"IL LIBRO DI ELI” E IL SACRO VIAGGIO DEL COLLASSO

Argomento: Economia DI CAROLYN BAKER carolynbaker.net "Sono sempre stato affascinato dalle questioni di fede e di spiritualità e l'idea è che ci sia qualcosa di più grande di te. L'idea del film è stata la convinzione in qualcosa di più grande di te, la forza più potente dell'universo, ed è una forza che può essere usata sia per il bene che per il male, a seconda di ciò che ne facciamo". Gary Whitta, autore della sceneggiatura di "Il Libro di Eli" Durante lo scorso anno, Hollywood ha portato avanti una serie di film post-apocalittici come "2012" e "The Road", ma "Il Libro di Eli" è unico nel suo genere grazie a un messaggio che sostituisce un abbietto sopravvivere come morale di fondo. Il messaggio è stato intenzionale per l'autore della sceneggiatura, Gary Whitta, il quale commenta che "la fede e la speranza hanno per l'umanità lo stesso valore del sostentamento e della sicurezza". In altre parole, "Il Libro di Eli" è molto più del vortice di prima sopravvivenza di un mondo dove poco altro importa e dove molte persone combattono, attimo per attimo, semplicemente per rimanere in vita. La storia si concentra su un uomo di un futuro non troppo lontano che è diventato un guerriero, non per scelta ma per necessità, 30 anni dopo quello che viene definito come "il lampo" e la conseguente guerra che ha ridotto la terra ad una catastrofica landa deserta. Poche persone, tra i vivi, ricordano com’era il mondo prima di questi eventi apocalittici, il resto sono analfabeti, senza senso della storia e senza altro fine che trovare cibo, acqua e riparo. Per tre decenni, Eli (Denzel Washington) ha camminato e vagato dirigendosi verso ovest in risposta a una voce che egli dice venga dal suo interno, per proteggere il libro (una Bibbia) che ha trovato fra le macerie del cataclisma. Lungo il cammino assiste ad una miriade di ingiustizie e torti che potrebbe aiutare a risolvere, invece sceglie di attenersi alle sue istruzioni ed evitare coinvolgimenti. Ci chiediamo perché una Bibbia in un mondo così fa qualche differenza, ma ben presto si scopre che la guerra potrebbe essere scoppiata in parte a causa della religione e che alcune persone hanno usurpato potere e controllo in suo nome. Quasi tutte le Bibbie sono state bruciate dopo la guerra e noi riteniamo che sia stato per questo motivo. Un uomo, oltre Eli, nell’attuale deserto intellettuale, comprende il potere dei libri e della lettura e, soprattutto, il potere della Bibbia come strumento di controllo. Quell' uomo è Carnegie (Gary Oldman), un nome ironico, visto che il magnate dell'acciaio del diciannovesimo secolo, Andrew Carnegie, aveva donato milioni di dollari per la costruzione e la manutenzione di biblioteche negli Stati Uniti. Dopo aver incontrato Eli e aver saputo che possiede una Bibbia, il Carnegie della sceneggiatura di Whitta è instancabile nella sua ricerca per ottenerla ed è disposto a fare qualsiasi cosa pur di arrivarci perché, egli dichiara spudoratamente, "se abbiamo il libro, possiamo controllare la gente". Ma dal punto di vista di Eli, niente e nessuno gli impedirà di portare a termine la sua missione e seguire le istruzioni di continuare a camminare verso ovest. Alcuni critici hanno descritto l'ambiente de "Il Libro di Eli" come uno scenario alla "Mad Max" , ma mi sembra importante sottolineare che quest'ultimo film è stato girato negli anni '80, nel pieno del "Morning in America" di Reagan, quando regnava il consumo degli steroidi e il narcisismo su larga scala. Quindi, in quei giorni, gli spettatori potevano solo trovare il mondo di Mad Max bizzarro e puramente mitico, invece oggi, mentre ci troviamo ad affondare più in profondità nella Seconda Grande Depressione, piena di ramificazioni del Peak Oil, di cambiamenti climatici e devastazione dell'economia mondiale, quel particolare scenario sembra sempre più plausibile. Nel mondo di abbietta illegalità di Eli, governato da bande di vagabondi e piccoli dittatori come Carnegie, la vita ruota tutta intorno alla sopravvivenza e alla forza fisica che serve per mantenerla. Ciò che noi consideriamo le necessità fondamentali della vita di oggi, come il sapone, il dentifricio, lo shampoo, sono scomparse e la maggior parte degli esseri umani sono creature che possono solo essere descritti come schifosi nella loro mancanza di igiene, nonché nella loro mancanza di qualsiasi orientamento morale. Per Eli, però, la vita è molto più che cibo, acqua e rifugio, ed è proprio questo che rende il suo personaggio e questo particolare film unici. Egli cura teneramente quello che sembra essere sfuggito a tutti gli altri intorno a lui - un profondo legame spirituale. Dimenticate che è la Bibbia ciò che porta con sé. Dimenticate che la sua spiritualità ha un sapore nettamente cristiano. Come chiunque veda il film è probabilmente d'accordo, avrebbe potuto portare l'I Ching o la Bhagavad Gita o il Corano. Per favore, caro lettore / spettatore, non farti irretire qui, da qualsiasi cosa tu abbia contro la religione. La verità è che è stato il legame di Eli con il sacro che lo ha sostenuto emotivamente in un mondo di follia e di caos. E sì, un mondo di cannibalismo in cui la gente che mangia carne umana sviluppa un incontrollabile tremore cronico, in particolare alle mani, e quelli le cui mani non tremano sono orgogliosi di essere "non uno di loro". E' un mondo di orribili abusi, di stupro di gruppo sulle donne e di schiavitù sessuale. In realtà, mentre vedevo il trattamento riservato alle donne in questo film, riflettevo sulle denunce che ho sentito da molte delle mie amiche riguardo all’immagine delle donne nel romanzo di James Howard Kunstler “A World Made By Hand” [Un mondo fatto con le mani – ndt]. E mentre sono d'accordo che la descrizione in quel romanzo era cupa, credo anche che probabilmente essa sia stata sottovalutata in termini di come la vita delle donne sia destinata a diventare in un selvaggio mondo post-collasso. Come risultato, Eli detiene valori sconosciuti a coloro che lo circondano. E’gentile e premuroso, ma non è un pacifista; uccide per difendere la sua vita e proteggere gli innocenti. Sente ed esprime gratitudine prima dei pasti per il cibo che ha il privilegio di avere e per la confidente amicizia con una giovane donna che insiste sulla necessità di camminare al suo fianco, mentre egli continua il suo viaggio. La sua insistenza è dettata dalla sua ammirazione per lui, così come dalla miseria della sua vita nella città controllata da Carnegie. Lei è Solara (Mila Kunis) e non ha alcun concetto della vita prima del "lampo" e della “guerra", un tempo in cui Eli dice: "avevamo più di ciò di cui avevamo bisogno, non ci rendevamo conto di quanto fosse prezioso, e abbiamo buttato via roba per cui la gente oggi ucciderebbe". Suona familiare? Eli ci mostra inoltre quanto egli sia umano, mentre si prende cura di uno malconcio IPod che ricarica lungo il cammino da ciò che resta di una batteria di una vecchia auto o ogni volta che può trovare occasionalmente energia elettrica. All' inizio del film si addormenta, mentre Al Green canta "How Can You Mend A Broken Heart?" In realtà, i testi sono molto ironici data la situazione di Eli:
E come si può riparare un cuore spezzato? Come si può impedire alla pioggia di cadere? Come si può impedire al sole di risplendere? Che cosa fa girare il mondo? Come si può riparare quest’uomo distrutto? Come può un perdente mai vincere? Per favore aiutami a riparare il mio cuore spezzato E lasciami vivere di nuovo.
