E’ difficile crescere rallentando … (metti la sesta..)

Riceviamo da Federico Pontoni e Antonio Sileo e volentieri pubblichiamo:

L’Italia è un paese fondato sul consumo degli idrocarburi e sulla mobilità su gomma. Poche storie. Questo paese è stato progettato così negli anni cinquanta. Ricordate la celebre foto di Gianni Agnelli e Alberto Pirelli che presentano la Bianchina? In quella foto ci sarebbe stato benissimo anche Enrico Mattei, padre dell’ENI e grande promotore dell’idrocarburo e dell’autostrada, insieme magari a Enzo Ferrari, l’uomo che ha incarnato (e inculcato) il mito della velocità in ogni patentato medio italiano.

[La Supercortemaggiore, la potente benzina italiana, iniziò a vendersi poco prima del 1955, anno in cui debuttò la Fiat 600 - prodotta fino alla fine dei favolosi anni ’60, proprio come la benzina dell’Agip - e il primo tronco, da Milano a Parma, dell’autostrada del Sole, l’A1, fu inaugurato il giorno di Sant’Ambrogio del 1958.]

Dagli anni ottanta, tuttavia, il paese si fonda anche sul debito pubblico saldamente e spavaldamente sopra il 100% del PIL, nonostante i timidi tentativi di riduzione. Questo fardello, insieme alla metastasi dell’evasione fiscale, rende impossibile, a detta di molti, una drastica riduzione delle imposte. Certo, qualche illuminato economista suggerisce uno spostamento dell’imposizione al momento del consumo, cosa che consentirebbe, tra l’altro, di ridurre l’incidenza dell’evasione, visto che l’evasore consuma il frutto del suo furto. Noi non possiamo che essere d’accordo.

C’è tuttavia un consumo che gli italiani sembrano bramare in modo particolare, almeno a giudicare dalle sanzioni comminate. Sì, ci riferiamo alla velocità, non sono pochi gli automobilisti, specie tra gli uomini, che anelano a una mobilità, forse un po’ meno sostenibile ma di certo più celere.

Magari come in Germania, dove (com’è ben noto) in alcuni tratti autostradali non esistono limiti, se non quelli del buonsenso. A questo proposito, giace da oltre un anno in parlamento la riforma del codice della strada che vorrebbe alzare il limite, in alcune tratte autostradali, a 150 km/h. Tuttavia ci chiediamo: può un paese indebitato come il nostro regalare kilometri orari ai suoi cittadini? No, forse non può. Quale potrebbe essere la soluzione, dunque? Ovvio: potrebbe, in tutta sicurezza, venderli. Sì, capiamo lo stupore dei sostenitori di uno stato etico e paternalistico, ma chiediamo qualche minuto di pazienza per presentare la nostra proposta.

L’idea è piuttosto semplice: si vendono pacchetti di km/h da rinnovarsi annualmente, a conducenti in possesso della patente da più di 5 anni e comunque di età non inferiore ai 25 e non superiore ai 75, sfruttabili su tutte le autostrade, o meglio in alcuni tratti della rete autostradale. Il costo dei pacchetti aumenterebbe in maniera (quasi) esponenziale all’aumentare dei km/h acquistati. Il primo pacchetto, di 20 km/h, potrebbe essere venduto ad un prezzo intorno ai 500 – 700 euro per le macchine e a 300 – 500 euro per le moto. Chi volesse acquistare tutti i pacchetti, fino a una velocità massima di 250 km/h, si troverebbe a spendere circa 11.000 – 15.000 euro per le macchine e circa 4.000 – 6.000 euro per le moto. In Germania le case automobilistiche, tutte tranne Porsche, limitano elettronicamente quasi tutti i propri modelli a 250 km/h e nella maggioranza dei casi i tratti senza limiti si trovano fuori dalle aree più densamente popolate, ad esempio da Monaco a Stoccarda.

L’acquisto dei pacchetti, tranne il primo, sarebbe subordinato al superamento di un esame di guida veloce, da ripetere ogni 2 anni. La possibilità di acquisto dei pacchetti sarebbe riservata solo alle auto e alle moto immatricolate in Italia (con grande smacco dell’italiano fiscalmente domiciliato in Svizzera, a Montecarlo o, più in piccolo, a San Marino) e darebbe chiaramente diritto all’esposizione di un bollino speciale, che certifichi il nuovo limite di velocità che il mezzo può raggiungere. Ovviamente, sarebbe necessario abbinare la vendita dei pacchetti orari a un contestuale inasprimento delle multe, una diffusione più capillare del sistema tutor è già in essere.

