IL NUOVO MERCATO: IL CAPITALISMO CERCA DI RENDERE "REDDITIZIA" LA POVERTA'

 

di Manuel Freytas
Il sistema capitalista non solo porta la fame, la marginalità, la mancanza di protezione sociale, le privazioni e le malattie, a mille milioni di essere umani nel pianeta, ma adesso, in più, i suoi esperti stanno studiando il modo di riciclare quella massa maggioritaria di rifiuti umani e sociali che lascia lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo in nuovi mercati con “potenzialità di sviluppo” e apici di un guadagno assicurato.
Nei parametri funzionali del sistema capitalista (stabilito come “l’unica civilizzazione”) “il surplus di popolazione” sono le masse espulse dal circuito del consumo come emerge dalla dinamica della concentrazione della ricchezza in poche mani.
Queste masse, che si moltiplicano nelle periferie dell’ Asia, Africa e America Latina, non soddisfano gli standard del consumo basico (sopravvivenza minima) che la struttura funzionale del sistema richiede per guadagnare e creare nuovi cicli di concentrazione di attivi aziendali e fortune personali.
Inoltre, queste masse espulse dal sistema del consumo, richiedono (per dare uno schermo “compassionevole” al sistema) di una struttura “assistenzialista” composta dall' ONU e le organizzazioni internazionali che rappresentano un peso ed un “passivo indesiderabile” nei bilanci dei governi ed aziende transnazionali su scala mondiale.
Fino ad ora i poveri hanno rappresentato solo un guadagno elettorale per i politici del sistema.
Attraverso le politiche assistenziali “clientelari” i politici ottengono un mercato vincolato alla povertà. Di fatto, il sistema capitalista vigente ha industrializzato il “mercato della povertà” come strategia per ottenere voti e contenere le rivolte sociali.
Parallelamente (il Libano, Iraq, Gaza, Afghanistan, Pakistan, Sudan, Somalia, e Sri Lanka, tra gli altri) si sono diventati teatri sperimentali dello sterminio militare in massa del “surplus di popolazione” che operano sotto la copertura operativa della “guerra contro il terrorismo”.
Fuori dall’orbita dell’ “assistenzialismo” elettorale, o di una possibile “soluzione finale” maltusiana con lo sterminio militare, la povertà, la massa mondiale della “popolazione in eccesso”, non sembra avere un luogo nei piani del capitalismo.
Per l’ ONU, con “meno dell’ 1%” dei fondi economici che i governi capitalisti centrali hanno usato per salvare il sistema finanziario globale (banche e aziende che hanno scatenato la crisi economica), si potrebbe risolvere la calamità e la sofferenza di mille di milioni di persone ( più della metà della popolazione mondiale) che sono vittime della fame su scala mondiale.
E perché non si fa? Per un motivo di fondo: I poveri, gli abbandonati, il “surplus di popolazione”, non sono un “prodotto redditizio” per il sistema capitalista.
Tuttavia, ci sono pochi esperti del sistema capitalista, che studiano e disegnano (anche se sembra una fantasia incredibile) progetti per riciclare la povertà (la massa della “popolazione in eccesso”) in un mercato frammentato, con basso costo d'investimento.
Riciclando il “surplus di popolazione”.
In un articolo intitolato “Il miglior modo di vendere la base della piramide”, The Wall Street Journal in spagnolo segnala che “Intorno al mondo, quattro mila milioni di persone vivono in povertà. E le compagnie occidentali stanno lottando per convertirle in clienti”.
I visionari degli affari- continua- da più di un decennio argomentano che queste persone, conosciute come la base della piramide, conformano un immenso e poco utilizzato mercato. Alcune delle maggiori e più astute aziende hanno voluto rispondere ai bisogni primari vendendo loro dall’ acqua pulita all' elettricità.
Tuttavia, ancora una volta, gli sforzi sono scomparsi senza lasciare traccia. Perché? Perché queste compagnie avevano una visione completamente sbagliata, afferma nel suo articolo il giornale.
Per dirlo in modo semplice, aggiunge: la base della piramide non è, in realtà, un mercato. È vero che quei miliardi di persone a basso reddito hanno molto in comune. E non hanno adattato i loro comportamenti e risorse economiche per dare spazio ai prodotti nelle loro vite. Un mercato di consumo è nient' altro che uno stile di vita costruito intorno ad un prodotto.
Usiamo come esempio un conosciuto caso, indica l’articolo del Journal: Negli anni 70, l’acqua in bottiglia era un’idea strana per la maggior parte degli statunitensi. Non faceva parte dello stile di vita del consumatore di quel paese. Ci sono voluti decenni perché un gran numero di consumatori accettasse l’idea di comprare qualcosa che si può ottenere gratuitamente dal rubinetto, e convertire l’acqua imbottigliata in un grande affare.
La risposta? Si chiede. Le compagnie devono creare mercati- nuovi stili di vita- per i consumatori poveri. Devono fare in modo che l’idea di pagare per i prodotti sembri naturale, devono indurre i consumatori ad incorporare quei beni alle loro abitudini. Questo significa lavorare da vicino con le comunità locali nello sviluppo di prodotti ed aziende, per rendere l'acquisto di questi prodotti attraente per i consumatori. Le compagnie, inoltre, devono adottare una prospettiva di marketing ampia per dare ai compratori il maggior numero di motivi possibile per provare i prodotti.
Come salvare l’inerzia alla base della piramide (leggasi povertà maggioritaria)? Si chiede l’autore dell’articolo. La tipica strategia di cercare di convincere la gente con una campagna di informazione è spesso una lotta lunga e difficile.
Invece, segnala, le aziende dovrebbero iniziare il coinvolgimento della comunità (di "surplus di popolazione") nel processo di creare, implementare e dare forma all'affare. La sensazione di proprietà che questo comporta aiuta ad assicurare che l’interesse nel prodotto della compagnia sia ampio e sostenuto.
La tesi (incredibile e da incubo), pubblicata nel più influente portavoce giornalistico del sionismo finanziario di Wall Street, lancia una considerazione finale: per cercare di vendere alla base della piramide, le compagnie dovrebbero inviare messaggi positivi. Invece di dire che il prodotto sarà un sollievo per le loro pene, l' azienda deve enfatizzare come il prodotto farà in modo che le loro vite saranno più piacevoli.
Ma i progetti per riciclare la povertà in merce redditizia non è solo prerogativa delle corporazioni private e dei loro “think tanks”.
Un' “opportunità per gli affari”.
In un documento pubblicato nel 2007, intitolato “I prossimi quattro miliardi: mercato e strategia di affari alla base della piramide”, l’istituto di Risorse Mondiali e la Corporazione Internazionale delle Finanze, il ramo del Gruppo Banca Mondiale, dedicata al settore privato, avverte che il segmento della popolazione del pianeta situata alla base della piramide economica (BOP, le sue sigle in inglese) , rappresenta un potenziale mercato di circa 5000 miliardi di dollari.
Per gli esperti della Banca Mondiale il settore privato sta disattendendo la grande opportunità per gli affari che rappresentano i 4 miliardi di poveri che ci sono nel mondo.
Si tratta del primo studio di questo tipo in base a dati ottenuti attraverso le inchieste realizzate nelle famiglie di circa 110 paesi.
L’obiettivo- per i suoi autori- è di aiutare le aziende a pensare più creativamente sulla possibilità di nuovi modelli di affari che coprano le necessità dei mercati disattesi (leggasi, la massa di povertà creata dallo stesso capitalismo) e allo stesso tempo contribuire con lo sviluppo di chi ha di meno (??).
Il documento della Banca Mondiale, si occupa della massa di uomini e donne dell’ Asia, Africa, Europa dell’ Est, America Latina e i Caraibi le cui entrate sono al di sotto della linea della povertà delle società occidentali, ma che sommati rappresentano un eccellente potenziale per gli affari.
La maggior parte di quelle persone- secondo quando dice il documento- vive con meno di quattro dollari giornalieri, non hanno accesso ai servizi primari, proprietà, conti correnti o servizi finanziari.
“Riuscire a far entrare la BOP nell’economia formale deve costituire un elemento critico per qualsiasi strategia che tende a generare ricchezza e crescita “dice il documento senza arrossire”.
In tal senso, suggerisce di prestare attenzione alle necessità non soddisfatte di questo mercato come passo essenziale per aumentare il benessere, la produttività e le entrate, aiutando così le famiglie a trovare una via d’uscita dalla povertà (??).
“Considerare i poveri, che sono anche produttori e distributori di un' enorme gamma di beni, non è un atto caritatevole, ma un’opportunità di fare affari”, segnala Luis Alberto Moreno, presidente della Banca Interamericana dello Sviluppo, dando il suo granello di sabbia alla tesi del riciclaggio redditizio della povertà.
Quasi la metà della popolazione del pianeta- per l' ONU- sopravvive in uno stato di povertà o al di sotto della soglia di sopravvivenza, senza soddisfare i loro bisogni alimentari primari.
Per quell’ organismo, nel mondo ci sono più di 1.000 milioni di persone che soffre la fame, la cifra più alta della storia, ed in tutto il pianeta ci sono 3.000 milioni di mal nutriti.
Tutto indica che la “grande sfida” per i think tanks del capitalismo europeo e statunitense, consiste nel riciclare questa massa maggioritaria di rifiuto umano e sociale che lascia lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, a nuovi mercati con “potenzialità di sviluppo” e apici di guadagno assicurato.
La povertà è anch’essa redditizia, sembra essere il nuovo slogan implicito nelle proposte e progetti che gli esperti del sistema capitalista (che genera povertà e "surplus di popolazione") che cominciano a sviluppare attraverso tesi e teorie che sembrano essere tolte da un manuale di psichiatria.
Demenza decadente o realtà? Il capitalismo sionista prosegue la sua rotta.
Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0080_pobreza_rentable_06nov09.html
Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

