Messico, il grande stato fallito

CITTÀ DEL MESSICO – L’anno per i messicani, quelli delle classi medie e popolari s’intende, è cominciata con una rabbia ancora sorda e con una preoccupazione diffusa. In un continente dove le tasse dirette sulla ricchezza sono semplicemente risibili, l’aumento dell’IVA al 16% dal primo gennaio suona come una beffa e una nuova ingiustizia. Così il governo di Felipe Calderón, che ha sulla coscienza già 16.000 morti in tre anni nella guerra del narcotraffico nella quale lo stato, la politica, l’esercito sono parte in causa, ha scelto su quali spalle far pesare l’assoluta incapacità del suo governo e del modello neoliberale di risollevare il paese: quegli 80 milioni di messicani che già hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Che però reagiscono: alla chiusura di questo articolo, l’alba di martedì in Messico, decine di blocchi stradali sono segnalati nelle principali strade del paese. Come se non bastasse l’aumento dell’IVA, non appena sconfitta la resistenza degli elettricisti di “Luz y Fuerza” e di fatto terminando la privatizzazione del settore (con il solito bla bla bla, sull’efficienza, la concorrenza e i benefici per i cittadini) la seconda cattiva notizia per i portafogli dei messicani è l’aumento indiscriminato, intorno al 5%, della stessa elettricità (sic), della benzina con la quale vanno le auto e del diesel con il quale si muovono le automobili. Un aumento del 5% che, secondo la Camera di Commercio della capitale, si rifletterà in un 5% di inflazione immediata su tutto. Sono già aumentati metro e trasporti urbani ed extraurbani, indispensabili in questa città enorme, ma a pioggia gli aumenti si rifletteranno su ogni bene di prima necessità, tortilla compresa, la base dell’alimentazione messicana. Ciò nel corso del 2010 comporterà una perdita del potere d’acquisto per i messicani a medio e basso reddito che potrebbe toccare il 20%. Non c’è bisogno di essere critico del modello neoliberale per sconsigliare in un periodo di recessione la decisione di Calderón di comprimere ulteriormente il mercato interno. Ma la stretta fiscale sembra essere l’unica carta nelle mani del governo panista. Pemex, una delle principali imprese petrolifere al mondo, che ha letteralmente mantenuto il paese per decenni e che ancora contribuisce per il 40% al bilancio dello stato è alla frutta pur avendo registrato un attivo di 14 miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2009. Avrebbe bisogno di essere ristrutturata profondamente (come Petrobras o Pdvsa) per evitare quell’assurdo di esportare petrolio per importare benzina che è incapace di raffinare. Ma il governo preferisce lasciar acutizzare la crisi di Pemex per imporre la grande privatizzazione che è nei patti per i quali Calderón e il PAN (Partito di Azione Nazionale, destra conservatrice) stesso stanno governando da quasi un decennio questo paese. Se la linea del governo è chiara, altrettanto chiara è la situazione insostenibile nella quale versa la popolazione. La Coneval, un ente che misura lo sviluppo del paese, è stato chiarissimo nel suo ultimo rapporto. Il 65% dei messicani non ha accesso a servizi sociali, l’81% della popolazione è al di sotto della linea media di entrate e 5 milioni di bambini sono di fatto al di fuori di qualunque regime di assistenza. Dei quattro servizi fondamentali, salute, educazione, acqua potabile e alaccio fognario, al 70% dei messicani ne mancano almeno due. A ciò si aggiunge il fatto che la dozzina di milioni di messicani emigrati, soprattutto negli Stati Uniti, è sempre più in difficoltà nell’inviare rimesse. Nel 2009 le rimesse totali sarebbero state di meno di 20 miliardi di dollari contro i 23.5 del 2008 con una costante diminuzione procapite che viene dall’anno 2000. Allora i migranti inviavano a casa 370 dollari a testa. Oggi non arrivano più a 300 e il 17% di loro sarebbe al momento disoccupato o gravemente sottoccupato. In una situazione così difficile i messicani, anche quelli meno politicizzati, masticano amaro o si riuniscono in solidarietà con chi paga le conseguenze più gravi della crisi, come è avvenuto nei mesi passati con gli elettricisti di “Luz y Fuerza”. Alla chiusura di questa nota imponenti blocchi stradali, con migliaia di trasportatori accompagnati dai sindacati degli elettricisti, che ricambiano così la solidarietà ricevuta, stanno bloccando le principali strade del paese come quella che porta da Puebla a Veracruz. Ancora squilli di rivolta dal grande stato fallito? Fonte: www.giannimina-latinoamerica.it

FINANZA/ Il fuoco amico delle banche può far a pezzi l'Europa

mercoledì 10 febbraio 2010

«L'euro continuerà a costituire uno strumento di sviluppo importante, chi pensa che possa essere rimesso in discussione sarà smentito». Così parlò il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, all'Europarlamento, che ieri ha votato sul nuovo esecutivo comunitario.

