in cambio dei soldi, ma Atene non è destinata ad anni di vacche magre anche dal piano europeo? Il quale, tra parentesi, espone il mercato a enormi sbalzi di umore: le montagne russe dello spread greco rispetto ai bund parlano infatti questa lingua. Anche perché la ricetta europea non fa che eliminare i problemi di liquidità nel breve termine, ma i rischi di insolvenza sul medio-lungo termine restano tutti quanti sul tappeto.

A Morgan Stanley stanno monitorando la situazione e il loro ultimo report dice chiaramente una cosa: «Questi problemi di insolvenza, generalizzati, potrebbero portare a una frantumazione dell’area euro e alla fine dell’unione monetaria». Ciò che vuole, sempre più chiaramente la Germania, nostalgica come non mai del suo marco e del ruolo guida del continente senza la noia di partner arretrati e indebitati come i Pigs o l’Irlanda. L’euro, signori, finirà entro il 2012, ma la sua crisi sistemica comincerà quest’anno con l’abbandono della moneta unica da parte di uno Stato membro.

È scritto, i tedeschi ci stanno lavorando dal 2006 almeno e la crisi economica innescata due anni fa dal crollo di Lehman Brothers sta facendo il loro gioco. Giova ricordare infatti, qualche particolare. Se l’America ha creato le condizioni perché la crisi finanziaria la travolgesse, l’Europa cosa ha fatto negli ultimi anni per prevenire quanto sta accadendo nel suo sistema bancario? Nulla nonostante nel corso del vertice informale tenutosi in Lussemburgo il 14 maggio del 2005 venne trovato un accordo a maggioranza su un unico punto: un memorandum d’intesa per la creazione di un piano di emergenza consistente nello scambio aperto e rapido di informazioni internazionali tra i membri su eventuali crisi in atto al fine di evitare la loro espansione al continente in una sorta di effetto domino, per fronteggiare un’ipotetica crisi finanziaria a livello europeo.

Il documento, facilmente reperibile sui siti istituzionali dell’Ue, si intitolava “Memorandum d’intesa sulla cooperazione tra supervisori bancari, banche centrali e ministri delle Finanze dell’Unione Europea su situazioni di crisi finanziaria” e si basava su otto punti, sostanzialmente una riedizione rafforzata del precedente memorandum varato nel 2003.

Nonostante si sottolineasse che questo atto non appariva vincolante per l’autonomia di intervento dei vari paesi in caso di crisi, lo scopo dell’operazione era chiaro. Ovvero, il sistema è ormai globale e nessuno di noi è un’isola. Questo nel maggio 2005. All’epoca la notizia non suscitò particolare scalpore, anche se alcuni ambienti londinesi non presero particolarmente bene la excusatio non petita del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, affannatosi a tranquillizzare i cronisti sul fatto che l’accordo non significasse «la presenza concreta di minacce reali in tal senso a medio termine». Bluffava o lo pensava davvero?

In compenso, però, emerse che quella riunione decise che l’aprile dell’anno successivo si tenesse una simulazione di collasso bancario continentale sotto l’egida del Financial Services Committee a Francoforte. In sede Ecofin, insomma, si stava valutando l’ipotesi di una crisi finanziaria a livello europeo sul modello di quella che squassò l’Asia nel 1997-98 o di quella più limitata che nel 1992-94 toccò le regioni scandinave. A rendere il tutto ancora più credibile - lasciando in bocca un sapore di incombenza che le autorità invece negavano, Trichet in testa - fu poi la dinamica scelta per il piano di simulazione della crisi: stando agli studi dell’epoca, infatti, sarebbe stato il collasso di una grande banca operante a livello continentale a far scatenare l’effetto domino generale.

All’epoca in sede comunitaria si parlava, riferendosi all’accordo, di nulla più che di un’estensione dell’intesa già esistente tra banche centrali e regolatori (quello del 2003 citato in precedenza), sfuggì però ai più che questa “estensione” vedeva coinvolti anche i ministri delle Finanze dei 25. Sempre in seno a questa operazione gestita dall’Ecofin fu bocciata a larga maggioranza la proposta di creare un super-comitato centrale - con sede a Bruxelles - che monitorasse tutti i possibili scenari di crisi interni all’eurozona.

«I comitati non risolvono le crisi», fu il giudizio senza appello del capo del comitato per i servizi finanziari dell’Unione, l’olandese Kees Van Dijkhuizen. Il quale, interpellato dal Financial Times dopo il vertice del 14 maggio del 2005, disse: «Speriamo di occupare il nostro tempo con questioni che non ci vedranno mai diretti protagonisti, ma visto quanto accaduto in Asia e in altre parti del mondo non possiamo dire con certezza che questo non succederà mai da noi».

E come andò quella simulazione? Il 9 settembre a Helsinki si tenne una nuova riunione dell’Ecofin tesa proprio a valutare i risultati ottenuti: nessun giornale sembrò dare troppa importanza alle parole del presidente finlandese, Tarja Halonen, il quale disse in maniera molto diplomatica che il sistema Ue di vigilanza e intervento era assolutamente inadeguato. Il 12 settembre, tre giorni dopo, un solo giornale, European Report, sottolineava la pesantezza della situazione con un articolo dal titolo “L’Europa si scopre impreparata a gestire una crisi finanziaria”. Da allora, cosa è accaduto?