Pubblicato da Alba kan. a 14:00 0 commenti

Etichette: Banca Mondiale, Capitalismo, Povertà

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Per un attimo si è alzato il velo

 


Riflettiamo sull'affaire Dubai: da un punto di vista strettamente numerico non è certo la fine del mondo...(al massimo è la fine di "un mondo").
Parliamo "solo" di 59 miliardi di dollari: una cifra enorme ma ai tempi della Grande Crisi sono noccioline perchè è cambiato il sistema metrico di misurazione che ormai è tarato sulle centinaia o migliaia di miliardi...
Pensiamo ai circa 2000 miliardi di dollari (a debito) messi in campo dalla FED, od ai 12.000 miliardi di dollari (a debito) messi in campo dal governo USA oppure ai 550 miliardi messi in campo dalla Cina (in contanti) ed ai 1300 miliardi di credito messi in campo dalla banche cinesi...etc etc
Raffrontiamo tutti questi numeri fantascientifici con il 59 del Dubai World ed aggiungiamo il fatto che dietro alle quinte ci sta "paparino" ovvero il Fondo Sovrano di Abu Dhabi con 600 miliardi di dollari di assets ed il 9% del petrolio mondiale...(anche se per ora hanno deciso di non intervenire).
Il punto della questione non è dunque numerico ma più che altro è un ulteriore COLPO alla CONFIDENCE.
In questi 8 mesi hanno cercato di ripristinare la FIDUCIA nel sistema in ogni modo:
- mettendo a garanzia delle banche e dell'economia i debiti pubblici, a costo di sfondarli
- facendo un bombardamento mediatico ed istituzionale senza precedenti, molto spesso dissimulando o mentendo spudoratamente (ipnosi di massa)
- imboccando la scorciatoia della Bolla
- mettendo in atto una politica monetaria espansiva come non mai nella storia
- mettendo in atto politiche eccezionali di quantitative easing
- stampando denaro dal nulla
- generando un'arrischiata assets inflation senza precedenti che ha portato le borse e tutti gli asset del pianeta a salire contemporaneamente per 8 mesi di fila (scociatoia della bolla)
- mettendo in campo piani di stimolo faraonici
etc etc etc
Il messaggio è chiaro: questa Crisi è solo un raffreddore, dopo il popo' di aspirina che abbiamo somministrato, basta lasciare che si sfoghi e tutto tornerà come prima...
Ebbene la "bomba" da Dubai non sposta più di tanto il problema, perchè se hanno fatto tutto questo per "riprendere il boccino in mano"... non se lo lasceranno certo sfuggire adesso (a meno che non si inneschi un effetto domino ma lo reputo poco probabile)
PERO' PER UN ATTIMO IL VELO SI ALZA, la cortina fumogena si dirada e TUTTI POSSONO VEDERE OLTRE: non solo quelli già consapevoli ma anche i boccaloni che in questi 8 mesi si sono bevuti tutto o quasi...
Se anche le "Mille ed una notte" fanno crack, è un ulteriore SEGNALE che la Grande Crisi non è un semplice raffreddore, una breve parentesi negativa.
Forse forse....il problema è STRUTTURALE ed il SISTEMA andrebbe riformato in modo serio, radicale e duraturo.
Non basta insufflare una bella BOLLA e fare ipnosi di massa per risolvere tutto in quattro e quattr'otto...favorendo le solite lobbies.
I "Castelli nella Sabbia" di Dubai, la pista da sci nel deserto...sono SIMBOLI ESEMPLARI ED ESTREMI che ci indicano in modo inequivocabile: E' LA MENTALITA' CHE DEVE CAMBIARE!
Ma tanto, come sempre, NON SE NE FARA' NULLA.
E le soluzioni messe in campo sono solo ulteriori passi dettati proprio da QUELLA MENTALITA' che non è cambiata di una virgola...anzi si è rafforzata col Moral Hazard.
Dubai che rischia il Crack è una clava che colpisce pesantemente l'immaginario collettivo: potrebbe dunque far riflettere molte persone, anche per più di 5 minuti....
Ma ATTENZIONE: IL VELO si riabbasserà molto presto, il bombardamento istituzionale e mediatico riprenderà a martellare, l'ipnosi di massa riprenderà il sopravvento.
Godetevi questi attimi di vita consapevole al di fuori del Matrix, perchè tra poco verrete ri-connessi alla simulazione e dimenticherete tutto...
Ma in fondo non vi dispiacerà tornare nel Matrix: perchè nel mondo virtuale la vita è molto più bella e godibile che nel desolante mondo reale della consapevolezza.
Fino a quando il SISTEMA reggerà...Poi il risveglio.
Oppure...il Sistema potrebbe anche reggere per sempre (o quasi) e la simulazione del Matrix divergerà sempre di più dalla realtà.
Ma un bel giorno la MAGGIOR PARTE di noi potrebbe risvegliarsi "sudamericanizzata".
Tra non molto il "fattaccio" di Dubai World diventerà solo un incidente di percorso sopravvalutato dalla speculazione ribassista e da un certo punto di vista interno agli schemi è proprio così...
Ma se si prova a guardare al di là del proprio naso, la prospettiva cambia radicalmente.
P.S. Questo non è un Blog di trading come ben sapete.
Il trading definirà questo episodio "black-out" ribassista, "incidente di percorso" e vi dirà come approfittare dell'occasione per riprendere a calvalcare il rally della bolla (nel Web trovate centinaia di siti di tal fatta)
Io invece considero questo episodio l'esatto contrario ovvero "una fugace illuminazione".
E le due prospettive posso anche non essere in contraddizione.
aggiornamento delle ore 12
A dimostrazione che il "Giornalismo" se solo volesse (o potesse)....
Da "La Stampa" ecco un OTTIMO articolo che sintetizza perfettamente la situazione
Se nascono nuove bolle

http://lagrandecrisi2009.blogspot.com/

Ma n'Dubai? ( Se le banane non ce l'hai?)

Nov 0927

 

Pubblicato da Pietro Cambi alle 11:48 in Apocalypse now, Bugie, Finanza

john donneBuoni ultimi arriviamo anche noi a parlare dello sconquasso che è successo a Dubai.

Di che si tratta ve l'hanno già raccontato ampiamente i media ordinari.

Personalmente confesso che  questo genere di notizie mi ha quasi ( quasi!!) stufato. Nel senso che rientrano nel solco del tutto già scritto, detto, letto e sentito.

La finanza mondiale è marcia, dalle fondamenta, perchè si regge su principi folli (Senza contare la follia dei Principi, che proprio nel piccolo principato svetta al massimo grado, strictu sensu). Principi senza principii e finanza "allegra", consona ai ricchi ereditieri che, con scarso o nessun merito si siano trovati a "gestire" ( rectius: sperperare) l'enorme tesoro che si trova sotto i loro piedi.

Dal loro punto di vista, con l'immane afflusso di capitali legato alla vendita dell'"oro nero" (puah) è parsa una buona idea investire tempo, energia e capitali per educare le nuove generazioni alla gestione dei medesimi. Di per se, visto che un giorno il petrolio finirà e il desertico paesaggio non pare particolarmente promettente per una economia rurale, non è detto che fosse una cattiva idea.

Diventa invece una PESSIMA idea, nel momento in cui non si coglie il banal fatto che il VERO capitale di un paese come quello è l'energia rinnovabile gratuita, inesauribile, che si sono trovati in mano.

Il sole, il vento.

I ragazzi che hanno studiato a New York e si sono specializzati a Londra, come avrebbero potuto capirlo?

Hanno applicato BENE quanto appreso, tornando a casa e facendo un immane casino buco finanziario.

Il punto è questo, infatti: una BUONA e CORRETTA gestione finanziaria, nel mondo finanziario ATTUALE porta a quel genere di risultati.

L'alternativa è vedersi scappare i capitali sotto il naso, a rotta di collo.

Questo succede , manco a dirlo, perche' sono i capitali che muovono le teste e non viceversa.

Ancora una volta, per l'ennesima volta, il sonno della ragione libera i peggiori mostri nei lobi frontali di questa gente.

Cosa credete che succedera'? Una bella iniezione di fiducia, un grosso paghero' garantito dallo stato di turno ( Il Dubai, in questo caso) e tutto continuerà come prima. Si sposta un poco piu' in la l'amaro calice, i debiti aumentano in modo vertiginoso, ma ANCORA si riesce a farne e la palla viene passata di mano.

Quando ci si accorgerà che la tavola è rotonda, la palla in realtà è una bomba e la miccia continua a bruciare, sarà tardi. E' un gioco che ha una sola e certa, CERTA, fine: il collasso monetario, finanziario, bancario ed assicurativo mondiale.

I numeri, enormi, immani, ingestibili, sono li e crescono a ritmo vertiginoso.

Ne abbiamo parlato talmente tante volte qui su crisis che non voglio ripetermi nemmeno un poco.

Santi numi: Il Debito pubblico americano è raddoppiato in otto anni (2009 su 2001), il deficit federale viaggia intorno al 10-12% e dobbiamo ancora spiegare PERCHE' la situazione è insostenibile? L'inaudito pompaggio delle ultime riserve e risorse disponibili serve solo a rallentare, come avete visto, ma non ad invertire seriamente la tendenza. TROPPI, TROPPI nodi stanno venendo al pettine e, secondo una delle tante leggi di Murphy, lo stanno facendo nel peggiore ordine possibile.

Ogni volta che mi capita di vedere il rituale inizio delle contrattazioni a Wall Street, con un "fortunato" di turno che suona la campana, mi viene in mente il meraviglioso scritto di John Donne, che Hemingway citava all'inizio di un suo famoso romanzo:

No man is an island, entire of itself. Every man is a piece of the continent, a part of the main. If a clod be washed away by the sea, Europe is the less, as well as if a promontory were, as well as if a manor of thy friends or of thine own were. Any man's death diminishes me, because I am involved in mankind and therefore never send to know for whom the bell tolls it tolls for thee.

