Una riforma per sostenere la speculazione finanziaria

Geithner (Tesoro) difende il disegno di legge di Obama che introduce nuovi controlli affinché nessuno controlli nessuno

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di: Filippo Ghira
Recita un vecchio adagio che c’è una cosa molto peggiore di rapinare una banca. Ed è quella di fondarne una. La verità di questa affermazione è stata abbondantemente dimostrata dalla crisi finanziaria innescata negli Stati Uniti a cavallo tra il 2007 e il 2008 con la crisi dei mutui subprime che poi con un effetto domino si è riversata sul settore bancario e su quello assicurativo, e poi a seguire sull’economia reale trascinando nella rovina migliaia di imprese che hanno dovuto chiudere e milioni di dipendenti che si sono trovati senza un lavoro, con i risparmi andati in fumo e senza la casa, peraltro di legno, sulla quale avevano acceso un mutuo. La crisi Usa è stata il trampolino di lancio per le ambizioni politiche del senatore Barack Hussein Obama che trascinato dall’indignazione popolare verso i repubblicani considerati i referenti del mondo bancario, si è trovato inaspettatamente alla Casa Bianca con il gaudio isterico degli utili idioti progressisti di mezzo mondo convinti che siano ancora gli uomini, in questo caso i presidenti, a poter decidere da soli dei destini di un Paese come gli Usa e di riflesso di quelli del mondo. Altri presidenti americani in verità ci avevano creduto e provato (come Lincoln, Garfield, McKinley e Kennedy) ma quando il loro scontro con l’alta finanza e con le banche aveva raggiunto livelli insostenibili, sono stati velocemente eliminati, assassinati, e sostituiti con i loro vice, evidentemente più funzionali agli interessi dell’economia virtuale, quale appunto è la finanza. Obama, tenendo conto di questi precedenti e fedele al ruolo che gli è stato assegnato, quello di maggiordomo di Wall Street, è subito intervenuto per salvare con soldi pubblici le banche, le società finanziarie e quelle assicurative che erano sull’orlo del fallimento in seguito all’enorme debito che si era abbattuto sui loro conti a causa delle speculazioni fatte e degli investimenti azzardati, realizzati entrambi senza disporre delle necessarie risorse proprie ma prendendo i soldi in prestito da altri soggetti, fossero essi altre banche o singoli risparmiatori. Il presidente nero o afro-americano che dir si voglia, ha quindi dimostrato di essere il degno successore del tanto da lui biasimato George W. Bush, avendo versato centinaia di miliardi di dollari in prestiti ad una associazione di autentici gangster, quali appunto sono i banchieri Usa, che per anni hanno potuto agire indisturbati favoriti anche da una politica di bassi tassi di interesse praticata dalla Federal Reserve che ha reso disponibile, e a poco costo, una montagna di dollari per le operazioni degli speculatori. L’inquilino della Casa Bianca, tanto per sottolineare ulteriormente la sua natura di passacarte, ha dovuto incassare senza battere ciglio le risposte piccate dei direttivi delle banche da lui salvate, in primis la Goldman Sachs, che hanno respinto al mittente il suo invito a non versare premi di produzione, i bonus, ai dirigenti che avevano rimesso in piedi i loro istituti grazie appunto ai prestiti pubblici. Non si possono dare ai manager premi così esorbitanti perché è come se glieli desse lo Stato, aveva obiettato Obama ma le sue parole sono restate inascoltate. Preso quindi da un soprassalto di dignità, il presidente ha cercato di guadagnare consensi varando una riforma sanitaria che in realtà rappresenta un regalo alle assicurazioni perché ha creato una nuova schiera di potenziali clienti che dovranno sottoscrivere una polizza e poi perché ha fissato l’avvio reale di essa nel 2014, quando non è detto che si troverà ancora alla Casa Bianca a scaldare la poltrona. Adesso la prossima tappa per verificare l’identità della linea Obama sarà nell’approvazione o meno della riforma del mercato finanziario che già si presenta come il classico topolino partorito dalla montagna. Tanto rumore per nulla insomma. Il 22 marzo scorso la commissione bancaria del Senato aveva approvato con 13 voti a favore e 10 contrari (tutti repubblicani) la bozza di regolamentazione per il sistema finanziario presentata dal presidente della Commissione, il democratico del Connecticut, Christopher Dodd. Essa, aveva spiegato lo stesso Obama, intende conferire al governo strumenti e poteri che siano in grado di evitare il ripetersi di nuova una crisi finanziaria e che dovrebbe portare maggiore responsabilità nel sistema finanziario e assicurare ai contribuenti che non saranno mai più loro a pagare il prezzo dell'irresponsabilità delle più importanti banche ed istituzioni finanziarie. Ieri, il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, ha definito inaccettabile la sola idea che si possa uscire da questa recessione senza aggiustare le falle del sistema che hanno contribuito a crearla. E quindi guai a non approvare la riforma. In ogni caso, ha messo le mani avanti Geithner, alla fine le operazioni di salvataggio di banche e società finanziarie avranno un costo inferiore a quello previsto. Il vero costo della crisi, ha dovuto però ammettere, “sarà misurato dai milioni di posti di lavoro persi, dalle migliaia di miliardi di dollari di risparmi bruciate e dalle migliaia di ditte fallite”. E scusate se è poco, diciamo noi. La riforma, ha ricordato il segretario al Tesoro, prevede la creazione di un'agenzia per la protezione finanziaria del consumatore. “Un'agenzia indipendente e responsabile - ha insistito - che possa stabilire e far rispettare regole in tutto il mercato finanziario”. Che sarebbe come pretendere di mettere a gestire un bordello un frate che rispetta il voto di castità. Non ci saranno più salvataggi con soldi pubblici, ha garantito Geithner, e il governo vuole dimostrare di disporre di una vera autorità per mettere fine al problema delle istituzioni finanziare, giudicate troppo grandi per essere lasciate fallire e che infatti sono state salvate dal suo datore di lavoro. La legge, ha aggiunto, attribuisce al governo l'autorità di imporre obblighi severe per quanto riguarda i capitali e la liquidità e limita la possibilità delle banche di possedere, investire o sponsorizzare fondi di investimento speculativi come gli hedge fund e i private equity fund che operano con capitali presi a prestito. E prevede una maggiore trasparenza che porterà il mercato dei derivati fuori dal buio. Si tratta di una legge solida, ha insistito, e il governo combatterà contro ogni tentativo di indebolirla. In realtà la riforma finanziaria sembra poca cosa perché non va al centro del problema in quanto lascerà di fatto in piedi l’intero sistema dei controlli che si distribuiscono su un complicato e farraginoso meccanismo che funziona sia a livello federale che dei 50 singoli Stati dell’Unione. Una complicazione che in realtà è voluta, perché più numerosi sono gli organi che devono controllare, tanto più elevato sarà il rischio che le informazioni assunte possano disperdersi in mille rivoli ed essere così inutilizzabili ed impedire un intervento pubblico. Controlli più centralizzati avrebbero invece permesso, due anni e mezzo fa, di valutare e prevedere l’indebitamento delle società operanti con i mutui subprime, dei colossi assicurativi e delle banche di investimento, e di fermarne l’attività. Così la riforma, anche se accorperà alcuni organismi esistenti, finisce per creare nuove agenzie che non faranno altro che moltiplicare la complessità del sistema e lasciare gli speculatori liberi di agire e di continuare a derubare i cittadini. http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=1566