Alla riunione dell’Ecofin del 9 ottobre 2007, a scandalo Northern Rock già scoppiato, si discuteva di eccessive procedure sul deficit di Gran Bretagna e Repubblica Ceca, mentre il 23 gennaio di quest’anno, a crisi ormai esplosa, in Slovenia si tornava a parlare di necessità di rafforzare la cooperazione sulla supervisione. Parole. Solo parole. Come quelle, profeticamente scritte da Deutsche Bank in un outlook per gli azionisti istituzionali pubblicato più o meno nello stesso periodo, ovvero la primavera 2005: nel 2010 uno stato europeo abbandonerà l’euro dando vita a una crisi sistemica.

Purtroppo, qualcuno aveva già capito tutto e stava preparando il terreno. Le parole di George Soros, giunte proprio in questi giorni, devono essere un campanello d’allarme: uno tra Grecia e Spagna, entro quest’anno, sarà costretto ad accettare le non vincolanti condizioni che la Germania voleva porre a corredo del piano di salvataggio di Atene, ovvero fuori dall’euro chi trucca i conti o non li tiene in ordine a livello di disciplina fiscale.

Manca poco e l’atteggiamento della Bundesbank ci fa capire che ormai siamo allo showdown: il piano per salvare la Grecia, semplicemente, non serve a nulla se non a costringere Atene a dirci addio e chiedere protezione al Fmi. La fine del sogno monetario europeista è ormai all’orizzonte, cosa ci aspetterà dopo e davvero difficile dirlo.

Per Morgan Stanley, «quello greco è un pessimo precedente per tutti gli altri paesi membri. Un precedente che potrebbe trasformare l’area euro in una zona di alta pressione inflazionistica e debolezza monetaria. Nazioni con una forte stabilità come la Germania potrebbero decidere che per loro sarebbe meglio un unione monetaria più piccola ma più rigida: ma visto che il Trattato di Maastricht non permette l’espulsione di nazioni dall’area euro, la Germania potrebbe optare per un’altra scelta. Ovvero, abbandonare essa stessa l’area euro per creare una voluta più forte».

L’eventuale richiesta di opt-out greco o spagnolo, bocciata in sede comunitaria, sarebbe di fatto solo l’alibi per Berlino per andarsene: lo pensano a Morgan Stanley. Meglio dargli retta seriamente questa volta. La danza di spread e cds sul sovereign debt di questi giorni non rappresenta nulla di positivo, infatti.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/4/16/FINANZA-La-Germania-sogna-un-nuovo-euro-senza-l-Italia/3/79913/

OLIGARCHIA PER POPOLI SUPERFLUI...

Data: Giovedì, 15 aprile @ 17:10:00 CDT Argomento: Informazione DI MARCO DELLA LUNA nuke.lia-online.or

è un saggio che sintetizza la mia opera di ricerca e saggistica, complessivamente rivolta allo studio e alla comprensione del potere, ossia alla comprensione dei metodi di dominazione e sfruttamento della società.

Per designare questo ambito di studio, ho coniato il termine “cratesiologia”, dal Greco kratèsis, ossia dominazione.

Quanto segue è un disegno generale della società reale, dei suoi organi e del suo funzionamento. Non si basa su ciò che dovrebbe essere, ma su ciò che effettivamente è.

Nella storia, come nel presente, non si conoscono, se non in ambito tribale, società che si governassero o governino democraticamente, o in cui la sovranità fosse popolare.

La società odierna, globalizzata, è dominata dal cartello dei possessori del sistema monetario e finanziario, articolato in banche centrali nazionali, banche centrali sovranazionali, BIS, IMF, WB, WTO, i quali, all’insaputa della popolazione generale, che non ha cognizione di quanto sotto:

  1. mediante il signoraggio (primario e secondario) e il meccanismo del debito infinito, estraggono dalla popolazione generale il potere di acquisto

  2. mediante il controllo del money supply e dei tassi di interesse inducono alternatamente espansioni e contrazioni dell’economia per:

    • costringere imprese, stati e risparmiatori alla svendita degli assets e rastrellarli a prezzo vile, così da impadronirsi dell’economia reale

    • imporre riforme socioeconomiche funzionali al loro schema

    • imporre agli stati l’assunzione di debiti che li renderanno dipendenti dal sistema bancario

    • destabilizzare governi che si oppongano al loro schema

  1. mediante il possesso di sistemi bancari (come il SEBC) e circuiti di clearing globali (Clearstream), tutti immuni da indagini e controlli anche giurisdizionali, e grazie ai paradisi fiscali:

    • trasferiscono in modo invisibile i proventi del signoraggio, del narcotraffico e di altre transazioni

    • eseguono liberamente versamenti a scopo di finanziamento, aggiottaggio e influenzamento di politici, magistrati, pubblicisti etc.

  1. mediante l’esercizio del rating finanziario di soggetti e di titoli sia pubblici che privati, consentono maxi-truffe finanziarie, dirigono gli investimenti, aggravano o alleviano il costo del servizio del debito, sabotano o agevolano i bilanci

  2. mediante il finanziamento o la proprietà diretta di scuole di economia, la sovvenzione di ricerche, pubblicazioni, congressi in materie economiche, il pagamento diretto di economisti, condizionano e limitano la conoscenza e la comprensione generale dell’economia, dei suoi strumenti, e specificamente dei rapporti tra controllo della moneta e vicende macroeconomiche.

Ho descritto tali attività nei libri Euroschiavi (Arianna Macroedizioni) e La Moneta Copernicana (Nexus Edizioni).

I governi e i presidenti della repubblica (se diversi dal capo del governo) hanno la funzione di assicurare la coerenza delle varie politiche nazionali effettive con gli interessi e le direttive del cartello monetario.