Ho affermato più volte che non so come finirà il crollo della civiltà industriale e ho anche detto nel mio libro, Sacred Demise [La Morte Sacra – ndt] e altrove, che senza un profondo legame spirituale - un forte senso di significato e di scopo per la nostro esistenza - un mondo che collassa e che cambia sarà insostenibile e insopportabile. "Il Libro di Eli" ritrae proprio il perché sia così. E, come nessun altro film futuristico del nostro tempo, dipinge acutamente come e perché la morte e il viaggio che ne consegue siano sacri. Curiosamente, questo film appare nella nostra cultura nello stesso periodo del più recente successo di James Cameron, "Avatar". Profondamente radicato in molti dei film di Cameron è un tema spirituale o archetipo, e "Avatar" è forse l'esempio più evidente. Anche se offre un' esperienza visiva molto più piacevole, esso è profondamente collegato a "Il Libro di Eli" su un unico livello perché, se le lezioni che "Avatar" illustra alla razza umana non vengono apprese, il risultato irrevocabile sarà "Il Libro di Eli". Potrei dire molto di più sul film sceneggiato da Gary Whitta che vi esorto entusiasticamente a vedere, ma non voglio diluire il suo impatto. Anche se non è tutto buio e orrore, non offre il tradizionale lieto fine, ma piuttosto una possibilità di transizione verso un nuovo paradigma di saggezza per la nostra specie. " Il Libro di Eli" rivela dove siamo diretti ma, cosa ancora più importante, rivela la differenza che il rapporto di un essere umano con qualcosa di più grande fa per sé e per le generazioni future. Titolo originale: "'The Book of Eli' and the Sacred Journey of Collapse" Fonte: http://carolynbaker.net Link 10.02.2010 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONCETTA DI LORENZO
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Bruxelles getta la maschera Governano i banchieri

In una intervista sul quotidiano Le Temps Jean-Claude Junker, patron dell'Eurogruppo e ex Direttore della banca Mondiale ( ma guarda un po' che coincidenza "buggerona , ecco chi ha in mano la situazione! Ci sarebbe da esclamare se fossimo in un film tipo Intrigo Internazionale, ma in realtà siamo solo in un incubo ), il personaggio ammette di aver utilizzato i mercati per costringere la Grecia a fare quelle riforme che il Paese si rifiutava di fare . Bruxelles non nasconde più il suo gioco ed alla domanda di un giornalista del quotidiano svizzero Le Temps ", l'area dell'euro ha usato i mercati per forzare la Grecia alle riforme?" il capo dell'Eurogruppo risponde senza vergogna: " abbiamo sempre valutato che qualora un Stato si fosse allontanato ( dai parametri) nonostante tutti gli avvertimenti, avrebbe avuto una sanzione da parte dei mercati finanziari. Di più : " Non siamo in un mondo in cui la sanzione non esiste più grazie al pretesto che si è membri della zona euro" Jean-Claude Junker , ammette quindi che da un lato i mercati finanziari non sono così irrazionali come si pretende, e che essi d'altra parte possono benissimo essere utilizzati al fine di costringere un paese della zona euro ad adottare quelle riforme che non vorrebbe adottare. Il Patron dell'Euro gruppo, non si ferma a questo e va oltre:particolarmente loquace egli spiega " Non si sono avuti grandi dibattiti al Consiglio di Europa" visto che la decisione adottata Giovedì era stata preparata da lui stesso, da Trichet, Presidente della Banca Centrale Europea, da Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo e da José Manuel Barroso, le président de la Commission européenne. Il testo quindi è "stato semplicemente presentato al Consiglio d'Europa" (Più chiari di così... ) Riunione dell'eurogruppo Lunedi e Martedi I ministri delle Finanze della zona euro che si riuniranno Lunedi e Martedi, non discuteranno affatto di un piano di aiuti alla Grecia , l'argomento consisterà nel mettere in piazza uno "strumento di solidarietà" ( sta parola solidarietà sempre più viene usata quando te lo stanno mettendo in quel posto), che permetterà molto semplicemente di porre gli Stati della zona euro sotto tutela nel caso dovessero trovarsi in una posizione simile a quella della Grecia. Facendo indirettamente allusione alla vecchia idea della messa a punto di un governo economico dell'area euro Jean-Claude Junker aggiunge che è stato davvero un peccato che in passato molti Stati si siano opposti alla creazione di uno strumento che " ci avrebbe permesso ( riguardo alla Grecia) di risolvere questo problema più semplicemente" . E allora , che ve ne pare? Non governano più i nostri politici costosi e tanto inutili da averci messo in bocca ai mercati, roba da matti! Ormai governano le banche e la finanza, spero capiate che cosa vuol dire, perché davvero , credo sia il caso di abbandonare l'europa finchè si è in tempo. Strologate nei blog di democrazia, par condicio, Vittorio Emanuele si, Vittorio Emanuele No e fesserie del genere, mentre i governi sono ormai solo un fiction sgarrupata. Altro che welfare, altro che politiche economiche, fine: in ogni caso saranno i mercati che guideranno la quadriglia e faranno, come ovvio e come sempre i propri affari, disgiunti come sono da ogni legge e regola , non solo etiche e morali. Dimenticavo la favola bella della " moral suasion" , abbiamo visto a che serve: ZERO! E mi sembra normale che sia così. Nel caso non aveste ancora capito, i mercati sono quei signori che ci hanno messo in mutande , quei signori collegati ai traffici che meno vorremmo noi sciocchi moralisti: armi , droga, schiavi . Gli interessi di questi commercianti guideranno la nostra vita, hanno rubato i futuro ai nostri figli. dal sito geostrategie http://www.geostrategie.com/2438/le-patron-de-l%E2%80%99eurogroupe-admet-avoir-utilise-les-marches-pour-faire-pression-sur-la-grece

Da Marzo la Fed Deve Cominciare a Vendere. a Chi ?