Condizione per rafforzare l'unione monetaria, ha indicato ancora Barroso, è che l'Eurozona parli «con una voce sola» nelle istituzioni internazionali e che le politiche economiche siano coordinate: «Certi politici nazionali sono contrari a un approccio più coordinato, se vogliamo rafforzare la nostra base industriale invece bisogna avere un coordinamento economico più forte».

Il periodo è «difficile ed è inutile negarlo», ma la zona euro è «in grado» di gestire la situazione, «l'euro è stato uno dei principali successi della storia dell'Ue e la zona euro ha rappresentato una area di stabilità e di creazione di occupazione», ha sottolineato Barroso, affermando che anche Eurolandia ha risentito della crisi così come paesi, come l'Islanda, che non ne fanno parte.

«La crisi non è stata creata nell'eurozona, ma è venuta da fuori. L'euro ha protetto i paesi che vi aderiscono e la situazione sarebbe stata molto più grave senza la moneta comune», ha insistito Barroso, osservando che «la situazione dei mercati finanziari a volte viene descritta in modo da ingigantire i problemi, ma queste analisi di solito vengono da paesi che non sono nella zona euro».

Per quanto riguarda la Grecia, Barroso ha ricordato l'approvazione da parte della Commissione del pacchetto di risanamento dei conti pubblici, sottolineando che questo richiede «l'azione del governo greco». Il via libera a Barroso, ieri veniva dato per scontato: bene, teniamocelo uno che parla di crisi arrivata fuori dalla zona euro, come se non conoscesse la bomba atomica pronta a esplodere nella pancia delle banche tedesche grazie alla cattiva abitudine teutonica, non solo statunitense o inglese, di agire sulla leva ed esporsi per dieci, venti volte maggiormente della riserve che si hanno in cassa.

Teniamocelo chi parla di «problemi ingigantiti da analisi che di solito arrivano da fuori la zona euro»: e prepariamoci a quanto segue. Ampiamente previsto e temuto, è infatti cominciato il “double dip”, ovvero l’onda recessiva a W, quella creata dall’eccesso di liquidità a costo zero che ha intasato i mercati e dato vita al motto “liquidity turns to equity”: di nuovo crollano le Borse dopo il rally e la speculazione trascina interi Stati sull’abisso del fallimento.

Quel che accade l’ha spiegato pochi giorni fa niente meno che Joseph Stiglitz nel modo più semplice possibile: le banche d’affari, salvate dagli Stati che si sono indebitati in modo assurdo per questo, adesso scommettono sull’insolvenza di quegli Stati (e finiscono per provocarla con i loro carichi di posizione sui cds). Per scommettere al ribasso contro il debito di Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda (a quando l’Italia?) gli speculatori usano quei trilioni ricevuti dai contribuenti. Anzi, peggio.

Siccome usano i derivati, i futures, possono vendere miliardi di titoli che non possiedono nemmeno, solo anticipando un “margine” insignificante: la vendita allo scoperto, che provocò il crack del 1929, viene moltiplicata dai nuovi strumenti finanziari. A Londra stanno gettandosi in questo marasma suicida la maggior parte degli hedge funds, si scommette sul crollo del debito dei paesi dell’eurozona come su quello della crescita cinese, alimentato da strane mosse politiche che vedono Obama sempre più sulla china di un doppio binario amministrativo, leftist in tema sociale, quasi cheneyano per quanto riguarda il ruolo di superpotenza egemone degli Usa.

In Italia - e più in generale in Europa, dove dettano legge tipi alla Barroso - certe cose si finge di non vederle. A Londra, invece, ci si lavora sopra alacremente. Per fare soldi prima che sia troppo tardi. A Barclays Capital lo hanno fatto. E l’ultimo outlook sembra una lista di condannati a morte pronti a mettersi in fila per il death row: le liabilities esterne, ovvero l’esposizione netta verso l’estero, della Grecia sono all’87% sul Pil, uno scherzetto da 208 miliardi di euro. Quelle spagnole si attestano a quota 91% del Pil (950 miliardi di euro), quelle portoghesi al 108% sul Pil (177 miliardi di euro), quelle irlandesi al 63% (123 miliardi), quelle italiane al 23%, ovvero 347 miliardi.

