di: Filippo Ghira |
Una riforma per sostenere la speculazione finanziaria
L’iLan, il CoLLieLe e la MotoLizzazione di massa - Le pillole rosse del 13/4/2010
April 13th, 2010
- “Iran: Usa e Cina verso una linea comune”, Corriere.it. Il “Corriere della Sera” unisce ciò che il petrolio divide. Oggi, a Washington, hanno sfilato ben 47 leader di altrettanti Paesi. Padrone di casa: Barack Obama, presidente degli Stati Uniti. Invitato più atteso: il presidente cinese, Hu Jintao. Argomento di discussione: la sicurezza nucleare. Ovvero e tra l’altro: come impedire all’Iran di diventare il primo Paese del Medio Oriente ad avere la “bomba”. Un “nodo” - come è noto - piuttosto discusso e controverso. Che, però, l’edizione on line del Corriere - oggi - ha sciolto in quattro e quattr’otto. Scrivendo - nero su bianco - che è accaduta una cosa sorprendente: “La Cina compie una svolta sull’Iran. (…) appariva improbabile che il presidente cinese Hu Jintao (…) arrivasse a spendere parole pesanti sull’Iran, acconsentendo a sostenere l’imposizione di ulteriori sanzioni. Invece è successo: il bilaterale con il presidente americano Barack Obama, definito dalla Casa Bianca «positivo e costruttivo», ha rilanciato le relazioni tra i due Paesi, che nelle ultime settimane hanno vissuto momenti di grande attrito”. Tutti d’amore e d’accordo contro i “cattivi” iraniani, quindi? Davvero, davvero? No.
- “Obama Calls for Joint Action to Safeguard Nuclear Stocks”, New York Times. E infatti. Non ce ne vogliano i redattori del Corriere.it, ma il New York Times - che di Washington e di Stati Uniti se ne intende - racconta tutta un’altra storia. Ovvero e punto primo: sì, in effetti, gli Usa - con presidente Barack Obama in testa - vorrebbero sanzioni dure contro l’Iran; e ne avrebbero discusso con i leader di Pechino. Ma e punto secondo: il presidente cinese Jintao non avrebbe, scrive il New York Times, “preso nessun impegno”. Di più. Sempre secondo il New York Times: Jiang Yu, funzionario del ministero degli Esteri del gigante asiatico, avrebbe detto molto schiettamente che la Cina preferirebbe il “dialogo” alle “sanzioni”. Insomma e in pratica: Pechino e Washington sull’Iran - che, caduto Saddam Hussein, è diventato il nuovo “cattivo” da battere in Medio Oriente - non avrebbero trovato nessuna quadra. E, appunto, sarebbe stato sorprendente il contrario. Per una ragione semplice semplice. Chiamata: petrolio.
- “China Vehicle Sales Soar to 1.7 Million Units in March, up 56%”, Carscoop. La Cina - alla faccia della crisi economica che ha colpito Usa e Europa - sta vivendo un vero e proprio boom economico. Boom che quest’anno - secondo le prime stime dell’Asian development bank - dovrebbe portare Pechino a crescere, in termini di Pil, di quasi il 10%. Boom che - soprattutto - sta portando il miliardo e rotti di cinesi che vivono in Patria a scoprire l’automobile. Risultato: l’anno scorso, la Cina è diventato il primo mercato automobilistico al mondo, superando proprio gli Stati Uniti. E, in quest’anno di grazia 2010, le cose paiono andare ancora meglio. Secondo il sito specializzato in auto, “Carscoop”: solo a Marzo, in Cina, sarebbero state vendute 1,7 milioni di auto e veicoli commerciali; il 63% - leggere due volte: sessanta e tre per cento - in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. In pratica e salvo sorprese: nel 2010, a Pechino e dintorni, si venderanno - secondo i dati citati da Carscoop - circa 17 milioni di quattroruote; ovvero: il 25% in più rispetto al 2009; e nel 2009 le vendite erano già aumentate del 45% rispetto al 2008. Più boom di così, si muore. Epperò: va da sè che per far andare le auto, ci vuole la benzina. E - come ha appunto osservato il New York Times - Pechino importa un barile di petrolio su 10 - per la precisione il 12% - proprio dall’Iran. Iran che - a sua volta - ha come primo partner commerciale proprio la Cina. E Pechino quest’idillio, a quanto pare, non lo vuole rompere. Non per ora, almeno.