I parlamenti svolgono le seguenti funzioni:

  1. legittimare il sistema di potere effettivo facendolo derivare dalla volontà del popolo sovrano e non lasciar vedere il reale sistema di potere

  2. assumersi la responsabilità politica e morale degli insuccessi, delle ingiustizie, delle inefficienze, fornendo cosi una copertura al potere reale

  3. approvare le leggi di bilancio che legittimano l’inutile indebitamento pubblico verso il cartello monetario per finanziare la spesa pubblica, e che autorizzano il prelievo fiscale

  4. approvare le leggi e le riforme utili agli interessi bancari

  5. trasferire la sovranità economica dallo Stato a soggetti sovrastatali autocratici, come BCE, WTO, IMF, WB, BIS, esenti da controllo dal basso e giudiziario

  6. sfogare le tensioni politiche della popolazione generale

  7. i parlamentari vengono ricoperti di privilegi e messi al riparo dalle sorti della popolazione generale affinché siano fedeli a queste funzioni

La giustizia svolge le seguenti funzioni:

  1. non quella di tutelare effettivamente la legalità (in questo senso l’efficienza della giustizia penale italiana è di circa l’1%), ma:

  2. creare e mantenere l’impressione popolare che l’ordinamento (quindi il potere esercitato) sia complessivamente legittimo e capace di imporsi, in modo che la popolazione generale lo accetti

  3. insabbiare, coprire o evitare di indagare le vicende e le illegalità più rilevanti e disturbanti

  4. scoraggiare, diffondendo un senso di ineluttabilità, le istanze di giustizia e legalità reali

  5. colpire con indagini, accuse e provvedimenti strumentali le attività politiche ed economiche contrarie agli interessi dominanti

  6. i magistrati vengono muniti di privilegi affinché siano fedeli a queste funzioni.

Ho descritto tali funzioni nel saggio Le Chiavi del Potere (Koinè Nuove Edizioni).

I capi politici e sindacali svolgono le seguenti funzioni:

  1. apportare al sistema il consenso della popolazione generale, raccogliendolo dietro le varie bandiere ideologiche

  2. far sfogare le tensioni e le animosità sociopolitiche, neutralizzandole e contenendo la lotta politica entro limiti gestibili

  3. creare un’apparenza di opposizione, di alternanza al potere e di democraticità del sistema

  4. sostenere l’aspettativa di possibili riforme

  5. in cambio dello svolgimento di questa funzione, essi possono attingere denaro pubblico, assicurarsi rendite, conseguire posizioni di relativa impunità e di relativo potere

La scuola e i mass media svolgono le seguenti funzioni:

  1. fornire una determinata visione e concezione del mondo

  2. circoscrivere l’ambito di ciò che la parte non dominante della popolazione può conoscere e comprendere

  3. prevenire la comprensione del reale funzionamento della società e dell’economia

  4. formare personalità professionali convinte delle conoscenze ricevute e del ruolo assegnato

  5. trasmettere e instillare valori, obiettivi, timori, speranze, interpretazioni dei fatti

  6. creare, quando necessario, allarme o sdegno o paura nella popolazione generale, onde farle accettare riforme impopolari o costose, o guerre (V. Iraq)

  7. impedire lo sviluppo delle capacità di pensiero critico e autonomo, favorendo lo sviluppo di quello dipendente e gregario

  8. in generale, suscitare comportamenti e atteggiamenti funzionali al sistema e oscurare o screditare o criminalizzare quelli contrari

La ricerca scientifica e tecnologica svolge, tra le altre, le seguenti funzioni:

  1. studiare e mettere a punto metodi di produzione del consenso, di induzione di comportamenti sociali, di manipolazione mentale e biologica, collettiva e individuale

    • a tale attività ho dedicato il saggio Neuroschiavi (Macroedizioni)

  2. elaborare e diffondere false concezioni soprattutto nel campo economico, onde impedire la comprensione delle reali operazioni macroeconomiche, consentire le mega-truffe e il rastrellamento del potere d’acquisto ai danni dei risparmiatori, dei lavoratori, degli investitori

La popolazione generale svolge le seguenti funzioni:

  1. produrre ricchezza

  2. assorbire la produzione

  3. pagare le tasse

  4. affidare il risparmio al sistema finanziario

  5. legittimare il sistema col voto

  6. fornire combattenti in caso di guerra

  7. fornire masse d’urto in caso di rivoluzione

La società organica effettiva è oligarchica, ossia guidata dal suo vertice.

Solo il vertice ha adeguata informazione e conoscenza della realtà.

La popolazione generale non capisce, non apprende, non si evolve, anzi resta sempre più indietro rispetto all’avanzare degli strumenti scientifici e tecnologici, che vengono usati anche su di essa a sua insaputa per controllarla..

Essa vive, lavora, risparmia, investe, vota, etc., nella complessiva incomprensione ed ignoranza della realtà.

Gran parte del valore del suo lavoro le viene asportato con strumenti che non capisce.

Riceve informazioni e suggestioni strumentali alla sua gestione da parte dell’oligarchia.

Democrazia e legalità sono apparenze più o meno adeguatamente costruite e mantenute.

Il parlamento ha la precipua funzione di responsabilizzare giuridicamente il popolo per le scelte compiute da altri a spese del popolo stesso.

L’oligarchia oggi si differenzia dal resto della società per ricchezza, potenza e conoscenza.

Ma stanno divenendo disponibili strumenti tecnologici con i quali potrà differenziarsi anche biologicamente e genomicamente, dotandosi di tratti di superiorità.