"Non chiederti per chi suona la campana: suona per te"

 

http://crisis.blogosfere.it/

Tagli e dettagli

di Eugenio Benetazzo

 

Quando nel 1994 Amy Whitfield scalava le classifiche musicali internazionali con il suo "Saturday Night" ed imperava la cultura del disco entertainment degli anni 90, allo stesso tempo il nostro paese raggiungeva il suo picco di massimo splendore per quanto concerneva il benessere economico alimentato da uno sviluppo e successo industriale che proprio in quell'epoca ostentava il suo massimo slancio evolutivo. Ricordo molte bene quel periodo, frequentavo da qualche anno l'università ed al tempo stesso mi dilettavo come dee jay negli house club: rammento ancora come tutti noi giovani "discotecari" sognavamo un giorno di poter possedere o gestire un locale da ballo (e sballo) tutto nostro, vedendo gli incassi e le migliaia di persone che vi gravitavano ad ogni serata.  Sono passati appena quindici anni e quel periodo ormai è un ricordo di un passato che non rivedremo mai più.
Dalla metà degli anni 90 per l'Italia è iniziato infatti un lento processo di declino industriale: sono stati fatti entrare a frotte milioni di extracomunitari con il solo scopo di consentire ai grandi gruppi industriali di poter abbassare i costi di manifattura (grazie a persone disperate disposte a lavorare con retribuzioni minori rispetto agli italiani), di lì a poco è stato introdotto il lavoro interinale come soluzione per "snellire" l'attività di impresa che in poco tempo ha fatto nascere una nuova fascia sociale, quella dei precari, infine si è dato inizio ad una lenta opera di deindustrializzazione aiutando gli industriali a smantellare le loro aziende per spostarle al di fuori dei confini italiani e decretando così la fine di centinaia di migliaia di posti di lavoro.  Quando sta accadendo in questi ultimi 18 mesi non può essere definito genericamente come semplice crisi, come ci vogliono far credere i media tradizionali con il loro gracchiante vociferare, quanto piuttosto come una vera e propria emergenza che sino ad oggi ha manifestato solo il primo dei sue tre aspetti, ovvero quello finanziario.
Adesso dovranno arrivare le altre due sfacettature, quella industriale e quella sociale, entrambe legate da questo scellerato ed osannato modello economico imposto dal WTO in cui tutti i paesi occidentali hanno dovuto lentamente e progressivamente regalare le loro produzioni ed i loro ordinativi industriali alle nuove aree emergenti di questo millennio, così facendo si sono create le condizioni sociali ed industriali per una impensabile sperequazione. L'Inghilterra regna sovrana su questo, il modello thatcheriano (privatizzazioni e dismissioni forzate dei gangli strategici della nazione) sta dimostrando come l'eccesso di liberismo economico produca l'esatto opposto di quello che aveva promesso. Gli USA che sono stati il primo paese a delocalizzare (con Messico ed India) hanno pagato il conto con la loro stessa solidità finanziaria. Per chi non lo avesse ancora compreso i mutui subprime sono detonati perchè lentamente sono stati bruciati milioni di posti di lavoro e persone che avevano contratto precedentemente debiti per vivere non sono più stati in grado di ripargarli (la FED poi ci ha marciato accellerando il processo di polverizzazione finanziaria). 
Ormai dovremmo parlare di una mutazione genetica per il nostro tessuto socioeconomico: il turbocapitalismo ci sta presentando i conti. E siamo appena agli inizi. Chi continua a profetizzare la fine di questa cosidetta "crisi" temo che non abbia veramente ancora compreso che cosa stia accadendo. L'Italia è un paese manifatturiero (per quello che rimane) ed esportatore, questo significa che per esserci veramente ripresa questa deve realizzarsi al di fuori dei nostri confini, consentendo alla nostra economia di seguire a traino. Tra meno di quindici anni saremo catapultati al quindicesimo posto su scala planetaria, non saremo più un paese industrialmenete rilevante, ma uno stato depresso in lento e silenzioso declino. Direi proprio silenzioso perchè di giovani a gridare ce ne saranno sempre meno: sempre tra quindici anni oltre il 40 per cento della popolazione avrà un'eta superiore ai sessant'anni. Da Bel Paese un tempo, presto saremmo denominati come il cimitero degli elefanti. La contrazione della capacità produttiva industriale che si è verificata in questi ultimi mesi ci ha proiettati ai livelli di produttività di oltre quindici anni fa (non penso che si riuscirà mai più a recuperare questi livelli).
Il futuro è piuttosto delineato, chi è vecchio vivrà con quei quattro soldi messi da parte e chi è giovane si troverà a doversi inventare la vita di tutti i giorni, lavorando a missione e a singhiozzo: già tra cinque anni almeno 1/5 se non 1/4 delle aziende italiane si estinguerà o si ritirerà dal mercato, lasciando un profondo vuoto a livello occupazionale. Non dimentichiamo inoltre come le pesanti situazioni di default finanziario che stanno vivendo le imprese italiane presto si riverserà proprio sui bilanci delle stesse banche che adesso (grazie alle strepitose opere di privatizzazione riguradanti appunto lo stesso sistema bancario italiano) continuano a dettare legge su chi vive e chi dovrà estinguersi. Chi pensa di replicare il modello inglese per assorbire gli esuberi occupazionali, puntando quindi tutto sul terziario (settore dei servizi) probabilmente si è laureato per corrispondenza in Economia Davanti e Commercio Dietro presso l'Università per Barbieri. A livello nazionale non vi è una forza politica che si faccia portavoce di esigenze di protezionismo nei confronti dei nostri gloriosi ed invidiati distretti industriali, l'unica risorsa che avevamo ovvero la distintività ed originalità della manifattura italiana è stata brutalmente sacrificata per permettere a paesi come la Cina di assorbire, copiare e far morire le nostre tipiche produzoni, diventando nel frattempo la grande fabbrica del pianeta. A mio modo di vedere l'unica salvezza potrebbe essere un incredibile e improvviso cambio di governance politica che faccia emergere un "tribuno del popolo" stile Lula in Brasile, che contrasti e metta fine a questo dictat economico che sta portando il paese al suicidio industriale, sociale ed economico. 
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Non esiste nessuna norma europea sulla privatizzazione dell'acqua

 

acqua

Nei giorni scorsi a proposito della legge sulla privatizzazione dell'acqua lo abbiamo sentito ripetere fino alla nausea acustica come un mantra stonato "dobbiamo adeguarci alle direttive europee".
Ma qualcuno ha mai letto o sentito di quale direttiva europea si trattasse? Nessuno, perché questa direttiva non esiste. Sembra incredibile eppure è così. Possibile che nessun giornalista o politico dell'opposizione si sia preso la briga di indagare su quella norma dell'Europa che ci costringeva a vendere le nostre acque a società private? Possibile. Abitudine, pigrizia, inettitudine o malcelato interesse davano per scontata una "verità" che in realtà era una colossale balla.
Il decreto-legge Ronchi approvato (con l’ennesimo voto di fiducia) anche dalla Camera dei deputati il 19 novembre 2009, all’articolo 15, ribadisce proprio questo concetto, e cioè che è necessario privatizzare il servizio idrico "per adeguarsi alle direttive europee".
La verità è che si è votato (in Parlamento) e si sta accettando (nel Paese) qualcosa che non esiste, perché le due direttive europee in questione (92/50/CEE e 93/38/CEE) si limitano a chiedere che vi sia concorrenza per i servizi pubblici nazionali e locali, ma escludono da logiche di mercato proprio il servizio idrico.
L’Unione europea non si è mai sognata di chiedere a nessun Paese membro di privatizzare l’acqua e i servizi idrici. Almeno non attraverso il proprio Parlamento e i propri atti ufficiali. Al contrario: la cosiddetta "direttiva Bolkestein" tiene fuori dalla libera circolazione dei servizi proprio il servizio idrico e affida ai singoli Stati membri il compito di stabilire quali siano i servizi "a interesse economico" e quali quelli "intrinsecamente non a scopo di lucro".
Per questi ultimi, ogni singolo Stato può sancire il divieto totale di apertura al mercato.
Fra un po' ci faranno credere, se non l'hanno già fatto e non ce ne siamo nemmeno accorti visto il grado di rincitrullimento generale, che gli asini volano. E noi tutti col naso in su a guardare.