- “Sorpresa, la GM parla cinese. Più vendite in Cina che in Usa”, La Repubblica. Non tutto il male, comunque, viene per nuocere. Dalla motorizzazione di massa dei cinesi, infatti, c’è anche chi ci sta guadagnando. Per esempio: proprio gli Stati Uniti. E in particolare: la General Motors. Che a marzo, in Cina, ha piazzato ben 230mila quattroruote (ossia ben il 68% in più dello stesso mese dell’anno scorso). E che da tre mesi - gennaio, febbraio e appunto marzo 2010 - sta vendendo più auto in Cina che negli Usa. Insomma: a questo giro sull’Iran non è andata bene. Ma gli americani hanno di che consolarsi. E i giornalisti del Corriere.it, in fin dei conti, pure. Perché sicuramente di Iran e Cina e eccetera, si tornerà sicuramente parlare. E perché la prossima volta - se evitano di tagliare le notizie troppo con il coltello e si ricordano di dettagli della Storia come la motorizzazione di massa a Pechino e dintorni - magari ci azzeccano pure. Magari.
L’Europa salva la Germania e “strozza” Atene
La soluzione scelta per la Grecia ha solo spostato il problema al 2011 e ne ha scaricato l’onere su tutti paesi anziché sull’unico che ne beneficia davvero. Può consolare solo che il vero vincitore di questa partita è l’Euro
L’Europa non ha salvato se stessa e le sue banche, con buona pace della Grecia che continua la mesta strada verso il default. Più che evitare un nuovo caso Lehman Brothers, come ha dichiarato Bini Smaghi, il prestito da 30 miliardi di euro deciso dai paesi che condividono la moneta unica assomiglia di più all’intervento su Bearn Stearns di sei mesi prima. Allora la Fed si illuse che salvare la prima banca d’affari in difficoltà avrebbe convinto i mercati dell’esistenza di una rete di sicurezza tanto solida da evitare nuovi crolli. Ci pensò Lehman ha scoprire quel bluff. A quel punto dovettero davvero salvare a qualsiasi costo l’intero sistema bancario.
MORTE A RATE – Se i prestiti dell’Eurogruppo e del Fondo monetario verranno utilizzati a pieno già nel primo anno, la Grecia è già quasi certa di evitare il default nel 2010. Con 40 miliardi di euro a disposizione su 53 miliardi di bond in scadenza, i problemi sono rimandati al 2011, quando la disponibilità dei vicini, visto lo sforzo già compiuto, sarà proporzionale al miglioramento dei conti pubblici. Alcuni economisti hanno calcolato che la Grecia avrebbe bisogno di un periodo di rigore simile a quello sperimentato dall’Italia all’inizio degli anni ’90: un avanzo primario del 5-6% del Pil, una crescita economica costantemente superiore all’1% e una bilancia commerciale in attivo. Se ci siamo riusciti noi nel periodo Amato-Ciampi e in piena Tangentopoli (o forse proprio perché eravamo in piena Tangentopoli), potrebbero farcela anche i Greci. Le differenze però ci sono e sono tutte a sfavore di Atene: una congiuntura internazionale depressa, una bilancia commerciale strutturalmente debole (specie sul fronte delle esportazioni) e un contesto sociale molto conflittuale. Il responso è che quindi, nonostante tutti gli sforzi, il default arriverà probabilmente l’anno prossimo.
