Scritto da Matteo Cazzulani | |
lunedì 29 marzo 2010 | |
Nessun dettaglio politico, né particolare tecnico è stato comunicato a seguito del vertice tra i primi ministri russo e ucraino circa la revisione dei prezzi per l’importazione del gas. Si teme sempre la svendita del patrimonio infrastrutturale di Kyiv. Insorge l’opposizione. Non solo accordi con Washington per la riduzione degli armamenti nucleari. Negli ultimi giorni la Russia è stata impegnata anche sul fronte del suo "estero vicino" (come il Cremlino ama definire le repubbliche ex-sovietiche, di cui si sente ancora la madrepatria e che ambisce a riassoggettare), in particolare con l'Ucraina, con la quale sono stati ridiscussi i parametri del prezzo del gas.
Venerdì 26 marzo a Mosca i primi ministri dei due Paesi - Mykola Azarov e Vladimir Putin - si sono incontrati per analizzare le richieste da parte di Kyiv di abbassare il prezzo dovuto mensilmente a Mosca per l'importazione di oro blu. Tuttavia, su di esso non è trapelata alcuna informazione dettagliata, né alcuna indiscrezione sui particolari tecnici e politici dell'incontro: un silenzio assordante di sovietica memoria che non lascia affatto tranquilli.
Ufficialmente dalla conferenza stampa è emerso solamente l'impegno da parte di Kyiv di saldare la rata dovuta al monopolista russo Gazprom per il mese di marzo non appena il bilancio statale sarà approvato. In cambio, Putin ha concesso - e promesso - di non applicare le sanzioni previste da contratto per il ritardo del saldo.
Tale scarsità di informazioni ha spiazzato i giornalisti, che legittimamente hanno domandato di chiarire quali sono le effettive contropartite che Mosca avrebbe richiesto per ritoccare al ribasso i prezzi. Tra di esse, la possibilità che Mosca pretenda da Naftohaz (monopolista ucraino del settore) l'importazione annua di un tetto minimo di gas ben superiore al reale fabbisogno dell'Ucraina.
"Continueremo a pagare per il gas importato a seconda delle nostre necessità. Quel tanto che basta per garantire il lavoro della nostra industria nazionale e lo sviluppo della nostra economia" si è affrettato a chiarire Azarov. Invece, Putin ha posto l'accento sul fatto che il premier ucraino "non si è limitato a parlare di gas, ma ha avanzato proposte sul rafforzamento della collaborazione con Mosca anche in altri ambiti, tra cui quello militare, della politica commerciale e di quella estera". Per quanto riguarda il caso specifico degli accordi sull'oro blu, anch'egli ha definito il contratto in vigore "dannoso per l'Ucraina e svantaggioso per Mosca. Ma è normale che chi vende mira ad ottenere più vantaggi e chi acquista a risparmiare".
Restano insoluti alcuni punti centrali della questione. In primis, l’ipotesi che Kyiv possa cedere parte dei propri gasdotti ad un consorzio compartecipato da Ucraina, Russia ed UE e permettere lo stazionamento della flotta russa nel Mar Nero anche dopo il termine previsto del 2017: indiscrezioni ventilate con grande insistenza negli scorsi giorni.
Pronta è arrivata la reazione dell'opposizione democratica, che per voce del braccio destro di Julija Tymoshenko Oleksandr Turchynov ha richiesto spiegazioni a riguardo, invitando Azarov a presentarsi alla Rada per riferire al parlamento. "In cambio di un prezzo inferiore del gas per le grandi industrie dell'est del Paese in mano agli oligarchi sponsor di Janukovych e del Partija Rehioniv la Russia intende avanzare rivendicazioni politiche che costituiscono una seria minaccia per la nostra sovranità nazionale. L'opposizione democratica intende difendere quanto di buono fatto dal Blocco Tymoshenko durante il periodo al governo, in particolare mantenendo il patrimonio infrastrutturale energetico in mani ucraine ed evitandone la svendita a magnati russi o sotto la protezione del Cremlino" ha dichiarato l'ex vice premier.
Lecito ricordare che in virtù degli accordi stretti da Julia Tymoshenko e Vladimir Putin lo scorso autunno Kyiv paga a Mosca l'altissima somma di 360 dollari per mille metri cubi: una tariffa equivalente a quella imposta alla Germania, in cambio della quale la Lady di Ferro ucraina è riuscita però a garantire al suo popolo un inverno al caldo dopo anni di precarietà energetica, nonché ad ottenere l'eliminazione della clausola "prendi o paga" in base alla quale l'Ucraina era costretta ad acquistare una quantità di oro blu superiore di molto al proprio fabbisogno nazionale. |
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