Uniamo quel pozzo senza fondo di esposizione non ripagabile causa default tecnico e fine della carità da parte del Fmi e della Banca Mondiale che è l’Est europeo e il titolo di quella che possiano definire eurozona allargata di Club Med, Irlanda e Balcani tocca quota 2 trilioni di euro di esposizione netta. Barroso non lo sa, lui si limita ad accusare chi fa analisi troppo catastrofiche: se lo sapesse - o non fingesse di ignorarlo - forse sarebbe meglio. Siamo a livello, per capirci, della messe di porcherie finanziarie accumulatesi nell’era Greenspan unendo subprime/Alt-A, CDO e SIVS: insomma, una bomba ulteriore pronta a fare boom.

E sulla cui esplosione in molti stanno puntando forte: talmente forte da portare, come conseguenza diretta, il peggioramento “artificiale” della situazione sull’assicurazione del debito e quindi il premio che questo richiede. Siamo al paradosso che se anche la Grecia metterà in atto il suo piano di riforme draconiano - e con essa Portogallo e Spagna - questo non escluderà il rischio di default, poiché i mercati “decidono” chi deve fallire, non si limitano a osservare e comportarsi di conseguenza. Chi opererà in Borsa, nel futuro, potrà fregarsene di conoscere punti di resistenza, triangoli ascensionali e discensionali di un titolo, andamento ciclico, linee di trend e quant’altro: ormai, si gioca duro.

I titoli, le Borse regolamentate, sono preistoria. L’euro, nei fatti, ha trasformato il rischio di cambio in rischio di credito: lo sa Barroso, lo sa Trichet, lo sanno tutti. Visto che Landesbank, in Germania, ha comprato cedole spagnole ritenendole sicurissime, salvo poi vedere il mercato immobiliare iberico esplodere. I titoli subprime AAA a 10 anni pesano nei bilanci esattamente come quelle emissioni avvelenate giunte da Madrid e dal suo paradiso economico artificiale: ora la bomba è innescata, o si scarica in qualche modo - ovvero facendo indebitare ulteriormente i governi - o si salta.

E il destino appare poco differente scegliendo tra le due opzioni: non far nulla significa naufragare, metter mano al debito per intervenire la stessa identica cosa. E gli hedge funds, questo lo sanno. La quota di debito statale da ripagare quest’anno per la Spagna è del 17% sul Pil, peggio del 12% della tanto vituperata Grecia: ma Barroso, questo non lo sa. Non vi ricorda qualcosa questa situazione? Non vi ricorda terribilmente l’inizio del 2009 e il rischio di default sistemico dell’Est europeo, con possibile contagio delle borse globali, del mercato delle commodities e degli indici di credito iTraxx?

Beh, all’epoca ci pensarono G20 e Fondo Monetario a mettere in campo uno scudo da 750 miliardi di dollari che evitasse il cataclisma: oggi chi può farlo? Pensate davvero che esistano ancora margini per manovre di stimolo a costo zero? Pensate davvero che l’America, alle prese con il rischio iper-inflattivo innescato dal dato di crescita fuori previsione, si farà molte remore nel mandarci a fondo se questo servirà a colpire noi ma soprattutto uina parte del mercato di export e diversificazione monetaria della Cina? I contratti al Chicago Mercantile Exchange (Cme), un barometro molto consultato dai grandi speculatori internazionali, dimostrava dati alla mano che la scorsa settimana le posizioni di short netto contro l'euro sono salite in un giorno da 39.500 contratti a 43.700, per un controvalore di 5,5 miliardi di euro.

E la Germania, cosa farà? Accetterà il suo destino insieme agli amichetti europei in nome dello spirito comunitario o scaricherà il Club Med e opterà per un deutsch mark II in logica di peg? Molti di voi si chiederanno: ma allora cosa si dovrebbe fare per evitare questo scenario catastrofico? Occorrerebbe seguire l'esempio di Hong Kong, che durante l'attacco speculativo del 1997-1998 ha alzato i tassi di interesse, e i governi dovrebbero intervenire direttamente sui mercati finanziari. Avranno il coraggio di farlo?