IL MERCATO RINGRAZIA – Visto che riflessioni del genere sono di largamente conosciute e condivise, viene da chiedersi perché i mercati hanno reagito tanto bene alla decisione dell’Eurogruppo. Siamo all’ennesimo caso di collettivizzazione di perdite su investimenti sbagliati fatti da istituzioni private, esattamente come è successo negli Usa e in Inghilterra. Questi 40 miliardi sono circa l’18% dell’intero stock del debito greco. Se Papandreu riesce nel miracolo di resistere più di 12 mesi, quella cifra potrà essere raddoppiata. Soldi dei contribuenti europei che pagheranno bond greci emessi per pagare vecchie obbligazioni in scadenza possedute al 70% da banche straniere. Se e quando il default arriverà, quei prestiti “politici” saranno i primi a non essere rimborsati, mentre le banche dovranno contabilizzare un taglio del 10-20% delle obbligazioni in portafoglio. La lunga ristrutturazione del debito greco farà morti e feriti, i casi di Russia e Argentina lasciano intendere che le obbligazioni in default saranno sostituite con nuove obbligazioni pari al 70-80% del valore nominale. Nel frattempo i più furbi (quello che in gergo viene chiamato smart money) hanno sei-otto mesi per dimezzare o annullare le perdite rispetto a quelle maturate fin d’ora.
SPECULAZIONE - A margine si può notare che in tutta questa vicenda la speculazione – colpevole per definizione, come il maggiordomo – non c’entra nulla. Il tasso praticato ad Atene è appena sotto quello chiesto dal mercato, segno che gli investitori non sfruttavano la posizione di debolezza del debitore più di quanto fanno i governi amici. Peraltro, essendo il meccanismo di definizione dei tassi in massima parte collegato all’euribor a tre mesi, sarà anche in futuro collegato all’andamento dei mercati.
SALVATORI O SALVATI? – Grande vincitrice è la Germania, che non solo mantiene il suo ruolo di custode della santità del patto di Stabilità, ma è di fatto la maggiore beneficiata dal questo piano di salvataggio. L’esborso dei governi è proporzionale alle quote della Bce, ma l’esposizione di Atene non lo è. Di quale nazione sono le banche con i crediti più alti? Risposta banale, d’altronde i tedeschi sono i più grandi acquirenti di asset finanziari in Europa. Un surplus che non nasce dal rigore dello stato, ma dalla bilancia commerciale. In questi dieci anni gli operai e gli imprenditori tedeschi hanno sfruttato la moneta unica per esportare merci in Grecia e negli altri paesi che si sarebbero rivelate troppo costose in un sistema di cambi. Infine le istituzioni finanziarie europee, anche se dovranno svalutare i titoli di cui non si sono riusciti a liberare, ridurranno le perdite rispetto ad un’uscita della Grecia dall’euro e dalla ridenominazione di tutti gli asset greci nella nuova Dracma.
CI ABBIAMO PROVATO – Politicamente le istituzioni europee non potevano scegliere molte altre strade. L’unione monetaria deve tendere alla nascita di un “debito pubblico europeo” che comporta armonizzazione fiscale e maggiore coordinamento politico. Abbiamo facilmente previsto che Bruxelles avrebbe scelto il meccanismo più contorto possibile, ma non avrebbe sbagliato la direzione. Visto che la differenza e tra salvatori e salvati non è così netta come sembra, si può anche dire che il vero vincitore è proprio l’euro. Tutti i governi hanno implicitamente ammesso che non esiste la possibilità di invertire l’unione monetaria e hanno impegnato qualche miliardo per dimostrarlo. La critica secondo cui questo sarà un pessimo segnale per gli altri paesi indebitati (una sorta di moral hazard) è debole: quelli grandi, come Italia e Spagna, sanno che la via greca è preclusa dalla dimensione delle loro economie e dei loro debiti; quelli piccoli sanno che alla Grecia è stata concessa una dilazione, non un salvataggio in piena regola. E per loro potrebbe non esserci nemmeno quella disponibilità.
http://www.giornalettismo.com/archives/59010/leuropa-salva-germania-strozza/
1992 l’anno del Golpe in Italia e fine della nostra sovranita'
Graecia capta. I banksters sogghignano
Elezioni in Ungheria. Chi è Jobbik ?
La truffa green.