  • 23:47 24/02/10
  • Questa è la lista di tutti i programmi straordinari della Federeal Reserve creati dal 2008 per tamponare la crisi finanziaria e tramite i quali ha comprato circa 1.100 miliardi di dollari di debito e bonds vari e prestato altra liquidità alle banche, in diverse forme Come si può vedere sono 14 programmi straordinari (!), molti hanno perso il conto di quanti erano e forse se uno lo teneva si rendeva meglio conto che avrebbero funzionato alla fine, dato il bombardamento scatenato. E' un bene che ci sia ancora Bernanke alla FED perchè forse è l'unico che li ricorda tutti e quindi li può disinnescare, perchè ora si tratta di disinnescarli, come le mine in Afganistan. Il mercato finora non si è spaventato e ha dato credito alla manovra perchè la FED e la Banca di Inghilterra hanno detto "...non preoccupateci, compriamo noi ora solo come misura di emergenza, ma poi rimettiamo sul mercato tutta questa carta, cioè la rivendiamo, assorbendo così poi la liquidità creata e quindi non creiamo inflazione o mettiamo in crisi il dollaro e la sterlina, dopo un anno DISINNESCHIAMO TUTTO..." Ma come si vede dalla lista (compilata da Goldman Sachs ieri) entro Marzo 2010, cioè entro un mese, 12 programmi su 14 saranno terminati (e i due che restano sono di poco peso). Cosa significa in pratica ? Ad esempio che dopo aver comprato per 1.100 miliardi da marzo in poi la FED DOVRA' RIVENDERE SUL MERCATO QUESTE TONNELLATE DI BONDS, SPECIALMENTE QUELLI CARTOLARIZZATI SUI MUTUI E chi glieli comprerà ? Gli Emirati arabi, la Cina, il Giappone, i fondi pensione inglesi, gli hedge funds, le assicurazioni tedesche, le banche francesi e svizzere o cinesi... ? Chi sarà il primo a farsi avanti e comprare questa roba che la FED ha dovuto comprare in fretta a fine 2008 e inizio 2008 lei, pagandola con la stampa di moneta (per cui non è tanto difficile come atto di coraggio) ? Se la FED è dovuta inventarsi lei una dozzina di programmi di finanziamento ed acquisto di debito e finanziarli stampando moneta è perchè NESSUNO VOLEVA ALLORA QUESTA CARTA. E' possibile che dopo un anno ora il mondo invece abbia voglia di riempirsi di mutui americani cartolarizzati ? Non è impossibile, ma è un azzardo ed è un esperimento, è la prima volta che si prova a fare questo esperimento, perchè in altri paesi come Messico, Brasile, Argentina, Zimbabwe, Egitto, Russia o Italia anni '70 ovviamente la Banca Centrale si è riempita di debito del Tesoro o di altro genere stampando moneta, ma ha creato inflazione al 14% Questo è il motivo per cui probabilmente il conto alla rovescia inizia tra poco, diciamo tra una settimana o due
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http://www.cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=5070&reply_id=217627
GB, il debito «spingerà l’età pensionabile a 70 anni» Il debito sovrano schizza alle stelle, e a farne le spese sono i lavoratori...

Il debito sovrano schizza alle stelle, e a farne le spese sono i lavoratori. Sono proprio le condizioni del bilancio pubblico del Regno Unito - riferisce questa mattina il Guardian - gravate dai pesanti esborsi legati al sostegno del sistema finanziario nel corso della crisi, che provocheranno una sempre più probabile conseguenza: l’innalzamento dell’età pensionabile fino a 70 anni. A spiegarlo è stato uno studio di PricewaterhouseCoopers, che in realtà pone un riferimento temporale a lungo termine: alla metà del secolo in corso.

Ma alla soglia dei 70 anni si arriverà per tappe: il governo di Londra, spiega il rapporto, dovrà studiare la possibilità di introdurre una riforma in tre stadi, con un primo passaggio a 66 anni nel 2020, un secondo a 67 anni nel 2036, poi un ultimo a 68 entro il 2046. Una dimostrazione di come le conseguenze dell’attuale crisi possano riverberarsi molto a lungo nell’economia inglese (e non solo). Secondo John Hawksworth, capo economista di PWC, si tratterà di una sorta di patto tra lo Stato e i lavoratori: questi ultimi accetteranno di lavorare più a lungo, mentre il primo garantirà trattamenti pensionistici migliori.

Lo studio, comunque, non mancherà di far discutere: secondo Hawksworth un simile piano di innalzamento dell’età pensionabile equivarrebbe ad un risparmio per le casse pubbliche pari a 9 miliardi di sterline all’anno, ai prezzi attuali. Il che, a sua volta, eviterebbe il ricorso ad un innalzamento della pressione fiscale.