Domande che occorre cominciare a farsi, perchè il tempo stringe e nelle sale macchine dei fondi speculativi i motori vanno a tutta forza. Speriamo non disturbino troppo i sonni di Barroso.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/2/10/FINANZA-Il-fuoco-amico-delle-banche-puo-far-a-pezzi-l-Europa/66178/

Ma noi ne usciremo meglio di altri – 10

Wednesday, 10 February, 2010

in Economia & Mercato, Esteri, Italia

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Istat comunica che nel mese di dicembre 2009, sulla base degli elementi finora disponibili, l’indice destagionalizzato della produzione industriale italiana ha segnato una diminuzione dello 0,7 per cento rispetto a novembre 2009.

La variazione della media del quarto trimestre rispetto a quello precedente è pari a meno 0,8 per cento. L’indice della produzione corretto per gli effetti di calendario ha registrato a dicembre una diminuzione tendenziale del 5,6 per cento (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di dicembre 2008). Nella media dell’intero anno 2009 l’indice ha presentato una diminuzione del 17,5 per cento.

Ora potremmo dirvi che su base mensile siamo andati meglio della Germania, che ha registrato un calo del 2,6 per cento, in misura non marginale imputabile alle avverse condizioni meteo, ma in quel caso saremmo costretti a segnalarvi anche che, sempre in dicembre, la Francia ha registrato una flessione della produzione industriale di solo 0,1 per cento, con revisione al ribasso del dato di novembre (da più 1,1 a più 0,6 per cento). Anche la Francia ha fatto molto peggio delle attese, che ipotizzavano un incremento dello 0,5 per cento. Il tendenziale francese di produzione industriale a dicembre è pari a meno 2,3 per cento, ma nel quarto trimestre la produzione è almeno cresciuta dello 0,1 per cento.

Oggi è uscito anche il dato britannico, l’unico che abbia battuto il consenso, a più 0,5 per cento mensile, grazie alla maggiore vivacità della produzione manifatturiera (che si somma a quella mineraria e delle utilities per dare il dato complessivo di produzione industriale), che nel mese è cresciuta dello 0,9 per cento.

L’impressione di fondo è che, al netto del rumore statistico mensile, sia in atto un rallentamento generalizzato nell’attività. E, come ben sapete, quando si tratta di rallentamenti, il nostro paese non è secondo a nessuno, come dimostra il “rosso” sul dato del quarto trimestre, che ovviamente peserà sul Pil. E pare che tutto ciò non sia scritto su Topolino.

Update: puntuale come un treno svizzero, ecco lo straniato commento al dato del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ricorda molto le dichiarazioni di Trapattoni su baratro e barattolo:

«L’Istat ci consegna in modo formale quello che abbiamo verificato quotidianamente, nel momento in cui c’è stata una gelata della domanda beni e servizi. Ora confidiamo che la ripresa, pure se in termini di discontinuità e selettività, progressivamente ci consenta di recuperare, come già stiamo facendo per fortuna, anche se purtroppo in modo disomogeneo»

E così spero di voi.

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CREDIT DEFAULT SWAP: SCOPERTO IL MONELLO?