Attenzione, lo ribadiamo, il bollino non è, e non vuol essere, una patente di spericolatezza, tutt’altro; sappiamo di studi che dimostrano che la pericolosità aumenta all’aumentare del differenziale di velocità tra i veicoli e che, realisticamente, le possibilità di non incontrare abbastanza traffico non sono poi così tante, tuttavia assumere che non ci possano essere (mai) occasioni per andare (più) veloci, a più a che fare con le limitazioni delle libertà che con la sicurezza. Secondo nostre prime e sommarie stime, il ricavato dello Stato potrebbe aggirarsi nell’intorno dei due miliardi di euro, circa il doppio di quanto si ricava oggi da tutto il sistema delle contravvenzioni, di cui solo una minima parte, poco più del 10%, riguarda i limiti di velocità.

La nostra proposta, per il momento, è solo una bozza, un ballon d’essai, che però riteniamo possa essere sviluppata e discussa, sempre nell’ottica di spostare la tassazione sui consumi e di aumentare la consapevolezza dei cittadini; ma soprattutto in quella, più ampia, del progresso.

http://www.chicago-blog.it/2010/02/26/e-difficile-crescere-rallentando-metti-la-sesta/

FINANZA/ Tremonti attento, la Grecia per salvarsi vuol screditare l’Italia

venerdì 26 febbraio 2010

La voce del padrone: «La moneta unica si trova in una situazione difficile, ma comunque ce la farà a riprendersi». Così parlò Angela Merkel in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, in cui spiegava che «per la prima volta da quando è stato introdotto, l'euro si trova in una situazione difficile, ma ce la farà». Riferendosi alla Grecia, il cancelliere ha definito “pericoloso” il fatto che «attualmente si sta speculando contro Paesi con una sfavorevole posizione di partenza e con problemi di struttura irrisolti». Al contempo la Merkel ammonisce i Paesi con un forte indebitamento ad affrontare i problemi alla radice, per evitare che venga meno la fiducia nell'euro: «La creazione reale di fiducia nell'euro da parte dei mercati finanziari può riuscire solo se in Grecia e in altri Paesi con deficit di bilancio molto alti il problema viene affrontato alla radice».

Il cancelliere faceva anche sapere di voler difendere con il massimo rigore il rispetto delle norme del Patto di Stabilità: «Perseguirò con tutto il vigore della tradizione della Germania in favore di un marco forte l'obiettivo decisivo della stabilità dell'euro». E riguardo a un possibile allargamento dell'euro ad altri Paesi, il cancelliere esprimeva una grande prudenza, sottolineando che «in futuro bisognerà vedere con esattezza ancora maggiore quale Paese può adottare l'euro. Abbiamo bisogno di maggiore trasparenza e coerenza, per fare in modo che sia impossibile aggirare i criteri (di stabilità)».

Se non l'avevate ancora capito, ora comandano loro. E volano gli stracci nell'Unione, con la Grecia che ricorda ai tedeschi i loro crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale - cosa abbia a che fare con il disastro dei conti pubblici di Atene rimane un mistero irrisolto, chiederemo a Papandreou - e il sacco dell'oro della Banca di Grecia mai restituito e sempre più tedeschi, politici e banchieri, che cominciano seriamente a pensare all'opzione di lasciare gli ellenici ai loro guai e non approntare il piano di salvataggio.

Ma la realtà è un po' diversa. Questa indegna pantomima, così come le parole della signora Merkel, sottendono un gioco speculativo che in questi giorni sta impegnando non poco gli operatori della City. Non è un caso che l'agenzia internazionale Moody’s sia tornata a minacciare di tagliare il rating della Grecia nei prossimi due mesi se il governo non riuscirà ad applicare le misure a cui si è impegnato nel piano di stabilità per ridurre il deficit. Parola di Pierre Caitelleau, responsabile dei rating sovrani dell'agenzia: «Se nei prossimi due mesi dovessimo vedere una deviazione significativa rispetto al piano, dovremo aggiustare il rating di conseguenza».

E l'altro ieri anche Standard and Poor's aveva minacciato di tagliare il rating della Grecia. Moody's assegna alla Grecia il rating A2, mentre S&P e Fitch le assegnano un rating più basso BBB+. Per questo, sempre ieri, Fitch ha reso noto che non intende tagliare il rating della Grecia nei prossimi mesi: l'analista, Chris Price, spiegava che un taglio del rating «è possibile ma improbabile. Non mi aspetto che le cose possano cambiare molto nei prossimi mesi. Se tutto andrà come mi aspetto lasceremo il rating all'attuale livello».