http://www.valori.it/italian/mondo.php?idnews=2086

Le misure della secessione

Riporto questo ottimo articolo di Kirkpatrick Sale (inviagli una mail), studioso, direttore del Middlebury Institute e autore di Secession is in the air (tradotto da Micaela Marri per il sito www.comedonchisciotte.org). Un pezzo che merita di essere diffuso il più possibile. ___________________________ Di Kirkpatrick Sale Più grande è lo stato, più sono i disastri economici e le vittime militari, è la legge della grandezza del governo. Sì, Aristotele ha dichiarato che ci doveva essere un limite alla grandezza di uno stato: “un limite, come c’è per le altre cose, piante, animali, strumenti; perché nessuno di questi conserva la propria capacità naturale quando è troppo grande…, ma rimarrà interamente privo della propria natura, o si troverà in cattive condizioni”, così ha detto. Ma che diamine ne sapeva veramente? Ha vissuto in un’epoca in cui l’intera popolazione mondiale arrivava a circa 50 milioni di persone – pressappoco la grandezza dell’Inghilterra oggi – la popolazione delle città stato dove si parlava greco, che non erano unite in una nazione, potrà essere stata in tutto 8 milioni, ed Atene, dove viveva, considerata una grande città, avrebbe avuto meno di 100 000 abitanti. Limiti? Non poteva nemmeno immaginare un mondo (il nostro) con una popolazione di 6,8 miliardi, una nazione (la Cina) con 1,3 miliardi di abitanti, né una città (Tokyo) con 36 milioni di abitanti. In che modo ci può aiutare? Innanzitutto sapeva che esistono dei limiti: “l’esperienza insegna che una città molto popolosa può raramente essere ben governata; dato che tutte le città che hanno fama di essere governate bene hanno un limite di popolazione. E questo è provato anche da un ragionamento convincente: poiché la legge è ordine, e la buona legge è buon ordine; ma un numero troppo smisurato non può avere ordine”. E non conta se quella città ha 1 milione o 36 milioni di abitanti – le entità politiche di tali dimensioni non potrebbero certamente essere democratiche in alcun senso, non potrebbero possibilmente funzionare in alcun modo che si avvicini all’efficienza, e potrebbero esistere solo con grandi sperequazioni di ricchezza e benessere materiale. In secondo luogo, sapeva che gli esseri umani hanno un cervello di dimensioni e capacità di comprensione limitate, e che metterli in aggregazione non li rende più intelligenti – come ha detto un altro filosofo, Lemuel Gulliver, “la ragione non aumenta con la massa corporea”. C’è una scala umana per la politica umana, definita dalla natura dell’uomo, che funziona bene solamente in quelle aggregazioni che non solleciti e sovraccarichi troppo il … molto capace e ingegnoso ma limitato cervello umano, né la capacità umana. Quindi le unità politiche, diceva Aristotele – pensava principalmente a città, non conoscendo le nazioni – ma anche se potessimo allargare tali unità con l’esperienza di altri 2000 anni fino ad unità più grandi come le nazioni, devono essere limitate: limitate dalla natura umana e dall’esperienza umana. Ed è con quella massima di Aristotele che adesso possiamo iniziare a contemplare quale dimensione di uno stato nel mondo odierno rappresenterebbe la grandezza ideale, o diciamo la grandezza ottimale, con questi due criteri di primaria importanza: “sufficiente”, citando Aristotele, “per una buona vita nella comunità politica” – che sarebbe una qualche forma di democrazia – e “il massimo numero che è sufficiente per gli scopi di una vita agiata” – che sarebbe l’efficienza. Democrazia ed efficienza. E sentite – questa non è una di quelle futili ricerche filosofiche. È, o potrebbe essere, il fondamento di una seria riorganizzazione del nostro mondo politico, e di una riorganizzazione che il processo di secessione – in effetti, che solo il processo di secessione, per come la vedo io – potrebbe darci. Abbiamo prove in abbondanza che uno stato di 305 milioni di abitanti è ingovernabile – uno studioso ha detto a un quotidiano la scorsa domenica che siamo al quarto decennio dell’inabilità del Congresso di approvare il benché minimo provvedimento di utilità sociale. Gonfiato e corrotto oltre la sua abilità di affrontare, né tantomeno di risolvere, nessuno dei problemi come un impero che ha creato, è un palese fallimento. Allora dobbiamo chiederci cosa potrebbe sostituirlo, quali [dovrebbero essere] le dimensioni? La risposta, come sarà chiaro, sono stati indipendenti, ovvero le nazioni d’America. Diamo innanzitutto uno sguardo ai numeri del mondo reale delle nazioni dei nostri giorni per farci un’idea delle dimensioni della popolazione che funzionano veramente. Di tutte le entità politiche mondiali – ce ne sono 223, contando anche le isole indipendenti più piccole – 45 sono al di sotto dei 250 000 abitanti, 67 sotto 1 milione, 108 sotto i 5 milioni; in effetti il 50 per cento delle nazioni sono sotto i 5,5 milioni, ed un netto 58 per cento sono più piccole della popolazione della Svizzera di 7,7 milioni (Wikipedia: popolazioni mondiali in ordine di grandezza). Da questo si evince che è ovvio che la maggior parte dei paesi nel mondo funzionano con popolazioni relativamente piccole. E guardando alle nazioni che sono modelli riconosciuti di governo, ce ne sono otto persino sotto i 500 000 abitanti – il Lussemburgo, Malta, l’Islanda, le Barbados, l’Andorra, il Liechtenstein, il principato di Monaco e la repubblica di San Marino – e l’esempio dell’Islanda, con il parlamento più vecchio d’Europa e modello incontestato di democrazia (lasciando da parte i suoi problemi bancari), suggerisce che 319 000 abitanti sarebbero più che sufficienti. Salendo un po’ con le dimensioni, ci sono altri nove modelli di buon governo sotto i 5 milioni di abitanti, compresi Singapore, la Norvegia, la Costa Rica, l’Irlanda, la Nuova Zelanda, l’Estonia, il Lussemburgo e Malta. Adesso diamo uno sguardo alle