“MacPensiero” per pupazzi

 

Conoscevo un brasiliano arrivato in italia con una borsa di studio in “scienze forestali” o cosa simile.
Poiché con l’assegno borsistico riusciva a malapena a coprire il costo di affitto e bollette dell’appartamento, stava veramente nelle ambasce. Nonostante, se non rammento male, dal Ccl avesse ottenuto un’integrazione alla retta.
Ricordo che spesso saltava il pranzo.
Tuttalpiù prendeva qualcosa alle “macchinette” in facoltà.
Andava in giro su una bicicletta malconcia che qualcuno gli doveva avere regalato. Talmente in cattivo stato che una volta, mentre stava pedalando, si staccò la ruota anteriore che per poco non ci si ammazzava.
Lui era sempre fuori a cena.
Nel senso che faceva il giro “agli aperitivi” di bar e locali frequentati da studenti a piluccare “stuzzichini”, patatine, pizzette, pistacchi vari.
Quello era spesso il suo pasto serale.
Espansivo come ogni “brasilero” che si rispetti, conosceva tutti, quindi era un gran “presenzialista” a ogni “serata Erasmus”, di solito il giovedì, e alle feste di laurea, immancabilmente tenute di venerdì o sabato, in cui poteva mangiare più a dovere.
I primi giorni della settimana per lui erano grigi, pieni di lezioni, talvolta vuoti di stomaco.
Mi è venuta questa reminiscenza leggendo della “sparata” del ministro Rotondi sull’abolizione della “pausa pranzo” (1).
Che la pausa pranzo sia un “danno per il lavoro” è un’emerita sciocchezza, affermazione per la quale non ci sono giustificazioni.
O no?
Il ministro per l’attuazione del programma che di nome fa Gianfranco, è un avellinese eletto in Lombardia, ha affermato che bisognerebbe eliminare la pausa pranzo, come in altri paesi, e anche in parlamento.
In effetti, non mangiare a mezzogiorno è impraticabile ai più.
Più facile immaginare che dietro vi sia un “germe” globalizzante, come sempre.
Costui si riferisce, supponiamo, alla soppressione dell’intervallo “lungo” di 90-120 minuti da sostituire con una semplice mezzoretta in cui staccare per buttare giù un boccone e farsi una sigaretta, per chi fuma.
Con tutta probabilità per “altri paesi” egli intende gli Stati Uniti.
E come funzionano le cose laggiù?
Premesso che in America vi è la brutale liberalizzazione di ogni orario e turno di lavoro, comunemente si lavora dalle 9 alle 17 orario continuato (con una breve pausa centrale per il pasto).
Fecero anche un film con questo titolo.
Quale sarebbe la conseguenza da noi di avere così poco tempo per pranzare?
Che NON si potrebbe tornare a casa a meno di non risiedere dirimpetto al luogo di lavoro. Occorrerebbe quindi mangiare fuori o portarsi qualcosa. Perché con il precariato diffuso, la delocalizzazione le mense aziendali diventano rare come i televisori in bianco e nero e i PC con Windows 95.
Più semplice andare in un vicino McDonald’s a ingerire schifezze per pochi euro.
Ovvio l’intento promotore del “fast food” che fa difficoltà ad attecchire in un paese come questo dove si mangia immensamente meglio che nella patria del “cibo veloce”.
Si può sospettare altro, in ogni modo.
Molti dei miei ex compagni di università ora mendicano in giro impieghi “atipici” a tempo determinato, impegnati 9-10 ore quotidiane, anche fino alle otto di sera.
Non vorrei che questa novità, intendendo ridurre la pausa di mezza giornata, fosse intesa per allungare ulteriormente l’orario lavorativo. A sostanziale parità di remunerazione, beninteso
Leggo che Rotondi ha “esternato” in un’intervista a Klaus Davi.
Ma chi disamine è Klaus Davi?
Svolgo una rapida ricerca su Wikipedia (2).
Svizzero, nato nel 1973, è laureato in Filosofia alla Statale di Milano.
Copio e incollo da Wikipedia: “Nel 1994 crea l'agenzia di comunicazione Klaus Davi & Co. Tra i clienti della sua società di consulenza figurano Fiat Auto, MSC Crociere. Tra i brand da lui lanciati ci sono H3G; Casio, Campari, Martini & Rossi, Superga, Fiat 500, Wonderbra, Lancia Ypsilon, Banca delle Marche, Molinari, Ferrero.”
Uno che all’età di 21 anni mette su una società di tale “appeal” deve avere le “spalle coperte”. Infatti, apprendo da un’informativa, che egli è un guideo-finocchio e questo spiega molto.
Abbinamento ideale per salire le scale del successo.
Davi ha tutta l’aria di “pasturare” nello stesso ambiente nichilistico-dissolutorio dei Flores d’Arcais, Ripa di Meana, degli Agnelli, gli Elkan, De Benedetti e altri che mi sfuggono. La cricca che si specchia nel giornale il Fatto.
Quei “radical-chic” strapotenti che stanno in Zona 1 a Milano e nei quartieri-bene di Roma. Miliardari, politicamente filosionisti e filoatlantici, quando si presentano a qualsivoglia competizione elettore in genere fanno incetta dei voti dei coglioni di sinistra.
E basta guardare l’intervista in ginocchio di Davi a Licio Gelli per inquadrare il personaggio. Pappagallescamente balbettante che “la massoneria non potrebbe fare cadere un consiglio comunale”. Quando è il Venerato Maestro stesso che, verso la fine del filmato, dice esistenti “svariate logge” esoteriche (“una filosofia”) sopra la P2 che era (è) solo una loggia “operativa” (3, 4).
Non banalizziamo l’affermazione del pupazzo Rotondi “bollandola” come una battuta estemporanea.
Anche la riforma del TFR, ricordiamocelo, cominciò con qualche dichiarazione fuori luogo, passata quasi inosservata sul momento, ed è finita come sapete. Con i lavoratori del settore privato senza liquidazione.
Quanto al mio amico brasiliano.
Finito il master è tornato a casa, al sud del suo paese.
Vive in una grande abitazione cinta da una staccionata bianca che somiglia idealmente a quella della casa della zia Polly in Tom Sawyer.
Credo abbia sposato ormai la sua ragazza, piuttosto carina, a giudicare dalle foto che mi aveva spedito via e-mail. Mi mandò anche immagini di grigliate di carne e pesce, tutte di enormi bistecche e pescioni pescati dal fiume che scorre dietro il suo appezzamento.
Invece qui, nell’italia terminale, i cassaintegrati devono attendere mesi prima di vedersi recapitare l’assegno. La pausa pranzo la stanno abolendo spontaneamente sicché non hanno di che mettere sotto i denti!
I licenziati col sussidio di disoccupazione, chi ce l'ha, neppure tengono i soldi per recarsi la domenica al rinomato ristorante “da McDonald’s”.
Probabilmente il ministro con i suoi 20mila euro mensili, almeno il “fast food”, lui se lo può permettere. In compagnia di Klaus Davi.
F. Maurizio Blondet
1 ) http://www.leggonline.it/articolo.php?id=35293
2 ) http://it.wikipedia.org/wiki/Klaus_Davi
3 ) http://www.youtube.com/watch?v=AK0JGgcPdEk&feature=related
4 ) Tra l’altro Gelli “en passant” ci spiga anche perché Berlusconi non può cadere: http://www.youtube.com/watch?v=69TdT99sefc&feature=related

 

http://falsoblondet.blogspot.com/2009/11/macpensiero-per-pupazzi.html

Ma che ce frega, ma che ce importa - Le Pillole rosse del 25/11/2009

 

November 25th, 2009
  1. “Roma: precari Ispra sul tetto, no a licenziamenti”, Ansa. Dalle parole ai fatti. Il governo Berlusconi non dimentica i lavoratori in difficoltà per la crisi. E quando può, ne licenzia qualcuno. E’ successo all’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Che ha già lasciato a casa 200 precari storici. E si appresta a licenziarne altri 250. Tagliando così la bellezza del 40% dell’intero personale dell’ente. Alcuni precari in odore di licenziamento - oggi - sono anche saliti sul tetto degli uffici dell’Ispra, in via Casalotti a Roma, in segno di protesta. E i sindacati non hanno dimenticato di far sentire la loro voce. Claudio Argentini - sindacalista della segreteria nazionale Usi-Rdb-Ricerca - ha dichiarato all’Ansa che “i lavoratori precari dell’Ispra sono ormai alla disperazione oltre a perdere il lavoro, a cui hanno dedicato molti anni della loro vita, spesso con salari da fame. Il ministro e la struttura commissariale che gestisce l’ente stanno azzerando completamente la ricerca dedicata al mare”. Protesta vibrante, quella dei sindacati. Ma per ora inutile. Verrebbe da dire: come al solito.
  2. “Niente cassa integrazione straordinaria per gli operai Yamaha Motor Italia di Gerno di Lesmo”, Motoblog. Mentre il governo è in altre faccende affacendato, comunque, alcuni nodi cominciano a sciogliersi. Dopo una settimana di serrata trattativa, infatti, Yamaha ha definitivamente sciolto le riserve sul suo stabilimento di Lesmo, in provincia di Monza. La fabbrica verrà chiusa. E tutti gli operai licenziati. Ma con tanti auguri. Ché tra un mese è Natale.
  3. “Fiat, Scajola convoca i sindacati”, Tgcom. Natale in panciolle anche per 1370 operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, in provincia di Palermo. Dal 18 novembre scorso sono tutti in cassa integrazione. Ma torneranno al lavoro da lunedì prossimo. E per ben 20 giorni. Perchè poi si fermeranno di nuovo - sempre in cassa integrazione - dal 21 dicembre al 6 gennaio. Vacanza lunghe, quindi. Che hanno un unico neo: non preludono a nulla di buono. Lo stabilimento - infatti -  produceva quella Lancia Y, che la Fiat d’ora in poi vuole fabbricare in Polonia. Ma non si può avere tutto dalla vita. E neppure dal Natale.
  4. “Pistoia choc, arriva il colpo del ko”, Il Tirreno. Dura la vita per chi lavora nel settore auto. Ma dura anche per chi si occupa di ferrovie. Il solito governo Berlusconi non si decide a bandire alcune gare molto attese, quelle per la costruzione di nuovi treni regionali e per la linea ad alta velocità. Risultato: la AnsaldoBreda - marchio storico; che produce treni - nell’attesa ha deciso di lincenziare 279 persone. Una decisione accolta male soprattutto a Pistoia. Il capoluogo toscano, infatti, non ospita solo una delle fabbriche della AnsaldoBreda. Ma anche 6mila freschissimi neo-disoccupati. Tanti infatti - secondo le stime dei sindacati, riportate dal quotidiano “Il Tirreno” - sarebbero i lavoratori che si sono iscritti alle liste di collocamento solo da gennaio ad oggi.
  5. “I Più letti”. Insomma. Come ogni settimana di questo autunno nero, le cronache registrano licenziamenti a raffica e fabbriche che chiudono. E come ogni settimana si registra un’altissima attenzione da parte dell’opinione pubblica italiota. E in particolare da parte dei lettori del Corriere.it. La classifica degli articoli più letti negli ultimi 7 giorni, del resto, parla chiaro. Al primo posto si è piazzato il raggelante “S’impicca Daul Kim, la topmodel triste”. Seguito a ruota - nell’ordine - dall’anoressico “Rotondi: Pausa pranzo, danno per tutti”; dal conturbante “Sesso nell’ufficio del governatore mentre il parlamento discuteva le leggi”; dall’evergreen “Rabbia irlandere dopo il ko con la Francia. Il premier Cowen: Ripetere il match”; e dal tecnologico (e jellatissimo) “Pubblica in rete le foto mentre sorride e perde l’assegno di malattia”.