Technorati Tags: privatizzazione acqua, europa, ronchi

 

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In origine fu la Caduta, che continua tuttora: non progresso, ma regresso dell’umanità

 

di Francesco Lamendola - 27/11/2009
Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]

Tutte le tradizioni iniziatiche sono concordi nel descrivere lo stato originario dell’umanità come infinitamente più prospero e felice di quello presente; tutte sono concordi nel parlare di un evento rovinoso, una Caduta, che, ad un certo punto, segnò una brusca rottura dell’equilibrio e fu all’origine della storia; tutte sono concordi circa il fatto che, da allora, l’umanità non sta progredendo affatto, ma, semmai, sta regredendo.
Le religioni recano un ricordo di questa sapienza antichissima nei miti delle origini. Nel cristianesimo, ad esempio, si parla di una umanità felice prima della disobbedienza a Dio, indi di una cacciata dal giardino dell’Eden e di un radicale mutamento, in negativo, della sorte dei nostri progenitori e di noi medesimi.
Ora, la religione della modernità, ovvero la Scienza razionalista, strumentale e calcolante, che - a giudizio dei suoi cantori - ci avrebbe assicurato il dominio assoluto sulla natura, predica esattamente il contrario. All’inizio vi era una creatura scimmiesca, selvaggia, incapace di pensare, di parlare, di operare in modo consapevole; poi, lentamente, essa sarebbe evoluta verso l’uomo come lo conosciamo oggi: lottando contro la natura e contro i propri simili, non riconoscendo nulla di superiore a sé, con lo sguardo rivolto verso sempre nuove mete, ognora più ambiziose e avveniristiche.
È chiaro che una delle due concezioni deve ritenersi completamente falsa, e giusta quell’altra: «tertium non datur». Chi si inganna, dunque: la Tradizione, antica di millenni, o la nuova religione scientista, vecchia di pochi secoli?
La differenza tra le due concezioni non riguarda soltanto i contenuti del sapere, ma anche le sue origini.
Per la Tradizione, il sapere originario non è di origine umana; la Tradizione stessa, in quanto tale, non è di origine umana. Gli uomini la conservano e la custodiscono, allo scopo di tramandarla di generazione in generazione: ma non rivolgendosi a tutti gli orecchi, bensì solamente a quelli capaci di accoglierla (non diciamo di comprenderla, perché l’uomo non può comprendere sino in fondo un sapere che gli è di tanto superiore). 
E si tratta di una trasmissione silenziosa, che non si serve della parola scritta o del libro stampato, perché la parola scritta si rivolge indifferentemente a qualsiasi lettore, mentre vi sono molti potenziali lettori i quali, non essendo preparati ad accogliere la Tradizione, è bene che ne rimangano all’oscuro: l’uso che farebbero di quel poco che riuscirebbero a capire, stravolgendone il senso, sarebbe sicuramente dannoso, per loro stessi e per altri.
Per la scienza moderna, materialista, quantitativa e meccanicista, il sapere è interamente frutto della ragione umana; nessuno lo ha donato all’uomo, egli se lo è conquistato con le proprie forze; e a tutti può essere trasmesso, perché non consiste che di formule da applicare in maniera impersonale, indipendentemente dall’uso che se ne fa e dalle intenzioni di chi le possiede.
Poiché viviamo immersi nel paradigma falsamente democratico basato sull’idea che tutti gli esseri umani sono uguali  quanto a capacità, attitudini e senso morale, la scienza moderna appare tanto più veritiera, quanto più solletica la nostra vanità e il nostro orgoglio. L’idea che chiunque, venendo in possesso di determinate formule fisiche, possa padroneggiare l’energia nucleare (per fare un esempio) ci piace, perché lusinga il nostro desiderio di potenza a buon mercato, secondo la vecchia formula cara a tutti gli studenti pigri e furbastri: «massimo risultato con il minimo sforzo»; mentre, in effetti, dovrebbe atterrirci, perché le sue implicazioni sono devastanti.
Viceversa, il fatto che la Tradizione si sforzi di velare il proprio sapere, partendo dall’assunto che se un essere umano lo desidera con animo sincero e con pure intenzioni, finirà per trovare il Maestro che lo giudichi all’altezza di riceverla, suscita una istintiva diffidenza e una malcelata insofferenza da parte di molti, perché tutto ciò sa di «aristocratico». (Per inciso, è ben questa la ragione per cui, erroneamente, in certi ambienti politicizzati si parla della Tradizione come di un sapere «di destra», scomodando persino Platone, mentre la cultura democratica è considerata «di sinistra» o, comunque, progressista: mentre termini come «destra» e «sinistra» sono semplicemente assurdi, se riferiti al sapere iniziatico).
Stando così le cose, si potrebbe dedurne che optare per la Tradizione oppure per il moderno sapere scientifico sia, tutto sommato, una questione di gusti personali, e che si possa scegliere l’una o l’altro con la stessa disinvoltura con cui, al supermercato, ci si decide per l’acquisto di una determinata marca di dentifricio o di pantofole, oppure per un’altra.
Ma è proprio vero? Non sarebbe, invece, il caso di domandarsi se non esistano degli indizi che possano suffragare la pretesa della Tradizione di porsi come il sapere originario dell’uomo, proveniente da livelli a lui superiori; e se, in particolare, non esistano elementi a sostegno della tesi centrale di ogni sapere iniziatico: che lo stadio attuale dell’umanità corrisponde non a un progresso, ma a un regresso sempre più marcato e carico di conseguenze distruttive?
Vediamo.
Vi è un ampio settore del conoscere che la scienza moderna, quantitativa e materialista, guarda con sommo disdegno, o che pretende di esaminare a partire dal proprio pregiudizio razionalista: quello dei fenomeni supernaturali.
Ancora oggi, lo studioso accademico che vi si dedichi apertamente (anche se molti, al soldo di potenti istituzioni statali e militari, lo fanno a tempo pieno, ma in segreto) rischia di attirare su di sé il discredito dei colleghi e del pubblico, nonché di vedersi stroncata la carriera. Obbligatorio, poi, parlare di tali fenomeni, alla stampa o in televisione, con l’atteggiamento distratto e di boriosa sufficienza, proprio di chi non si lascia abbindolare da alcun genere di trucco e dalle vecchie superstizioni, retaggio di un’epoca arretrata, in cui gli esseri umani credevano ancora all’esistenza di forze invisibili.
Notiamo, tra parentesi, che questo atteggiamento, oltre ad essere intrinsecamente antiscientifico (nel senso di una scienza bene intesa), perché rifiuta di misurarsi con i fatti, è anche totalmente incongruo, perché la stessa scienza contemporanea, specialmente la fisica delle particelle sub-atomiche, ha oltrepassato da un pezzo le rozze premesse materialistiche del passato, ed è più che disposta a prendere in considerazione, sia pure come ipotesi di lavoro, l’esistenza di forze non solo invisibili, ma anche immateriali, capaci di agire sulla materia stessa:
Telepatia, chiaroveggenza, precognizione, retrocognizione, psicocinesi, apporto ed asporto, solo per citare alcuni fenomeni supernormali, in effetti costituiscono, per il ricercatore libero da pregiudizi materialisti e da grossolane forme di presunzione, altrettante finestre che permettono di gettare uno sguardo su una realtà «altra», ove le pretese leggi della scienza galileiana e newtoniana sono sospese e annullate e che, pertanto, esige di essere interpretata alla luce di un nuovo modo di pensare e di una nuova e più ampia concezione della realtà.
La scienza materialista ci dice che, per vedere, occorre la facoltà della vista, la quale si serve degli occhi: niente occhi, niente, vista, niente percezione di oggetti. Ma ecco qui una ragazza che, distesa su un letto con lo stomaco scoperto, e con un libro posato su di esso, legge le parole, le frasi e le pagine, come se le avesse davanti agli occhi.
Ancora.
La scienza materialista ci dice che un essere umano non può sopravvivere più di qualche giorno senza bere e più di qualche settimana, al massimo, senza assumere cibo solido. Ma ecco qui una donna che, a partire dalla sua giovinezza, non ha più mangiato né bevuto niente di niente, se si esclude la particola della comunione; eppure è vissuta molti anni, durante i quali, pur paralizzata e costretta a stare in ambienti non illuminati, era in grado di ascoltare, consolare e consigliare migliaia e migliaia di visitatori.
Non basta.
La scienza materialista ci assicura che lo spirito non può agire direttamente sulla materia, ma solo indirettamente. Eppure, ecco uno stregone che lancia un incantesimo di morte contro una persona ignara di ciò (e, quindi, non suscettibile di autosuggestione); ed ecco che la vittima designata si ammala e muore rapidamente, senza che nulla, nello stato di salute del suo organismo, sembri giustificare un fatto del genere.
Dobbiamo continuare?
Quelli che abbiamo citato sono fatti, fatti attestati da testimoni degni di fede; fatti, talvolta, osservati da molte persone, medici compresi; fatti che, in certi casi, sono stati perfino riprodotti e osservati in laboratorio, vale a dire in condizioni rigorosamente controllate dagli scienziati.
Ebbene, ci sembra che fatti del genere - di cui esiste, per chi la voglia vedere, una ricchissima e inoppugnabile documentazione -, possano, se non altro, suggerire una ipotesi: che la mente sia capace di agire indipendentemente dal corpo; che il cervello ne sia la sede temporanea, ma che non sia tutt’uno con essa; che la mente individuale sia in comunicazione con tutte le altre menti, passate, presenti e future; che, in un tempo passato, tutti gli esseri umani fossero in grado di accedere ai suoi straordinari poteri; che gli uomini abbiano incominciato a perdere tale facoltà proprio a partire dall’epoca in cui essi restrinsero la mente a quella piccola porzione di essa che corrisponde al Logos strumentale e calcolante, alla Ragione dei moderni.
Questa, ci sembra, dovrebbe costituire per lo meno una seria ipotesi di lavoro per lo studioso in buona fede, non ottenebrato da pregiudizi e disposto a misurarsi, da vero scienziato, con l’ombra del mistero, e non soltanto con una sua caricatura di comodo.
Tale punto di vista è stato ben sintetizzato da un eminente studioso dell'occulto, Leo Talamonti, in un suo libro di quasi trentacinque anni fa, e dal quale riportiamo il seguente passaggio («La mente senza frontiere», Milano, Sugarco, 1975, pp. 131-32):