dimensioni delle nazioni più prospere in ordine di prodotto interno lordo (Wikipedia: elenco dei paesi per pil, CIA Factbook). (Tra parentesi, lasciatemi dire che mi rendo conto che il PIL è una misura cruda ed acritica della crescita economica, e riflette tutti i tipi di crescita, molti non desiderabili, ma fintantoché avremo nazioni dedite ad economie “steady state”, questo è il miglior modo per misurare la prestazione economica). Diciotto dei 20 maggiori paesi in ordine di PIL (un totale di 27 paesi a causa di situazioni di parità) sono piccoli, sotto i 5 milioni di abitanti, e tutti tranne uno dei primi dieci sono sotto i 5 milioni (sono gli Stati Uniti, al decimo posto, e gli altri sono, in ordine, il Liechtenstein, il Qatar, il Lussemburgo, le Bermuda, la Norvegia, il Kuwait, il Jersey, Singapore e il Sultanato del Brunei); la grandezza media di questi nove è di 1,9 milioni di abitanti. La grandezza media delle 27 nazioni più grandi, Stati Uniti esclusi, è di 5,1 milioni di abitanti. Si inizia a capire come stanno le cose. Prendiamo un altro parametro – la libertà, come viene classificata da tre diversi siti, Freedom House, il Wall Street Journal, e il The Economist, usando misure delle libertà civili, elezioni aperte, media liberi, e via dicendo. Dei 14 stati ritenuti i più liberi al mondo, nove (il 64 per cento) hanno una popolazione minore di quella della Svizzera di 7,7 milioni, 11 minore di quella della Svezia di 9,3 milioni, e gli unici stati di una certa grandezza sono il Canada, il Regno Unito e la Germania, la più grande, con 8,1 milioni di abitanti. C’è un’altra misura della libertà pubblicata da Freedom House, che classifica tutte le nazioni del mondo secondo i diritti politici e le libertà civili, e ci sono solo 46 nazioni con un punteggio perfetto. Di queste 46, la maggior parte hanno una popolazione sotto i 5 milioni, e per l’appunto 17 hanno una popolazione persino sotto il milione. Questo in sé è sbalorditivo. E solo 14 delle 46 nazioni libere superano i 7,5 milioni. Ad esclusione degli Stati Uniti, la cui reputazione per la libertà è del tutto smentita dall’incarcerazione di 2,3 milioni di persone, il 25 per cento dei detenuti nel mondo, ed escludendo il Regno Unito, la Spagna e la Polonia, la popolazione media degli stati liberi del mondo è di circa 5 milioni. Lasciatemi infine prendere in esame altre classifiche nazionali: Alfabetizzazione: dei 44 paesi che sostengono di avere una percentuale di alfabetizzazione pari al 99 per cento o maggiore, (dico sostengono, dato che è difficile verificarlo), solo 15 sono grandi, 29 (il 66 per cento) dei 44 sono sotto i 7,5 milioni. Sanità: misurata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, 12 dei primi 20 paesi sono sotto i 7 milioni di abitanti, nessuno supera i 65 milioni. In una classifica della felicità e del tenore di vita secondo il sociologo Steven Hales, le nazioni in testa sono la Norvegia, l’Islanda, la Svezia, i Paesi Bassi, l’Australia, il Lussemburgo, la Svizzera, il Canada, l’Irlanda, la Danimarca, l’Austria e la Finlandia, tutti tranne il Canada e l’Australia sono paesi piccoli. Ed un “indice di società sostenibile” creato da due studiosi l’anno scorso, che tiene conto di fattori ambientali ed ecologici, classifica solo i paesi più piccoli tra i primi 10 – in ordine sono Svezia, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Austria, Islanda, Vietnam, Georgia, Nuova Zelanda e Latvia. In sostanza – la mia idea è chiara e semplice. Una nazione può essere non solo possibile e sostenibile a livelli di popolazione abbastanza bassi, un modello di governo efficiente e più o meno democratico, ma può in effetti fornire tutte le qualità necessarie ad una vita superiore. Per l’appunto, le cifre sembrano suggerire che, seppure sia possibile prosperare a dimensioni sotto il milione di abitanti, esiste una grandezza più o meno ottimale per uno stato riuscito, ossia tra i 3 e i 5 milioni di abitanti. Adesso diamo una rapida scorta alla grandezza geografica delle nazioni prospere. Molte nazioni sono sorprendentemente piccole – sottolineando il fatto, spesso non notato dai critici della secessione, che una nazione non deve essere autosufficiente per funzionare bene nel mondo moderno. Infatti ci sono 85 entità politiche, delle 223 contate dall’ONU, che sono più piccole di 16 000 chilometri quadrati – ossia la grandezza del Vermont o anche più piccole – e comprendono Israele, El Salvador, le Bahamas, il Qatar, il Libano, il Lussemburgo, Singapore e l’Andorra. E se torniamo a quella misura di forza economica che è il prodotto interno lordo pro capite, le nazioni piccole dimostrano di essere decisamente vantaggiose: delle prime 20 nazioni nella classifica (27 in totale incluse quelle pari merito), tutte tranne otto sono piccole per territorio, meno di 56000 chilometri quadrati, la media globale (grande come il South Carolina) e due di quelle otto includono la Norvegia e la Svezia, tecnicamente grandi, ma che escluse le loro aree settentrionali deserte, sono effettivamente piccole; in altre parole il 77 per cento delle nazioni prospere sono piccole. E la maggior parte di queste sono davvero piuttosto piccole, meno di 16000 chilometri quadrati (Liechtenstein, Qatar, Lussemburgo, Bermuda, Kuwait, Jersey, Singapore, Brunei, Guernsey, Isole Cayman, Hong Kong, San Marino, Isole Vergini Britanniche e Gibilterra). Tutto questo è prova certa che le nazioni economicamente coronate da successo non devono necessariamente essere grandi in quanto a dimensioni geografiche, e anzi, questo è il punto importante: è molto indicativo che la grandezza possa essere in effetti un ostacolo. Il motivo di ciò è che i costi di amministrazione, distribuzione, trasporto e di simili operazioni ovviamente devono crescere, forse esponenzialmente, con l’aumento delle dimensioni geografiche. Anche il controllo e la comunicazione diventano più