Perchè: lo sapete com’è, no? Basta poco. Tanto il mondo sempre rotola, il mare sempre luccica e tra poco è già domenica. Oh-yeah.

http://bamboccioni-alla-riscossa.org/?p=4754

Effetti collaterali

 

Toh, anche la Fed si è accorta che a forza di stampare denaro e inondare i mercati di liquidità si rischia di alimentare la bolla dei mercati finanziari. E' quanto risulta dai verbali dell'ultima riunione (3-4 novembre) del Federal Open Market Committee (FOMC), il board dei governatori della Federal Reserve. Nel linguaggio paludato ed asettico che si confà a tali consessi leggiamo infatti:

Members noted the possibility that some negative side effects might result from the maintenance of very low short-term interest rates for an extended period, including the possibility that such a policy stance could lead to excessive risk-taking in financial markets or an unanchoring of inflation expectations. While members currently saw the likelihood of such effects as relatively low, they would remain alert to these risks.

Già, i membri (del board) hanno sottolineato la possibilità che qualche effetto collaterale negativo potrebbe derivare dal mantenimento per un esteso periodo di tempo di bassissimi tassi d'interesse a breve termine, inclusa la possibilità che una tale politica potrebbe condurre a un eccessiva propensione al rischio sui mercati finanziari o a dare il via ad aspettative inflazionistiche. Mentre i membri attualmente ritengono la probabilità di tali effetti ancora relativamente bassa, rimangono tuttavia all'erta nei confronti di questi rischi.
All'erta sto. Questo è quanto. In fondo nulla è cambiato dai tempi di Greenspan che con i suoi occhialini non riusciva a vedere le bolle e quando le vedeva teorizzava che si dovessero sgonfiare da sole. Cambiano gli interpreti ma la musica rimane sempre la stessa. Lasciate ogni speranza o voi che credevate che nulla sarebbe stato come prima e che questa crisi avrebbe costretto il sistema ad autoriformarsi.

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I rischi di choc monetari


Scritto da Mario Lettieri e Paolo Raimondi

mercoledì 25 novembre 2009

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Il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet in una recente conferenza a Francoforte ha denunciato il pericolo di “una eccessiva volatilità del mercato dei cambi che è un nemico per la stabilità e la prosperità dell’economia globale”.

Qualche giorno prima anche il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, si era espresso negli stessi termini.

Il dollaro ha infatti superato la soglia di 1,50 sull’euro con una svalutazione dall’inizio del 2009 di oltre il 20% in rapporto alla moneta europea.

C’è una reale perdita di competitività delle esportazioni europee sui mercati internazionali dove il dollaro resta la moneta di riferimento nei commerci, ma c’è anche il rischio immediato di una grave crisi monetaria, dopo essere stati investiti dalla crisi finanziaria globale, .

Chiaramente il dollaro è debole e sempre più in difficoltà ad essere la sola moneta di riferimento mondiale e la principale moneta di riserva. L’economia americana, come è noto, è in picchiata mentre crescono la disoccupazione, il debito pubblico e il deficit di bilancio e quello del commercio estero. Di conseguenza c’è una perdita del 18% di introiti fiscali in rapporto all’anno precedente.

Alcuni dati finanziari evidenziano ulteriormente la pericolosità dell’evolversi della crisi e del suo riversarsi sui mercati monetari.

Nel 2009 il Tesoro americano ha emesso ben 1.270 miliardi di dollari in titoli di stato, di cui soltanto 298, cioè il 23,5% del totale, sono stati acquistati dalla Fed. Il resto è stato acquistato da vari paesi, a cominciare dalla Cina. Evidentemente, nonostante la debolezza del dollaro, si confida sempre nel governo americano applicando agli USA il principio del creditore di ultima istanza e del “too big to fail”.

L’anno scorso il bilancio della Fed è più che raddoppiato superando i 2.000 miliardi di dollari. Essa ha semplicemente stampato altri dollari e questa grande liquidità si è riversata sui mercati internazionali.

Siamo di fronte al paradosso che da un lato si registra una eccedenza di liquidità e dall’altro vi è una drammatica carenza di dollari!

Infatti la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha pubblicato uno studio dal singolare titolo “Scarsezza di dollari USA nelle attività bancarie globali” in cui spiega che dopo il fallimento della Lehman Brothers il sistema si è trovato in gravi difficoltà per ottenere crediti in dollari a breve termine. La Fed è arrivata a concedere aperture di credito swap illimitate alle altre banche centrali, soprattutto quelle europee, e ha fornito liquidità in dollari per oltre 600 miliardi a non residenti, cioè a istituti bancari e finanziari stranieri.

Questo perché nei passati dieci anni vi è stata una crescita straordinaria dei bilanci globali delle banche, in particolare quelle europee, operanti come entità multinazionali. Si ricordi che i diritti di pagamenti esteri (foreign claims) delle banche erano 10.000 miliardi di dollari nel 2000 e che sono saliti a 34.000 miliardi nel 2007!

La famosa “tecno-finanza” dei derivati e dei titoli tossici è cresciuta in modo esponenziale gonfiando i bilanci, incidendo anche sulla domanda a breve di dollari.

Infatti, se non fosse per questa forte domanda di dollari necessari a mantenere il funzionamento di questo grande meccanismo speculativo, la moneta americana avrebbe perso molto più del suo valore!

Questa enorme liquidità ha invaso tutti i mercati. Anche il G8 di Lecce aveva avvisato che essa era andata anche nella speculazione in “commodities”, come petrolio e altre materie prime e prodotti primari anche alimentari.

Parte di essa si è riversata nei mercati emergenti tanto che ad esempio i valori delle azioni e obbligazioni del Perù sono cresciuti del 139%, quelli dell’Indonesia del 112%, quelli della Turchia del 99%. La Banca Mondiale ha lanciato l’allarme sul pericolo di nuove bolle nelle borse e nei settori immobiliari di alcuni paesi dell’Asia, a cominciare dalla Cina, Hong Kong e Singapore.

La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) perciò ha opportunamente invitato i paesi dell’Europa centrale e orientale, fino a pochi mesi fa sull’orlo della bancarotta, a fermare la loro “corsa drogata verso il debito in valuta straniera”.

Purtroppo non si è ancora fatto nulla di concreto per riformare a fondo il sistema finanziario. Anzi c’è una nuova euforia speculativa che pervade le banche americane e potrebbe contagiare il mondo intero.

I governi d’Europa e lo stesso Mario Draghi che ha la responsabilità del Financial Stability Board, accelerino l’approvazione di nuove regole stringenti, altrimenti esploderà una nuova crisi nel sistema finanziario e monetario. Di ciò, lo stesso Lorenzo Bini Smaghi, rappresentante italiano nel board della BCE, è consapevole, tanto che ha detto:”C’è il rischio di una nuova imminente ondata di svalutazioni delle attività bancarie nell’area dell’euro, con conseguenti riduzioni patrimoniali”.

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=26753

Sondaggio Reuters: sorpasso nel 2010.

Pubblicato da Debora Billi alle 19:29 in Esperti

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La Reuters fa i sondaggi tra gli esperti del petrolio, in particolare analisti e responsabili di organizzazioni mondiali, e i risultati non lasciano dubbi: la domanda di greggio, nel 2010, supererà l'offerta. Arriva il fatidico evento che da tempo temiamo.

C'è da credergli? Altri esperti,ad esempio quelli di Heating Oil, hanno dubbi e insinuano interesse professionale da parte degli analisti per mantenere "caldo" il mercato petrolifero. In realtà le motivazioni per una tale prospettiva non sono campate in aria. Riporta Reuters:

Il crescente uso di petrolio nel mondo probabilmente sorpasserà il ritmo dell'offerta nel 2010, erodendo anche le enormi riserve di greggio che si sono accumulate dall'inizio della crisi economica mondiale.

E come mai questa domanda improvvisamente tornerà a crescere? I punti deboli solo la capacità OPEC di mantenersi ai ritmi consueti, e soprattutto la prevista domanda crescente della Cina. Nulla di nuovo per noi, ma forse per la prima volta gli esperti offrono numeri precisi: crescita della domanda di 1,3 milioni di barili al giorno, contro una crescita dell'offerta di 800.000 barili.

A me pare persino ottimistica...

http://petrolio.blogosfere.it/2009/11/sondaggio-reuters-sorpasso-nel-2010.html

Il razionamento della sanità negli USA provoca una bufera politica

 

26 novembre 2009 (MoviSol) - La pubblicazione, il 16 novembre, di uno studio ufficiale che sconsiglia la mammografia al di sotto dei 50 anni perché non corrispondente ai criteri di costo-efficienza ha fatto sensazione negli USA. Lo scalpore è aumentato quando, alcuni giorni dopo, l'Associazione Americana di Ostetrici e Ginecologi ha raccomandato di ridurre i test di routine per il cancro cervicale. Gli americani si accorgono con orrore che i manifesti di Obama coi baffetti, diffusi dal movimento di LaRouche, non erano esagerati.

La comunità dei medici ha immediatamente denunciato la proposta di negare la mammografia alle donne under 50, fornirla ogni due anni tra i 50 e i 74 e negarla di nuovo oltre i 74. L'Associazione dei Radiologi Americani ha dichiarato che se vengono adottate queste direttive, "innumerevoli donne americane potrebbero morire ogni anno, senza motivo, di cancro alla mammella". Il dott. Evans della Società di Diagnostica per Immagini del Seno ha affermato: "Queste raccomandazioni sono incoerenti con la scienza attuale e apparentemente sono state sviluppate nel tentativo di ridurre i costi. Sfortunatamente, molte donne potrebbero pagare questo approccio sbagliato con la propria vita". La Società Oncologica Americana, L'Istituto Oncologico Nazionale e molte donne sopravvissute al cancro del seno hanno stigmatizzato le proposte. Il dott. Daniel B. Kopans capo radiologo alla Harvard Medical School ha dichiarato: "Decine di migliaia di vite vengono salvate dalle mammografie, e questi idioti vogliono eliminarle. È folle, veramente non etico".

Lo studio, compiuto dalla Task Force sui Servizi Preventivi (USPSTF) per conto del ministero della Sanità, era stato commissionato in primavera, prevedendo che al momento della pubblicazione la riforma sanitaria di Obama sarebbe stata già approvata. Questo significa che le direttive sarebbero state adottate quasi automaticamente, se la legge approvata fosse stata quella attualmente al Senato e alla Camera. Non sorprende che dei 16 membri dell'USPSTF, nessuno sia oncologo o radiologo, ma almeno sei di essi siano o siano stati direttore o consigliere di mutue private. Il dott. Carolyn Clancy, che dirige l'ente responsabile della task force, è membro del Consiglio Federale di Coordinamento sulla Ricerca di Efficacia Comparativa, di cui fa parte anche il principale consigliere di Obama sulla sanità, il dott. Ezekiel Emanuel.

Il rapporto si basa solo su considerazioni finanziarie, o medicina "evidence-based", come ha sottolineato la Società Oncologica Americana: "L'USPSTF afferma che fare la mammografia a 1399 donne dai 50 ai 59 anni per salvare una vita vale la pena. Ma sostiene anche che farla per 1904 donne nella fascia dai 40 ai 49 anni, sempre per salvare una vita, non conviene".

Metodi statistici del genere sono comunque fraudolenti, perché prendono in considerazione i costi delle mammografie ma non i costi risparmiati mettendo mogli e madri nella condizione di vivere una vita produttiva.

Contro la volontà dei cittadini, la Casa Bianca continua a premere per una conclusione dell'iter legislativo della riforma sanitaria. L'elemento centrale del disegno di legge è la Independent Medicare Commission (IMAC), che avrebbe il potere di decidere, al posto dei medici e dei professionisti della sanità, quali cure e quali procedure siano concesse, e cioè quali malati siano condannati a morire.