Il rating di Fitch per la Grecia è BBB+ con outlook negativo, come quello di S&P. Inoltre Price ritiene improbabile l'arrivo di aiuti europei, ma dice anche che se questi dovessero arrivare «sarebbe una buona cosa per il rating della Grecia». Già, ma a chi fa comodo un qualcosa di buono per la Grecia, a parte i greci, non è dato saperlo. Tanto più che gli attriti tra Atene e Berlino hanno fatto salire il differenziale tra i Bund tedeschi e i titoli di Stato ellenici a 332 punti base: gioia per le orecchie di chi sta scommettendo contro il debito greco. E sono in tanti. E stanno puntando miliardi, certi che gli attori si presteranno volentieri a proseguire la loro recita a soggetto.

I tedeschi, infatti, vogliono rifarsi il più possibile di quanto perso e di quanto ancora perderanno - l'ultima trimestrale di Commerzbank e il conseguente tonfo in Borsa parla la lingua della bolla pronta a esplodere di cui ilsussidiario.net informa ormai da mesi - e puntano all'instabilità per giocare sui differenziali e puntare sul default greco: controllata, ovviamente ma pur sempre una scommessa che può pagare molto bene. E che le banche germaniche non intendono farsi sfuggire, con la benedizione di frau Merkel: chiedere nella City per conferme.

Anche perché Fitch, così buona verso lo stato greco, lo è stata meno due giorni fa verso le due principali banche del paese, operando un downgrade e soprattutto mettendo in moto il secondo esodo di capitali: questa volta i cittadini greci abbienti stanno muovendo verso le banche cipriote, un ex protettorato inglese, sede di grandi banche d'affari, di fatto ancora paese off-shore e soprattutto isola in cui la segretezza vige sovrana più che in Svizzera, essendo sede del principale ricevitore del centro d'ascolto globale Echelon.

Le riserve delle banche greche si stanno erodendo, si rischia il collasso di liquidità e a Londra temono scene stile Northern Rock a brevissimo tempo in molte città greche: il problema è che se la situazione non migliora in brevissimo tempo i bancomat non erogheranno più denaro in stile argentino. E si comincia anche ad attaccare gli altri anelli deboli del Club Med per cercare di rendere più leggera la propria posizione: la retorica nazionalista in auge fa capire quale sia in effetti il reale peso che ha ancora il Pasok nel panorama politico greco e da un paio di giorni l'Italia viene platealmente accusata di «truccare i conti sul proprio debito pubblico», ovvero ciò che ha fatto Atene dal 2001 in poi.

Proprio così, l'espressione usata è “coking the books” e ci dimostra una volta di più che Giulio Tremonti dovrebbe prendere in mano la situazione, in fretta: finché le accuse giungono da un tribuno greco poco male, ma siccome sappiamo tutti che la calunnia è un venticello, potrebbe spandersi sui mercati e attirare le attenzioni di speculatori in vena di diversificazione delle scommesse e soprattutto delle sempre solerti agenzie di rating.

Il momento, amici, è davvero pericoloso. Lo conferma, di fatto, il giudizio emesso ieri dal solitamente ottimista e sorridente Ollie Rehn, commissario Ue per gli affari economici e monetari, a giudizio del quale «la ripresa del settore bancario nell'area euro è in atto ma resta fragile. I tassi dei mercati monetari restano bassi. L'aggiustamento dei bilanci della banche non è ancora stato completato. La ripresa del settore bancario è in atto ma resta fragile. I prestiti bancari alle imprese non finanziarie hanno continuato a scendere, mentre il credito ai risparmiatori è in ripresa».

Tuttavia, è lo stesso Rehn a non escludere che «lo stato del sistema bancario possa limitare i prestiti ai risparmiatori, man mano che la ripresa continuerà. E questo rappresenta il più grosso rischio per la ripresa stessa». Insomma, prepariamoci a tempi molto cupi per l'Europa. E a una stagione di caccia grossa e grandi bottini per gli speculatori. Questa volta aiutati non solo dalle agenzie di rating, ma anche dalla miopia e del provincialismo suicida dei politici della cosiddetta Unione Europea: nella City, ormai, la sigla EU ha cambiato significato. Fra i trader viene declinata come Extremely Useless. Giudicate voi. Il prossimo bersaglio potrebbe essere proprio l'Italia.