difficili da gestire sulle lunghe distanze, spesso fino al punto che autorità e governo centrali diventano quasi impossibili, e mentre le linee e i segnali diventano più complessi, l’abilità di gestire efficientemente diminuisce fortemente. Piccolo, ammettiamolo, non è solo bello ma vuol dire anche ricchezza. [Una volta capita questa importante idea, ne può derivare un ulteriore argomento logico: che in molti casi una nazione piccola potrebbe desiderare di suddividersi ulteriormente per sfruttare il vantaggio di aree più piccole per funzioni economiche più efficienti. Questo potrebbe comportare una secessione vera e propria, in alcuni luoghi dove porterebbe semplicemente un buon vantaggio economico – e in altri posti dove avrebbe anche vantaggi politici e culturali. Ma potrebbe anche prendere la forma di una “devolution” economica e politica, in cui si concedono autonomia e potere ad aree più piccole senza una vera e propria secessione, un po’ secondo il modello svizzero]. In effetti, voglio proporre, considerando queste cifre ed ancor più considerando la storia del mondo, che c’è una Legge di Grandezza del Governo, che dice: la miseria sociale ed economica aumenta proporzionalmente alla grandezza e al potere del governo centrale di una nazione. Nel verificare questa legge – la legge di Sale, come mi piace chiamarla – alla luce della storia, lasciatemi iniziare con lo studio giustificabilmente classico della civilizzazione dell’uomo di Arnold Toynbee, la cui conclusione primaria è che il penultimo stadio di qualunque società, che conduce direttamente al suo finale stadio di crollo è “la sua forzata unificazione politica in uno stato centralizzato”, e cita come esempi gli imperi romano, ottomano, bengalese e mongolo, e lo Shogunato Tokugawa, ed infine gli imperi spagnolo, britannico, francese e portoghese. Il consolidamento delle nazioni in imperi potenti porta, non a periodi felici di pace e prosperità e al progresso del miglioramento umano, ma ad un aumento delle restrizioni, alla guerra, all’autocrazia, l’affollamento, la riduzione in miseria, le sperequazioni, la povertà e la fame. La ragione di tutto questo non è un mistero. Mentre il governo cresce, allarga sia il suo potere burocratico sugli affari interni che il suo potere militare sugli affari esteri. Si deve trovare il denaro per tale espansione, e questo arriva o sotto forma di tassazione, che porta all’aumento dei prezzi ed infine all’inflazione – un risultato che Micawber definirebbe miseria sociale – o [proviene] dalla stampa di nuove banconote, che porta lo stesso a prezzi più alti e all’inflazione – il risultato, ancora, è la miseria sociale. Si crede inoltre che la ricchezza provenga dalla conquista e dalla colonizzazione, dall’aumento dei saccheggi attraverso la guerra, ma si paga con l’imposizione di un maggiore controllo da parte del governo e del reclutamento militare in patria (“la guerra è la salute degli stati” come avrebbe detto Randolph Bourne), con più violenza, spargimenti di sangue e miseria per il proprio esercito e per i propri civili e per le forze di opposizione all’estero. Risultato: miseria economica e sociale. Ho trattato approfonditamente questo argomento nel mio libro Human Scale (disponibile su richiesta dalla New Catalist Books), ma lasciatemene dare giusto una versione riassuntiva qui, concentrandoci sull’Europa. Ci sono stati quattro maggiori periodi di grande consolidamento ed espansione statale nell’ultimo millennio: 1. Dal 1150 al 1300 d.C., con l’instaurarsi delle dinastie reali che hanno rimpiazzato le baronie medievali e le città stato in Inghilterra, Aquitania, Sicilia, Aragona e Castiglia, portando come risultato un’inflazione rampante di quasi il 400 per cento e guerre quasi ininterrotte, con l’aumento dei caduti in battaglia da qualche centinaia a più di quasi un milione. 2. Dal 1525 al 1650, con il consolidamento del potere nazionale attraverso eserciti permanenti, tassazione regia, banche centrali, burocrazie civili, e religioni di stato, si è visto un tasso di inflazione di oltre il 700 per cento in soli 125 anni ed un aumento delle guerre senza precedenti, un’intensità bellica sette volte maggiore di quanto l’Europa avesse mai visto prima, l’aumento delle morti in guerra fino a forse 8 milioni, forse 5 milioni di caduti solo durante la Guerra dei Trent’anni. 3. Dal 1775 al 1815, il periodo del governo dello stato moderno in gran parte d’Europa, comprese le forze di polizia nazionali, gli eserciti di coscritti, il potere statale centralizzato in stile napoleonico, c’è stato un tasso d’inflazione di oltre il 250 per cento in soli 40 anni, nel 1815 è stato il più alto in assoluto fino a quello degli anni ’20, e i caduti di guerra hanno raggiunto i 15 milioni (forse 5 milioni nelle guerre napoleoniche) in quel breve periodo. Infine, nel quarto periodo, dal 1910 al 1970, familiare a noi tutti, tutte le nazioni europee si sono consolidate ed hanno ampliato il loro potere, conosciuto in molti luoghi come totalitarismo (seppure conosciuto negli USA come libertà e democrazia – pur avendo avuto tutte le componenti del totalitarismo – potere centrale consolidato, banca nazionale, imposta sul reddito, polizia nazionale, reclutamento, presidenza imperiale), avendo come risultato la peggior depressione della storia e un’inflazione del 1400 per cento, e certamente le due guerre più devastanti di tutta la storia dell’umanità, avendo contribuito alla morte di 100 milioni di persone o più. Conclusione inevitabile: più grande è lo stato, più sono i disastri economici e le vittime militari. La legge della grandezza del governo. Adesso che abbiamo stabilito la virtù dell’essere piccolo in tutto il mondo, applichiamo questi numeri agli Stati Uniti e vediamo cosa ci dicono. Dei 50 stati, appena più della metà (29) sono al di sotto dei 5 milioni di abitanti. La metà della popolazione vive in 40 stati