L'amministrazione Obama non è disposta a rinunciare a questo aspetto della legge, e questo è il motivo per cui Lyndon LaRouche sostiene che si tratti di una politica simile a quella varata dai nazisti nel 1939, a cui peraltro si rifà il modello britannico NICE a cui si ispira la riforma di Obama. http://www.movisol.org/09news230.htm

Il tema "ambiente" al centro della politica di genocidio

 

25 novembre 2009 (MoviSol) - Un attacco di hacker nel server del computer della CRU, l'Unità di Ricerca Climatica dell'University of East Anglia, a cui ha fatto seguito la pubblicazione in internet di circa 1000 mails e 3000 documenti trafugati costituiscono la pistola fumante che prova la frode del riscaldamento globale. La CRU è al centro della cosiddetta ricerca sui cambiamenti climatici ed è finanziata dal WWF, da British Petroleum, Shell, Greenpeace e dal governo britannico.

I messaggi postati dimostrano manipolazione e collusione nell'esagerare i dati del riscaldamento globale, distruzione di informazioni imbarazzanti, resistenza organizzata contro la divulgazione e ammissione privata di errori nelle tesi pubbliche dei sostenitori del riscaldamento.

La scoperta della frode avviene nel momento in cui la spinta verso il genocidio globale si intensifica su più fronti, come testimoniano il rapporto del Fondo ONU sulla Popolazione (vedi "Il Fondo dell'ONU sulla Popolazione: riduzione demografica per salvare il clima") e le pressioni all'interno dell'amministrazione Obama per varare il "modello Blair" di tagli alla sanità.

La reazione di Lyndon LaRouche alla vicenda degli hackers non si è fatta attendere: il tema dell'ambiente è il nocciolo della politica di genocidio. Lo scopo della "green economy" è di uccidere la gente. La politica esplicita del WWF, del Principe Filippo e dell'oligarchia, è ridurre la popolazione mondiale dagli attuali livelli di 6,7 miliardi a meno di 2 miliardi.

Ciò è riflesso nel programma di eutanasia in Gran Bretagna, chiamato NICE e adottato sotto Tony Blair. La politica di Blair è ora di esportare la politica di Hitler negli Stati Uniti, grazie all'amministrazione Obama. Essere "obiettivi" su questo tema, ha detto LaRouche, significa essere complici nella riduzione della popolazione mondiale, una riduzione i cui tempi non sono chiari ma il risultato netto e le intenzioni lo sono.

http://www.movisol.org/09news228.htm

Il Fondo dell'ONU sulla Popolazione: riduzione demografica per salvare il clima

 

25 novembre 2009 (MoviSol) - Il modo più efficace per combattere i cambiamenti climatici è ridurre la popolazione, sostiene il rapporto annuale del Fondo ONU sulla Popolazione (UNFPA), pubblicato il 18 novembre. Come da copione, il ministro dello Sviluppo danese ha annunciato che il suo governo intende includere il tema del controllo demografico nell'accordo da sottoscrivere al vertice sul clima di Copenhagen.

L'UNFPA ha sempre perseguito una politica maltusiana, ma è la prima volta che lega la crescita demografica ai cambiamenti climatici. Facendo così, esso segue le prescrizioni degli enti controllati dalla famiglia reale britannica, come l'Optimum Population Trust.

"La crescita demografica è tra i fattori che influenzano le emissioni totali nei paesi industrializzati e in via di sviluppo", afferma il rapporto dell'UNFPA. "Ogni persona, in ogni popolo, consumerà cibo, avrà bisogno di alloggio, e idealmente la maggior parte usufruirà di trasporti che consumano energia, e consumerà combustibile per il riscaldamento ed elettricità". Riducendo la popolazione mondiale si ridurrà l'emissione di gas-serra e aiuterà i paesi – specialmente le nazioni povere, con alta crescita demografica – ad adattarsi all'impatto dei cambiamenti climatici.

Naturalmente, la crescita demografica va giudicata in una luce completamente diversa: ogni individuo è fonte potenziale di ricchezza per tutta la società, grazie ai contributi creativi che egli o ella può arrecare e che ogni governo dovrebbe promuovere. Le vite non possono essere misurate in termini di emissioni di CO2 o di energia consumata, o dei costi della sanità, contrariamente a quanto sostiene la scuola inumana della medicina "evidence-based".

Ma il rapporto dell'ONU sostiene che i cambiamenti climatici possono diventare "ancor più estremi e verosimilmente catastrofici" poiché la crescita demografica "supera la capacità di aggiustamento della terra".

Il principale ricercatore ed estensore del rapporto UNFPA è un certo Robert Engelman, vicepresidente del World Watch Institute il cui fondatore Lester Brown è uno degli alti sacerdoti del movimento della crescita zero.

La proposta di ridurre la popolazione per "salvare il clima" è stata per prima formulata dall'Optimum Population Trust, una fondazione britannica tra i cui direttori figura il consigliere per l'ambiente del Principe Carlo. Come abbiamo scritto in precedenza (cfr. Strategic Alert 39/09), l'OPT aveva commissionato il rapporto alla London School of Economics, e sostiene che impedire la nascita di nuovi inquinatori è un rimedio molto più economico ai cambiamenti climatici che non i mulini a vento o l'energia solare.

Il rapporto dell'OPT fece seguito ad una riunione segreta di "filantropi" miliardari tenutasi il maggio scorso a New York City, i quali giunsero alla conclusione che la migliore attività di beneficenza nel mezzo dell'attuale crollo economico sia promuovere la causa della riduzione demografica (cfr. Strategic Alert 23/09). Quella riunione fu organizzata da Bill Gates, David Rockefeller e Warren Buffett (vedi su questo sito "La strana passione di Bill Gates per le grandi pandemie").

http://www.movisol.org/09news229.htm

Profumo di Ior. E di riciclaggio

Economiadi Redazione

 

pubblicato il 25 novembre 2009 alle 20:09 dallo stesso autore - torna alla home

Un’indagine della procura di Roma su Unicredit e la Banca del Vaticano. Un conto da 60 milioni di euro all’anno i cui titolari sono “protetti”. Si muove anche Bankitalia. Che ipotizza un reato gravissimo per la Chiesa.

Un conto da milioni di euro i cui veri titolari sono per ora sconosciuti e “protetti” da uno”schermo opaco“, come lo hanno definito gli investigatori, costituito dallo Ior, l’Istituto di opere religiose. Ora la procura di Roma vuol conoscere chi si cela sotto l’acronimo della Banca del Vaticano che dal 2003, questa la scoperta, ha aperto un conto corrente presso una filiale Unicredit della Capitale.

UN CONTO DA 60 MILIONI – La banca in questione è una succursale di Via della Conciliazione al confine con le Mura Leonine e il conto è stato aperto quando quella filiale era ancora sotto il marchio della Banca di Roma, istituto tradizionalmente vicino agli interessi del Vaticano (e guidato dal piissimo Cesare Geronzi), prima che arrivasse la fusione con Unicredit. Dietro quel conto potrebbe esserci chiunque, osservano in procura. Su quella provvista, una sorta di bacino finanziario che assicurerebbe flussi di denaro da e per i correntisti protetti dalla discrezione che caratterizza la finanza Oltretevere, transitano dal 2003 circa 60 milioni di euro all’anno. Per ora la procura ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato che riguarda la violazione della legge 231 del 2007 che disciplina, per gli istituti di credito, una serie di norme antiriciclaggio, tra cui la trasparenza della titolarità, sul deposito di conti correnti. L’indagine è appena agli inizi e coinvolge i rapporti tra l’Istituto Opere di religione e Unicredit. L’istituto guidato da Alessandro Profumo si sarebbe quindi fatto da tramite, ereditando il ruolo di Capitalia.

INCHIESTA RISERVATA – Si tratta di una inchiesta, coperta dal massimo riserbo, che riguarda secondo quanto si è appreso uno o più conti correnti, nella titolarità dello Ior, aperti in una filiale Unicredit di Roma. Depositi su cui sarebbero transitati almeno negli ultimi tre anni somme di circa 60 milioni di euro all’anno. La segnalazione della «non trasparenza» della titolarità dei conti correnti è stata fatta dall’Unità di informazione finanziaria, la struttura di «Financial intelligence» italiana della Banca d’Italia al Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza che indaga su delega del procuratore aggiunto della Capitale Nello Rossi e del pm Stefano Rocco Fava. L’indagine della procura di Roma, per il momento senza indagati, mira a svelare la effettiva titolarità del conto aperto sulla filiale Unicredit di Roma e intestato all’Istituto opere di religione.

CHI C’E’ DIETRO? – Il sospetto di chi indaga è che dietro la sigla Ior, che costituisce secondo gli investigatori «uno schermo opaco», si possano celare persone fisiche o società che tramite il conto presso la ex Banca di Roma – il periodo preso in esame risale appunto a quando la filiale che si trova in via della Conciliazione era ancora della Banca di Roma – abbiano costituito un canale per il flusso di risorse tra la banca del Vaticano e l’Italia. Secondo quanto si è appreso, per l’indagine non sarà necessario attivare richiesta di rogatoria con lo Stato Vaticano per indagare sulla titolarità dei conti correnti. Lo Ior, secondo le indagini, ha emesso assegni e bonifici intestati sempre all‘Istituto di opere di religione. Anche su questo aspetto sono in corso indagini del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza per risalire ai beneficiari dei titoli bancari e anche a chi ha emesso sia bonifici, sia assegni.

http://www.giornalettismo.com/archives/42917/profumo-di-ior-e-di-riciclaggio/

LA CINA INTRODUCE SILENZIOSAMENTE UN NUOVO SISTEMA FINANZIARIO

 