“Le installazioni di nuovi moduli fotovoltaici nel solo anno 2009 sono costati ai consumatori oltre 10 miliardi di euro, e così sarà per il prossimo ventennio. E questo per immettere sulla rete elettrica lo 0,3% della domanda nazionale, praticamente nulla. Per tutti i pannelli installati prima, gli incentivi ammontano a oltre €30 miliardi”
Elemento costruttivo | Zona climatica E | Zona climatica F |
Strutture fisse verticali (muri) | 0,27 W/m²K | 0,26 W/m²K |
Strutture fisse orizontali (coperture) | 0,24 W/m²K | 0,23 W/m²K |
Strutture fisse orizontali (pavimenti) | 0,30 W/m²K | 0,28 W/m²K |
Finestre e infissi | 1,80 W/m²K | 1,60 W/m²K |
PUERTOLLANO, Spain — Two years ago, this gritty mining city underwent a brief, 21st-century gold rush. Long famous for coal, Puertollano discovered another energy source it had overlooked: the relentless, scorching sun. With generous incentives from the Spanish government to jump-start a national solar energy industry, the city aggressively set out to replace its failing coal economy by attracting solar companies, with a campaign slogan: “The Sun Moves Us.” Soon, Puertollano, home to the Museum of the Mining Industry, became a hub of alternative energy, with two enormous solar power plants, factories making solar panels and silicon wafers, and clean energy research institutes. Half the solar power installed globally in 2008 was installed in Spain. Farmers sold land for solar plants. Boutiques opened. And people from all over the world, seeing business opportunities, moved to the city, which had suffered 20 percent unemployment and a population exodus. But as low-quality, poorly designed solar plants sprang up like weeds on Spain’s plateaus, Spanish officials came to realize that they would have to subsidize many of them indefinitely, and that the industry they had created might never produce efficient green energy on its own. In September, the government abruptly changed course, cutting payments and capping solar construction. Puertollano’s brief boom went bust. Factories and stores shut, thousands of workers lost their jobs, foreign companies and banks abandoned contracts that had already been negotiated.
- Si e' fatto credere che toccasse ai governi, e noi ai singoli, il compito di finanziare la rivoluzione green. Questi finanziamenti devono essere erogati, guarda caso, sotto forma di contributi a pioggia. Al contrario, si pubblicizzano (e si sovvenzionano) pochissimo delle tecnologie che potrebbero, semplicemente affermandosi, produrre tagli significativi di consumi energetici. Si sta procedendo per trend, e il trend segue la parolina magica piu' magica del momento: fotovoltaico, eolico , blabla. Coibentazione invece non e' alla moda.
- Si e' lasciato credere che il fotovoltaico o l'eolico fossero vie percorribili , quando si tratta di tecnologie esauste , capaci di rimanere sul mercato solo se finanziate dallo stato in eterno. La vera rivoluzione , quella che invece dovrebbe avvenire casa per casa, e' quella del risparmio energetico. Poiche' le tecnologie di coibentazione sono gia' esistenti (e su di esse c'e' davvero bisogno di personale qualificato, e non di un idraulico/elettricista che ti piazza due pannelli sul tetto, solo una termografia della casa all'infrarosso richiede personale specializzatissimo) , e come se non bastasse non sono evidenti, si preferisce mostrare agli amici quanto siamo fichi coi pannelli solari sul tetto. Come se si potessero usare anche nei condomini.
- Si continua a mettere in secondo piano l'isolamento: tutte le discussioni sul green parlano di automobili e di fotovoltaico/eolico. Se da un lato si sta facendo una pubblicita' incredibile al fotovoltaico, si stanno dimenticando completamente tecnologie come questa qui: http://www.4clima.com/negozio/it/SCAMBIATORI-D-ARIA__150.aspx che insieme alla coibentazione permettono di tenere in casa il calore pur scambiando aria con l'esterno. Il calore risparmiato nello scambio e' il 70%. La perdita di energia per ventilazione , nelle comuni case in classe F, e' il 25% dell'energia. In pratica, con serramenti stagni e un oggetto come questo, tagliate le emissioni di CO2 del 17%.
- Non si sta sovvenzionando quasi per nulla , o pochissimo, l'uso di elettrodomestici meno esosi di energia. Il vostro PC, se e' un "normale" desktop, ha un alimentatore da 300W quando va bene, sino ai 450/500 se avete un modello tamarro. Per che cosa? Esistono sia i laptop che i Mini-PC , che consumano molto meno e sono gia' all'altezza degli usi domestici.