Proviamo ora a dare un'occhiata al mondo dei CDS Credit Default Swap, da una nuova prospettiva offertaci da Luigi Zingales e Oliver Hart sul SOLE24ORE.: (...)Le banche assomigliano a grandi investimenti a margine. Comprano gran parte delle loro attività con denaro prestato. Il regolatore potrebbe indurle a raccogliere più capitale effettuando una richiesta di deposito al momento giusto. Purtroppo, sulle sponde dell'Atlantico, le autorità di regolamentazione si sono dimostrate lente di riflessi. Proprio perché è difficile per una banca raccogliere capitali in tempo di magra, è anche difficile per un regolatore effettuare una richiesta di deposito. Questo problema può essere risolto con una soglia automatica basata sui tanto denigrati Cds (Credit default swaps). I prezzi dei Cds forniscono un'informazione aggiornata sul rischio di rimborso di un determinato debito: si potrebbe imporre al regolatore di effettuare una richiesta di deposito ogni volta che il prezzo Cds del debito di una banca supera una certa soglia, ad esempio una media di un punto percentuale rispetto al mese precedente. Una soglia verificabile, basata sul mercato, mette al riparo dal rischio che il regolatore ritardi il momento dell'intervento. Con tutti i suoi difetti, il mercato dei Cds è stato capace di prevedere con esattezza gli istituti più a rischio, da quando è iniziata la crisi. Se fosse stata in vigore questa regola, le banche sarebbero state costrette a emettere azioni nell'autunno 2007 e nei primi mesi del 2008, evitando la spirale a cui abbiamo assistito nell'autunno 2008. Oltre a rimuovere il problema dell'azzardo morale nell'attività bancaria, questa regola ha il pregio di essere equa. Perché i regolatori dovrebbero trattare le banche diversamente da come le banche trattano i loro clienti? (...) I prezzi dei Cds forniscono un'informazione aggiornata sul rischio di rimborso di un determinato debito(...) Con tutti i suoi difetti, il mercato dei Cds è stato capace di prevedere con esattezza gli istituti più a rischio, da quando è iniziata la crisi.(...)
Uhm....non ne sono proprio convinto, anzi non ne sono per nulla convinto. Sarebbe interessante come proposta se non che, come spesso accade, sarebbe come dare in mano la gestione di un parco naturale ad un braconiere, piuttosto che a una guardia forestale, visto l'alto livello di concentrazione e opacità con risvolti sistemici, del mercato dei CDS, un'esclusiva di alcuni grandi gruppi bancari, come abbiamogià visto nella prima parte del tritico: CREDIT DEFAULT SWAP: IL MONELLO!
Potrebbe inoltre essere utilizzato anche come arma per "guerre finanziarie" , vista la nebbia che circonda il "campo di battaglia" del mercato dei CDS, decisamente OTC. Chi assicura il regolatore che i CDS siano espressione unica e reale del rischio sul debito dell'emittente e non l'oscura trama di qualche saga finanziaria, messa in atto da coloro che non detengono il debito, ma che intendono speculare contro questa o quella realtà imprenditoriale o sovrana? Dire che il mercato dei CDS è stato capace di prevedere gli istituti più a rischio, mi pare francamente azzardato, anche perchè nel fallimento della Lehmen Brothers o del quasi fallimento della AIG, i movimenti sulla scacchiera dei CDS, sono stati alquanto misteriori. Occorre non dimenticare che molto probabilmente, gli stessi strumenti sono stati utilizzati dagli hedge fund per "allarmare" i mercati sulla situazione finanziaria delle banche per poi "allegramente" shortarli con le "naked short selling" vendite allo scoperto senza il possesso dei titoli. Da voci di mercato sembra che alcuni fondi hedge e una non meglio identificata, istituzione finanziaria americana si siano divertiti lanciando candelotti di dinamite sull'Europa.
Ci sono alcune piccole sorprese in questo post, nessuna novità sia chiaro per noi di Icebergfinanza, ma giorno dopo giorno, i contorni di questa crisi, si fanno sempre più evidenti.
E' incredibile questa nemesi, gli Stati e la politica monetaria hanno "parzialmente" salvato il sistema bancario, mentre la liquidità, come un vero e proprio boomernag sta tornando in faccia agli stessi Stati, se è vero che Morgan Stanley, come scrive il Sole24Ore di oggi, sta invitando i propri clienti a shortare addirittura il BUND, la Germania, ovvero vendere i titoli del debito tedesco allo scoperto.
Addirittura come avviene per il Portogallo come pubblicato da Bloomberg, vengono assunte alcune banche per aiutarlo a piazzare obbligazioni sul mercato ad alto onere, nel tentativo di ridurre il deficit di bilancio. Il Portogallo, prevede di emetter, 10-year notes in euro, appoggiandosi a Barclays Capital, Banco Espirito Santo SA, Credit Agricole CIB, Goldman Sachs Group Inc. and Societe Generale SA . Come sempre la "mano di dio" Goldman Sachs è onnipresente.
Come dice un nostro caro amico del blog, o mi concedi il “deal” per piazzarti l’emissione obbligazionaria con tanto di commissioni stellari o i tuoi CDS sono in pericolo.
Ora ascoltate questa, sempre che la notizia sia reale, visto che le parti in causa si sono rifiutate di rilasciare dichiarazioni.
In attesa che la nebbia si dissolva su questa vicenda, DER SPIEGEL ci racconta che Goldman Sachs avrebbe aiutato la Grecia ad approfittare di un vuoto normativo al fine di ridurre la vera entità del proprio deficit.
Sembra che i politici greci, all’inizio del 2002, dietro suggerimento degli esperti Goldman Sachs, abbiano messo in piedi un cross-currency-swap, il cui debito pubblico espresso in dollari e yen è stato espresso in euro per un certo periodo e successivamente riproposto nella divisa originale in data successiva.
Tassi di cambio fittizzi, importi sovradimensionati, crediti supplementari segreti, nulla da dire, il giardino del diavolo è completo, peccato che talvolta dimentichi di coprire le pentole con i coperchi.
Ci manca solo che le banche di affari e i loro analisti ora incomincino a downgradare il debito corporate, delle imprese finanziarie e non, delle varie nazioni sotto tiro e poi il gioco è fatto.
Oggi l'agenzia di rating S&P ha messo sotto osservazione con implicazioni negative il rating delle ex cenerentole finanziarie Citigroup e Bank of America, giocando con i vari rating interni alla struttura finanziaria, alzandone alcuni e diminuendone altri.
Ebbene, non dimenticatevi questi due nomi, come Vi ricorda Icebergfinanza da ormai due anni, nell'ordine, Citigroup e Bank of America, sono le probabili prossime candidate alla madre di tutte le nazionalizzazioni della storia.
Vi lascio con un quesito particolarmente intrigante, destinato a Voi tutti miei caricompagni di viaggio! Secondo Voi chi è stata la persona che ha coniato, l’acronimo PIGS, modificato poi in PIIGS, per non lasciare fuori nessuno, in quale realtà finanziaria lavora?
Restate sintonizzati sulla tempesta perfetta, perché la madre di tutte le crisi non ha ancora concluso la sua nemesi e come spesso ho sottolineato, le perdite radioattive dalle varie centrali nucleari derivate, sono il sintomo della prossima possibile crisi sistemica.