L’iLan, il CoLLieLe e la MotoLizzazione di massa - Le pillole rosse del 13/4/2010

April 13th, 2010
  1. “Iran: Usa e Cina verso una linea comune”, Corriere.it. Il “Corriere della Sera” unisce ciò che il petrolio divide. Oggi, a Washington, hanno sfilato ben 47 leader di altrettanti Paesi. Padrone di casa: Barack Obama, presidente degli Stati Uniti. Invitato più atteso: il presidente cinese, Hu Jintao. Argomento di discussione: la sicurezza nucleare. Ovvero e tra l’altro: come impedire all’Iran di diventare il primo Paese del Medio Oriente ad avere la “bomba”. Un “nodo” - come è noto - piuttosto discusso e controverso. Che, però, l’edizione on line del Corriere - oggi - ha sciolto in quattro e quattr’otto. Scrivendo - nero su bianco - che è accaduta una cosa sorprendente: “La Cina compie una svolta sull’Iran. (…) appariva improbabile che il presidente cinese Hu Jintao (…) arrivasse a spendere parole pesanti sull’Iran, acconsentendo a sostenere l’imposizione di ulteriori sanzioni. Invece è successo: il bilaterale con il presidente americano Barack Obama, definito dalla Casa Bianca «positivo e costruttivo», ha rilanciato le relazioni tra i due Paesi, che nelle ultime settimane hanno vissuto momenti di grande attrito”. Tutti d’amore e d’accordo contro i “cattivi” iraniani, quindi? Davvero, davvero? No.
  2. “Obama Calls for Joint Action to Safeguard Nuclear Stocks”, New York Times. E infatti. Non ce ne vogliano i redattori del Corriere.it, ma il New York Times - che di Washington e di Stati Uniti se ne intende - racconta tutta un’altra storia. Ovvero e punto primo: sì, in effetti, gli Usa - con presidente Barack Obama in testa - vorrebbero sanzioni dure contro l’Iran; e ne avrebbero discusso con i leader di Pechino. Ma e punto secondo: il presidente cinese Jintao non avrebbe, scrive il New York Times, “preso nessun impegno”. Di più. Sempre secondo il New York Times: Jiang Yu, funzionario del ministero degli Esteri del gigante asiatico, avrebbe detto molto schiettamente che la Cina preferirebbe il “dialogo” alle “sanzioni”. Insomma e in pratica: Pechino e Washington sull’Iran - che, caduto Saddam Hussein, è diventato il nuovo “cattivo” da battere in Medio Oriente - non avrebbero trovato nessuna quadra. E, appunto, sarebbe stato sorprendente il contrario. Per una ragione semplice semplice. Chiamata: petrolio.
  3. “China Vehicle Sales Soar to 1.7 Million Units in March, up 56%”, Carscoop. La Cina - alla faccia della crisi economica che ha colpito Usa e Europa - sta vivendo un vero e proprio boom economico. Boom che quest’anno - secondo le prime stime dell’Asian development bank - dovrebbe portare Pechino a crescere, in termini di Pil, di quasi il 10%. Boom che - soprattutto - sta portando il miliardo e rotti di cinesi che vivono in Patria a scoprire l’automobile. Risultato: l’anno scorso, la Cina è diventato il primo mercato automobilistico al mondo, superando proprio gli Stati Uniti. E, in quest’anno di grazia 2010, le cose paiono andare ancora meglio. Secondo il sito specializzato in auto, “Carscoop”: solo a Marzo, in Cina, sarebbero state vendute 1,7 milioni di auto e veicoli commerciali; il 63% - leggere due volte: sessanta e tre per cento - in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. In pratica e salvo sorprese: nel 2010, a Pechino e dintorni, si venderanno - secondo i dati citati da Carscoop - circa 17 milioni di quattroruote; ovvero: il 25% in più rispetto al 2009; e nel 2009 le vendite erano già aumentate del 45% rispetto al 2008. Più boom di così, si muore. Epperò: va da sè che per far andare le auto, ci vuole la benzina. E - come ha appunto osservato il New York Times - Pechino importa un barile di petrolio su 10 - per la precisione il 12% - proprio dall’Iran. Iran che - a sua volta - ha come primo partner commerciale proprio la Cina. E Pechino quest’idillio, a quanto pare, non lo vuole rompere. Non per ora, almeno.
  4. “Sorpresa, la GM parla cinese. Più vendite in Cina che in Usa”, La Repubblica. Non tutto il male, comunque, viene per nuocere. Dalla motorizzazione di massa dei cinesi, infatti, c’è anche chi ci sta guadagnando. Per esempio: proprio gli Stati Uniti. E in particolare: la General Motors. Che a marzo, in Cina, ha piazzato ben 230mila quattroruote (ossia ben il 68% in più dello stesso mese dell’anno scorso). E che da tre mesi - gennaio, febbraio e appunto marzo 2010 - sta vendendo più auto in Cina che negli Usa. Insomma: a questo giro sull’Iran non è andata bene. Ma gli americani hanno di che consolarsi. E i giornalisti del Corriere.it, in fin dei conti, pure. Perché sicuramente di Iran e Cina e eccetera, si tornerà sicuramente parlare. E perché la prossima volta - se evitano di tagliare le notizie troppo con il coltello e si ricordano di dettagli della Storia come la motorizzazione di massa a Pechino e dintorni - magari ci azzeccano pure. Magari.
http://bamboccioni-alla-riscossa.org/?p=5793