Una volta che questo tipo di differenziazione sia stato istituito, la separazione del vertice dalla base sarà irreversibile e avremo una situazione del tutto analoga a quella del pastore rispetto al suo gregge.

Attraverso istituzioni come l’IMF, la WB, il WTO, la BCE, la BIS e altre, è in avanzata fase di esecuzione un processo di coalescenza e di fusione delle varie oligarchie, a livello globale.

Una volta che sia compiuto, le oligarchie non avranno più bisogno di avere, ciascuna, masse di lavoratori-consumatori-combattenti dietro di sé, da usare per contendersi i mercati e i territori.

A quel punto sarà possibile affrontare e risolvere il problema ecologico globale, attraverso due principali operazioni :

  1. eliminare il modello consumista

  2. ridurre rapidamente la popolazione mondiale entro limiti di ecosostenibilità

  3. rinforzare gli strumenti tecnologici di controllo sociale e ridurre i diritti civili e le garanzie giudiziarie, per impedire il contrasto popolare di tali operazioni

Le attuali crisi finanziarie programmate e recessioni indotte, assieme ai rincari delle derrate alimentari e al taglio delle relative produzioni, e unitamente all’accrescimento degli strumenti tecnologici e giuridici di controllo e repressione, si devono analizzare alla luce di questa ipotesi. Marco Della Luna Fonte: http://nuke.lia-online.org/ 15.04.2010

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"ALL'ECONOMIA USA NON BASTERANNO 15 ANNI PER RIPRENDERSI"

Data: Giovedì, 15 aprile @ 14:22:03 CDT Argomento: Usa FONTE: EURASIA–RIVISTA.ORG In un’intervista a RussiaToday, l’economista ed analista geopolitico William Engdahl, frequente contributore a “Eurasia”, parla della crisi greca, del coinvolgimento delle grandi banche statunitensi, del futuro dell’eurozona e del ruolo geopolitico dell’Europa. (Sintesi dell’intervista a cura di Francesco Rossi) Prendendo spunto da una celebre affermazione dell’allora segretario di Stato nordamericano Henry Kissinger, secondo il quale “chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla le popolazioni, chi controlla il denaro controlla il mondo intero”, William Engdahl introduce il suo ultimo libro, Gods of Money (“Gli dei del denaro”), un’opera frutto di una trentennale ricerca dell’autore sugli sviluppi del sistema economico e finanziario internazionale basato sul dollaro. Nella foto: William Engdahl Già dall’emergere dell’attuale crisi nell’agosto 2007, sostiene Engdahl, è apparso evidente come la Federal Reserve, il Tesoro americano ed il Congresso siano stati pronti a salvare e sostenere (con trilioni di dollari dei contribuenti) le banche di Wall Street responsabili, con i loro comportamenti fraudolenti ed ingannevoli, della crisi stessa. In una recente intervista ad un quotidiano londinese, il CEO di Goldman Sachs avrebbe addirittura affermato “noi siamo semplicemente banchieri che svolgono il lavoro di Dio”, espressione significativa che rivela il modo di porsi dell’élite finanziaria nei confronti della società e del mondo: in un’espressione, al di sopra della morale. Circa la crisi che sta investendo l’area euro, continua Engdahl, occorre inserirla nella giusta prospettiva e nelle corretta proporzione, anche quando ci si riferisce ai cosiddetti PIGS (Portogallo, Irlanda/Italia, Grecia e Spagna). Il centro di gravità dell’attuale crisi è e rimarrà New York, in particolare Wall Street ed il sistema basato sul dollaro. Subito dopo, per importanza, vengono la City di Londra e la sterlina. In confronto a questi due centri economico/finanziari, quello che accade in Grecia assomiglia a nulla più di una “tempesta in una teiera”. L’attivazione di tale tempesta è certamente “politica” ed è stata opera di quegli stessi “gods of money”, Goldman Sachs, JP Morgan, Citigroup, che influenzano fortemente agenzie di rating quali Moody’s, Standard and Poor’s e Fitch. In un momento di enorme pressione sul dollaro, nel novembre 2009, queste agenzie abbassarono la loro valutazione sul credito ellenico, esponendo il fatto che la Grecia avesse manipolato i propri conti per riuscire ad entrare nella zona euro nel 2002. Ironia della sorte, proprio JP Morgan e Goldman Sachs (il principale consigliere finanziario del governo Papandreou, salito al potere nell’ottobre 2009) avevano aiutato Atene a porre in essere queste operazioni di cosmesi finanziaria.
Più in generale, considerando l’area della moneta unica, vi sarebbero attualmente, secondo Engdahl, enormi problemi politici dovuti alla natura stessa del processo top-down che ha caratterizzato l’adozione dell’euro. Francia e Germania sembrerebbe stiano cercando, insieme ai partner europei, di porre le basi affinché quanto successo in Grecia non possa più accadere nell’UE. Tuttavia, al di là delle belle parole, la realtà è che diversi hedge funds stanno già preparando attacchi speculativi concertati per trarre profitto dagli eventi ellenici. Riguardo invece al Fondo Monetario Internazionale ed al suo ruolo nella risoluzione di questa tipologia di crisi, occorrerebbe tenere sempre a mente che esso fu creato nel 1944 da Wall Street e Washington, col fine di essere uno strumento di mantenimento del potere finanziario statunitense a livello globale. Basti pensare che, ad oggi, gli USA detengono (unico paese) il diritto di veto su qualsiasi decisione del Consiglio di Amministrazione del Fondo. Vi è dunque un acceso dibattito nell’UE circa l’opportunità di coinvolgere il FMI per affrontare crisi come quella scoppiata in Grecia. Nonostante la contrarietà della maggioranza dei paesi comunitari, alla fine Bruxelles ha lasciato spazio al FMI: un classico caso, secondo Engdahl, di “operazione di guerra economica sotto copertura”, condotta dal sistema-dollaro contro l’euro. Il primo, attualmente molto debole ed oggetto di fortissime pressioni, non parrebbe proprio essere sulla strada della ripresa, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione americana. E probabilmente non lo sarà per almeno 15 anni. L’ingresso del FMI nell’eurozona, fortemente voluto da Berlino, “equivale a far entrare una volpe in un pollaio”, minando l’idea stessa di Unione Europea. Esso rappresenta inoltre un segnale per l’intera comunità economica e finanziaria internazionale: al giorno d’oggi il potenziale del Fondo Monetario Internazionale non è assolutamente esaurito. Anzi, il FMI ha il potere di attuare misure capaci di annullare le scelte economiche e finanziarie comunitarie. Con un occhio al futuro ed al lungo periodo, Engdahl rileva infine come nelle relazioni internazionali l’Unione Europea tenga un atteggiamento fondamentalmente schizofrenico. Dal 1945 le relazioni transatlantiche furono il principale fattore di stabilizzazione per il Vecchio Continente durante la Guerra Fredda. Con il crollo dell’Unione Sovietica anche il Patto di Varsavia venne dissolto. Lo stesso non avvenne per l’Alleanza Atlantica. Washington decise di estendere la NATO fino alle porte della Federazione russa, attraverso l’appoggio alle cosiddette “Rivoluzioni Colorate” e la promozione di governi fantoccio filo-occidentali intorno alla Russia. Tuttavia questa strategia si è rivelata fallimentare. Facendo di necessità virtù, Mosca e Pechino, insieme ad altre repubbliche centro-asiatiche, si sono così ritrovate nella nuova Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS) a collaborare strettamente sui temi della difesa e della sicurezza, nonché su temi economici. Ad emergere, dunque, è stata una nuova dinamica; una dinamica euroasiatica, l’unica potenzialmente in grado di scalzare il predominio economico nordamericano. Il quesito fondamentale per il Vecchio Continente è allora il seguente: rivolgersi verso l’Eurasia, con un occhio di riguardo al commercio ed alle risorse energetiche, oppure “salire” sul sistema-dollaro, ogni giorno più simile ad un Titanic? Una domanda complessa, che pretende una risposta articolata, capace di tenere in debita considerazione l’attuale scenario geopolitico globale. L’Unione Europea non ha ancora deciso in che direzione andare e per questo, attualmente, la sua politica appare schizofrenica. Dirigersi verso l’Eurasia significherebbe subire immediate ed enormi ritorsioni statunitensi. Dirigersi verso gli USA significherebbe salire su di una barca che sta affondando. Fonte: www.eurasia-rivista.org Link: http://www.eurasia-rivista.org/3784/engdahl-alleconomia-usa-non-basteranno-15-anni-per-riprendersi 14.04.2010
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LaRouche avverte: il disastro aereo polacco alimenta la minaccia di attentato britannico contro Obama