che hanno in media 3,7 milioni di abitanti; l’altra metà è nei 10 stati più grandi. Ci sono 10 stati ed una colonia nella classe che va dai 3 ai 5 milioni di abitanti, che, suggerirei, sarebbero candidati ideali per una secessione – Iowa, Connecticut, Oklahoma, Oregon, Porto Rico, Kentucky, Louisiana, South Carolina, Alabama, Colorado, e Mississippi – altri 13 stati tra 1 e 3 milioni di abitanti - Montana, Rhode Island, Hawaii, New Hampshire, Maine, Idaho, Nebraska, West Virginia, New Mexico, Nevada, Utah, Kansas, ed Arkansas – ed altri otto stati sotto il milione di abitanti ma più grandi dell’Islanda, compreso l’amato Vermont. In altre parole, 30 degli stati (insieme al Porto Rico) rientrano in una categoria dove stati di simili dimensioni nel resto del mondo avrebbero prodotto nazioni indipendenti riuscite. Questi sono i candidati a una secessione di successo. Aggiungiamoci le lezioni imparate dalle dimensioni geografiche. Abbiamo già visto che 84 aree politiche nel mondo sono più piccole del Vermont, il penultimo stato americano in ordine di grandezza. Ora vediamo come gli stati si rapportano alle cifre mondiali. La dimensione media dell’area di uno stato americano è di circa 93 000 chilometri quadrati – 25 stati sono più piccoli, 25 più grandi. Se tutti quelli al di sotto di 93 000 fossero indipendenti, sarebbero come altre 79 nazioni nel mondo, tra cui Grecia, Nicaragua, Islanda, Ungheria, Portogallo, Austria, Repubblica Ceca, Irlanda, Sri Lanka, Danimarca, Svizzera, Paesi Bassi e Taiwan. In altre parole, la grandezza non è in alcun modo di intralcio al successo del funzionamento delle nazioni nel mondo – e, come ho suggerito, le piccole dimensioni sembrano appunto essere una virtù. Non devono necessariamente importare solo la popolazione o le dimensioni geografiche – un fattore importante di coesione sociale, infrastruttura sviluppata, identità storica e affini – ma quello certamente mi sembra il punto più logico da cui iniziare, quando si considerano stati possibili. E dato che l’esperienza del mondo ha dimostrato – per l’appunto, di volta in volta nella formazione delle nazioni a partire dal XIX secolo – che le entità nella fascia dai 3 ai 5 milioni di abitanti possono essere l’optimum per governabilità e l’efficienza, ed alcuni nella fascia da 1 milione a 7 milioni, è così che si deve iniziare a valutare gli stati per il loro potenziale di secessione e per le loro possibilità di successo nazionale. Spero che tutto questo esame aristotelico non venga considerato come un mero esercizio accademico, anche se ci è voluto un bel po’ di esercizio, vi assicuro, [per scriverlo]. Credo che stabilisca qualcosa alla maniera di un impeto propellente per quegli Americani che capiscono che il loro governo nazionale (ossimoro non intenzionale) è rotto e non può essere riparato (ce n’erano un 70 per cento in un sondaggio nazionale non tanto tempo fa), e che si rendono conto che l’unica maniera di ridare energia alla politica americana e ricreare la vibrante collezione di democrazie, che si era figurata la generazione dei fondatori nel XVIII secolo, è quella di creare stati veramente sovrani attraverso una secessione pacifica, popolare e potente. Lasciatemi sottolineare questa conclusione: l’unica speranza è la secessione. Copyright © 2010 Middlebury Institute

ECONOMIA MONDIALE: STATI ROVINATI

Argomento: Economia DI GILLES BONAFI mondialisation.ca Stati rovinati Potete leggere qui di seguito la lista dei paesi maggiormente indebitati del mondo sviluppato, secondo le stime per il 2010 realizzate dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE): 1 Giappone: 197,2 % del PIL 2 Islanda: 142,5 % del PIL 3 Italia: 127,0 % del PIL 4 Grecia: 123,3 % del PIL 5 Belgio 105,2 % del PIL 6 Francia 92,5 % del PIL 7 Stati Uniti: 92,4 % del PIL 8 Portogallo 90,9 % del PIL 9 Ungheria 89,9 % del PIL 10 Canada 85,7 % del PIL 11 Regno Unito: 83,1 % del PIL 12 Germania: 82,0 % del PIL E' da notare che 92,5%, è la vera cifra dell'indebitamento della Francia, superiore a quello degli USA. Il 100% sarà superato nel 2011. D'altronde, il prodotto interno lordo della Francia è diminuito del 2,2% in un anno, la maggiore perdita dal dopoguerra, secondo i dati dell'Insee, e sono stati perduti 412 000 posti di lavoro (Fonte, Le Parisien: Crise: la pire récession en France depuis 1945) L'Afghanistan, un nuovo Vietnam Il CF2R, il centro di ricerca sui servizi informativi francese, non esita a paragonare la guerra in Afghanistan al Vietnam. La nota n. 189 del 5 ottobre 2009, intitolata "CF2R - Afghanistan: des airs de conflit indochinois" termina con una conclusione esplosiva: "Ma questa ritirata ne annuncia una seconda che sarà meno gloriosa: la partenza di tutte le forze straniere dal paese perché le opinioni pubbliche non potranno tollerare troppo a lungo le perdite e il costo di questa guerra senza speranza di vedere spuntare l'ombra di una soluzione." In effetti, gli Stati Uniti hanno stimato le loro spese per la guerra in Afghanistan in 65 miliardi di dollari, somma approvata dal Congresso per il 2010. A cui vanno aggiunti 15 miliardi di dollari degli altri paesi, tra cui la Francia, per un totale di 80 miliardi. Ora, con 32,7 milioni di abitanti, si può stimare un costo di 2446 dollari per afgano, ossia quasi due anni di salario medio (60 dollari al mese). L'oro, nuova truffa planetaria Sul mercato esistono due forme di oro negoziabile: l'oro nella sua forma fisica (monete, lingotti) e l'oro cartaceo. Chris Powell, segretario tesoriere del GATA, il Gold Anti-trust Action Committee, un'organizzazione con base negli Stati Uniti (gata.org) che fa le pulci alle banche centrali per tutto quello che ha a che fare con l'oro, ha dimostrato che il mercato dell'oro cartaceo è completamente disconnesso dalla realtà. In prospettiva, un immenso crack! Rob Kirby, editorialista di Goldseek.com, peraltro già trader