L’Europa salva la Germania e “strozza” Atene

Economia esteradi Luca Conforti
pubblicato il 14 aprile 2010 alle 10:30 dallo stesso autore - torna alla home

La soluzione scelta per la Grecia ha solo spostato il problema al 2011 e ne ha scaricato l’onere su tutti paesi anziché sull’unico che ne beneficia davvero. Può consolare solo che il vero vincitore di questa partita è l’Euro

L’Europa non ha salvato se stessa e le sue banche, con buona pace della Grecia che continua la mesta strada verso il default. Più che evitare un nuovo caso Lehman Brothers, come ha dichiarato Bini Smaghi, il prestito da 30 miliardi di euro deciso dai paesi che condividono la moneta unica assomiglia di più all’intervento su Bearn Stearns di sei mesi prima. Allora la Fed si illuse che salvare la prima banca d’affari in difficoltà avrebbe convinto i mercati dell’esistenza di una rete di sicurezza tanto solida da evitare nuovi crolli. Ci pensò Lehman ha scoprire quel bluff. 20100210 051041 E8CF6D5F LEuropa salva la Germania e strozza  AteneA quel punto dovettero davvero salvare a qualsiasi costo l’intero sistema bancario.

MORTE A RATE – Se i prestiti dell’Eurogruppo e del Fondo monetario verranno utilizzati a pieno già nel primo anno, la Grecia è già quasi certa di evitare il default nel 2010. Con 40 miliardi di euro a disposizione su 53 miliardi di bond in scadenza, i problemi sono rimandati al 2011, quando la disponibilità dei vicini, visto lo sforzo già compiuto, sarà proporzionale al miglioramento dei conti pubblici. Alcuni economisti hanno calcolato che la Grecia avrebbe bisogno di un periodo di rigore simile a quello sperimentato dall’Italia all’inizio degli anni ’90: un avanzo primario del 5-6% del Pil, una crescita economica costantemente superiore all’1% e una bilancia commerciale in attivo. Se ci siamo riusciti noi nel periodo Amato-Ciampi e in piena Tangentopoli (o forse proprio perché eravamo in piena Tangentopoli), potrebbero farcela anche i Greci. Le differenze però ci sono e sono tutte a sfavore di Atene: una congiuntura internazionale depressa, una bilancia commerciale strutturalmente debole (specie sul fronte delle esportazioni) e un contesto sociale molto conflittuale. Il responso è che quindi, nonostante tutti gli sforzi, il default arriverà probabilmente l’anno prossimo.