«Si è già detto che a proposito di telepatia e fenomeni affini vi è chi parla di "regressione atavica", presupponendo implicitamente che la razza umana sia progredita , e che nel progredire abbia lasciato cadere funzioni e capacità che più non le occorrevano. Un primo aspetto errato di tale concetto è stato già da noi indicato quando abbiamo sostenuto che la telepatia non è un fenomeno a sé stante; essa fa parte di un complesso di facoltà e doti che sono e saranno sempre utili alla razza umana perché si evolveranno con essa specializzandosi a seconda delle sue future occorrenze; è vero dunque esattamente il contrario di quanto si afferma da parte di certi studiosi tuttora legati a un pensiero ottocentesco di stampo grossolanamente darwiniano.
Ora non resta che completare il quadro e specificare per quali ragioni il presunto progresso della raza sia stato in realtà un regresso.  A nostro avviso, le facoltà telepatiche e affini che tuttora si manifestano in seno all'umanità non sono che il residuo DI PROFONDE CORRENTI  DI FORZA PSICHICA COESIVA che in una situazione primordiale, ben più felice di quella attuale, bastava a mantenere armonici legami fra gli uomini, fra questi  e le forze cosmiche. Forse la telepatia - che abbiamo visto manifestarsi sporadicamente nel suo ruolo di GRAVITAZIONE PSICHICA INTER-INDIVIDUALE - era allora una forza operante ed universale che cementava gli uomini fra loro. Si provi a immaginare il ruolo della messa in comune di sentimenti e pensieri in una collettività, come rarissimamente avviene anche oggi, ma in forma assai tenue: nessuno può far soffrire deliberatamente un altro, se avverte le sofferenze di quello come proprie; nessuno è poco intelligente, quando ha a propria disposizione le risorse intellettive dell'intero gruppo. È il segreto di una società perfettamente integrata.  Per l'uomo di oggi è una utopia assurda; per quello di una volta, forse, fu qualcosa di più di una bella fantasia.
Tutte le grandi tradizioni parlano di una MISTERIOSA CADUTA: di un'età del ferro che succedete a quella mitica dell'oro; di un peccato d'origine che valse a scatenare gli appetiti e gli sfoghi di un EGO separatista, aggressivo, sopraffattore.
Allora i finalismi tipici del ristretto campo di coscienza che fa capo all'individuo come tale prevalsero su quelli ben più fondamentali, e ad ampio respiro, della specie, i quali prima si esprimevano nelle tendenze unificanti della psiche profonda; di qui la crescente disarmonia; di qui il conflitto sempre più aspro fra uomo e uomo, fra l'uomo e l'ambiente che lo ospita. Trionfo della "ragione" - di una ragione ristretta e priva di luce interiore - e contemporanea perdita dell'anima. Da allora l'uomo fu condannato a essere solo, sempre più solo, con qualche rimedio parziale e non sempre operante a sua disposizione. Ma in profondità i legami sussistono, ed infatti qualche volta, in soggetti rari, emergono a piena luce, come dimostrano i molti episodi che siamo andati esaminando; nella maggior parte dei casi essi sono invece soffocati dalla voce imperiosa dell'EGO. Permane ancora la nostalgia di un'integrazione che affranchi dal peso della solitudine, ma quando la spinta integrativa erompe, travolgendo le innaturali barriere dell'io, non di rado si manifesta nel senso sbagliato: come avviene nelle fole scatenate, quando molti psichismi individualki si associano di colpo sotto l'ondata di una emozione comune,  formando una entità collettiva che risucchia le single anime per fonderle in una sola, che impone all'intero gruppo la propria volontà…»

La teoria esposta da Talamonti, semplice ed elegante al tempo stesso, è in grado di rendere ragione di una quantità di fenomeni supernormali altrimenti inesplicabili: ad esempio, come due persone legate da forti vincoli d'affetto possano comunicare a distanza, senza servirsi di alcun mezzo materiale, e perfino di far sapere all'altra la morte di una di esse.
Non si dice, del resto, che gli aborigeni australiani - che sono considerati, non a caso, il popolo più antico del mondo, essendo stanziato in quel continente da almeno 40.000 anni - fossero in grado di comunicare fra loro telepaticamente, a distanze notevolissime, per esempio convergendo ai raduni tribali dai luoghi più remoti, oppure recandosi ai funerali di un parente deceduto durante l'assenza di alcuni elementi del gruppo?
Inoltre, questa teoria è in grado di riportare la mente individuale in un rapporto funzionale e armonioso con tutte le altre menti, e non solo quelle umane (si pensi al particolarissimo rapporto che doveva stabilirsi fra la psiche di un antico cacciatore e quella della sua preda), inserendo il concetto junghiano dell'inconscio collettivo in una prospettiva molto più ampia e profonda, sia dal punto di vista strettamente antropologico, sia da un punto di vista filosofico generale.
La Caduta, pertanto, ha segnato un cammino inverso rispetto al trionfo del Logos strumentale e calcolante: quello della perdita della parte più profonda dell'uomo e, al tempo stesso, della perdita dei vincoli ancestrali che legavano tutti gli uomini fra loro e con l'ambiente in cui vivevano, animali e piante compresi.
L'inconscio individuale, su cui Freud ha basato tutta la sua pessimistica concezione dell'uomo, altro non è che la marcescenza dell'ego, dopo che il prevaricare della Ragione ne ha schiantato i profondi legami con le altre menti e con tutti gli altri viventi. Ma l'ego, a sua volta, non è che la parte tirannica e aggressiva dell'io: divenuta tanto più tirannica e tanto più aggressiva, quanto più si sono allentati e dissolti i legami psichici profondi dell'uomo con i propri simili e dell'uomo con il resto del creato.
Una reintegrazione dell'uomo nella sua piena umanità, pertanto, non potrà aver luogo che quando egli si renderà conto di aver sacrificato, in nome di forze tiranniche che non lo fanno vivere in armonia con se stesso e con il mondo, la parte migliore di se stesso: la più profonda, la più antica e la più vera.

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Crolla Dubai: la crisi arriva in paradiso. E' in arrivo la grande crisi. Quella vera

 

di Attilio Folliero - 27/11/2009
Fonte: www.folliero.it

Chi pensa che la grande crisi sia già arrivata e magari da credito alle voci di coloro che gridano che ormai il peggio è passato, si sbaglia di grosso!

Oggi in USA è il giorno del ringraziamento ed è festa; tutte le banche, le borse e gli uffici finanziari sono chiusi. Domani, venerdì, molti faranno ponte in vista del sabato e della domenica. Quattro giorni di quasi totale chiusura delle attività finanziarie. Se non ci fosse stata questa festività, oggi avremmo assistito ad un grande tracollo di Wall Street o per meglio dire Wall Street si sta salvando dal tracollo solo perché è chiusa per festività! La storia si ripete. Corsi e ricorsi che ritornano. Lo schema della crisi odierna continua ad essere quello della crisi del 1929-1933.

In queste ore è arrivata la notizia bomba della crisi della Dubai World (famosa per la sua controllata Nakheel, quella che ha costruito in pieno golfo l'Isola delle Palme), la finanziaria di uno degli stati più ricchi del mondo, gli Emirati Arabi Uniti. La Dubai World ha chiesto ai suoi creditori una moratoria di sei mesi, ossia ha chiesto di sospendere i pagamenti dei debiti per sei mesi, perché ovviamente non è in grado di pagare. I creditori in parole povere non hanno molte alternative: accettare o dire addio a una parte consistente dei soldi prestati, che ammontano a circa 59 miliardi di dollari, che non sono degli spiccioli.

La crisi arriva in Paradiso!

Questa finanziaria degli Emirati Arabi Uniti è proprietaria di una parte delle azioni della London Stock Exchange LTD, la Borsa di Londra e di conseguenza anche della Borsa Italiana fusasi con quella di Londra. Non solo: i principali creditori di questa finanziaria (Royal Bank of Scotland, Barclays, Hsbc, Lloyds e Credit Suisse), quelli che rischiano di perdere i 59 miliardi di dollari prestati a questa finanziaria, sono quotati appunto alla borsa di Londra. Oggi, con la chiusura di Wall Street, la Borsa di Londra è stata il punto di riferimento mondiale, ossia scende la borsa di Londra, scendono tutte le altre.

Le banche creditrici sono ovviamente tutte fortemente scese; fortunatamente il panico è stato arginato grazie ad un provvidenziale guasto tecnico che ha messo fuori uso la borsa di Londra per varie ore. Solo questa festività forzata di alcune ore alla borsa di Londra è riuscita a limitare il crollo.

Guasti tecnici provvidenziali e festività sono eventi che appaiono magicamente a salvare dai crolli; peccato che hanno effetti momentanei. Il crollo sarà inevitabile.

Ricordiamo ancora che tra le principali banche creditrici di questa finanziaria araba ci sono HBOS e Royal Bank of Scotland, che all’indomani del crollo della Lehman Brothers furono segretamente salvate da un provvidenziale intervento della Banca d'Inghilterra che concedette loro prestiti segreti per 62 miliardi di sterline, un centinaio di miliardi di dollari! Il tutto per evitare il panico ed il crollo generale del sistema. La notizia è stata rivelata proprio oggi da Swissinfo (1)

Parlavamo dei corsi e ricorsi storici e della crisi del 1929. Nel 1933 il nuovo presidente USA, Franklin Delano Roosevelt (in carica dal 4 marzo 1933 al 12 aprile 1945), subito dopo aver assunto l’incarico, nel bel mezzo della grande depressione, inventò una festività bancaria di 4 giorni, ossia le banche furono chiuse per 4 giorni ed i clienti non potettero prelevare i risparmi. Alla fine della provvidenziale lunga festività, quando le banche riaprirono, oltre 2000 continuarono a fare festa, ossia non aprirono mai più; erano fallite ed il provvidenziale intervento di Roosevelt è riuscito ad impedire che i clienti ritirassero i loro risparmi (2). Oggi siamo nella stessa situazione: banche e borse chiuse negli USA ed annuncio di questo immenso crack proprio durante questa lunga provvidenziale chiusura.

Se l’annuncio del default di Dubai fosse intervenuto con Wall Street aperta, qui si sarebbe diffuso il panico, che si sarebbe subito propagato a tutto il mondo, perche Wall Street è la borsa di riferimento mondiale: crolla lei, crollano tutte le altre borse.