P.S. E non pensate che gli Usa stiano meglio. A dicembre la Cina ha scaricato quasi 35 miliardi di dollari di bond statunitensi e il China Daily, il giornale del Politburo cinese, pochi giorni fa in un articolo di prima pagina invitava strategicamente a continuare in questa politica di alleggerimento: casualmente, l'articolo è stato pubblicato lo stesso giorno dell'incontro tra Barack Obama e il Dalai Lama.

Un segnale politico molto chiaro più che una reale volontà di diversificare investimenti e riserve: o Washington cambia o noi useremo fino in fondo la più potente arma di distruzione di massa in nostro possesso, il loro debito. La Cina ha già fatto capire di essere pronta a lanciarsi sull'euro e questo porterebbe a un ulteriore apprezzamento della nostra moneta comune, di fatto già sopravvalutata del 20%: Dio ci scampi da uno scenario globale di questo genere.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/2/26/FINANZA-Tremonti-attento-la-Grecia-per-salvarsi-vuol-screditare-l-Italia/69390/

Le Crisi Sono le Grandi Occasioni, non solo per il Banco

  • 04:43 26/02/10
  • Albert, lunedì la SEC americana ha votato 3 contro 2 per rimettere il blocco delle vendite al ribasso in borsa secondo la regola dell'uptick e con un limite massimo mi sembra del -10% in certe circostanze. Marzo si sta avvicinando e si preparano in anticipo. Il "Banco vince sempre e comunque" può voler dire tante cose, bisogna definire esattamente chi sia o chi ci sia dietro questo banco. E se si può magari anche imitarlo. 1) LA FATTORIA C'è un libro di Barton Biggs, che è stato partner a Morgan Stanley per 20 anni, uno che ha fondato il primo hedge fund nel 1967, a 75 anni ne ha messo su un altro ora e conosce tutti, che parla della storia finanziaria ("Wealth, War and Wisdom" (Ricchezza, Guerra e Saggezza" non male come titolo) e alla fine descrive uno scenario, educatamente gli da 1 probabilità su 10, di "ANARCHIA IN AMERICA". Dice che è solo uno scenario, ma va avanti per due capitoli a descriverlo parlando della moda tra la gente che conosce (a Wall Street) che si compra ora ranch o ville stile fattoria in posti di montagna o nel profondo West con agricoltura, dove se anche se si interrompono le comunicazioni e non arrivano ad esempio i rifornimenti ai supermercati trovi cibo intorno a te, fattorie con animali insomma ("...having some kind of self-sufficient farm that is not close to the big cities. It sounds almost stupid, but it sure paid off in occupied Europe during World War II.."). Biggs dice che l'attitudine che vede è anche cercare di fare quanti più soldi in tutti i modi possibili ora indipendentemente dalle conseguenze di medio periodo o sulla reputazione e i rischi e di metterne via in posti sicuri. Questa è un un intervista di due mesi fa a Biggs dove parla di uno scenario di "ritorno della Barbarie", del tipo le violenze di piazza che vedi in Grecia che si estendono a macchia d'olio e così via e ipotizza "cinque mesi di anarchia negli Stati Uniti". Che io sappia la gente in finanza a Wall Street o Londra parlava di buoni del tesoro e semmai di oro come investimento "sicuro" , non della fattoria con stalle e campi coltivati annessi nel Wyoming autosufficiente anche come illuminazione e riscaldamento. Nemmeno negli anni '70 e negli anni '50 parlavano di mettersi al riparo lontano dalle città con del cibo intorno (si limitavano al rifugio anti-atomico in cantina o a mettere soldi in Svizzera, pensando che fossero al sicuro con UBS e Credit Suisse. Bei tempi quelli.) Questo è un lato della situazione, la gente anziana che ha fatto i soldi, ne ha viste tante e si preoccupa non solo di avere buoni del tesoro, ma anche la fattoria con il latte e le uova. Poi c'è l'altro lato, quello invece di chi è più ambizioso. In tempi normali e quando le cose vanno ragionevolmente bene e la maggioranza della popolazione ne beneficia è difficile per un gruppo ristretto di persone approfittare veramente, mentre quando c'è un panico e una crisi allora i tuoi soldi de le tue informazioni riservate e connessioni valgono molto di più 2) APPROFITTARE DELLE DISGRAZIE ALTRUI Le crisi economiche, i crac finanziari, i default o l'inflazione improvvisa, come anche le guerre o gli attentati, sono