IL MERCATO RINGRAZIA – Visto che riflessioni del genere sono di largamente conosciute e condivise, viene da chiedersi perché i mercati hanno reagito tanto bene alla decisione dell’Eurogruppo. Siamo all’ennesimo caso di collettivizzazione di perdite su investimenti sbagliati fatti da istituzioni private, esattamente come è successo negli Usa e in Inghilterra. Questi 40 miliardi sono circa l’18% dell’intero stock del debito greco. Se Papandreu riesce nel miracolo di resistere più di 12 mesi, quella cifra potrà essere raddoppiata. Soldi dei contribuenti europei che pagheranno bond greci emessi per pagare vecchie obbligazioni in scadenza possedute al 70% da banche straniere. Se e quando il default arriverà, quei prestiti “politici” saranno i primi a non essere rimborsati, mentre le banche dovranno contabilizzare un taglio del 10-20% delle obbligazioni in portafoglio. La lunga ristrutturazione del debito greco farà morti e feriti, i casi di Russia e Argentina lasciano intendere che le obbligazioni in default saranno sostituite con nuove obbligazioni pari al 70-80% del valore nominale. Nel frattempo i più furbi (quello che in gergo viene chiamato smart money) hanno sei-otto mesi per dimezzare o annullare le perdite rispetto a quelle maturate fin d’ora.

SPECULAZIONE - A margine si può notare che in tutta questa vicenda la speculazione – colpevole per definizione, come il maggiordomo – non c’entra nulla. Il tasso praticato ad Atene è appena sotto quello chiesto dal mercato, segno che gli investitori non sfruttavano la posizione di debolezza del debitore più di quanto fanno i governi amici. Peraltro, essendo il meccanismo di definizione dei tassi in massima parte collegato all’euribor a tre mesi, sarà anche in futuro collegato all’andamento dei mercati.

SALVATORI O SALVATI? – Grande vincitrice è la Germania, che non solo mantiene il suo ruolo di custode della santità del patto di Stabilità, ma è di fatto la maggiore beneficiata dal questo piano di salvataggio. L’esborso dei governi è proporzionale alle quote della Bce, ma l’esposizione di Atene non lo è. Di quale nazione sono le banche con i crediti più alti? Risposta banale, d’altronde i tedeschi sono i più grandi acquirenti di asset finanziari in Europa. Un surplus che non nasce dal rigore dello stato, ma dalla bilancia commerciale. In questi dieci anni gli operai e gli imprenditori tedeschi hanno sfruttato la moneta unica per esportare merci in Grecia e negli altri paesi che si sarebbero rivelate troppo costose in un sistema di cambi. Infine le istituzioni finanziarie europee, anche se 20100224 051034 317181E9 LEuropa salva la Germania e strozza  Atenedovranno svalutare i titoli di cui non si sono riusciti a liberare, ridurranno le perdite rispetto ad un’uscita della Grecia dall’euro e dalla ridenominazione di tutti gli asset greci nella nuova Dracma.

CI ABBIAMO PROVATO – Politicamente le istituzioni europee non potevano scegliere molte altre strade. L’unione monetaria deve tendere alla nascita di un “debito pubblico europeo” che comporta armonizzazione fiscale e maggiore coordinamento politico. Abbiamo facilmente previsto che Bruxelles avrebbe scelto il meccanismo più contorto possibile, ma non avrebbe sbagliato la direzione. Visto che la differenza e tra salvatori e salvati non è così netta come sembra, si può anche dire che il vero vincitore è proprio l’euro. Tutti i governi hanno implicitamente ammesso che non esiste la possibilità di invertire l’unione monetaria e hanno impegnato qualche miliardo per dimostrarlo. La critica secondo cui questo sarà un pessimo segnale per gli altri paesi indebitati (una sorta di moral hazard) è debole: quelli grandi, come Italia e Spagna, sanno che la via greca è preclusa dalla dimensione delle loro economie e dei loro debiti; quelli piccoli sanno che alla Grecia è stata concessa una dilazione, non un salvataggio in piena regola. E per loro potrebbe non esserci nemmeno quella disponibilità.

http://www.giornalettismo.com/archives/59010/leuropa-salva-germania-strozza/

1992 l’anno del Golpe in Italia e fine della nostra sovranita'