DI BENJAMIN FULFORD
The Silver Bear Cafe
La Cina sta nascostamente introducendo un nuovo sistema finanziario basato sul renminbi (Yuan) che sta per diventare pienamente convertibile, secondo una fonte cinese di alto livello. Inoltre la Cina sta acquistando mille tonnellate di oro per sostenere un nuovo fondo progettato per sviluppare e commerciare tecnologie sin qui proibite. Il fondo avrà base fuori dalla Cina e sarà controllato da eminenti membri della comunità cinese di oltremare. L'aquisto di oro richiederà del tempo a causa della logistica del trasporto, e i cinesi sperano di poterlo testare appieno. Sia il governo cinese che l'MI6 confermano ormai i rapporti che indicano che gran parte dell'oro venduto dal Federal Reserve Board negli ultimi dieci anni è, di fatto, tungsteno placcato in oro.
D'altra parte il renminbi è ormai convertibile con le valute sudamericane, col rublo, con le valute mediorientali, lo Yen, le valute del sudest asiatico e le valute africane. “Introdurremo lentamente il nostro nuovo sistema finanziario in parallelo col vecchio e speriamo che la gente migri costantemente verso di esso”, ha affermato il funzionario cinese.
Nel frattempo l'ultimo incontro del G20 è finito in acrimonia e caos. La leadership occidentale è totalmente in rotta e rimarrà in tale stato sino a che la bancarotta del Federal Reserve Board non diventerà evidente anche a quella parte di opinione pubblica occidentale che ha subito un lavaggio del cervello. Ci si aspetta che questo avverrà a Gennaio o Febbraio. Sia l'MI6 che l'esperta fonte del governo cinese prevedono il crollo del dollaro della Federal Reserve per quel periodo.
Si sentono anche diversi rapporti che indicano che molti personaggi del Pentagono o di altre agenzie USA di ogni tipo con cittadinanza sia USA che israeliana sono recentemente fuggiti in Israele. I nodi stanno venendo al pettine.
La Cina propone di sostituire il dollaro USA con il dollaro di Hong Kong
Ad un incontro finanziario top secret previsto per questo weekend, la Cina proporrà di sostituire il dollaro USA con il dollaro di Hong Kong, secondo una fonte anziana del MI6. La proposta è presa in seria considerazione da coloro che appoggiano il nuovo sistema finanziario.
Come abbiamo precedentemente riferito, gran parte dei dollari USA mai creati sono poggiati sull'oro a un tasso di un ventottesimo di grammo per dollaro. I fraudolenti dollari fiat del Federal Reserve Board, emessi dopo il 28 Settembre 2008, non lo sono più. E nemmeno alcuno dei dollari provenienti dai fraudolenti “derivati”. Perciò, per sostituire il dollaro USA col dollaro di Honk Kong, tutto ciò che serve è rinominare i dollari basati sull'oro. Qualunque nuovo dollaro di Honk Kong emesso sarebbe poggiato sul Renminbi, secondo la proposta cinese.
Le note della Federal Reserve crollerano al valore di 0.03 centesimi a Gennaio
Si può ormai dire che tutti i dollari USA connessi al commercio legittimo sono poggiati sull'oro a un tasso di un ventottesimo di grammo per dollaro. Le rimanenti note di debito della Federal Reserve presto crolleranno al valore di 0.03 centesimi, secondo fonti finanziarie di alto livello. Ciò significa che tutti i legittimi uomini di affari e lavoratori pagati in dollari USA non hanno nulla di cui preoccuparsi. Invece, gli artisti della truffa che vendono “derivati” finanziari, resteranno con lo 0.03% di quanto pensavano di possedere.
E' sconcertante vedere quante persone intelligenti e “ben informate”, ancora non hanno idea di ciò che sta accadendo. Se si collegano i punti nella propaganda dei media ufficiali, dovreste poter vedere voi stessi senza dover andare sui cosiddetti siti “cospirazionisti”. Tra i paesi che hanno affermato pubblicamente che non useranno più i dollari per commerciare tra di loro, si trovano: Cina, Russia, Giappone, Sud America, Lega Araba, Turchia, Iran etc.
Titolo originale: "China quietly introduces new financial system"
Fonte: http://www.silverbearcafe.com
Link
16.11.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALCENERO

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LA RIPRESA ECONOMICA È UN'ILLUSIONE

 

LA BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI CI METTE IN GUARDIA CONTRO FUTURE CRISI
DI ANDREW GAVIN MARSHALL
Mondialisation.ca
La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza e l'indebitamento è la ripresa.
È importante ricordarci che le esclamazioni onnipresenti e ostinate di «una fine» di recessione, di «una soluzione alle crisi» e di «una ripresa» dell'economia, vengono proprio da quelle stesse persone e istituzioni che negli ultimi anni ci dissero che non c'era «nessuna ragione di preoccuparsi», che le «basi dell'economia continua(va)no a resistere», che non c'era «nessun rischio» di crisi economica.
Perchè continuiamo a credere a persone che si sono sempre sbagliate, nelle loro affermazioni e nelle loro scelte? A chi dovremmo credere e a chi rivolgerci per avere informazioni e analisi più giuste? Una fonte utile sarebbe forse quella che si trova all'epicentro della crisi, nel cuore del mondo oscuro delle banche centrali, il regolatore del sistema bancario mondiale e la «più prestigiosa istituzione finanziaria al mondo», che, fino ad oggi, ha previsto la crisi con esattezza: la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI). Ecco un buon punto di partenza.
La crisi economica è tutto fuorchè finita e le «soluzioni» apportate sono paragonabili a un cerotto su un braccio amputato. La BRI, la banca centrale delle banche centrali, ci ha messi in guardia rispetto a questo tipo di speranze fuori luogo e continua a farlo.
Cos'è la banca dei Regolamenti Internazionali?
La BRI è stata creata dal Comitato Young, creato nel 1929 per regolare il pagamento delle riparazioni tedesche, esposte brevemente nel Trattato di Versailles del 1919. Il comitato era diretto da Owen D.Young, presidente e direttore generale di General Electric, coautore del piano Dawes del 1924, membro del Cnsigilio d'Amministrazione della Fondazione Rockefeller e vice-presidente della Federal Reserve Bank di New York. Come principale delegato statunitense alla conferenza sulle riparazioni tedesche, era accompagnato da J.P.Morgan, Jr. [1]. Qui nasce il piano Young per il pagamento delle riparazioni tedesche.
Questo piano entra in vigore nel 1930, dopo il crac finanziario. Una parte del piano implicava la creazione di un'organizzazione internazionale di regolamento, fondata nel 1930 e conosciuta con il nome di Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI). Si diceva essere stata concepita per facilitare e coordinare i pagamenti delle riparazioni tedesche di Weimar ai poteri alleati. Tuttavia, la sua seconda funzione, più segreta e molto più importante, era di agire come «coordinatore delle operazioni delle banche centrali nel mondo». Definita come «una banca per le banche centrali», la BRI «è un'istituzione privata con degli azionisti, ma fa delle operazioni per le agenzie pubbliche. Queste operazioni sono strettamente confidenziali, quindi in generale il pubblico ignora la maggior parte delle operazioni della BRI» [2]
La BRI è stata fondata dalle «banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Giappone e Regno Unito, e dalle tre principali banche commerciali degli Stati Uniti: J.P. Morgan & Company, First National Bank of New York e First National Bank of Chicago. Ogni banca centrale ha sottoscritto 16000 azioni e le tre banche statunitensi hanno anch'esse sottoscritto lo stesso numero di azioni». Nonostante ciò, «solo le banche centrali hanno diritto di voto [3]».
I membri delle banche centrali fanno incontri bimensili alla BRI, nei quali discutono di diverse questioni. È importante notare che la maggior parte «delle transazioni effettuate dalla BRI per conto delle banche centrali esigono la massima segretezza [4]», ecco perchè probabilmente la maggior parte delle persone non ne hanno mai sentito parlare. La BRI ppuò offrire alle banche centrali «una confidenzialità e una segretezza bancaria superiore a una banca quotata tripla A [5]».
La BRI è stata instaurata «per rimediare al declino di Londra come centro finanziario mondiale, offrendo un meccanismo per cui un mondo dotato di tre principali centri finanziari a Londra, New York e Parigi, potrebbe sempre funzionare come se ce ne fosse uno solo [6]». Come spiegava Carroll Quigley:

I poteri del capitalismoo finanziario avevano un altro obiettivo dalla notevole portata, niente meno che la creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario nelle mani dei privati, capace di dominare il sistema politico di ogni paese e l'economia del mondo intero. Questo sistema doveva essere controllato in modo congiunto e con una forma feudale dalle banche centrali del mondo, con degli accordi segreti conclusi durante le frequenti conferenze e riunioni private. In cima al sistema, doveva trovarsi la Banca dei Regolamenti Internazioni a Basilea, in Svizzera, una banca privata, detenuta e controllata dalle banche centrali mondiali, anch'esse delle società private [7].

Non ci sono dubbi che la BRI sia la più importante, potente e segreta delle istituzioni finanziarie al mondo. I suoi avvertimenti non dovrebbero essere presi alla leggera, visto che, più che ogni altra istituzione al mondo, sarebbe a conoscenza di tali informazioni.
Nel settembre 2009, la BRI riportava che «il mercato mondiale dei prodotti derivati aveva fatto un salto enorme raggiungendo i 426 miliardi di dollari nel secondo trimestre, quando il gusto del rischio è riapparso, ma il sistema rimane instabile e soggetto alle crisi». Il rapporto trimestrale della BRI indica che i prodotti derivati hanno subito una crescita del 16% «soprattutto per via di una crescita dei contratti a termine (futures) e delle opzioni sui tassi d'interesse a tre mesi». L'economista capo della BRI ha avvertito che il mercato dei derivati pone «dei rischi sistemici maggiori» nel settore finanziario internazionale e che «il pericolo è che le autorità di regolamentazione non riescano, una volta ancora, a vedere che le grandi istituzioni hanno preso molti più rischi di quanto non potessero in condizioni di choc». L'economista ha inoltre aggiunto: «L'uso di derivati da parte degli hedge funds e di altri investimenti di questo tipo, può portare alla luce importanti rischi nascosti [8]».
All'indomani della pubblicazione del rapporto della BRI, il suo vecchio economista capo, William White, ha messo in guardia in questo modo: «Il mondo non ha affrontato i problemi che si trovano al centro del declino economico ed è possibile che lentamente entri di nuovo in recessione». Ha inoltre avvertito che «le azioni dei governi destinate ad aituare l'economia sul breve periodo, potrebbero in realtà gettare le basi delle crisi a venire». White avrebbe inoltre messo in guardia riguardo a una recessione a W: «Ci stiamo dirigendo verso una recessione a W? È quasi certo. Stiamo andando verso una L? Non ne sarei poi così sorpreso. La sola cosa che potrebbe sorprendermi davvero sarebbe una ripresa durevole che venga dalla posizione in cui ci troviamo».
Un articolo del Financial Times spiegava che i commenti di White dovevano essere presi in considerazione, perchè oltre ad aver diretto il dipartimento economico della BRI dal 1995 al 2008, aveva «più e più volte avvertito dei pericolosi squilibri congiunturali nel sistema finanziario mondiale, avvertimenti che risalgono al 2003, e – rompendo un gran tabù dell'epoca nelle cerchie delle banche centrali – ha osato contestare la continua perenne politica di denaro a buon mercato di Alan Greenspan, all'epoca presidente della FED».
Il Financial Times continua:

Ovunque, nel mondo, le banche hanno immesso migliaia di miliardi di dollari di nuovo denaro nel sistema finanziario negli ultimi due anni, come sforzo per prevenire la depressione. Nel frattempo, i governi sono andati verso estremi simili, collezionando grandi debiti per sostenere le industrie, dalle banche ai costruttori automobilistici.