15 aprile 2010 (MoviSol) - Non appena ha appreso della tragedia aerea a Smolensk, in Russia, in cui hanno perso la vita il Presidente polacco Lech Kacynski e numerosi alti funzionari e esponenti delle forze armate, Lyndon LaRouche ha lanciato un forte avvertimento sul significato di questo sviluppo nell'aumentare la minaccia strategica alla vita del Presidente Obama.

"Non si tratta di un avvenimento isolato", ha dichiarato LaRouche il 10 aprile. "Quando un pilota polacco, un pilota militare, a cui è stato affidato il governo presidenziale, ignora un ordine, un avvertimento dato sul territorio russo sull'atterraggio in Russia in determinate condizioni atmosferiche e invece prosegue e alla fine tutti muoiono, ciò dà da pensare".

"Questo è parte dell'ambiente di minacce di morte al Presidente Obama. Siamo in una situazione che può essere paragonata, internazionalmente, all'assassinio del Presidente Kennedy… Quando qualcuno vuole assassinare il Presidente degli Stati Uniti, conduce una serie di operazioni che creano un'atmosfera di instabilità, una dinamica che consenta loro di avere buone possibilità di poter insabbiare i fatti sui colpevoli.

"Avvenne la stessa cosa con l'11 settembre, all'inizio del 2001. Avevo ammonito che dovevamo aspettarci un attacco, un attacco terroristico contro gli Stati Uniti. Ebbi ragione nel mio avvertimento. C'erano tutte le prove. Ma ci fu anche una tempesta di azioni diversive…

"Il mio è un avvertimento su una minaccia al Presidente degli Stati Uniti. C'è un Presidente che è peggio che inutile. Ha imposto la riforma sanitaria che gli era stata assegnata. Ha completato la sua missione, come Presidente! E i britannici che gli avevano affidato questa missione sono intenzionati a liberarsi di lui, per creare una situazione in cui imporre una vera e propria dittatura negli Stati Uniti, eliminando un Presidente che ha già esaurito tutta la sua utilità politica! In cui membri chiave del suo governo, inclusi Rahm Emanuel ed altri, stanno cercando di dimettersi dal governo perché sanno che è un'area disastrata".

La dichiarazione di LaRouche giunge nel contesto di un ambiente terribile dal punto di vista della sicurezza per il Presidente Obama nel prossimo periodo. Il 12-13 aprile, 47 capi di stato e di governo si riuniscono a Washington e diplomatici e funzionari esperti del governo hanno ammonito che l'ambiente per la sicurezza è "impossibile".