questo dovrebbe essere scritto nei libri di storia contemporanea 1992 l’anno del Golpe in Italia e fine della nostra sovranità politica Pubblicato da Alessandra Drago Il 12 aprile 2010 @ 12:17 in Controllo USA, Disastri italiani, Economia, Geopolitica, Giornalismo, Goldman Sachs, Informazione, Terrorismo | Nessun commento Assolutamente da leggere! VENT’ANNI DELLA NOSTRA STORIA! UNA LUCIDA ANALISI SUGLI ULTIMI VENT’ANNI DELLA COMPLOTTISTICA ITALICA Post n°968 pubblicato il 01 Marzo 2009 da Voce di Megaride [1] di anonimo fonte:sitoaurora.splinder.com COSA ERA ACCADUTO IN COSI’ POCO TEMPO PER RIBALTARE L’ITALIA? Cos’era accaduto in così poco tempo per ribaltare tutta l’Italia, la storia e la religione come un calzino? Era accaduto che era crollato il Muro di Berlino, e orde di compagni ipnotizzati dall’isola che non c’è, aspettavano i custodi della fede fuori dalle sezioni con i bastoni in mano dopo tanti anni di prese per il cubo. I geni del marketing delle masse avevano previsto per tempo la grande opportunità, e avevano iniziato a tessere la propria tela coi “vertici“, e a preparare la strada per “orientare diversamente” il popolino del muro di Berlino: caduta la prima pietra, era già pronta una “Santa Alleanza” mediatico-giudiziaria che distogliesse l’attenzione del popolino con la terza media dai mille “contrordini, compagni!” verso una “missione per conto di Dio” che li facesse sentire di nuovo “importanti” per le sorti del mondo. In realtà si trattava solo di un ramo di un golpe internazionale volto al controllo “dall’alto” delle realtà “locali“, basato in Italia, appunto, sul totale controllo di magistratura e media. Sentiamo le testuali parole di Piero Sansonetti, in quel periodo di inizio golpe condirettore, insieme a Veltroni, de L’Unità: “Chi contava? I giornali. E nacque un’alleanza di ferro tra quattro giornali italiani: il Corriere, la Stampa, l’Unità e Repubblica. Il direttore dell’Unità era Veltroni, alla Stampa c’era Mauro, il caporedattore di Repubblica era Antonio Polito. Ci si sentiva due o tre volte al giorno, si concordavano le campagne, le notizie, i titoli“. In due parole: Santa Alleanza tra i maggiori media del periodo per preparare la strada a “Mani Pulite“, con l’obbiettivo di sostituire il governo eletto dal popolo sovrano, con uno fantoccio formato, ovviamente, solo da aderenti al golpe internazionale. ALLA TESI DI “MANI PULITE” ADERISCONO SUBITO TUTTI I COMUNISTI E… In Italia aderiscono subito tutti i comunisti per salvarsi dai coltelli dei raggirati da decenni, la sinistra DC di De Mita, Ciampi, Scalfaro e Prodi, la sinistra PSI di Giuliano Amato. Ma le correnti di maggioranza, che occupano già le poltrone giuste per decisione popolare, non sentono ovviamente una impellente necessità di inchinarsi ad un complotto internazionale che promette loro ciò che, praticamente, già hanno (e per di più senza “pressioni esterne“). Inizia quindi la “resa dei conti“. L’allora ministro degli interni, Vincenzo Scotti, alla presentazione del libro “L’Oro da Mosca” del giornalista Valerio Riva, ci svela quanto segue: tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, all’insaputa l’uno dell’altro e a distanza di pochissime settimane, il capo della polizia, quello del Sisde e Giovanni Falcone si recano al Viminale per informare il ministro degli interni di essere giunti, da diverse vie, ad individuare un “complotto internazionale” della lobby delle lobbies della grande finanza, insieme a mafia, camorra e kgb “deviato“, il cui intento è quello di “fare shopping in Italia” dopo aver sostituito, grazie ad un accordo mediatico-giudiziario, il governo “reale” con uno “fantoccio“, costituito solo da coloro che hanno aderito al “complotto”, e dopo aver fatto svalutare la lira. Falcone preavvisa anche Scotti che, se la consueta “guerra di diffamazione personale” inaugurata da Luciano Violante nei suoi confronti in ogni sede istituzionale non sortirà nel frattempo particolari effetti, incontrerà a fine maggio il collega moscovita Stepankov per “chiudere il cerchio“, ma che “attentati mafiosi” potrebbero arrivare prima di quella data per iniziare a destabilizzare l’opinione pubblica italiana e quindi spianare la strada ai complottisti dal punto di vista del “siluramento mediatico-giudiziario dei politici non complottisti“. FALCONE, PRIMA DI RIUSCIRE A INCONTRARE IL COLLEGA RUSSO, CASUALMENTE SALTA IN ARIA Vincenzo Scotti in marzo allarma quindi ufficialmente tutte le prefetture, e direttamente anche il Parlamento, ma entrambe le “istituzioni” sottovalutano l’allarme lanciato da Falcone e servizi segreti, nonostante gli attentati mafiosi si verifichino realmente e, soprattutto, nonostante i “poteri forti” inizino a spostare progressivamente le proprie pedine nello scacchiere della magistratura per farle sedere nelle poltrone “giuste“. Poche ore prima dell’incontro col collega russo, casualmente Falcone salta in aria a Capaci, e casualmente quella stessa sera due camion pieni zeppi di documenti escono a fari spenti da Botteghe Oscure, come accadde in tanti luoghi ed in tante