White ha avvertito che «è possibile che queste misure stiano già riempiendo una bolla nei prezzi degli attivi, andando dalle azioni alle merci e [che] esiste un rischio minore che l'inflazione diventi incontrollabile a medio termine». In un discorso tenuto a Hong Kong, William White spiegava che «i problemi basilari dell'economia mondiale, come i disequilibri commerciali insostenibili tra Stati Uniti, Europa e Asia, non sono stati risolti» [9].
Il 20 settembre 2009, il Financial Times rivelava che durante una riunione del G20, la BRI «a capo dell'organismo che sorveglia la regolamentazione bancaria mondiale, ha dato un avvertimento importante, dicendo che il mondo non può permettersi di supporre in modo 'compiacente' che il settore finanziario si sia davvero ripreso» e che «Jaime Caruana, direttore generale della BRI e ex governatore della Banca Centrale di Spagna, ha affermato che la ripresa finanziaria non deve essere mal interpretata [10]».
Questi avvertimenti seguono quelli della BRI lanciati nell'estate 2009 riguardo alle speranze inopportune di fronte alle misure di stimolazione economica prese dai diversi governi nel mondo. Alla fine di giugno, la BRI ha avvertito che «le misure di stimolazione budgetarie non possono dare niente di più che un rilancio temporaneo della crescita, seguita da una lungo periodo di stagnazione».
Un articolo dell'Australian rivela: «Il solo organismo internazionale ad avere anticipato la crisi finanziaria [...] ha previsto che il più grande rischio era che gli investitori delle obbligazioni sul mercato mondiale (world bond investors) forzassero i governi ad abbandonare le misure di stimolazione economica e a ridurre invece radicalmente le spese pur alzando le imposte e i tassi di interesse, dopo che il rapporto mondiale della BRI ha, negli ultimi tre anni, messo in guardia dei pericoli di una nuova depressione». Inoltre, «il suo ultimo rapporto annuale ha avvertito che paesi come l'Australia si trovavano di fronte a una possibile forte richiesta di valuta, cosa che provocherebbe un innalzamento degli interessi».
La BRI ha inoltre avvisato che «una tregua temporanea potrebbe intralciare le autorità a prendere iniziative destinate a rimettere in piedi il sistema finanziario, se sono impopolari, e infine prolungare il periodo di crescita lenta».
Del resto, «nello stesso tempo, le garanzie dei governi e gli asset insurance hanno esposto i contribuenti a delle perdite potenziali enormi». Spiegando come le misure fiscali creino dei rischi significativi, la BRI continua: «La possibilità che i responsabili della fiscalità esauriscano la loro capacità di prendere in prestito prima di finire le costose riparazioni del sistema finanziario, costituisce un pericolo [...] È ben probabile che i piani di stimolazione aumentino i tassi di interesse reali e le previsioni di inflazione. Quest'ultima allora si intensificherebbe mentre il declino si attenuerebbe e [a BRI] ha espresso dei dubbi sul piano di salvataggio bancario adottato negli Stati Uniti [11]».
La BRI ha inoltre messo in guardia contro l'inflazione, affermando che «La grande e giustificabile paura è che la drammatica facilità della politica monetaria negli aggregati monetari e di credito cresca, prima che questa situazione venga rovesciata. Questo porterà a un'inflazione che nutre le prospettive di inflazione o potrebbe alimentare ancora un'altra bolla speculativa, gettando le fondamenta del prossimo ciclo finanziario di bolla-crollo [12]». Secondo il più recente rapporto sulla creazione della bolla dei derivati, è ormai evidente cosa è successo: è stata creata un'altra bolla speculativa. Il problema delle bolle, è che scoppiano.
Da parte sua, il Financial Times riportava che William White, ex economista capo della BRI aveva anche fatto sapere che «dopo due anni di sostegno dei governi al sistema finanziario, abbiamo ormai un gruppo di banche ancora più grandi e pericolose che mai; questo è stato sottolineato anche da Simon Johnson, ex economista capo dell'FMI, quando ha affermato che l'industria della finanza si è in effetti appropriata del governo degli Stati Uniti». Ha chiaramente detto: «La ripresa fallirà, a meno che non rompiamo l'oligarchia finanziaria che impedisce la realizzazione di una riforma essenziale [13]».
All'inizio del settembre 2009 i responsabili delle banche centrali si sono incontrati alla BRI e, secondo la stampa, «si son messi d'accordo su un insieme di misure mirate a rafforzare la normativa e la supervisione dell'industria bancaria, sulla scia della crisi finanziaria». Il capo della BCE avrebbe detto: «Gli accordi a cui siamo arrivati oggi tra i 27 grandi paesi del mondo sono essenziali, perchè stabiliscono nuovi standard per la regolamentazione e la supervisione bancaria a livello mondiale [14]».
Tra le misure stabilite, «i prestatari dovrebbero alzare la qualità del loro capitale incluedendo un maggior numero di titoli e allo stesso modo, le banche dovranno aumentare la quantità e la qualità degli attivi che hanno in riserva e frenare il leverage». Una delle decisioni chiave prese alla conferenza di Basilea (il cui nome viene dal Comitato di Basilea sul controllo bancario, ed è stato costituito dalla BRI), è che «le banche dovranno aumentare la qualità del loro cosiddetto Tier1 Capital, che misura la capacità di una banca di assorbire le perdite improvvise». Questo vuol dire che «la maggior parte di questo genere di riserve dovrebbero essere delle azioni ordinarie e dei benefici non ripartiti, e gli averi sarebbero completamente resi pubblici [15]».
A metà settembre, la BRI ha ammesso che «le banche centrali devono coordinare la supervisione mondiale delle camere di compensazione dei prodotti derivati per limitare il rischio sistemico». In altre parole «I responsabili della regolamentazione fanno pressioni affinchè una gran parte del commercio dei derivati fuori dalla borsa di 592 miliardi di dollari sia trasferito alle camere di compensazione, che agiscono a titolo di compratore per ogni venditore e di venditore per ogni compratore, riducendo così i rischi di credito per il sistema finanziario». Il rapporto pubblicato dalla BRI poneva la domanda seguente: «Le camere di compensazione dovrebbero avere accesso alle facilities di credito delle banche centrali e se sì, in quale momento? [16]»
Crisi in vista
Il mercato dei derivati rappresenta una grave minaccia per la stabilità dell'economia mondiale. Tuttavia, si tratta di una minaccia come tante altre, tutte legate e intrecciate, l'una scatenando l'altra. Il grosso elefante nella stanza è la grande bolla finanziaria creata dai piani di salvataggio e dalle misure di “rilancio” in tutto il mondo. Questo denaro è stato usato dalle grandi banche per consolidare l'economia, comprando banche meno grandi e assorbendo l'economia reale: l'industria dell'alto rendimento. Il denaro è stato anche usato nella speculazione, alimentando la bolla dei derivati e portando a un innalzamento delle borse, evento completamente illusorio e inventato. In realtà i piani di salvataggio hanno innalzato la bolla dei derivati a livelli rischiosi, e gonfiato i mercati della Borsa che son diventati così incontrollabili.
Nonostante ciò, un temibile rischio sorge dal costo dei piani di salvataggio e delle cosiddette misure di “stimolazione”. La crisi economica è una conseguenza dei bassi tassi di interesse e del denaro facile: si facevano dei prestiti ad alto rischio, il denaro era investito ovunque e in qualsiasi cosa, il mercato dell'abitazione si è gonfiato, così come quello dell'immobiliario commerciale, il commercio dei derivati si è impallato, raggiungendo le centinaia di miliardi di dollari all'anno, la speculazione si è fatta invadente e dominava il sistema finanziario mondiale. Gli hedge funds erano i facilitatori volontari del commercio dei derivati e le grandi banche erano i principali partecipanti e detentori.
Nello stesso tempo, i governi spendevano senza contare, in particolare negli Stati Uniti, pagando diversi miliardi di dollari per guerre e budgets di difesa e stampando il denaro dal nulla, cortesia del sistema mondiale di banche centrali. In compenso, tutto il denaro creato ha portato un debito. Nel 2007 il debito totale (debiti interni e di consumazione, e prestiti commerciali) degli Stati Uniti raggiungeva la somma sconcertante di 51 miliardi di dollari [17].
E come se il fardello del debito non fosse sufficiente, considerando che sarebbe stato impossibile rimborsarlo, negli ultimi due anni abbiamo assistito all'aumento del debito più rapido e costoso della storia, sotto forma di misure di rilancio e di piani di salvataggio in tutto il mondo. Nel luglio 2009, ci veniva detto che «ai contribuenti si sarebbero potuti chiedere 23,7 miliardi di dollari per sostenere l'economia e risollevare le società di finanziamento, ha osservato Neil Barofsky, ispettore generale speciale del Troubled Asset Relief Program [piano di salvataggio degli attivi a rischio] del Tesoro [18]».
Il piano Bilderberg in azione?
Nel maggio 2009 ho scritto un articolo sulla riunione del Bilderberg, riunione ultrasegreta delle principali élites dell'Europa e del Nordamerica che si incontrano annualmente a porte chiuse. Il gruppo Bilderberg agisce come gruppo di riflessione internazionale informale e non pubblica nessuna informazione: i reportages sulle riunioni vengono dunque da fughe di notizie e le fonti non possono essere verificate. Tuttavia, le informazioni fornite dagli inseguitori del Bilderberg e giornalisti Daniel Estulin e Jim Tucker si sono rivelate sorprendentemente giuste in passato.
A maggio, le informazioni scappate dalle riunioni riguardavano senza sorpresa il principale soggetto di conversazione: la crisi economica. La domanda chiave era di sapere se ci si dovesse impegnare in «una depressione prolungata e dolorosa che condannasse il mondo a dei decenni di stagnazione, declino e povertà [...] o in una depressione più corta ma intensa che aprisse la strada a un nuovo ordine economico mondiale, che offrisse una minor sovranità, ma che fosse più efficiente».
È importante notare che uno dei punti importanti all'ordine del giorno era di «continuare a ingannare milioni di risparmiatori e investitori che credevano al clamore sulla pretesa ripresa economica. Stanno per affrontare perdite massicce e gravi difficoltà economiche nei mesi a venire».
Estulin ha parlato di un rapporto trapelato e che egli affermava aver ricevuto dopo la riunione, che mostrava i grandi disaccordi tra i partecipanti, dato che «I partigiani della linea dura sono favorevoli a un declino drammatico e a un'espressione corta e severa, ma altri pensano che le cose sono andate troppo lontane e che le conseguenze del cataclisma economico mondiale non possono essere calcolate con esatezza». Nonostante ciò, la visione comune era che la recessione sarebbe andata peggiorando e che la ripresa sarebbe stata «relativemente lente e lunga» e che si dovevano cercare questi termini nella stampa durante le settimane e i mesi a venire. In effetti, questi termini sono apparsi ad infinitum su tutti i media mondiali.
Il giornalista rivelava inoltre che «di fronte allo spettro della loro morte finanziaria, alcuni eminenti banchieri europei sono estremamente preoccupati e qualificavano questa acrobazia come 'insostenibile', e affermavano che i deficit di budget e commerciale avrebbero potuto generare il crollo del dollaro». Un membro di Bilderberg ha ammesso che «le banche stesse non sanno quando [si toccherà il fondo]». Tutti sembravano essere d'accordo sul fatto che «il nuovo capitale di cui le banche statunitensi han bisogno potrebbe essere considerevolmente più elevato di ciò che il governo statunitense ha suggerito al momento dei suoi recenti test di pressione». Inoltre, «qualcuno dell'FMI ha sottolineato che il suo studio personale sulle recessioni storiche suggerisce che gli Stati Uniti sono solo al terzo di questa. Di conseguenza, le economie che si aspettano di ristabilirsi grazie alla rinascita della domanda proveniente dagli Stati Uniti dovranno aspettare a lungo». Uno dei partecipanti ha dichiarato che «Le perdite in capitali propri nel 2008 erano peggiori di quelle del 1929 [e che], la prossima fase del declino economico sarà ugualmente peggiore che negli anni '30, soprattutto perchè gli Stati Uniti si portano addosso un debito eccessivo di circa 20 miliardi di dollari. L'idea di un boom [economico] sano sarà solo un miraggio finchè questo debito non sarà eliminato [19]».
La percezione generale di una ripresa dell'economia vorrebbe dire che il piano Bilderberg è in azione? Bene, per rispondere in modo chiaro a questa domanda, dobbiamo esaminare chi erano i principali partecipanti alla conferenza.
I dirigenti delle banche centrali
Come al solito, numerosi dirigenti delle banche centrali erano presenti. Tra questi, il governatore della Banca nazionale di Grecia, quello della Banca d'Italia, il presidente della Banca europea degli investimenti, l'ex presidente della Banca mondiale, James Wolfensohn, Nout Wellink presidente della Banca centrale dei Paesi Bassi e membro della direzione della BRI, Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, il governatore aggiunto della Banca nazionale del Belgio e un membro del Consiglio degli amministratori della Banca centrale d'Austria.
Ministri dell'Economia e media
Anche i Ministri dell'Economia e i funzionari di numerosi paesi hanno assistito alla riunione. La Finlandia, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna avevano tutti un rappresentante dell'Economia. C'erano anche molti rappresentanti delle grandi imprese mediatiche mondiali, tra cui l'editore del Der Standard d’Austria; Il presidente e direttore generale della Washington Post Company; il redattore capo del The Economist; l'editore delegato del Die Zeit tedesco; il coredattore e cronista del Nouvel Observateur francese; e il corrispondente per gli affari e cronista economico del The Economist. Ecco alcune delle grandi pubblicazioni finanziarie mondiali presenti a questa riunione. Naturalmente, hanno una grande influenza sulla percezione che il pubblico ha dell'economia.
I banchieri
È importante sottolineare anche la presenza a quest'incontro di banchieri privati, dato che sono le grandi banche internazionali che detengono le azioni delle banche centrali mondiali, le quali detengono, a loro volta, le azioni della BRI. Tra le banche e le società di finanziamento rappresentate, c'erano la Deutsche Bank AG, ING, Lazard Freres & Co., Morgan Stanley International, Goldman Sachs e la Royal Bank of Scotland. Inoltre, è importante sottolineare la presenza di David Rockefeller [20], ex presidente e direttore generale della Chase Manhattan (oggi J.P. Morgan Chase), che potremmo definire come l'attuale «re del capitalismo».
L’amministrazione Obama
L'incontro del Bilderberg accoglieva inoltre numerosi rappresentanti dell'amministrazione Obama incaricati di risolvere la crisi economica, tra cui Timothy Geithner, segretario al Tesoro ed ex presidente della Federal Reserve Bank of New York; Lawrence Summers, direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca, ex segretario al Tesoro del governo Clinton, ex presidente dell'Università di Harvard ed ex economista capo della Banca mondiale; Paul Volcker, ex governatore della FED e capo del Comitato consultivo di rilancio economico del presidente Obama e Robert Zoellick, ex presidente di Goldman Sachs e attuale presidente della Banca Mondiale [21].
Senza che questo abbia conferme, si parla della presenza del presidente della Fed Ben Bernanke. Tuttavia, se possiamo fidarci della storia e delle precedenti riunioni del Bilderberg, il presidente della Fed e quello della Federal Reserve Bank of New York sono sempre presenti. Sarebbe quindi una sorpresa che non fossero presenti all'incontro del 2009. Ho contattato la Fed di New York per chiedere se il presidente aveva assistito alle riunioni di organismi o gruppi qualsiasi in Grecia durante l'incontro dei membri del Bilderberg e mi hanno risposto di chiedere alle organizzazioni una lista dei partecipanti. Se non ne hanno confermato la presenza, non l'hanno neanche negata.
È evidente che tutti questi giocatori chiave possono esrcitare abbastanza influenza per modificare l'opinione pubblica e la percezione della crisi economica. Sono inoltre gli stessi che hanno più da guadagnarci. Nonostante ciò, poco importa l'immagine che creano, questa resta ciò che è: un'immagine. L'illusione si romperà molto presto e tutti si renderanno conto che la crisi che abbiamo vissuto fino ad ora non è altro che il capitolo introduttivo della crisi economica tale come sarà scritta nei libri di storia.
Conclusione
Gli avvertimenti della BRI e del suo vecchio economista capo, William White, non devono essere presi alla leggera. Le precedenti messe in guardia della BRI e di William White sono passate in sordina e col tempo si sono rivelate esatte. Non lasciate che la speranza di «ripresa economica» veicolata dal media metta da parte la «realtà economica». Anche se può farci deprimere riconoscerlo, è molto meglio conoscere la terra che calpestiamo, anche se costellata di pericoli, invece di ignorarla e correre imprudentemente su un campo minato. L'ignoranza non rende felici, ma è piuttosto una catastrofe a scoppio ritardato.
Un medico deve prima identificare e diagnosticare correttamente un problema prima di poter dare un qualsiasi rimedio come soluzione. Se la diagnosi non è corretta, il rimedio non avrà effetto, potrebbe anzi aggravare la situazione. L'economia mondiale è colpita da un grave cancro: alcuni l'hanno diagnosticato correttamente, eppure il rimedio che le è stato dato serviva a guarire un raffreddore. Il tumore economico è stato identificato. La domanda è: l'accettiamo e cerchiamo di eliminarlo o continuiamo a pensare che il rimedio per la tosse lo guarirà? Tra le due posizioni, quale offre le migliori possibilità di sopravvivenza? Ora cercate di accettare il motto «stupido felice».
Come diceva Gandhi, «Non vi è altro Dio che la verità»
Per una visione d'insieme delle crisi finanziarie a venire, vedere: "Entering the Greatest Depression in History: More Bubbles Waiting to Burst" Global Research, 7 agosto 2009.
Note
[1] Time, HEROES: Man-of-the-Year. Time Magazine: Jan 6, 1930: http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,738364-1,00.html