professionista, ha dichiarato nel novembre scorso: "Da un lato, c'è troppo poco oro per supportare uno spettacolare volume di vendite su carta, dall'altro il mercato di Londra è il maggiore centro per 'ripulire' i lingotti dubbi". Secondo questo esperto di economia, sotto l'era Clinton sono state placcate d'oro 640 000 barre di tungsteno da 400 once che si trovano in parte a Fort Knox e in parte sono state vendute sul mercato mondiale. Gli USA sarebbero in realtà rovinati e non disporrebbero più d'oro. Secondo lui, 16 500 tonnellate di falsi lingotti sarebbero sparpagliate per il mondo [1]. L'aiuto militare ad Haiti, preparazione per la guerra al Venzuela Aaron Russo, produttore cinematografico e uomo politico, annunciava il conflitto in Venezuela già nel 2007. Un aneddoto, nel film Avatar l'eroe dichiara di essere un reduce del Venezuela! Il terremoto ad Haiti capita al momento giusto. In effetti, essendo Haiti posta di fronte al Venezuela, permetterebbe all'impero USA di installare una testa di ponte per preparare la futura invasione. Ecco una lista degli "aiuti" USA ad Haiti: - 15 000 uomini - la portaerei USS Carl Vinson - la fregata USS Underwood - due navi trasporto dei mezzi di sbarco, USS Carter Hall e USS Fort McHenry - la nave ospedale USS Comfort Ma, cosa più interessante, ci sono anche imbarcazioni di cui non si comprende l'utilità per assistere un paese devastato da un terremoto: - la portaelicotteri d'assalto USS Bataan - l'incrociatore lanciamissili USS Normandy Non bisogna dimenticare che nel 2008 l'esercito USA ha riattivato la IV flotta (creata nel 1943) di stanza in America del Sud e nei Caraibi allo scopo di "dimostrare l'impegno degli USA presso i suoi partners della regione" e, soprattutto, "di mandare un messaggio al Venezuela". Il Venezuela è la quarta potenza economica latino-americana, dopo il Brasile, il Messico e l'Argentina con un PIL di 368 miliardi di dollari nel 2008. Soprattutto, nel 2008 ha prodotto 2,8 milioni di barili di petrolio al giorno (9° nella produzione mondiale), ossia poco meno degli Emirati Arabi Uniti (2,9 milioni di barili/giorno). Il Venezuela è diventato un paese appartenente all'"asse del male" perchè riunisce in sé i due criteri fondamentali per esserlo: - possiede molto petrolio - è indipendente e non assoggettato all'impero USA. La carbon-tax: business come sempre L'assemblea degli esperti sul clima ha riconosciuto in gennaio che la previsione che aveva fatto, nel suo rapporto del 2007, della sparizione dei ghiacciai dell'Himalaya verso il 2035 era uno "spiacevole errore". Perché lo scioglimento in questione non è previsto, in verità, che verso il 2350! Secondo Mike Hulme, dell'università britannica dell'East Anglia, le strutture del Giec [Il Giec, Groupe d’experts intergouvernemental sur l’évolution du climat, è la denominazione francese dell'IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, ndt] sono "deteriorate". Fonte: France-Soir.fr del 12 febbraio 2010. Giec - Les experts du climat sont dans la tourmente. Il 19 novembre 2009, alcuni hacker introdottisi nei server dell'Unità di Ricerca sul Clima (CRU) dell'università dell'East Anglia (Regno Unito) hanno dimostrato manipolazioni di dati nella corrispondenza privata di numerosi climatologi, alcuni dei quali collaborano all'elaborazione dei rapporti del Giec. Ma la verità è altrove. Il governo olandese vuole tassare gli automobilisti secondo i chilometri percorsi. La tassa dovrebbe essere di 0,03 euro ed entrare in vigore nel 2012. Ogni veicolo dovrebbe essere equipaggiato con un apparecchio GPS che registrerebbe il numero di chilometri percorsi, il che permetterebbe tra parentesi di sorvegliare ogni cittadino. Il dispositivo trasmetterebbe poi le informazioni ad un apposito ufficio per predisporre la fattura. Parallelamente, verrebbe imposta una carbon-tax per l'ambiente. Bisogna ricordare che il bilancio energetico (diagnosi di performance energetica ) è obbligatorio dal 1° novembre 2006 in caso di vendita di un'unità immobiliare. Dopo il 1° luglio 2007, deve essere presentato anche in caso di locazione o al momento della costruzione di nuovi immobili. Vi sarà quindi un sistema di scambi di quote di CO2 controllato da qualche banca perché, non dimentichiamocelo, i finanzieri ci annunciano (con l'aiuto dei loro media) che solo l'industria della finanza permetterà di organizzare e di fluidificare questo mercato. Tutto è già al suo posto da molto tempo. Gli USA sull'orlo dell'abisso! Ecco l'ultimo rapporto del 25 gennaio 2010 sui senza tetto a New York: - 21 501 adulti - 15 787 bambini Fonte: New York City Department of Homeless Service (Daily Report for homeless population). Dopo aver "delocalizzato" i poveri pagando loro il biglietto aereo, restano ancora quasi 16 000 bambini senza dimora a New York Infine, l'emissione di dollari ha raggiunto livelli record! La corsa tra la deflazione (distruzione dell'economia reale) e l'inflazione (creazione di denaro ex nihilo) permette per il momento di conservare una parvenza di equilibrio ma, quando si analizza un grafico come quello qui sotto, ci si può chiedere se gli USA non stiano dirigendosi verso una forte inflazione o, peggio, verso un'iperinflazione con un dollaro che non sopravvivrà a questa prova. Ora, bisogna ricordare che il dollaro è la nostra moneta di scambio e senza di lui crollerebbe tutto il sistema monetario internazionale [2].
[Espansione della base monetaria USA]
NOTE [1] Ho realizzato uno studio completo su questo argomento che potete trovare sulla rivista Nexus di gennaio/febbraio 2010. [2] USA, la fin du dollar est proche! - Blog de gillesbonafi - Blog Titolo originale: “Economie mondiale: Des états ruinés” Fonte : www.mondialisation.ca Link: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=17648 16.02.2010 Tradotto per Comedonchisciotte.org da MATTEO BOVIS
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