occasioni del passato dalle “ambasciate russe“: gli uomini del SISDE che li stavano sorvegliando da tempo, attendono frementi l’autorizzazione alla perquisizione da settimane agognata, ma casualmente ricevono invece la notizia che il loro “capo operativo” è stato improvvisamente ed inopinatamente “silurato“… come quello del Norad la notte tra il 10 e l’11 settembre 2001… quindi anni di indagini vanno in un attimo a p… E’ il 23 maggio 1992, e casualmente il 2 giugno numerosi esponenti di spicco del complotto denunciato in inverno da Falcone (e non solo) a Scotti, salpano da Civitavecchia sul panfilo reale Britannia per una scampagnata lontano da orecchie indiscrete… Casualmente, i servizi segreti intercettano una comunicazione dal Britannia alla Procura di Milano, e ancor più casualmente il giorno dopo Maurizio Losa dal TG1 ci informa che molti “pezzi da novanta” anticomplottisti del governo in carica, Craxi compreso, sono appena stati iscritti nel registro degli indagati. Craxi si era sempre lamentato del potere assoluto del suo grande amico Giuliano Amato nelle “questioni economiche del PSI“, e il grande amico Giuliano Amato si era sempre vantato che “non si muovesse foglia” in tutte le questioni “di denaro” del PSI, se prima non ci fosse stata la propria autorizzazione, però, per la Santa Alleanza della magistratura coi quattro maggiori quotidiani del Paese, improvvisamente Craxi diventa il più grande ladro tangentaro della storia d’Italia, mentre contemporaneamente Giuliano Amato diventa miracolosamente il presidente del consiglio di un governo fantoccio che… tenterà di salvare l’Italia dalle tangenti e quindi da Craxi… Misteri della fede… GIULIANO AMATO VA AL GOVERNO E UNA BANCA D’AFFARI DICHIARA CHE… Venti minuti dopo che Giuliano Amato ha miracolosamente ricevuto l’incarico di salvare l’Italia dalle tangenti di Giuliano Amato, casualmente la banca d’affari internazionale più rappresentata sul Britannia si sente miracolosamente costretta ad annunciare al mondo intero che i titoli di stato italiani, da lei stessa applauditi e consigliati al mondo pochi mesi prima, ora che l’italica economia è leggermente migliorata, sono miracolosamente divenuti inaffidabili… Perché inaffidabili, la stampa specializzata chiede a gran voce? “Perché l’Italia non privatizza i suoi gioielli di Stato…”, è la risposta dei lupi di mare del Britannia. Gli esperti del settore ridono di gusto a tanta imbecillità, ma le altre banche presenti sul Britannia iniziano a svendere tonnellate di titoli di Stato italiani. Il Bilderberg storico Giuliano Amato annuncia al Paese di volergli tanto bene da sentirsi costretto a pagare una follia la consulenza delle 3 maggiori banche d’affari del Britannia per “farci uscire vivi dalla crisi“, e manda questi gentiluomini guidati da Soros a dettare ordini all’altro Bilderberg storico Carlo Azeglio Ciampi (incoronato a Stresa dai vertici della –OMISSIS- planetaria), in quel momento, casualmente, numero uno di BANKITALIA. Dall’azione congiunta di tanta genialità italo-rotschildiana, scaturisce la perdita, tra “diretto” e “indotto“, di oltre 100.000 miliardi di vecchie lire di quasi vent’anni fa, l’uscita della nostra moneta dallo SME, e la sua conseguente, pesante svalutazione. Casualmente a quel punto la maggioranza bulgara delle “privatizzazioni” finisce a società straniere… Che risparmiano prima il 25 – 30% per la svalutazione, poi almeno altrettanto per una “sottovalutazione” di consulenti geniali come tal Romano Prodi. L’informazione, radunata intorno all’ex “ammazza Agnelli/De Benedetti” Paolo Mieli, “copre” il tutto con migliaia di titoloni sull’eliminazione mediatico-giudiziaria di chi non aderisce al complotto, quella ridicola farsa che qualche povero di spirito continua a chiamare “Mani Pulite“. Antonio Polito, come detto uno dei “Quattro dell’Ave Maria” della Santa Alleanza, scrive testualmente: “Certo, Craxi non aveva torto quando diceva di sentirsi accerchiato. C’era un vuoto, i partiti pesavano pochissimo, il governo era altrettanto debole, perse in pochi mesi una decina di ministri che si dimettevano subito, appena ricevuto l’avviso di garanzia, anche per le nostre campagne di stampa. La dimostrazione più evidente di quel patto si è avuta col decreto Conso. Certo, l’uomo era specchiato, l’oggetto era tentatore e l’idea nemmeno campata in aria: la soluzione prevedeva che i politici coinvolti in Tangentopoli se ne andassero subito a casa. Però decidemmo insieme di ostacolare quel decreto, di ostacolare la soluzione politica… E non fu difficile… In quel clima ci bastava scrivere “decreto salva ladri”, e il gioco era fatto. Non c’era potere politico che potesse contrastarci. In quel vuoto abbiamo interpretato e qualche volta indirizzato l’opinione pubblica. Facemmo quel patto proprio perché il nostro peso era enorme“. MIELI SI VANTA DI INCONTRARSI DUE O TRE VOLTE ALLA SETTIMANA CON DI PIETRO Per coloro, magari stranieri, che non conoscono bene la lingua italiana, traduco brevemente: Mieli si vanta di incontrarsi 2-3 volte alla settimana con Di Pietro, comunque