Poi tra il 15 ed il 19 aprile ci sarà una serie di manifestazioni di protesta, inclusa una protesta armata che attraverserà il fiume Potomac da Washington alla Virginia settentrionale, a cui sono attesi alcuni noti agenti provocatori delle cosiddette milizie, promosse dai britannici. È in base a questi fatti che Lyndon LaRouche ha emesso i primi avvertimenti di un possibile attentato alla vita del Presidente (vedi anche "LaRouche: soffocare il piano britannico vòlto ad assassinare il Presidente Obama").

Tuttavia, Obama non ascolta il consiglio degli esperti di sicurezza e, come Nerone, continua a cercare il contatto col pubblico ovunque possibile, per soddisfare il proprio ego.

http://www.movisol.org/10news072.htm

Il presidente della BCE respinge la Glass-Steagall e promuove l'austerità brutale

15 aprile 2010 (MoviSol) - Jean-Claude Trichet è sfuggito al tema di una urgente riorganizzazione bancaria in Europa sostenendo che lo "standard Glass-Steagall" sia una cosa americana, rispondendo ad una domanda del condirettore dello Strategic Alert Claudio Celani alla conferenza stampa della BCE a Francoforte l'8 aprile. Dato che il problema principale in Europa non è la Grecia ma la Spagna con la bolla tossica "brasiliana" del Banco Santander, ha osservato Celani, invece di proteggere tutti gli attivi bancari con garanzie della banca centrale, non sarebbe meglio riorganizzare il sistema sulla base di uno standard Glass Steagall, separando i valori dei titoli reali dalla spazzatura speculativa?

Benché Trichet abbia riconosciuto che il sistema finanziario è ancora oberato dai rifiuti tossici, dicendo "non è solo la Spagna, non è solo l'Europa ma è tutto il mondo", egli ha sostenuto – nell'incredulità generale – che il G20 e il Global Stability Board stanno elaborando le soluzioni al problema (vedi la videoregistrazione sottotitolata). Poiché in realtà non aveva risposto al tema Glass-Steagall, Celani glielo ha ricordato alla fine della conferenza stampa, al che Trichet ha risposto: "Glass-Steagall è una legge americana", estranea alla tradizione europea.

Trichet ha manifestato una vera e propria ossessione per politiche di austerità draconiane, rispondendo alla domanda di un altro corrispondente dell'EIR, Rainer Apel, che gli ha chiesto come mai la BCE fosse così fissata sulla "stabilità fiscale" quando c'è bisogno di risollevare l'economia reale. Apel ha citato le ultime allarmanti cifre della disoccupazione giovanile in Europa (27,5% in Grecia, 40,7% in Spagna ecc.). Ma lo sventurato capo della BCE ha sostenuto che la priorità è varare "riforme strutturali estremamente coraggiose", aggiungendo che "i paesi che hanno fatto riforme strutturali oggi stanno meglio".

Così Trichet ha ammesso pubblicamente ciò che aveva denunciato il prof. Joachim Starbatty, un autorevole critico dell'Euro, in un articolo pubblicato sul Financial Times Deutschland quella stessa mattina. Starbatty aveva scritto: "L'UE sta costringendo la Grecia ad applicare la politica seguita dal Cancelliere Heinrich Bruening durante la crisi economica mondiale per guadagnare reputazione sui mercati finanziari internazionali. Ciò, comunque, incrementò solo la radicalizzazione politica all'inizio degli anni '30. Oggi la Grecia viene spinta in una profonda depressione grazie alla stessa politica, e il suo credito internazionale verrà ulteriormente indebolito".