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La "filosofia" di Icebergfinanza resta e resterà sempre gratuitamente a disposizione di tutti nella sua "forma artigianale", un momento di condivisione nella tempesta di questi tempi, lascio alla Vostra libertà, il compito di valutare se Icebergfinanza va sostenuto nella sua navigazione attraverso le onde di questo cambiamento epocale!

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Postato da: icebergfinanza a febbraio 09, 2010 17:54 | link | commenti (14)

credit default swap

http://icebergfinanza.splinder.com/post/22212212/CREDIT+DEFAULT+SWAP%3A+SCOPERTO+

Il "tempismo" del Crac è per Questa Estate al Massimo

  • 00:32 10/02/10
  • Il "tempismo" del crac è per questa estate al massimo, è quasi matematico che non possa essere oltre, l'incognita è da dove inizi, se dalle borse, dal dollaro o altre valute come la sterlina su cui si crea un panico, dai titoli di stato USA o inglesi o giapponesi. Ma come tempistica da diciamo forse fine aprile per stare sicuri devi fare dei piani precisi perchè può essere un evento traumatico. Il "tempismo" del crac è "da Maggio-Giugno in poi..." per motivi molto semplici: 1) entro Aprile sia la Banca di Inghilterra che la Federal Reserve avranno cessato tutti i loro acquisti di debito pubblico e di debito cartolarizzato lanciato all'inizio dell'anno scorso. La la Banca di Inghilterra ha in realtà già finito con la settimana scorsa e non a caso la prima piccola slavina dei mercati ha coinciso con la decisione degli inglesi di terminare il cosiddetto "quantitative easing" (espressione inglese elegante ed intraducibile in italiano in senso letterale che significa: Stampano-Moneta-e-la-Usano-per Comprare-Titoli di stato e titoli del debito cartolarizzato con dentro mutui e altro) 2) tutti i cedimenti di borsa seri sono sempre iniziati tra Maggio e inizio Settembre, le uniche eccezioni le hai quando hai avuto un crollo giù prima così spettacolare, come nel 2008, che per forza di cose se hai perso un -50% nei 12 mesi precedenti un rimbalzo lo fai poi anche "non stagionale". Ma quando il mercato è orso e nei 6-10 mesi è precedenti è stato positivo il cedimento è sempre concentrato tra giugno e settembre, a volte si anticipa a maggio. 3) La Cina ha iniziato una prima stretta del credito a metà gennaio e gli effetti si sentiranno tra circa 3-4 mesi con un crollo dell'immobiliare. la Cina ha "toppato" come mercato con i soliti sei mesi di anticipo come nel 2007, il top dell'indice di Shangai è stato il 2 agosto 2009 e il top delle borse occidentali il 10 gennaio scorso 5 mesi e mezzo prima, nel 2007 furono sei mesi pure di distanza. Se tutto va come previsto dovresti vedere Shangai a -50% dal top del 2 agosto entro maggio-giugno, al momento ha fatto -22% dal top del 2 agosto, non sembra ma sta franando veramente assieme alla Spagna e Grecia. Se entro maggio-giugno hai Shangai a -50% dal top del 2 agosto allora hai la conferma 4) In autunno in USA ci sono delle elezioni per Congresso e Senato e dato il trend catastrofico dell'occupazione un due mesi prima circa i politici con seggi contesi ed Obama andranno nel panico e cominceranno a menare colpi a destra e a sinistra 5) l'effetto delle misure straordinarie (tassi di interesse a zero, "quantitative easing", salvataggi diretti di banche, aumenti di spesa sociale e pubblica...) lanciate tra fine 2008 e inizio 2009 comincerà a ridursi dopo un anno circa e i deficit dei singoli stati USA e dei paesi più indebitati sono tutte bombe ad orolegeria che peggiorano già ora di mese in mese, ci sono almeno 10 stati USA, California, Nevada, New Jersey, Wisconsin... che sono messi come la Grecia 6) Come ciliega sulla torta hai la "tensione con l'Iran" che non rimarrà così sempre sospesa in modo indefinito se leggi le dichiarazioni degli ultimi mesi e settimane e troverà un qualche sbocco. Le guerre in Medio Oriente ed altrove sono state sempre in questo periodo che coincide con quello "Orso" per le borse di giugno-settembre: (I Guerra Mondiale : agosto 1914, II Guerra Mondiale: 2 settembre 1939, Operazione Barbarossa: giugno 1941, Guerra dei Sei Giorni: 10 giugno 1967, Guerra dello Yom Kippur: settembre 1974, Guerra del Golfo in Kuwait: 2 agosto 1990, Strage delle Due Torri: 11 settembre 2001...)