sempre almeno il sabato mattina a colazione, insieme concordano chi “asfaltare” e chi “salvare“, Mieli si sente 3-4 volte al giorno con i numeri uno degli altri 3 quotidiani della Santa Alleanza per concordare titoloni esplosivi per condannare preventivamente qualcuno (non importa se innocente) e assolvere preventivamente altri (non importa se colpevoli), ma guai mai se qualcuno osa proporre una “asfaltatura democratica a 360 gradi dei tangentari“, perché i primi a saltare sarebbero ovviamente proprio i loro padroni… E così accadde che, quando nell’autunno 1993 vennero fissate le elezioni politiche per il successivo marzo 1994, sulla scena politica erano rimasti solo i complottisti al gran completo (perché “intoccabili“), più Bossi e Fini “che non se li voleva nessuno“… A quel punto, col consueto grave errore di valutazione sulla reale scolarizzazione degli italiani, a Botteghe Oscure e in Via Solferino si accolse quasi con sollievo la “discesa in campo” di chi era miracolosamente riuscito a riunire sotto le proprie ali “quelli che non se li voleva nessuno“, poiché tale “miracolo” pareva dare un minimo di credibilità alle elezioni-farsa scaturite dall’intoccabilità di un Di Pietro che, nonostante statisticamente sbagliasse il 70-75% dei propri teoremi, continuava ugualmente ad arrestare impunemente tutto e tutti. Ma il 27 marzo 1994 accade l’impossibile: a forza di esaltare le doti umane e di imprenditore di San Silvio da Arcore, CGIL e PCI hanno talmente “innalzato” la notorietà del “Cavaliere Nero“, che quest’ultimo asfalta la “gioiosa macchina da guerra” alle politiche. Non passa nemmeno una settimana, che il presidente di Banca IMI (a quei tempi ancora “statale” e come sempre in mano ai “poteri forti” del paese) si presenta al Bilderberg storico Oscav Luigi (in qualità, oltre che di Presidente della Repubblica, di presidente del Csm) per presentargli un esposto miracoloso. Perché “miracoloso“? Perché, come vedremo, Banca IMI nel processo noto come IMI-SIR(/Rovelli) ha per anni palesemente corrotto tutti i magistrati dei vari gradi di giudizio per ottenere uno “sconto” di una inevitabile pena, ottenendo alla fine un “quasi-dimezzamento” (economico) della pena stessa, proprio un paio di mesi prima dell’inaspettata vittoria di San Silvio istantaneamente divenuto Satana Origine di Tutti i Mali. E ora, mentre ancora nei “piani alti” della banca si festeggia il risultato di tanta corruzione di magistrati, si manda il presidente della banca da Oscav con un esposto che ipotizza corruzione di magistrati realizzata dalla parte avversa=danneggiata dal dimezzamento finale (…), guidata occultamente, non ci crederete mai, da Satana Origine di Tutti i Mali… VIENE COINVOLTO BOSSI PER POTER FARE IL RIBALTONE Oscav Luigi trasmette l’esposto alla magistratura competente e lo manda in copia a Bossi minacciando di coinvolgerlo nel caso in cui “voti la fiducia” al “Santo da Arcore” istantaneamente trasformatosi in “Satana Origine di tutti i Mali“. Umberto Bossi temporeggia per alzare la posta del “tradimento“, e quindi intanto vota la fiducia a Satana, poi si mette alla finestra e aspetta proposte dal Quirinale. Poche ore dopo il voto di fiducia, Remigio Cavedon, ex Direttore de “Il Popolo” ed ex consigliere personale di Oscav, per altri motivi si reca in visita al Quirinale e, come vedremo tra breve, in una lunga, amichevole chiacchierata, viene informato da Scalfaro che esiste già un complotto mediatico-giudiziario per mandare a casa Satana Origine di tutti i Mali, che vi partecipano tutti i “poteri forti“, tutta la vecchia politica, tutta la magistratura, tutta l’informazione e pure tutte le forze dell’ordine, compreso il capo nazionale della polizia, Parisi, amico fidato dello stesso Cavedon… L’ex direttore del Popolo viene anche informato che “si sta lavorando ai fianchi” di Bossi, che il ribaltone è già cosa fatta, e che Satana non vincerà mai e poi mai le successive elezioni, poiché la magistratura si sta inventando qualcosa per spazzarlo via per sempre… Scalfaro, come stiamo per vedere, lo informa anche che la motivazione di gran lunga più importante di questa “compattezza” del fronte anti-Satana, riguarda gli interessi di tutti i partecipanti alla “Santa Alleanza antiSatana” nei confronti di alcuni mega-affari dell’IRI, dove Satana sta già scoperchiando qualche pentola molto rischiosa. Infatti, Satana, appena ricevuta la fiducia, ha affidato la guida della Commissione Antimafia alla toga più rossa dell’universo, e questa, già a suo tempo collaboratrice esterna di Falcone e Borsellino nel Pool antimafia, seguendo il filo delle ultime indagini dei due colleghi saltati in aria, ha già scoperto la truffa del secolo, 200.000 miliardi di tangenti tra “diretto” ed “indotto” legati alla TAV, finiti a mafia, camorra, grande finanza, cooperative rosse e uno stuolo di politici, il 100% dei quali, casualmente, si sta proprio in quei giorni stringendo intorno alla “Santa Alleanza per Prodi” che salverà la povera Italia da Satana Origine di tutti i Mali. In tale ottica, come vedremo meglio in