[2] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 2

[3] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 6

[4] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 148

[5] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 149

[6] Carroll Quigley, Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (New York: Macmillan Company, 1966), 324-325

[7] Carroll Quigley, Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (New York: Macmillan Company, 1966), 324

[8] Ambrose Evans-Pritchard, Derivatives still pose huge risk, says BIS. The Telegraph: September 13, 2009: http://www.telegraph.co.uk/finance/newsbysector/banksandfinance/6184496/Derivatives-still-pose-huge-risk-says-BIS.html

[9] Robert Cookson and Sundeep Tucker, Economist warns of double-dip recession. The Financial Times: September 14, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/e6dd31f0-a133-11de-a88d-00144feabdc0.html

[10] Patrick Jenkins, BIS head worried by complacency. The Financial Times: September 20, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/a7a04972-a60c-11de-8c92-00144feabdc0.html

[11] David Uren. Bank for International Settlements warning over stimulus benefits. The Australian: June 30, 2009:

http://www.theaustralian.news.com.au/story/0,,25710566-601,00.html

[12] Simone Meier, BIS Sees Risk Central Banks Will Raise Interest Rates Too Late. Bloomberg: June 29, 2009:

http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601068&sid=aOnSy9jXFKaY

[13] Robert Cookson and Victor Mallet, Societal soul-searching casts shadow over big banks. The Financial Times: September 18, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/7721033c-a3ea-11de-9fed-00144feabdc0.html

[14] AFP, Top central banks agree to tougher bank regulation: BIS. AFP: September 6, 2009: http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5h8G0ShkY-AdH3TNzKJEetGuScPiQ

[15] Simon Kennedy, Basel Group Agrees on Bank Standards to Avoid Repeat of Crisis. Bloomberg: September 7, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=aETt8NZiLP38

[16] Abigail Moses, Central Banks Must Agree Global Clearing Supervision, BIS Says. Bloomberg: September 14, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=a5C6ARW_tSW0

[17] FIABIC, US home prices the most vital indicator for turnaround. FIABIC Asia Pacific: January 19, 2009: http://www.fiabci-asiapacific.com/index.php?option=com_content&task=view&id=133&Itemid=41

Alexander Green, The National Debt: The Biggest Threat to Your Financial Future. Investment U: August 25, 2008: http://www.investmentu.com/IUEL/2008/August/the-national-debt.htm l

John Bellamy Foster and Fred Magdoff, Financial Implosion and Stagnation. Global Research: May 20, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13692

[18] Dawn Kopecki and Catherine Dodge, U.S. Rescue May Reach $23.7 Trillion, Barofsky Says (Update3). Bloomberg: July 20, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=aY0tX8UysIaM

[19] Andrew Gavin Marshall, The Bilderberg Plan for 2009: Remaking the Global Political Economy. Global Research: May 26, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?aid=13738&context=va

[20] Maja Banck-Polderman, Official List of Participants for the 2009 Bilderberg Meeting. Public Intelligence: July 26, 2009: http://www.publicintelligence.net/official-list-of-participants-for-the-2009-bilderberg-meeting/

[21] Andrew Gavin Marshall, The Bilderberg Plan for 2009: Remaking the Global Political Economy. Global Research: May 26, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?aid=13738&context=va

Titolo originale: "La reprise économique est une illusion"
Fonte: http://www.mondialisation.ca
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24.10.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARINA GERENZANI

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Tremonti, Bonaiuti, il Pil e la dura statistica

 

Ugo Arrigo

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Il ministro Tremonti ci ha dato ieri buone notizie sul Pil atteso per il prossimo anno:

“Può essere che il 2010 chiuda con un segno positivo o particolarmente positivo con 1% o piu’ di 1%”. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti vede la luce in fondo al tunnel e all’assemblea dell’Unione industriali di Roma azzarda una stima sulla ripresa in Italia. Ma, aggiunge, ”notiamo che non è un uno da sopra ma un uno da sotto”. Il ministro ha ricordato che nel 2008 il Pil è calato dell’1% e nel 2009 si ridurrà di circa il 5%. Ecco perché se il 2010 chiuderà con un segno positivo questo vuol dire che “si risale dopo aver perso il 6% in due anni” (RaiNews24, 24 novembre).

Molti hanno ripreso oggi la dichiarazione di Tremonti. Tra essi il sottosegretario alla Presidenza Bonaiuti:

Nel 2010 addirittura Tremonti prevede un Pil in crescita dell’1%. Bisogna tenere conto anche del fatto che veniamo da dati negativi: -1% l’anno scorso e -5,5% quest’anno. La crisi non investe solo noi ma tutto il mondo, e noi partiamo da un -6% per andare a un +1%”.

Nessuno sembra invece aver rilevato una piccola (ma non trascurabile) particolarità statistica nel positivo annuncio: una cosa è il tasso di variazione di una grandezza (in questo caso il Pil reale dell’Italia), altra ben diversa è il suo livello nel tempo. Se poniamo il Pil del 2007 pari a 100, nel 2008 il suo livello è sceso a 99, avendo registrato un tasso di variazione del -1%, e poichè nell’anno che sta per chiudersi è attesa una riduzione ulteriore  di circa il 5%, il livello del Pil scenderà a 94 (non uso, volutamente, i decimali). Nel 2010, invece, se farà come prevede Tremonti e come tutti auspichiamo, un +1%, si riporterà a (circa) quota 95, quindi cinque punti percentuali sotto il livello di partenza e non uno sopra come l’affermazione di Tremonti, se erronenamente interpretata, può indurre a credere.

A questo punto la domanda diventa un’altra: a quali tassi dovrebbe crescere il Pil nel 2011 e 2012 per fare in modo che il livello che l’attuale legislatura lascerà alla successiva sia almeno pari a quello che ha ereditato dalla precedente (quindi il nostro 100 di partenza)? La risposta è: più del 2,5% in ognuno dei due anni. Si tratta di un obiettivo decisamente fuori portata . Abbiamo quindi la certezza che la grave recessione in corso, coniugata con l’impossibilità di riforme strutturali rilevanti, farà in modo che la XVII legislatura partirà con un livello di Pil inferiore a quello conseguito al termine della XV. Considerando che la popolazione residente in Italia è in crescita, il dato si aggrava ulteriormente se facciamo riferimento al Pil pro capite anzichè quello complessivo.

http://www.chicago-blog.it/2009/11/25/tremonti-bonaiuti-il-pil-e-la-dura-statistica/

Qualcosa ci sfugge?

 

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Da una decina di giorni, sui mercati del debito sta verificandosi un fenomeno strano e non immediatamente spiegabile. I rendimenti dei titoli di stato nella parte lunga della curva sono in diminuzione, ed anzi l’intera curva dei rendimenti mostra un movimento di appiattimento (bull flattening) in cui i rendimenti a lungo scendono più di quelli a breve.

Questo movimento, comune all’Area Euro come al Giappone ed agli Stati Uniti, tende ad essere interpretato come riduzione dei timori inflazionistici da parte del mercato. Eppure, in parallelo ad esso, si osserva un allargamento dei breakeven inflation rates impliciti nei titoli indicizzati all’inflazione. Cioè questo mercato continua a scommettere su un aumento dei prezzi. Il mercato dei nominals dice quindi cose opposte a quello degli inflation linked.

Una spiegazione, per quanto banale, è da ricondurre al generale movimento di carry trade in atto sui mercati. Ci si indebita a breve a tassi prossimi allo zero, e si compra la parte a lunga della curva dei rendimenti sui titoli di stato per lucrare il differenziale, oppure si dà corpo alle proprie visioni inflazionistiche comprando titoli legati all’inflazione, ed auto-avverando la profezia inflazionistica.