Pensare che l’annuncio del default della Dubai World nel giorno della chiusura di Wall Street sia solo semplice coincidenza è cosa che ovviamente possono credere solo chi crede ai Babbo Natale e a coloro che gridano alla fine della crisi.

La crisi non è passata, anzi la vera crisi sta per arrivare e arriverà perche al contrario di quanto hanno voluto farci credere, il vero motivo della crisi è nella caduta del saggio di profitto delle imprese ed analizzando i dati della economia USA del terzo trimestre (quello in cui c’è stato un lieve rialzo del PIL che ha fatto gridare alla fine della crisi) il saggio di profitto delle imprese continua a cadere.

Note

(1) Inirizzo: http://www.swissinfo.ch/ita/rubriche/notizie_d_agenzia/mondo_brevi/Banca_Inghilterra_erog_in_segreto_62_mld_sterline_a_RBS_e_HBOS.html?siteSect=143&sid=11533067&cKey=1259076672000&ty=ti&positionT=46

(2) Per approfondimenti sul tema dei provvedimenti di Rooslvelt consiglio il Blog “Informazione scorretta” a questo indirizzo: http://informazionescorretta.blogspot.com/2009/11/default-di-dubai-pagamenti-in-ritardo.html

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Il crac di Dubai

 

di Marco Cedolin - 27/11/2009
Fonte: Il Corrosivo di Marco Cedolin [scheda fonte]

Fino ad oggi da molti è stato considerato un “paradiso artificiale”, quasi un luogo di fantasia collocato a metà fra le “città del futuro” tanto care alla letteratura fantascientifica degli anni 70 ed i fumetti di Walt Disney che ci accompagnavano da bambini. Sicuramente la storia recente di Dubai lo ha reso il paradiso delle grandi opere, dell’edilizia avveniristica e dei mega investimenti immobiliari, tanto da farlo somigliare ad un immenso cantiere a cielo aperto, dove oltre ai grattacieli ed ai centri commerciali si costruiscono anche arcipelaghi di isole artificiali, piste da sci nel bel mezzo del deserto, città costiere adagiate sopra a piattaforme galleggianti. Una sorta di grande “capriccio” dove la favola s’intreccia con la perdita del senso del limite, ma non tutte le favole hanno un lieto fine.
E’ di ieri la notizia in virtù della quale “Dubai World”, la holding statale che ha coniato lo slogan “su Dubai il sole non tramonta mai” e controlla tutti i maggiori investimenti immobiliari del paese, oltre al mercato della logistica, della finanza e dell’energia, sembrerebbe essere sull’orlo del crac finanziario a causa di un debito di 59 miliardi di dollari, pari al 70% dell’intero debito statale. In grandissima difficoltà finanziaria a causa della crisi del mercato immobiliare, con i prezzi delle case precipitati del 47% nell’ultimo anno, Dubai World si è dichiarata intenzionata a chiedere a tutti i creditori una moratoria sul debito almeno fino al 30 di maggio e sta tentando di rinegoziare le proprie posizioni. Per tentare di porre rimedio alla drammatica situazione il governo dello sceicco Moahmmed bin Rashid Al Maktoum sta valutando la possibilità di avviare un vasto programma di emissioni obbligazionarie per una cifra di circa 20 miliardi di dollari che potrebbe prendere l’avvio già all’inizio del prossimo anno.
La difficile situazione in cui versa la holding dell’Emirato arabo, famosa per avere realizzato fra le altre cose le isole artificiali a forma di palma, con relative ville da sogno vendute a peso d’oro a facoltosi clienti vip di ogni parte del mondo, ha creato grande allarme all’interno del sistema bancario europeo che complessivamente risulta essere esposto nei confronti di Dubai World per una cifra di circa 40 miliardi di dollari. Tutte le borse europee hanno già ieri registrato indici pesantemente negativi, nell’ordine Londra -2,83%, Parigi -3,25%, Francoforte -2,91%, Madrid -2,47%, Milano -3,42%, Amsterdam -3,60%, Stoccolma -3,02%, Zurigo -2,42%. Mentre si attende la reazione di Wall Street che oggi era chiusa per il giorno del ringraziamento.

L’intreccio fra un’economia malata, una finanza in stato degenerativo e il gigantismo infrastrutturale fine a sé stesso, anziché una fiaba sta rischiando insomma di partorire un vero e proprio romanzo dell’orrore da aggiungere nella libreria del crollo di questo sistema economico ormai in stadio terminale.

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PETROLIO E DUBAI

  • Questi del Dubai
  • 08:23 27/11/09
  • Questi del Dubai martedì erano sui giornali e in TV a spiegare che non c'era problema e che l'Abu Dhabi che ha il petrolio garantiva per loro
    Mercoledì sera annunciano che non pagano e il loro mercato chiude fino a lunedì per cui gli investitori nei loro bonds sono nel panico fino a lunedì e devono compensare la posizione su altri mercati
    Lo shock è stato per il mercato che abbiano o mentito in modo sfacciato o che non sappiano più neanche loro cosa fare, cioè il voltafaccia totale in 24 ore che ha creato di colpo la sindrome del "...vatti a fidare di questi mercati emergenti...."

    ... I cantieri sono fermi, i prezzi delle case sono crollati del 50%. E il Dubai - candidato fino a pochi mesi fa a diventare la Wall Street (o la Disneyland, suggerisce qualcuno) del Medio Oriente - non ha più i soldi per onorare i suoi debiti. A tremare sono in tanti. In prima fila, ovviamente, le banche che hanno finanziato gli 80 miliardi di esposizione dell'emirato. E le aziende, migliaia tra cui molte italiane, che hanno investito sui suoi piani di sviluppo. Il pericolo vero, però, è che lo tsunami-Dubai tracimi verso gli altri paesi del Golfo, facendo scricchiolare le casse di quei fondi sovrani che negli ultimi due anni hanno recitato un ruolo da protagonisti nel salvataggio dell'economia mondiale. Puntellando a suon di petrodollari il capitale di banche e imprese sull'orlo del crac.
    Gli analisti, per ora, gettano acqua sul fuoco. Gli Emirati sono realtà differenti tra loro, assicurano. Dubai è una mosca bianca, la sua crisi affonda le radici in un'economia "di carta", povera di greggio (rappresenta solo il 6% del pil) e travolta dal crac di un settore, il mattone, arrivato a rappresentare il 30% della ricchezza nazionale. I vicini, aggiungono, sono messi meglio. Abu Dhabi - nel cui sottosuolo c'è il 9% delle riserve petrolifere globali - è una macchina da soldi. Mentre Qatar e Kuwait non hanno conosciuto gli eccessi finanziari della dinastia degli Al Makhtoum.
    Le borse però hanno drizzato le antenne. Le cifre in gioco, in effetti, sono altissime (i fondi sovrani del Golfo gestiscono un patrimonio superiore ai mille miliardi di dollari) e molte blue chip su entrambe le sponde dell'Atlantico sono ancora in vita grazie solo ai capitali degli emiri.
    La cassaforte pubblica del Dubai ha in portafoglio il 20% della Borsa di Londra (che controlla anche Borsa Italiana spa), quote di Standard Chartered, Daimler, Eads - la casa madre di Airbus - e persino il 20% del Cirque du Soleil. In Italia gli Al Makhtoum hanno trattato a lungo per rilevare le aree di Zunino a Sesto San Giovanni e Santa Giulia. Il ricchissimo Abu Dhabi investment fund - con la sua potenza di fuoco da 700 miliardi di dollari - ha il 2% di Mediaset ed è stato il protagonista del salvataggio a stelle e strisce di Citigroup. I sovrani del Qatar hanno appena speso 7 miliardi per tenere a galla la Porsche dopo la disavventura della speculazione su Volkswagen e nella loro collezione di trofei finanziari hanno pure partecipazioni significative in Barclays, nella Borsa di Londra e nei grandi magazzini Sainsbury. Il Kuwait investment office ha contribuito a strappare dal crac la Merrill Lynch ed è socio di Bp e Daimler.
    Il timore dei mercati - al di là delle conseguenze per le banche esposte con Dubai (Credit Suisse stima in 40 miliardi il rischio di quelle europee) - è che Dubai World sia in realtà solo il primo tassello di un domino di default immobiliari nel Golfo. Standard&Poor's stima che i progetti messi in stand by - opere stravaganti come le piste da sci nel deserto, isole artificiali a forma di planisfero e grattacieli modellati sulle figure degli scacchi o alti un chilometro - siano pari a quasi 500 miliardi di dollari. Una montagna di soldi che rischia di costringere gli emiri - reduci dal salvataggio del capitalismo occidentale - a liquidare le loro posizioni azionarie. Per sa

http://www.cobraf.com/blog/default.php?idr=203141#203141

FINANZA/ La nuova crisi è arrivata e parla arabo: ecco le prove

 

Mauro Bottarelli

venerdì 27 novembre 2009

Signore e signori, la terza fase di crisi è servita. E per viverne e patirne tutti gli effetti non ci toccherà nemmeno attendere l’esplosione della prima bolla di liquidità all’inizio del prossimo anno: sta per innescarsi un domino di dimensioni spaventose come certificato, per una volta in maniera realistica, dal crollo borsistico di ieri in tutto il mondo - Usa esclusi poiché il Thanksgiving Day ha comportato anche la chiusura di Wall Street.

Anche i ricchi e i super-ricchi a volte piangono e rischiano di far piangere anche noi che tali non siamo. Regnava infatti il terrore ieri tra i mercati per i problemi debitori di Dubai World, la società di investimenti controllata dal governo di Abu Dhabi e con passività per 59 miliardi di dollari, che ha chiesto ai suoi creditori di congelare il pagamento dei suoi debiti, in vista di un drastico processo di ristrutturazione.