http://www.movisol.org/10news073.htm

”Credeteci, non è colpa nostra”. Firmato: Goldman Sachs

di Roberto Marchesi - 15/04/2010 Fonte: Rinascita [scheda fonte] http://seeker401.files.wordpress.com/2009/10/85-broad-street.jpg “Per me si va ne la città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente... Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Perdonatemi questo richiamo riverente al Divino Poeta, ma l’approccio di Dante nel momento in cui si accingeva ad entrare nei gironi infernali del primo libro della sua Divina Commedia è molto simile a quello di questo articolo. Anch’io mi accingo a traghettare in una significativa esplorazione del tempio massimo della finanza mondiale, quello della Goldman Sachs, moderna versione degli Inferi. Addentrandoci nei lugubri meandri delle sue spregiudicate operazioni finanziarie, incontreremo anche noi i demoni e i dannati, proprio come ha immaginato Dante nell’Inferno, e ci racconteranno come gli uni hanno potuto arricchirsi a dismisura, mediante le loro diaboliche strategie finanziarie, salassando i loro lamentosi e sprovveduti compagni d’avventura, tutti peraltro protagonisti, e talvolta artefici, di altrettanti misfatti a loro volta ispirati dagli stessi demoni. Nell’intervista pubblicata nel corrente numero in edicola di BusinessWeek, il demone regnante, Lucifero Goldman, si proclama assolutamente innocente nel merito delle malversazioni borsistiche compiute nel periodo 2006 - 2008 (ma che proseguono tuttora), e tutti sappiamo ormai che in quel periodo, quelle spregiudicate operazioni finanziarie (sia pure svolte in compagnia di numerosi altri speculatori che la imitavano), hanno portato al quasi completo collasso della finanza mondiale. Tanto per cominciare ad inquadrare la situazione, cominciamo col ricordare che Goldman Sachs ha ricevuto anche lei, nel novembre del 2008, un cospicuo aiuto statale (bailout) di 10 miliardi di dollari per evitare il fallimento. Tuttavia Goldman è stata la prima, tra le grandi banche, a restituire con tanto di interessi già nell’aprile dell’anno successivo l’intera somma (liberandosi così immediatamente, oltre che dell’ignominioso debito, anche dell’odioso vincolo posto al tetto delle retribuzioni dei suoi managers). Si noti peraltro che Goldman, dopo aver incassato e usato al momento opportuno l’ingente aiuto statale, nega ora altezzosamente di averne avuto veramente bisogno, ed entrando un po’ più a fondo nell’analisi degli eventi di quel periodo, potrebbe anche essere vero (ma allora perché l’ha preso?). Goldman nel 2008 infatti non incassava solo i miliardi elargiti dal governo Usa ma, al pari di una gigantesca sanguisuga, succhiava buona parte dei 62/mld. di dollari (12,9 per la precisione) che Aig (American International Group) incassava a sua volta dallo Stato per non fallire. Ma perché Aig doveva pagare a Goldman tutti quei soldi? Qui dobbiamo scendere di un cerchio nel girone infernale per capire le alchimie finanziarie che consentono ai demoni della finanza di guadagnare sempre, anche quando gli altri perdono tanto o tutto. Aig doveva pagare tutti quei soldi a Goldman (e a migliaia di altri soggetti) perché aveva accettato di garantire con contratti Swap le spregiudicate operazioni speculative sui derivati finanziari (che come si ricorderà venivano emessi in gran quantità anche a fronte di mutui subprime). Goldman aveva già riscontrato alla fine del 2006 che il mercato finanziario, in particolare quello legato ai mutui subprime, dava segni di sofferenza, quindi, pur mantenendo provvisoriamente una posizione “neutrale” nelle contrattazioni borsistiche (cioè non spingeva al rialzo, ma neppure al ribasso con operazioni “short”) si apprestava tuttavia a prendere posizioni di difesa nell’eventualità di un crollo del mercato. E questa posizione di difesa si configurava appunto in massicce operazioni Swap con Aig. Come noto lo Swap è sostanzialmente un contratto di assicurazione del credito (ma con molti meno vincoli contrattuali) per i quali, pagando una commissione a volte modesta si assicura l’operazione da perdite che, come si e’ visto, possono diventare massicce. Per un po’ Aig ha creduto di aver trovato il paese di Bengodi. Invece di fare il suo lavoro di assicuratore dei mutui, raccoglieva milioni di dollari in commissioni sui contratti Swap che solo in pochissimi casi, finché il mercato dei derivati “tirava”, generavano richieste di rimborso. Ma ben presto la musica è cambiata. Nell’estate del 2008 il mercato, dopo un breve periodo di stallo, ha cominciato a cedere sempre più vistosamente, e le richieste di rimborso si sono moltiplicate. Ma come al solito, quando il mercato smette di tirare, i demoni non si prendono un periodo di riposo, anzi, è proprio il momento migliore per loro, per scatenarsi con le operazioni “short”, cioè al ribasso. E in questo tipo di operazioni Goldman non deve prendere lezioni proprio da nessuno. Per loro l’unico codice etico da osservare è quello insegnato da Gustav Levy (il suo mitico “guru” degli anni ‘70), che diceva: “Non date interviste, cercate di guadagnare il più possibile, ma senza dare nell’occhio”. Naturalmente, dopo le continue richieste di rimborso sulle operazioni Swap, i rapporti tra Goldman e Aig si sono notevolmente “raffreddati”, tuttavia c’e qualcosa che nemmeno lo spregiudicato mondo dell’alta finanza tollera, ed è quando la finanziaria gioca al ribasso contro i suoi stessi clienti. Poiché Goldman ha creato e venduto ai suoi clienti “tonnellate” di derivati finanziari, nel momento in cui essa ha cominciato ad eseguire le operazioni “short”, di fatto ha messo in corto circuito non solo il sistema in generale, ma i suoi stessi clienti. Che, per inciso, nel caso della Goldman, non sono esattamente gente qualunque. Per aprire un conto in Goldman bisogna partire da un minimo di dieci milioni di dollari. Ma ci sono anche investitori istituzionali, come diversi fondi pensione, e quando migliaia di individui sottoscrittori dei fondi si vedono decimati i loro risparmi proprio a causa della spregiudicatezza di chi dovrebbe invece consigliarli e proteggerli, non deve sorprendere se adesso Goldman Sachs è vista da tutti come il demonio. Loro si difendono sostenendo che, attivando le operazioni “short” (sospese solo per un brevissimo periodo dal governo nell’autunno caldo del 2008), “avvisavano” i clienti che i titoli collegati ai mutui sarebbero scesi. Giustificazione più ipocrita non si potrebbe pensare, dato che tutti sanno che il normale risparmiatore non può far nulla, se non perdere carrettate di soldi, una volta che il mercato inverte la rotta. Se volevano avvertire i clienti dovevano avvisarli per tempo, non avviare operazioni “short” che provocano crolli a ripetizione delle quotazioni. Critiche di questo tipo nemmeno scalfiscono la corazza imperforabile dei demoni della finanza, che respingono sdegnosi ogni critica sostenendo che non hanno fatto nulla di proibito. Loro ritengono semplicemente di essere stati più bravi degli altri. Svalutando i titoli in portafoglio al valore di mercato (per la regola del “mark to market”) quando gli altri cercavano di evitarlo (tanto mettevano in conto ad Aig, controllata dal governo, le perdite!), e facendo operazioni al ribasso quando ancora qualche sprovveduto pensava che il mercato potesse riprendersi. E “giustamente” quindi, dato che sono i più bravi, nell’anno che segna il record della disoccupazione in Usa, hanno fatto il record storico dei profitti a 13.4 miliardi di dollari. Seguendo però la regola d’oro di Levy (non dare nell’occhio), hanno limitato la percentuale di tali profitti destinata alle proprie retribuzioni al 35.8% (era il 48% lo scorso anno!), che comunque consente a quasi duemila dipendenti di portare a casa più di un milione di dollari nel solo 2009. Non tutti però in Goldman hanno digerito agevolmente il bel gesto della simbolica decurtazione. David A. Viniar per esempio, il Chief Financial Officer della Goldman (ovvero Lucifero in persona) ha dichiarato che questo taglio alla sua retribuzione è stata la più frustrante esperienza dei suoi 30 anni di carriera. Se ci fosse ancora Levy lo avrebbe sicuramente ripreso. Forse gli avrebbe detto: “Nessuno ti impedisce di fare certe porcate, ma almeno stai zitto!”. Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