  • http://www.cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=1162&reply_id=214983

Le Radici della Crisi

  • L'"austerità"
  • 01:36 10/02/10
  • Lo strategista della maggiore banca inglese si schiera oggi per l'"Austerità" come tema del 2010 la quale Austerity implica un S&P sotto 1.000 punti entro fine mese e sotto 800 entro l'estate con possibilità di andare sotto 666 e altre borse su valori proporzionali A RBS vedono l'"Austerità" cioè i governi che ritirano gradualmente ma inesorabilmente gli stimoli fiscali e monetari per non rischiare di essere travolti da crac stile Grecia o Dubai. Per cui il menu "orso classico" che propone è Buy Dollaro Sell Petrolio, Commodities e Oro Sell S&P DAX MIB CAC FTSE e tutte le borse emergenti o quasi Buy Bund e Bobl in primo luogo e poi anche Treasury USA
    Bob Janjuah, chief strategist at RBS, who is convinced — now more than ever — that the policy-sponsored excess liquidity-enabled buy fest is over. I now think we have begun the 3rd and final leg of the multi-yr bear mrkt which began in 2007 and which SHOULD, hopefully, finish late this yr, but which COULD (hopefully not) drag on deep into 2011. This new bear leg SHOULD see S&P trade sub-1000 this mth. After which we can bounce a little (back up to 1080/1100) over late Q1/early Q2. However, this I think will then be followed by a move down at least into the low 800s in Q2/H2 10, and depending on how policymakers behave, potentially down towards/to New Lows And I think the USD will do OK and Gold won’t – assuming of course the US IS on an austerity path. Look for the iTraxx XO index to trade in the hi-500s in the next few weeks, and if the move to low-800s S&P is correct, XO will be north of 750. At the same time we’ll see old economy 10-yr govvie yields well below 3% – 2.5%? And of course volatility, esp. in risky assets, will rise significantly, with market liquidity falling significantly. I will be forced to chge my mind if S&P reverses in the next few days/wk or so and manages to break out and close above 1120 for 3/4 consecutive days. What then is driving Bob’s thinking? Partly it’s the attack on the European periphery, but also the people: Dear Readers, it seems to me that the events of the last few wks now tend to imply that we ARE headed towards Austerity in the US, something which is already clearly the case in China and the Eurozone. The UK will hopefully make this leap over the next few weeks/mths, before its too late – hopefully. The QE announcement by the BoE last week was a decent step in the right direction. But we need fiscal solutions too – clear and credible ones. We in the UK shud not desire/be happy to be in a Gang of 2, with Japan. Surely policymakers in the UK know that this is NOT a club we want or shud be part of. After all it has ‘failed’ Japan for over 20yrs, and in any case, we do not have the domestic savings or current acct surpluses to afford such reckless luxuries (QE, excessive deficits/debt) for another qtr or 2, let alone another year or 10. In Austerity the game is up for deficit primed grwth and for uber easy money. Grwth and bubble gains in risk assets are relegated to the backseat of the bus. Balance sheet repair and prudence are the new drivers of the bus, in turn driven by The People (the private sector). Policymakers will do what The People want, or risk losing THEIR jobs. In Austerity deflation rules, as do Govvies, very High Quality Credit and only the highest quality big cap global equities/best earnings streams. Currencies do OK. Commodities (gold, crude) don’t. Let’s see what happens. But clearly the events of recent weeks SEEM like a game changer. Time will make it all clear but for me the odds have definitely shifted in favour of Austerity sooner rather than later and in favour of the view that we HAVE already seen the equity highs and spread tights for the post-March 09 risk asset rally.
  • http://www.cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=6291&reply_id=214993