- Lo stesso dicasi per tutti gli elettrodomestici in classe avanzata, e delle fonti luminose: che cavolo di senso ha continuare a sovvenzionare pannelli fotovoltaici quando si usano ancora lampadine ad incandescenza?Sapete qual'e' il problema? Il problema vero e' che sovvenzionare, in maniera razionale, le tecnologie di risparmio energetico significa sovvenzionare una quantita' enorme di operatori:
- Produttori di elettrodomestici a basso consumo.
- Produttori ed installatori di coibentazioni e soluzioni per lo scambio termico.
- Tecnici per l'analisi termica degli edifici.
BERNASCONI
Il gatto mangia il topo. Quello che vale nel regno animale ha paralleli nel mondo degli umani. Bisogna solo capire chi é il gatto e chi il topo. Gli indici azionari vengono lentamente ma inesorabilmente risucchiati verso l'alto. I piccoli investitori hanno l'impressione di perdere qualcosa e come al solito comprano troppo tardi permettendo questa corsa finale. Saranno mangiati dalle banche d'affari che orchestrano questo movimento esaustivo.
Ieri le borse europee hanno combinato poco fino all'apertura di New York. Hanno poi deciso di scendere seguendo l'esempio di Wall Street ed hanno chiuso la seduta con moderate perdite. L'America ha però cambiato direzione e l'S&P500 ha guadagnato il solito punticino (1197) per un nuovo massimo annuale. La nostra opinione tecnica é invariata: "È evidente che, malgrado la situazione di ipercomperato e la scarsa partecipazione, gli indici azionari non vogliono più correggere. È questo un segno evidente che ci avviciniamo alla fine del lungo rialzo iniziato il 6 marzo dell'anno scorso. I mercati sono ormai arrivati alla fase esaustiva di questo movimento. Non ci saranno più correzioni né ritracciamenti superiori ai tre giorni fino al raggiungimento di un massimo definitivo." Sembra che il top non sia imminente. Prepariamoci quindi ad un'ulteriore salita dell'S&P500. Abbiamo definito un range tra i 1200 ed i 1270 punti per il massimo definitivo di questo lungo rialzo. Il cambio EUR/USD risale stamattina a 1.3650. Questo movimento positivo potrebbe far risalire il cambio fino a 1.38 prima che il ribasso riprenda in direzione 1.30. L'oro é stabile a 1155 USD/oncia. Il primo attacco della resistenza a 1160 USD é stato respinto. Prossimamente dovrebbe seguire un'altro tentativo. La rottura di questa resistenza segnerà l'inizio di una nuova gamba di rialzo a medio termine con obiettivo 1220 USD.
Leggete il nostro avviso o visitate il nuovo sito !!!
Passiamo ora ad esaminare la situazione (charts a sei mesi) dell'S&P500.
L'S&P500 (+0.07% a 1197 punti) é salito nuovamente fino a 1199 punti senza attaccare la barriera psicologica a 1200 punti. Durante il fine settimana abbiamo precisato il nostro scenario per la fase finale di questo lungo rialzo dal minimo del marzo 2009. Abbiamo fissato un range 1200-1270 punti nel quale il rialzo si esaurirà senza più correggere. L'S&P500 non mostra di volersi fermare adesso.