Crescita record della Cina (+11,9%), ma si temono bolla speculativa e disoccupazione

CINA Nel primo trimestre 2010 crescita record da 3 anni. Contenuta l’inflazione a marzo (2,2%), ma cresce pure la bolla speculativa immobiliare e molte banche sono assai esposte per i finanziamenti erogati. Ora occorre ridurre la disoccupazione record.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’economia cinese cresce dell’11,9% nel primo trimestre 2010 rispetto a un anno prima, massimo incremento dal 2006, secondo i dati comunicati oggi dall’Ufficio nazionale di statistica (Uns). L’inflazione rimane contenuta entro il 2,2% a marzo (+2,7% a febbraio), ma il timore è che possa accelerare nei prossimi mesi, trainata dall’inarrestabile ascesa dei prezzi immobiliari e dai molti finanziamenti bancari. Esperti ritengono che Pechino debba ora aumentare il costo del denaro e rivalutare lo yuan, ma intanto ancora una volta la crescita del Paese appare avvenire a spese di centinaia di milioni di lavoratori migranti.

La crescita del Prodotto interno lordo ha superato le previsioni, trainata dalla ripresa delle esportazioni (+29% nel primo trimestre) ma anche dai robusti finanziamenti erogati dallo Stato e dall’aumento dei consumi e delle vendite al dettaglio. Ottimista il commento di Li Xiaochao, portavoce dell’Uns, che ritiene possibile “raggiungere gli obiettivi fissati quest’anno”, consistenti in una rapida ripresa economica e nell’aumento dei posti di lavoro e dei consumi.

A marzo le vendite al dettaglio sono cresciute del 18%. Spiccano le vendite di auto, cresciute del 76% nel primo trimestre 2010, con la joint venture Mercedes-Benz (China) Ltd che le ha raddoppiate. La produzione industriale è cresciuta del 18,1% a marzo, con appena un lieve rallentamento rispetto al 20,7 del primo bimestre. Esperti ritengono che ora, per evitare che l’inflazione acceleri, occorrerà contenere i finanziamenti pubblici e aumentare il tasso di interesse per i finanziamenti bancari. Il basso costo del denaro favorisce la speculazione soprattutto in campo immobiliare, con i prezzi di appartamenti e locali commerciali che in una campione di 70 grandi città risultano cresciuti dell’11.7% a marzo rispetto al marzo 2009. Il timore è che stia creandosi una bolla speculativa, favorita dal record di prestiti per 1.400 miliardi di dollari erogati in Cina nel 2009. Gli esperti concordano che la bolla speculativa va subito fermata, ma le autorità temono che alzare il costo del denaro potrebbe far fuggire molti investitori dal mercato immobiliare, con immediato crollo dei prezzi. Peraltro le stesse banche sono in crescenti difficoltà: Yang Kaisheng, presidente della Banca Commerciale e Industriale di Cina, ha spiegato che 4 tra le maggiori banche commerciali (tra cui la Banca di Cina, la Banca delle Comunicazioni e la China Construction Bank Corp.) hanno bisogno di nuovo capitale 480 miliardi di yuan (circa 70 miliardi di dollari) per essere in linea con le prescrizioni finanziarie relative all’erogazione di prestiti.

Intanto tutti gli esperti concordano che per contenere l’inflazione, Pechino sarà costretta a rivalutare lo yuan, molto sottostimato rispetto al valore reale e da 21 mesi tenuto fermo al cambio di 6,83 yuan per un dollaro. Per questo ha suscitato grande attesa l’incontro non previsto dell’8 aprile a Pechino tra il segretario Usa al Tesoro Timothy F.Geithner e il vicepremier Wang Oishan. Anche se nessuno prevede novità immediate.

Alla rivalutazione è contrario il Ministro al Commercio, che oggi ha ribadito che occorre creare milioni di nuovi posti di lavoro, cosa che sarebbe più difficile con il riapprezzamento dello yuan. Negli anni scorsi la crisi finanziaria globale ha portato il licenziamento di decine di milioni di operai e le autorità hanno cercato di convincerli a tornare nel villaggio di origine;ora molti tornano nelle grandi città, ma il mercato non riesce a riassorbire questa forza lavoro.

http://www.asianews.it/notizie-it/Crescita-record-della-Cina-%28+11,9%29,-ma-si-temono-bolla-speculativa-e-disoccupazione-18151.html