Ieri mattina, i crediti default swaps a cinque anni dell'Emirato del Golfo Persico, che esprimono il costo per assicurare il debito sovrano, sono balzati secondo i dati ufficiali di Cma Datavision a 469,5 punti base (la differenza rispetto a una settimana fa è di 300 punti base). Ma secondo altri trader, in realtà sarebbero a 550 punti base: vale a dire, servirebbero circa 500 mila dollari l'anno per assicurare 10 milioni del debito nazionale.

La cifra reale la sa solo chi sta speculandoci sopra in maniera folle ma, dai piani alti, trapela che non mancherebbe molto a una situazione di default tecnico di stile islandese: comunque, siamo sopra i 650 punti base. Il problema è semplice: la crescita esponenziale e rapidissima di Dubai è stata dovuta, oltre a indubbia capacità, a miliardi e miliardi di dollari ed euro prestati dalle banche.

Le quali, da ieri, vivono nel terrore di non poter rivedere quel denaro partito sotto forma di prestito e che potrebbe incagliarsi negli scogli del default: insomma, oltre alle svalutazioni di assets e titoli tossici ancora in pancia, anche una bella crisi di capitale. Quello che ci voleva.

Sono almeno nove le banche europee che ha fatto da capofila al prestito monstre da 5,5 miliardi verso Dubai World emesso nel giugno dello scorso anno ma, fanno notare nella City, chi agisce come bookrunners mantiene in pancia solo il 10-15% del prestito o dei bonds, il resto potrebbe già essere allegramente sparso sul mercato secondario e diffuso come uno spezzatino.

Hsbc, Lloyds e Royal Bank of Scotland hanno rifiutato di commentare, Ing si è detta non preoccupata vista l’esposizione limitata mentre sotto pressione sono Deutsche Bank, Standard Chartered, Barclays, Bnp Paribas, Credit Suisse e Societe Generale: ovvero, il gotha del sistema bancario europeo.

Ma il problema non è solo di tenuta bancaria, che già sarebbe sufficiente a fare tremare le vene ai polsi. Abu Dhabi e altri emirati dell’area, infatti, sono presenti attraverso loro controllate in molte aziende europee: non a caso ieri Porsche perdeva il 10% in Borsa visto che proprio del 10% è la partecipazione al capitale della Qatari Investment Authority. Così come Daimler, controllata quasi al 10% dall’Abu Dhabi Aabar Investment, perdeva il 7%.

Insomma, lo tsunami potrebbe essere di quelli seri, anche per le aziende esposte in quei paesi attraverso quote di controllo e soprattutto se innescato in un quadro di instabilità generale per il sistema bancario. Se infatti mercoledì la Bundesbank ha finalmente ammesso di temere ingenti svalutazioni bancarie per il prossimo trimestre, ieri a gridare che il re era nudo ci ha pensato il re stesso, ovvero il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, secondo cui «metà delle perdite del sistema bancario globale potrebbe ancora essere nascosta nei bilanci, più in Europa che in America».

È la bomba ad orologeria bancario di cui vi parlo da mesi ormai: ora, purtroppo, c’è il certificato di autenticità della notizia timbrato Fmi. Troppo tempo è stato speso senza fare seri stress tests al sistema, troppi soldi gettati prima in salvataggi poi in speculazioni sul rally della liquidità: non si è pensato a una soluzione di bad bank, magari coordinata dalla Bce, che garantisse un mark-to-market calmierato e aiutasse il sistema a depurarsi dalle scorie.

Ora è tardi, perché non solo il malato è ancor più debilitato, ma questa nuova crisi potrebbe essere letale per qualcuno. Il bello è che le parole di Strauss-Kahn erano scritte nero su bianco in una bella intervista su Le Figaro, eppure nessuno sembra averle prese con la debite attenzione e preoccupazione: qualche miliardo di dollari di assets tossici sta per esplodere fuori dai bilanci ma qui, fino a ieri, si giocava a fare i broker d’assalto grazie ai soldi dei governi.

I regolatori, questa volta sì, dovrebbero andare a casa: uno dopo l’altro, senza distinzioni. In compenso l'oro continua ad abbattere un record dietro l'altro e supera anche la soglia di 1.195 dollari l'oncia, all'indomani di un nuovo massiccio acquisto da parte di una banca centrale asiatica di riserve proprio del Fondo Monetario Internazionale.

L'Fmi, che ha già venduto una parte della sue riserve d'oro all'India e alle Mauritius nel quadro di un programma che mira a ridurle a poco più di 400 tonnellate, ha infatti annunciato di aver venduto 10 tonnellate allo Sri Lanka per 375 milioni di dollari: ma il problema non sono le vendite istituzionali, legate alla natura intrinseca dell’oro come bene rifugio soprattutto da rischi inflattivi e turbolenze dei mercati, bensì la speculazione a breve che si sta compiendo esattamente come gli squeezes che si fanno sui futures petroliferi.

I miei lettori, che ringrazio sempre per l’attenzione con cui seguono quanto scrivo, mi hanno spesso imputato un eccessivo pessimismo: può certamente essere vero ma quando, mesi fa, cominciavo a parlare di nuova bomba bancaria all’orizzonte e di atteggiamenti suicidi di governi e mercati mi limitavo a guardare la realtà, a leggere tra le righe e fare due conti.

Forse realismo fa rima con pessimismo, non so. Ma certo solo con il realismo si esce dalle crisi. E finora non lo si è fatto. L’anno che verrà, forse, sarà tardi per farlo in modo che non ci siamo vittime: qualcuno, a questo giro, non ce la farà.

P.S. Proprio ieri, casualmente, la Borsa di Londra - e quindi quella di Milano - hanno avuto operatività ridotta causa problemi tecnici: che strana coincidenza, non vi pare? Rifletteteci su nel fine settimana.

 

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2009/11/27/FINANZA-La-nuova-crisi-e-arrivata-e-parla-arabo-ecco-le-prove/51963/

Scoppia la bolla di Dubai. Anche noi a rischio?

Economiadi Pietro Salvato

 

pubblicato il 27 novembre 2009 alle 08:35 dallo stesso autore - torna alla home

Un nuovo grave default della finanza sarebbe alle porte. Questa volta “la bolla del mattone” potrebbe esplodere a Dubai, ma l’onda d’urto rischia di travolgere banche ed investitori di mezzo mondo. Tra cui moltissimi vip

Dubai World potrebbe assurgere alla cronaca finanziaria (e non) come la nuova Lehman Brothers, ovvero il nuovo epicentro di un’imminente grave crisi finanziaria che potrebbe abbattersi sui mercati mondiali. La potente holding pubblica degli Emirati Arabi Uniti (EAU), che controlla anche i colossi delle costruzioni e dell’energia, presenta una fortissima passività che ammonta a ben 59 miliardi di dollari, pari a circa il 70% dell’intero debito pubblico del ricchissimo stato mediorientale. Dubai World ha perciò chiesto ai suoi creditori una moratoria di almeno sei mesi sul debito, nonché la possibilità di rinegoziare le sue esposizioni a cominciare da un bond (un’obbligazione, in sostanza) da 3,52 miliardi di dollari di una società controllata, la Nakheel, che scade a metà dicembre. Secondo gli esperti di finanza una simile riorganizzazione, di fatto, prefigura un “default”, poiché il rischio di insolvenza appare piuttosto concreto. Il governo di Dubai potrebbe vedersi costretto a vendere, o meglio a svendere, la sua immobiliare internazionale per far fronte alla grave situazione. Dubai World, o meglio le sue proprietà, fanno gola a molti potenziali acquirenti sparsi per il mondo.

VENDERE SUBITO! – James Lewis, membro del “Gulf capital markets team” ha dichiarato, esplicitamente: “Noi ci aspettiamo che il governo di Dubai, al fine di raccogliere capitali, promuova a breve la vendita di immobili e, in particolare, le vendite delle loro attività italiane e britanniche”. Tra gli immobili nel “portafoglio” del gruppo, rivestono particolare valore i grandiosi edifici nei pressi di Trafalgar Square di Londra, l’hotel Mandarin Oriental a New York e il complesso Victoria & Albert Waterfront a Città del Capo, in Sud Africa. Acquisti costosissimi che hanno finito per esporre sensibilmente la società araba. Il cambio del dollaro favorevole, sui tassi di cambio della sterlina, tuttavia, potrebbe anche incoraggiare il governo di Dubai alla disperata ricerca di liquidità, a cedere entro breve tempo almeno le proprietà nel Regno Unito.

IL SOLE NON TRAMONTA MAI A DUBAI? - Il problema, che apparentemente può sembrare un’importante ma tutto sommato circoscritto episodio, limitato per lo più al piccolo Emirato sul Golfo persico, diventa “crisi finanziaria globale” nel momento in cui si considera che con Dubai World sono esposte molte banche mondiali e moltissimi investitori stranieri, sparsi per il globo. Infatti, le borse mondiali stanno cominciando ad avere perdite ingenti. Secondo Ian Standard, l’esperto di strategia monetaria di BNP Paribas: “Ci sono preoccupazioni per quanto riguarda l’entità della esposizione delle banche del Regno Unito a Dubai. La sterlina è ormai sotto pressione, da molte settimane”. Ha poi aggiunto: “ I banchieri di mezzo mondo sono molto preoccupati”. L’economia dell’ emirato del Golfo è stata duramente colpita già nel corso dell’anno passato. La crisi globale del credito, quella esplosa negli Usa, ha posto fine ad un boom che durava da ben sei anni nella regione ed ha colpito pesantemente il fiorente settore immobiliare. Molte banche nel tentativo di tranquillizzare i loro azionisti ed il mercato hanno comunicato che la loro esposizione è trascurabile. Ma gli operatori non sembra vogliano fidarsi. HSBC, RBS, Lloyds Banking Group PLC, ING Groep, Credit Agricole, Calyon, come pure Bank of Tokyo-Mitsubishi, Sumitomo Mitsui Banking Corporation, Emirates Bank e Mashreq Bank sono solo alcuni dei colossi bancari che hanno finanziato il prestito da 5,5 miliardi di dollari a DW. Impossibile, a detta degli esperti, che queste banche non risultino esposte.