La leva finanziaria sta ormai inficiando ogni lettura in chiave macroeconomica dei movimenti di mercato. Qualcosa di cui le banche centrali dovrebbero tenere auspicabilmente conto.

http://macromonitor.net/2009/11/24/qualcosa-ci-sfugge/

FINANZA/ Tre grossi rischi smentiscono l’ottimismo di Tremonti

 

Mauro Bottarelli

Economia e Finanza

mercoledì 25 novembre 2009

Qualche buona notizia, nel mare di guai che stiamo attraversando ormai da troppo tempo. E, spesso, navigando a vista. Nel 2010 il Pil italiano potrebbe risalire del 1%: il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ieri ha mostrato un certo ottimismo illustrando il dato all'assemblea degli industriali di Roma. «Può essere che chiudiamo il 2010 con un segno positivo del Pil, particolarmente positivo: 1% oppure di più» ha detto il ministro, evidenziando che «la cosa importante è che partiamo da un -6%».

Il titolare di via XX Settembre ha ricordato che nel 2008 il Pil è calato dell’1% e nel 2009 si ridurrà di circa il 5%. Ecco perché se il 2010 chiuderà con un segno positivo questo vuol dire che «si risale dopo aver perso il 6% in due anni».

Poi, la promessa tanto attesa dagli imprenditori e di riflesso dai lavoratori che stanno pagando giorno dopo giorno la crisi: «Faremo una riforma fiscale ma in una prospettiva lunga e nel rispetto dei vincoli di bilancio. La crisi non è un week end, non è un party ma è qualcosa di più complesso che tutti stiamo vivendo. Abbiamo fatto alcune cose fondamentali che sono come l’aria, te ne accorgi solo quando ti manca. Abbiamo garantito tutti i servizi essenziali, dalla scuola alla sicurezza. Ricette magiche non ce ne sono e sarebbe da irresponsabili prestare attenzione ai tanti dottor Stranamore».

Insomma, Tremonti l’ha detto chiaro: la leva del debito non può essere toccata e, soprattutto, attenzione a chi parla troppo di vincoli eccessivi posti dal Tesoro perché in cassa non c’è più una lira. Sembrerebbe farci capire, nemmeno per la gestione primaria dello Stato: non è un caso che molti osservatori dicano chiaro e tondo che se lo scudo fiscale non porterà in cassa quanto preventivato dal ministro - cosa che appare ormai abbastanza scontata - dalla prima settimana di febbraio non ci sarebbero stati soldi per pagare gli stipendi a tutti i dipendenti pubblici.

Non è l’Argentina che qualcuno prefigurava ma l’ottimismo va calmierato. Bene. E per tre motivi. Primo, ora occorre far ripartire l’economia reale e bloccare l’emorragia di posti di lavoro, vera grande tragedia del momento. Fiat ha annunciato cassa integrazione per Natale - un bel regalo, non c’è che dire - e la chiusura di Arese con trasferimento a Torino per oltre 300 lavoratori, le piccole e medie imprese sono strangolate dal credito e dagli ordinativi a picco, le famiglia faticano a superare la seconda settimana del mese, non più la terza. Quindi, per quanto il rigore sia sacrosanto occorre intervenire e in fretta: anche e soprattutto per l’esercito di cosiddetti lavoratori atipici e partite Iva non coperte dagli ammortizzatori sociali.

Secondo, i dati che continuano ad arrivare dagli Usa - bene o male, cartina di tornasole della ripresa - sono tutt’altro che incoraggianti. È infatti consistente la revisione al ribasso per la ripresa imboccata dall'economia degli Stati Uniti nel terzo trimestre: ora l'amministrazione Usa stima una espansione del Pil del 2,8% rispetto ai tre mesi precedenti, laddove nella stima preliminare iniziale aveva indicato un incremento del 3,5%.

A determinare la revisione sono state spese per consumi meno solide di quanto inizialmente stimato, così come un andamento più debole del previsto nel settore delle costruzioni. Inoltre le imprese hanno continuato a ridurre le scorte. Il dato comunicato oggi non coglie di sorpresa gli analisti, che in media prevedevano una revisione al più 2,9% del Pil.

Di positivo c'è la conferma dell'uscita ufficiale della prima economia mondiale dalla peggiore recessione dagli anni Trenta ma allo stesso tempo la revisione al ribasso rafforza i timori di una fase di ripresa a rilento, tenuto anche conto che in buona misura il recupero del Pil poggia sulle misure di sostegno pubblico all'auto e al settore immobiliare. La sfida ora per l'amministrazione Obama, come per i governi degli altri paesi avanzati, sarà favorire un recupero della domanda del settore privato e dei consumi delle famiglie, per garantire basi solide e sostenibili alla ripresa generale.

Anche qui, però, c'è da fare i conti con la disoccupazione che aumenta e richiama alla memoria un precedente poco incoraggiante per l'economia Usa: nel 1980, infatti, l'attività delle imprese trainò in ripresa tutta l'economia ma si trattò di un recupero di breve vita e il paese ripiombò in una fase di recessione che proseguì tra il 1981 e il 1982. In quegli anni la disoccupazione toccò il massimo storico del 10,8%, livello a cui ora si sta pericolosamente riavvicinando: a ottobre ha toccato il 10,2%.

Ecco spiegato, insieme ai timori per un nuovo scivolone del settore bancario, l'apertura in negativo di Wall Street in contemporanea con una prima ripresa del dollaro sul mercato dei cambi, ipotesi che avevamo adombrato già nelle scorse settimane e che entro primavera potrebbe portare un’inversione al rialzo del biglietto verde anche del 20%. E che, combinata con un possibile obbligo del rialzo nel medio termine dei tassi di interesse ora a zero, adombra il rischio di iper-inflazione.

Il terzo e ultimo elemento di instabilità giunge dalla vicina Germania, dove il settimanale Der Spiegel lunedì metteva in guardia dalla nuova super-bolla che si sta creando, dettata dall'eccesso di liquidità e dal ritorno a pratiche di finanza iper-creative che ha rivisto partire a razzo il mercato dei derivati. Insomma, c'è poco da stare allegri. E per una questione sistemica, non certo per l'effetto “correzione”, parola cari lettori che vi conviene tenere a mente perché diverrà il mantra delle prossime settimane, potete scommetterci.

D’altronde la BaFin, l’ente regolatore di Borsa e mercati in Germania, ha reso noto da tempo - nel silenzio generale - che i bad debts in pancia alle banche tedesche «stanno per scoppiare come una granata» avendo toccato quota 816 miliardi di euro, 268 dei quali in conto solo a Hypo Real. Senza dimenticare che il deficit tedesco sta toccando il 6%, portando il debito su Pil all’86%. Gli esperti della Bce, d’altronde, hanno parlato chiaro: ci sono almeno altri 203 miliardi di euro di svalutazioni da fare entro l’anno nei bilanci delle banche Ue e questo nonostante proprio la Banca centrale europea abbia recentemente iniettato la cifra monstre di 442 miliardi di euro nel sistema per rilanciare il credito.

 

Tutto inutile. L’economia della Germania, si sa, è un po’ il termometro con cui si misura lo stato di salute dell’Europa. Beh, il check up non è dei migliori per il vecchio continente. La Confindustria tedesca ha confermato che la metà dei suoi membri sta patendo una contrazione del credito e lo stesso ministro delle Finanze, Peter Steinbruck, aveva dovuto ammettere che «dobbiamo prendere molto seriamente in considerazione il rischio di un credit crunch per la seconda metà di quest’anno»: avendolo detto il 1 settembre, fate voi due conti.

Ma non basta. A confermare la gravità della situazione sono giunte le richieste accessorie di Steinbruck: sospensione di Basilea 2 per permettere il salvataggio delle banche e soprattutto prestito diretto da parte dello Stato per far ripartire il credito. Suona, a occhio e croce, come una chiamata d’emergenza. Simile all’appello di Tremonti.

Un po’ di ottimismo ci vuole, certo e i dati di ieri ne hanno portato una briciola, ma attenzione, perché la crisi è ancora di sistema e più che i colpi di coda vanno temute le inversioni depressive. O, come negli Usa, i rischi iper-inflattivi. Che segnano sì l’uscita formale dalla crisi ma certo non portano con sé tempi di vacche grasse.

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=51460

Usa, la vita “sott’acqua” di chi ha contratto un mutuo

 

Usa, la vita “sott’acqua” di chi ha contratto un mutuo

La percentuale di proprietari di immobili americani che ha contratto mutui più alti rispetto al valore delle stesse abitazioni è cresciuta al 23%.

La percentuale di proprietari di immobili americani che ha contratto mutui ormai più alti rispetto al valore delle stesse abitazioni è cresciuta al 23%. Si tratta di circa 10,7 milioni di persone, secondo le cifre fornite da First American CoreLogic, società californiana specializzata nelle analisi sul comparto real estate. Un dato che oltre a costituire un importante problema sociale per l’amministrazione guidata da Barack Obama, mette anche a rischio le prospettiva di una ripresa “sostenibile” del mercato immobiliare statunitense.

I mutui cosiddetti “sott’acqua” costituiscono infatti un grave problema per il settore, dal momento che mettono i proprietari di immobili ancor più a rischio di insolvenze. Anche per questo gli analisti di JPMorgan Chase, lunedì scorso, hanno spiegato che i prezzi delle case negli Usa potrebbero toccare il loro punto più basso solamente all’inizio del 2011. Fino ad ora, il costo di numerose abitazioni è sceso così tanto da far sì che almeno 5,3 milioni di americani si trovino con mutui più alti di almeno il 20% rispetto all’attuale valore di mercato delle proprie case.

«Un aumento di questo genere di casi rende ancor più immobile il sistema, perché costringe in molti casi a non poter vendere», ha commentato al Wall Street Journal Mark Fleming, capo economista della società che ha svolto l’indagine.

http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=1805

Usa, la crisi prosciuga le casse della FDIC: primo “rosso” dal ’92

 

Usa, la crisi prosciuga le casse della FDIC: primo “rosso” dal ’92

La Federal Deposit Insurance Corporation ha annunciato ieri che il suo principale fondo è ormai in “rosso”. Le casse dell’organismo americano sono infatti state - letteralmente - prosciugate dalla copertura assicurativa dei depositi delle banche fallite negli Stati Uniti: ben 149 dall’inizio del 2008. Ma non sono solo i default ad aver spinto in negativo i conti della Fdic: nel solo terzo trimestre il numero di istituti di credito inseriti nella “problem list” sono stati 136, e 552 dall’inizio dell’anno in corso.

Per proteggere i risparmi dei clienti, l’ente statunitense ha dovuto accantonare fino ad ora 38,9 miliardi di dollari. Capitali che non sono bastati, provocando il primo “rosso” dal 1992. Nonostante ciò il presidente della Fdic, Sheila Bair, si è mostrata moderatamente ottimista: «Riteniamo che le condizioni del sistema attuali potranno cominciare a migliorare nel giro di un paio di trimestri - ha spiegato -. E credo che potremo vedere importanti segnali di rafforzamento del sistema bancario nel corso del 2010».

Nelle scorse settimane, proprio in ragione della scarsità di fondi a sua disposizione, la Fdic ha chiesto alle banche americane di prepagare 45 miliardi di dollari, denaro che avrebbe dovuto essere versato all’organismo nei prossimi tre anni, ma che invece sarà anticipato a stretto giro.

http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=1806

SPECIAL REPORT: La verità su liquidità e mercati

 

Un eccellente analisi del nostro Mattacchiuz che ci aiuta a capire come il denaro deve essere innanzitutto diviso in due categorie: reale e vrituale. Lo sapevate che siamo pieni di denaro che non esiste?