sempre stati le grandi occasioni per accumulare delle fortune o acquisire posizioni di potere. Per la maggioranza della gente normale sono disgrazie, ma per chi abbia le risorse e sappia meglio di altri cosa succede queste sono le vere occasioni, vedi Soros che con il crac della lira e sterlina fece in un mese più soldi che nei 20 anni di carriera precedente. Vedi i quindici o venti personaggi usciti dall'ex-URSS (Gusinsky, Berezovsky, Deripaska, Kodhorofsky...) che approfittando del caos, crisi e defalut hanno battuto il record mondiale di accumulazione rapida di ricchezza (Sono 15 persone che dal 1991 al 20001 hanno messo assieme in media 10 miliardi a testa partendo dal niente, in un paese povero, dove l'aspettativa di vita stava crollando con la gente crepava per strada). Il secondo uomo più ricco del mondo oggi è Carlos Slim, a pari merito con Bill Gates e sta in Messico. L'origine della sua fortuna è stato il crac finanziario del Messico degli anni '80 quando ha comprato per tre soldi il gruppo telefonico ora diventato Telmex e altri asset... Joe Kennedy fece buona parte della sua fortuna andando al ribasso nel 1929. I Rothschild come noto fecero i loro colpi grossi durante le guerre napoleoniche e poi durante altre guerre. L'iperinflazione tedesca del 1920 che in pochi mesi rovinò la classe media e i lavoratori a reddito fisso fece arricchire un gruppo di finanzieri in Germania... L'esempio più clamoroso lo abbiamo sotto gli occhi: il panico di settembre ed ottobre 2008 scorso seguito al fallimento di Lehman, AIG, Fannie Mae, Washington Mutual, Merril Lynch, Bear Sterns (e Royal Bank of Scotland e Lloyds...ecc) tutte assieme praticamente, ha costretto il parlamento americano ed inglese a votare in poche ore senza discutere mega programi di salvataggio per cifre spaventose, da guerra mondiale e consentito alle banche centrali di sparare a raffica dieci o quindici programmi di finanziamento, assistenza, liquidità varia per cifre mai viste prima a memoria d'uomo Dato che tutto è avvenuto in fretta e durante un panico e in un atmosfera di caos ovviamente i più astuti ne hanno approfittato in modo che sfuggivano a prima vista a quasi tutti (e ai media in primo luogo) e solo ora tutti notano che a Londra ad esempio, solamente nel 2009 ci saranno DIECIMILA MANAGERS DI BANCHE E ISTITUZIONI FINANZIARIE CON BONUS SUPERIORI AL MILIONE DI STERLINE e a New York i bonus di Goldman Sachs come noto hanno battuto tutti i record Si potrebbe andare avanti tutto il giorno con esempi, la maggioranza dei miilardari arricchitisi con gli affari (non creando invece una società dal niente tipo Luxottica o Microsoft) lo sono diventati durante le crisi e i crac. Ed è logico che sia così, chiunque abbia soldi contanti da investire e pochi debiti se arriva una crisi è solo contento. Se però sei anche parte di un gruppo connesso con il governo e i media finanziari e ne sai più degli altri allora sì che diventa interessante. LE CRISI SONO OPPORTUNITà PER CHI E' PREPARATO E NE SA DI PIU' perchè sono eventi improvvisi e traumatici che spiazzano tutti gli altri In altre parole per chi "ne sa di più" degli altri è proprio quando c'è crisi e quasi tutti perdono, sono presi dal panico, sono distratti o disperati per un crac, guerra o inflazione improvvisa che si creano le occasioni grosse e non parliamo solo di bonus, parliamo di mettere le mani su dei gruppi economici per pochi soldi o cambiare un governo o la politica di un paese. La cosa buona però è che oggi le informazioni sono disponibili in tempo reale per tutti, nel 1930 occorreva un telegramma per sapere cosa era successo alla borsa di NY il giorno prima e per quelle più lontane anche una settimana ed erano solo informazioni tramite alcuni giornali. Oggi sappiamo quasi tutto in tempo reale (se cerchiamo però in mezzo alla confusione delle migliaia di cose che passano su internet) e tutti possiamo andare al ribasso e muovere in pochi minuti gli investimenti. Il problema è però come si è visto nel 2001-2002 con Enron e l'11 settembre e come si è visto nel settembre-novembre 2008 bisogna prepararsi in anticipo ed essere pronti perchè quando viene il momento è tutto molto rapido
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