ALLARME ROSSO! – Sui mercati finanziari è scattato subito l’allarme rosso, a causa dei timori per il coinvolgimento delle grandi banche proprio sulla base di una esposizione al debito dell’emirato. Rispetto a questo tema, è intervenuta Standard & Poor’s che ha messo sotto Credit Watch negativo alcuni importanti istituti finanziari della zona. La notizia shock che sta facendo tremare gli investitori di tutto il mondo, è arrivata mercoledì sera attraverso una nota ufficiale del gruppo, senza che vi fossero commenti, né del presidente Ahmed bin Sulayem né dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, presidente della compagnia aerea Emirates, celebre non solo per il suo motto: “The Sun never sets on Dubai World” (il Sole non tramonta mai su Dubai World) ma anche per avere manifestato di recente interesse per l’acquisto di grandi club di calcio, nell’ordine: Liverpool, Roma e, si dice, anche il Milan di Silvio Berlusconi, oltre al già sponsorizzato Arsenal. Dubai World attraverso Nakheel è il gruppo che sta costruendo la famosa isola artificiale delle tre palme e che con il fondo Limitless, lo scorso anno, è stata vicina ad acquistare da Risanamento l’ex area Falck di Sesto San Giovanni. Il governo dell’emirato sta pagando un prezzo altissimo alla crisi e in particolare a quella del settore immobiliare: aveva già annunciato in passato di avere un debito di 80 miliardi di dollari, di cui 70 miliardi originato dalle aziende pubbliche, in buona parte attive nel settore immobiliare. Per tamponare la falla, il governo del Dubai aveva annunciato ad inizio anno un vasto programma di emissioni obbligazionarie da 20 miliardi, ma adesso la situazione sembra essere diventata più che drammatica. Adesso, con ogni probabilità, dovrà vendere al miglior offerente tutti i suoi preziosi immobili.

GET ME OUT OF DUBAI! - A fidarsi degli arabi, non sono stati solo i grandi istituti bancari. Tra gli investitori di Nakheel troviamo persino molte star del cinema, della musica e del mondo del calcio tra cui: i calciatori David Beckham, Michael Owen, Joe Cole. Gli attori Brad Pitt ed Angelina Jolie e Denzel Washington. Lo scomparso re della pop music Michael Jackson e persino la modella glamour Naomi Campbell. In queste ore, il loro grido di dolore, strillato nelle orecchie dei loro manager e promotori finanziari, sembra sia eloquente: “Get me out of Dubai!” (Tiratemi fuori da Dubai)!

http://www.giornalettismo.com/archives/43068/scoppia-la-bolla-di-dubai-anche-noi-a-rischio/

che ti vuoi mettere a stampare moneta?

finalmente ha sputato il rospo...
ieri sera ad anno zero l'ha detto tremonti mentre chiedeva a Bersani che non sapeva cosa rispondere,dove prendeva gli 8miliardi per una manovrina..
Bersani proprio non raccoglie,fa finta di non sentire,ma sembrava come di un discorso che si erano già fatti in privato ma che non si può ripetere in pubblico...
è l'unico modo per trovare soldi senza far crescere gli interessi sul debito essendo la moneta di stato esente da interesse!
non è certo una battuta visto che nel 2004 fu cacciato dal governo su richiesta di Fini(''o lui o io'')e su spinta dell'intera sinistra pro banch'italia..
nella patomima contro Fazio in realtà era celato il piano di rientro di banch'italia nel pubblico(e quindi stampa di moneta di stato!)cosa che non sarebbe stato permesso dalla finanza internazionale (nè da quella italiana)che guadagnano e controllano l'Italia
con l'emissione di moneta che poi prestano allo stato gudagnandoci 60miliardi di interessi l'anno come hanno ricordato ieri sera..
senza ovviamente dire nulla sul'origine del debito..
anche quest'anno Tremonti ha rischiato la cacciata quando ha ripetuto la frase,in stile napoleonico sulle banche,''i governi debbono essere sopra alle banche e non viceversa'' il che implica da se che lo stato deve emettere moneta e non le banche prestandole a strozzo allo stato
Napoleone lo diceva più chiaramente ma erano altri tempi(anche se pure li i Rotschild il più grandi banchieri di allora e di oggi gliela fecero pagare cara finanziando lo stato inglese e Wellington e soprattutto corrompendo i generali che organizzavano vettovagliamento delle truppe napoleoniche il che causò la disfatta dell'esercitò francese che altrimenti si sarebbe mangiato in un battibaleno l'esercito inglese) riferendosi alle banche che prestavano soldi allo stato diceva ''la mano che dà sta sempre sopra alla mano che prende'' il che chiarisce che le banche ,come ha fatto notare,Tremonti,stanno sopra ai governi!
per me Tremonti lo sta facendo apposta ossia,il debito non può aumentare perchè se no scoppia(come vorrebbero fare gli altri ministri)
quindi non si può fare un manovra perchè i soldi non ci sono(o meglio ci sarebbero visto che spendiamo 30miliardi di euro per le spese militari,ma quelli non si possono toccare se no salta in aria qualcuno,nè si possono togliere i soldi al sud delle grandi opere,altrimenti la mafia fa saltare qualcuno,da cui la minaccia a Schifani...come dire..!)quindi visto che i soldi dello scudo si cui si era contato stentano a rientrare e non si può aumentare il recupero sull'evasione fiscale perchè piano piano si finisce a toccare i gradn imprenditori..ed anche questi sono degli intoccabili
ecco che Tremonti spinge di fatto ad una soluzione ,la stessa del 2004,ricomprare con 14miliardi di euro banch'italia e stampare moneta senza aumentare il debito e soprattutto senza pagare interessi su quella moneta..i14miliardi si trovano da soli li recupereremmo in 2-3anni(purtroppo dovremmo ancora pagare gli interessi sul debito pregresso!!)
Siamo ad un possibile punto di svolta,non potendo più creare debito ,non potendo tagliare le spese militari(anzi Berlusconi deve aumentarle se vuole che lo lascino in pace gli USA,deve fornire altri militari per l'Afghanistan) non potendo togliere i soldi per le opere al sud(ponte compreso) non rimane che stampare moneta...
il grande passo..sicuramente troppo grande..
che vedrebbe scagliarsi contro Tremonti,l'intera destra finiana nonchè l'intera sinistra presidente della repubblica compreso...
E' per questo che Draghi è intervenuto dicendo che bisogna ridurre la criminalità al sud perchè è essa la vera radice della crisi del paese..
spostando preventivamente l'attenzione su altri..
ma questo non può essere fatto perchè già da un pezzo essa è un tutt'uno con la politica..
avrebbe dovuto accusare se stesso e gli interessi della finanza internazionale ed italiana che rappresenta e l'emissione di moneta privata come unica vera causa della crisi italiana..(come di altri paesi)
ma questo certo non può farlo lui!!
ciao
PS
ieri sera i banchieri ,che conoscono il pensiero di Tremonti,hanno di nuovo tremato ,ma solo per un istante, sapevano di essere in una botte di ferro e che nessuno avrebbe raccolto nè Bersani,tantomeno Travaglio,nè Santoro,amici di banchieri e di massoni!
Prima o poi questa cosa verrà fuori sarà detto alle grandi masse,e saranno dati contentini per calmare le masse in difficoltà economiche ,cambiare tutto per non cambiare niente..come il salario di cittadinanza per recuperare i soldi drenati dalla banche..o salari minimi garantiti come ha fatto meritoriamente ,a giugno 2009 Marrazzo nella regione Lazio (600euro per tutti i disoccupati,inoccupati,parzialmente occupati sotto gli 8000euro di redditto annuo,in linea con quello che esiste in tutta Europa) purtroppo prematuramente rispetto ai tempi che per i banchieri non sono ancora maturi visto che la gente ad oggi ancora non prende coscienza di chi strozza l'Italia e quindi non c'è ragione di gettare pezzi di pane al popolo ..ci sono infatti loro dietro a tutto l'affaire Marrazzo... coi soldi che dovevano essere dati alle cliniche convenzionate degli Angelucci(Geronzi) e che invece (visto che sono sotto inchiesta ed arresti per 170miliardi rubati alla regione http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_04/arresto_angelucci_domiciliari_18c849e4-f2a1-11dd-8878-00144f02aabc.shtml ) Marrazzo ha avuto l'impudenza di mettere in un fondo appunto per i meno abbienti,primo esperimento di salario minimo garantito in Italia,in cui di fatto soldi che dovevano andare alle banche(Geronzi ed altri) vanno ai meno abbienti,cosa che i partiti politici,burattini dei banchieri,non possono permettersi di fare..e se c'è una pecora nera come Marrazzo che vuol andare per conto suo fa una finaccia..ecco perchè ad oggi nessuno ma proprio nessuno del PD ha difeso la politica di Marrazzo..proprio perchè non andava bene manco al PD,contento di esserselo tolto dalle scatole...
a tal punto che nel Lazio nessuno sa di questo fondo e su circa 200mila aventi diritto, secondo le stime,solo 180 hanno fatto domanda..
visto che tutti i giornali locali e nazionali sono in mano alle stesse banche..
ovviamente un altro anno con un nuovo presidente il fondo non sarà rinnovato e vedrete che i soldi alle cliniche saranno puntualmente elargiti
invece di sospenderli in attesa di recuperare i 170milioni di euro rubati!

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