Seoul: nord-coreani a rischio fame. Pyongyang ammette: politiche monetarie sbagliate

Nel 2009 si è registrato nella produzione un calo di 200mila tonnellate di grano rispetto all’anno precedente. Per sfamare l’intera popolazione servono 5,4 milioni di tonnellate, ma nel 2009 il raccolto non ha superato i 4,1 milioni. Il regime conferma che la crescita dell’inflazione è causata dalla rivalutazione monetaria e chiede scusa ai nord-coreani.
Seoul (AsiaNews/Agenzie) – La carenza di derrate alimentari in Corea del Nord nel 2010 è destinata a peggiorare. Lo scorso anno la produzione di grano è diminuita in modo sensibile e la popolazione è a rischio fame. È quanto ha affermato oggi un funzionario sud-coreano, in condizioni di anonimato. Una crisi ammessa anche dalla leadership del regime comunista nord-coreano: il "Caro leader" Kim Yong Il, infatti, si “scusa” con la popolazione per l’inflazione causata dalla rivalutazione monetaria e promette migliori produzioni per garantire cibo a ogni cittadino.
Una fonte del Ministero sud-coreano per l’unificazione sottolinea che, nel 2009, Pyongyang avrebbe prodotto 4,1 milioni di tonnellate di grano, con una diminuzione di 200mila tonnellate rispetto al 2008. Un dato di molto inferiore ai 5,4 milioni di tonnellate di grano annui, necessari per soddisfare la domanda interna e sfamare 24 milioni di cittadini.
Le stime fornite dal governo di Seoul si basano sulla simulazione elaborata dalla Rural Development Administration, che ha analizzato i dati sulla produzione forniti dalla Corea del Nord, comparandoli con altri elementi quali clima e condizioni del suolo. La diminuzione di circa 1,3 milioni di tonnellate di grano equivale a quasi quattro mesi di scorte alimentari.
Il calo della produzione è aggravato dalla sospensione delle forniture di fertilizzanti provenienti da Seoul – a causa delle tensioni sul nucleare e gli esperimenti missilistici voluti da Pyongyang – e il rifiuto, nel marzo scorso, di un consistente blocco di aiuti umanitari dagli Stati Uniti.
La grave crisi umanitaria in Corea del Nord è ammessa anche dai vertici del regime nord-coreano, che riconosce – a denti stretti – di aver promosso politiche economiche fallimentari. Secondo l’associazione Good Friends, gruppo umanitario sud-coreano attivo nel Nord, il premier Kim Yong Il si sarebbe scusato per “l’inflazione causata dalla rivalutazione monetaria” promossa lo scorso anno.
Essa avrebbe generato “confusione e rivolte”, per la mancanza di chiarezza sul prezzo dei beni al consumo e delle derrate alimentari. Tanto da far tornare il baratto come metodo di commercio fra la gente. Per il 2010 la leadership di Pyongyang ha assicurato che “la priorità sarà la risoluzione del problema cibo” e assicurare un pasto a tutti i cittadini nord-coreani. http://www.asianews.it/notizie-it/Seoul:-nord-coreani-a-rischio-fame.-Pyongyang-ammette:-politiche-monetarie-sbagliate-17586.html