Shopping cart with dollars inside

Abbiamo parlato spesso di inflazione, deflazione, crescita economica e di liquidità in circolazione. Ma sino ad ora c’erano delle “Falle”, dei dubbi che restavano impressi. Ma quando c’è qualcosa che inquieta, quanto una questione economica necessita un una ricerca accurata e minuziosa, non c’è problema. Ci pensa Mattacchiuz.
Il risultato è secondo me clamoroso. E, fate ben attenzione, troverete in fondo al trattato (che ho chiamato “Alla ricerca del Dollaro U$A che non c’è” )  tutte le fonti usate da Mattachiuz per scrivere l’analisi, il cui risultato è assolutamente, come dicevo prima, sorprendente.

Vi lascio alle prime righe del lavoro, rimandandovi poi al LINK dove potrete scaricare, stampare e leggere con calma tutto il ragionamento e il conseguente risultato finale.
E, badate bene, una volta letto, molto probabilmente inizierete a ragionare dal punto di vista economico-strategico, in modo diverso. E vi sembrerà di essere catapultati direttamente sul set di “Truman Show”, dove il protagonista, da sempre, fa parte un set cinematografico, senza saperlo e senza rendersene conto.

Un ringraziamento va ovviamente a Mattacchiuz per lo sbattimento e per la sua precisa e minuziosa ricerca, che credo sia il top in ambito di indipendenza, in questo momento.

Che dire…Buona lettura!

dollar-carta-igienica

Alla ricerca del Dollaro U$A che non c’è

.

Ovunque in questi mesi si è assistito a discussioni di specialisti e non in merito a come si evolverà la situazione economica, se l’immensa massa di liquidità prodotta dalla FED finirà per inondare il sistema o se Bernanke e Co riusciranno invece per tempo e con precisione … svizzera, a sottrarre tutto quel denaro prima di provocare danni irreparabili al ciclo produttivo, senza tuttavia strozzarlo nella morsa delle deflazione. Molte sono state le considerazioni che ho letto, da premi Nobel a bloggers, forse meno “esperti” ma sicuramente meno “di parte”. Capire deflazione e inflazione, presuppone di capire cosa sia la moneta e cosa sia il denaro. Una volta assodati questi concetti, molte più cose risulteranno chiare, e molti più dubbi nasceranno in merito all’operato dei nostri “leaders”. Ma si proceda con ordine.
(…)
La Fed dovrebbe stampare denaro per il popolo americano se l’economia lo richiedesse e ritirarlo dal popolo americano se i pericoli inflattivi lo imponessero. Ma come questa crisi mi ha insegnato, le cose funzionano finché non funzionano più! È si, sembrerebbe che la Fed ritiri il denaro dal popolo americano – vendendo Treasury – e lo trasferisca, opportunamente moltiplicato, alle banche acquistando titoli tossici, aspettando il momento opportuno per poi rimettersi ad acquistare Treasury e quindi “ripristinare” le garanzie sull’emissione di dollari. Ma questo denaro letteralmente regalato alle banche è speciale… non sono dollari “veri”…
(…)

http://intermarketandmore.investireoggi.it/la-verita-sulla-liquidita-presente-sui-mercati-8222.html

RIEN NE VA PLUS: L'ECONOMIA DELLE GRANDI REVISIONI!

 

...Rien ne va plus e salta la pallina in mezzo a quella grande ruota un solo punto verde tra il rosso e nero l'incognita apparente di uno zero....cantava alcuni anni fa Enrico Ruggeri.

Peccato che non c'è alcuna incognita "apparente" dopo questa revisione, esclusi gli incentivi fiscali e la favola degli inventari, la crescita dell'economia americana, nonostante tutto sarebbe stata zero o meglio decisamente sotto zero!

E' affascinante e emozionante sedersi in qualsiasi momento a un tavolo da gioco e dopo che la pallina ha terminato il suo corso sul numero 3,5, alcune settimane più tardi, ascoltare lo stesso croupiers raccontarci che, mentre calava il sipario,  in fondo la pallina ha continuato a girare, fermandosi nel numero 2,8.

Zero virgola sette, punti in meno, in fondo non è poi molto dirà qualcuno, tutto già scontato, un giro di pallina che riflette la revisione al rialzo delle importazioni e quella al ribasso dei consumi personali e degli investimenti non residenziali, un giro compensato dalla revisione al rialzo delle esportazioni.

Chissà quale gusto ci trova il mercato a scommettere sempre e solo su dati che nella sostanza, in maniera particolare in una "soft depression", hanno dimostrato di essere assolutamente inattendibili!

Come abbiamo già visto che si tratti di occupazione, piuttosto che di vendite al dettaglio, di beni durevoli piuttosto che di prodotto interno lordo, l' " incognita apparente di uno zero " è evidente.

Meno apparente, ma altrettanto devastante è ascoltare il WSJ raccontarci che almeno una famiglia americana su quattro è decisamente "underwater" mutuo residuo superiore al valore corrente dell'abitazione, 5,3 milioni di famiglie con un mutuo residuo superiore di almeno il 20 % rispetto al valore della casa. online.wsj.com

Il "negative equity" è come una scure sospesa sul capo della ripresa immobiliare, riduce la mobilità degli stessi immobili, in quanto non possono essere venduti, in maniera particolare quando si è costretti a cambiare città per cercare lavoro.

E' assolutamente incredibile ed impressionante questa nemesi, da qualunque parte cerchi di osservare il movimento della pallina nella roulette, rischio di osservarla all'infinito, senza mai sapere dove in realtà si fermerà. Come ci racconta Calculatedrisk tra un oceano di numeri, se c'è una cosa che sarà inevitabile, è una nuova ondata di potenziali svalutazioni nel sistema finanziario, sepolto da un muro di acqua di nuove insolvenze.

Certo, come abbiamo visto, i druidi delle norme contabili hanno preparato un porzione magica in  grado di anestetizzare qualsiasi problema contabile o finanziario, ammortizzando gli effetti del "mark to market" permettendo di spacciare per un diamante, un fondo di vetro, ma non c'è nulla che possa resistere alla verità figlia del tempo.

Nel frattempo la FDIC aggiorna la sua lista delle banche in difficoltà, aumentandone del 10 % circa il numero a rischio, sino a 552 nuovi potenziali fallimenti.

E' salito l'indice di fiducia e l'ottimismo della Fed nelle sue minute arriva persino ad aumentare le previsioni del PIL per il prossimo anno, un lavoro di chirurgia psicologica ad oltranza, peccato che le precedente previsioni siano tutte sostanzialmente fallite, ma non importa, la memoria solitamente è molto corta.

Peccato che la situazione attuale nei sondaggi è rimasta praticamente invariata, ai minimi da 26 anni risultato naturale del peggioramento continuo delle condizioni occupazionali, quelle reali, non certo quelle che vi racconta il BLS con i suoi fantastici modellini statistici stagionali, anche se ultimamente anche loro si sono accorti che qualcosa non funziona, senza peraltro assumere decisioni che rischiano di ripecchiare la vera realtà fondamentale, rischiano di proporre dati reali ancora peggiori, che il mercato difficilmente sarebbe in grado di digerire.

Ma ciò a cui noi più interessa di questo immenso casinò multimediale, non sono tanto gli effetti speciali, quanto piuttosto l'erosione continua e sistematica di quell'inflazione che ha visto l'ennesima revisione al ribasso, sia nel dato CORE aumentato di un evanescente 1,3 % rapportato al 2 % del secondo trimestre.

Se siete sensibili all'inflazione, continuate pure a chiamarla disinflazione o inflazione negativa, in fondo ognuno ha la sua sensibilità macroeconomica.

Che poi Mervyn King, governatore della Banca Centrale Inglese abbia dichiarato in un rapporto inviato al Treasury Select Committe del parlamento, che passeranno almeno altri due o tre anni prima di incominciare a vedere una qualsiasi stretta monetaria, poco importa, ciò che conta solo le aspettative e quelle sono dure da morire per coloro che a scuola hanno sempre e solo sentito parlare di inflazione.

Come dice Paul Krugman, stranamente, ma non per il sottoscritto, gli investitori sono disposti solo ad osservare un lato della situazione, come vedremo ad Assisi non c'è generazione che non conosca l'inflazione, della deflazione nessun ricordo, nessuna cicatrice. Stiamo recuperando, lentamente ma inesorabilmente va tutto bene, certo non come era previsto, ma meno peggio del peggio che si potesse immaginare si sente urlare!

Certo non vi è alcuna bomba ad orologeria nei mercati azionari, nei corporate bond, nessuna bolla nel carry trade,  nessun contdown negli eccessi del mercato, ma nel debito pubblico, nei titoli di Stato governativi, li no, addirittura vi è una centrale nucleare, perdite radioattive giornaliere.

Prima o poi si dovrà fare i conti della Storia anche da questo lato, ma credo che prima che avvenga ci vorrà molto più tempo di quello che il mercato o chi è interessato al contrario, voglia farvi credere o voglia far credere ad un certo Bill Gross, a capo del più imponente fondo obbligazionario universale, che si è sognato di aumentare la quota di portafoglio di titoli del tesoro americani.

E' incredibile come all'unisono in un oceano di disoccupazione persistente e probabilmente per alcuni paesi strutturale, l'unico allarme sia sempre e solo quello dell'inflazione. I lettori "dedicati" quelli che sostengono Icebergfinanza, sanno bene quali sono i meccanismi che faranno ripartire l'inflazione, conoscono le dinamiche della debt deflation e sanno osservare l'orizzonte. Gli strumenti della navigazione sono a loro noti, sanno quali sono gli indicatori da seguire per scorgere l'uragano all'orizzonte.

Qualunque sia la realtà, per i miei gusti, sono ormai in troppi ad affacciarsi sullo stesso lato del Paese dei Balocchi, Lucignolo e Pinocchio giorno dopo giorno, vivono una splendida avventura. Lucignolo con le sue lunghe orecchie da somaro osserva la giostra delle azioni, Pinocchio invece, con la testa e con il cuore, è affascinato dalle dinamiche della giostra obbligazionaria, grande, immensa, al cui cospetto, quella azionaria è la stella Proxima Centauri, lontana milioni di anni luce. Quella valutaria poi è lo stesso universo, un universo che "temporaneamente", non potrà che scontrarsi con la realtà

Il mattino sta per arrivare nel paese dei balocchi, nessuna fretta, i contorni si stanno delineando, lentamente ma inesorabilmente, prima o poi qualcuno dovrà affacciarsi allo specchio per scoprire una realtà fondamentale che noi in questo viaggio abbiamo esplorato a fondo e che giorno dopo giorno ci sta dando ragione.

Si una realtà, che in fondo ama nascondere, quelle due orecchie lunghe che mai sembrano finire e come il naso del nostro Pinocchio, che perde magari il pelo ma mai il vizio, di raccontare che nelle obbligazioni governative tutto è una bolla, facendo le  orecchie da mercante, quando qualcuno gli parla di obbligazioni corporate, perchè li nessun pericolo, tutto in fondo è soggettivo, le imprese non corrono alcun rischio.”

Nel fine settimana, esploreremo insieme a coloro che hanno contribuito o vorranno contribuire e sostenere la navigazione di Icebergfinanza, una nuova isola misteriosa, che ci aiuterà a comprendere ancora più a fondo le dinamiche deflative di questa crisi.

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La "filosofia" di  Icebergfinanza resta e resterà sempre gratuitamente a disposizione di tutti nella sua "forma artigianale", un momento di condivisione nella tempesta di questi tempi, lascio alla Vostra libertà, il compito di valutare se Icebergfinanza va sostenuto nella sua navigazione attraverso le onde di questo cambiamento epocale!

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Postato da: icebergfinanza a novembre 25, 2009 07:27 | link | commenti (20)

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