Scenario 2010 (aggiornato a marzo 2010) Nel corso del 2010 ed al termine di alcuni mesi di distribuzione prevediamo una sostanziale correzione delle borse dopo il rally di marzo 2009 - gennaio 2010. Probabilmento l'S&P500 toccherà nel corso di quest'anno un minimo tra i 740 ed i 820 punti. La performance annuale dovrebbe essere negativa e l'S&P500 dovrebbe terminare il 2010 intorno ai 900 punti. Ora che la recessione sembra alle nostre spalle, le stime ufficiali per per gli utili operativi 2009 (al 3 novembre 2009) delle societâ dell'S&P500 sono risalite a 56.22 USD. Quelle per il 2010 sono addirittura al'incredibile livello di 74.99 USD. Capitalizzando gli utili 2009 con un P/E normale di 15/16 si arriva ad un valore teorico dell'S&P500 di 900 punti. In questi dati é però scontato un recupero marcato dell'economia ed un forte aumento degli utili delle imprese. Ricordiamoci che gli utili operativi 2008 delle società dell'S&P500 sono stati di 15.09 USD. Debitiamo inoltre che i dati relativi al 2010 siano realistici. In America si differenzia tra Operating Earnings (i guadagni ripuliti da tutti quelli che il Management definisce perdite o guadagni straordinari) e i Reported Earnings (che sono i soldi guadagnati o persi dalla società indipendentemente dalla loro provenienza o causa). Fino all'inizio del 2000 tra questi due valori le differenze erano trascurabili. Poi é arrivata la moda di definire tutte le grandi perdite come eventi straordinari che non vengono più attribuiti alla normale attività della società. Il risultato é una sovrastima sistematica dei guadagni. Una prova? Le stime ufficiali per i Reported Earnings 2010 per l'S&P500 sono a 45.50 USD (contro i 74.99 USD di Operating Earnings). La capacità delle società di generare profitti viene sistematicamente gonfiata. Se un giorno gli investitori aprissero gli occhi si renderebbero conto che una oggettiva valutazione dell'S&P500 con i tassi d'interesse sul USTB a 10 anni al 3.70% (stato ad inizio marzo 2010) é sui 790 punti (nostro calcolo). Immaginatevi cosa potrebbe succedere se i tassi d'interesse aumentassero! Ammettiamo che stimare ora correttamente gli utili delle società e determinare un giusto rapporto P/E per capitalizzare questo valore é un'impresa ardua. Troppe sono le variabili e le incognite. La nostra valutazione tecnica e fondamentale é però che i 1150 punti di S&P500 raggiunti a gennaio 2010 corrispondono ad una sopravalutazione. La prossima dovuta sostanziale correzione ci dirà a quale punto si trova la congiuntura mondiale.
Richiedete informazioni a analisi_tecnica@longshortinvest.com Non rispondiamo a mails anonime.
Bernasconi Consult, gestione patrimoniale e consulenza finanziaria Rütistrasse 13, CH-8702 Zollikon Tel. +41 43 499 63 84 EMail: bernasconi@longshortinvest.comGrecia – corsa agli sportelli?
Il Financial Times di oggi riporta che le quattro maggiori banche greche avrebbero chiesto al governo di accedere a linee di liquidità d’emergenza a causa dell’emorragia di depositi che stanno sperimentando. Ieri sul mercato sono stati scaricati, da parte delle stesse banche, quantitativi ingenti di titoli a brevissimo termine, a partire dal bond in scadenza questo 20 aprile.
La situazione si sta letteralmente avvitando su se stessa, con i livelli di spread su bund ed il CDS verso i massimi storici. Nel frattempo, il governo greco continua a cercare di rinegoziare i termini dell’accordo con l’Eurogruppo per cercare un miglioramento delle condizioni e ad accusare gli “speculatori internazionali”. I politici tedeschi hanno smesso, forse anche a causa di uno studio del BaFin, l’autorità di regolamentazione finanziaria tedesca, che ha chiarito definitivamente come i CDS abbiano rappresentato una minima parte dei volumi di vendite nei mesi scorsi: chi vendeva erano istituzioni finanziarie e fondi desiderosi di ridurre le perdite su titoli che avevano comprato e non immaginari speculatori intenti in un complotto di portata mondiale.
Il mercato del credito sta reagendo in maniera pesantemente negativa, anche perché è venuto a mancare il supporto precedentemente fornito dalla buna performance americana ed asiatica. I pessimi dati sugli ordinativi di macchine utensili in Giappone e sul credito al consumo negli USA hanno raffreddato le speranze di una ripresa robusta, mentre le vicende elleniche tengono ben presente all’attenzione generale i rischi ed i costi associati ai “salvataggi” operati dai governi nazionali, trasferendo debito dal settore privato a quello pubblico.
Itraxx S12 Levels | Nota: Gli indici di credito sono quotati in spread (rendimento), come i tassi d’interesse. Un segno negativo equivale ad un miglioramento delle valutazioni del mercato, equivalente ad una salita degli indici di Borsa. Un cambiamento positivo è un segnale di peggioramento delle condizioni, equivalente al calo di un indice di Borsa. |
http://macromonitor.net/2010/04/08/grecia-corsa-agli-sportelli/