apposito capitolo, il governo-fantoccio scaturito dalla follia della e dall’inettitudine degli italiani (che solo ora, a distanza di tanti anni, si stanno riscattando. E con gli interessi, a giudicare dalle ultime tornate elettorali…), presieduto dallo zerbino Bilderberg Giuliano Amato, con una seduta straordinaria in notturna a fine anno (29 dicembre 1992), firma in extremis un provvedimento che aggiri/raggiri una legge europea sulle “grandi opere“, che poche ore dopo, il primo gennaio 1993, sarebbe entrata a tutti gli effetti in vigore (riunione in piena notte dei ministri Barucci, Reviglio e Tesini). COMMISSIONANO A NOMISMA UNA COLOSSALE CONSULENZA Tale provvedimento europeo, prevedeva che per tutte le “grandi opere” di ciascuno dei Paesi membri, come la TAV, fosse realizzata un’asta aperta alle società, appunto, di tutta l’Europa Unita, ma questo avrebbe complicato pesantemente la successiva spartizione già decisa delle tangenti, quindi il provvedimento preso in extremis passò il “potere decisionale” all’IRI, nella persona, scoprì la Commissione Antimafia, di Romano Prodi, che, per essere sicuro di non sbagliare nella scelta dei “contractors” cui affidare i lavori della TAV (si sa mai gliene scappasse, per distrazione, anche uno solo non mafioso…), commissionò una colossale consulenza al Romano Prodi di Nomisma, che riuscì nella miracolosa impresa di scegliere solo ed esclusivamente società appartenenti al complotto, molte delle quali non possedevano nemmeno operai ed attrezzature per poter eseguire i lavori per i quali stavano ricevendo decine di migliaia di miliardi di vecchie lire (dei primi anni ‘90. Solo la Finanziaria 1993 di Giuliano Amato e del suo governicchio servo dei Bilderberg destinò alla truffa 9.000 miliardi direttamente, più del doppio indirettamente…). A quel punto, come stiamo per vedere, la Commissione Antimafia scoprì che già Falcone aveva individuato, grazie anche a mega-dossier dei reparti speciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, lunghe catene di subappalti che passavano sempre e comunque da società di mafia e camorra, per finire, con mediamente solo il 10-20% dei soldi iniziali, in cooperative rosse che, oltre che partecipare alla spartizione, nemmeno rispettavano le regole sul lavoro per i propri operai e che, con i pochi soldi rimasti dopo tutta la catena di subappalti, nemmeno riuscivano a fare un terzo dei lavori commissionati e quindi battevano cassa verso Roma. Non solo: la toga più rossa del mondo, pluri eletto nelle fila di PCI/PDS, scopre che il 100% dei politici che hanno messo le mani in pasta nella truffa del secolo, si sta in quel momento radunando nella “Alleanza per Prodi” che doveva salvare l’Italia da Satana… e che il “distributore di tangenti” dell’affare TAV, il banchiere italo svizzero Pierfrancesco Pacini Battaglia, si era salvato per ben due volte in poco tempo dalla galera, prima per l’affare-Cooperazione, poi per la TAV, solo perché Antonio Di Pietro era intervenuto con minacce verso la Procura di Roma prima per evitargli due volte le sbarre, poi per “ripulire” due volte il dossier del tangentaro preferito di mafia e camorra, quindi “riverginarlo” due volte per potergli permette di distribuire più tranquillamente le tangenti. Contemporaneamente Giuliano Amato passava all’antitrust, e casualmente, contemporaneamente alle indagini della toga rossa inaugurava una profonda (…….) indagine sulla “architettura societaria” sulla quale si basava la TAV e tutti i suoi sub-appalti, concludendo con una relazione finale nella quale affermava “tutto perfetto, nessuno dei problemi che qualche disinformato millanta…”. Casualmente, fino a quando a Palazzo Chigi siede Satana Origine di Tutti i Mali, il lavoro della Commissione Antimafia e dell’ex giudice senatore PCI/PDS procede spedito e senza ostacoli, casualmente dopo il ribaltone la Commissione viene congelata e si impedisce alla Toga più rossa del mondo di discuterne la Relazione Finale, poiché dopo tale atto, il documento “passerebbe alla storia” come “documento ufficiale dello Stato” con sopra scritto che il 100% dei malfattori e criminali appartiene al nuovo schieramento compatto anti-Satana che si prepara alle elezioni del 1996. Elezioni alle quali la toga più rossa del mondo si presenterà nonostante le minacce di Violante e D’Alema (attraverso il proprio braccio destro Bargone), e verrà trombato nel proprio seggio-sicuro poiché mafia, camorra e compagni di partito minacceranno amici, parenti e conoscenti dell’ex giudice (mille denunce giacciono ancora senza seguito…), costringendolo addirittura a trasferire molto lontano la propria famiglia. Al magistrato rimarrà quindi il tempo di riassumere la Relazione Finale della Commissione Antimafia “congelata” dalla mafia rossa in un libro, che lo stesso autore presenterà in anteprima e di persona al nuovo presidente del consiglio (e proprio a Palazzo Chigi), il quale avrà un collasso dal quale, per la sfortuna di 60 milioni di italiani, verrà salvato in extremis da Beniamino Andreatta. http://www.stampalibera.com/?p=11230

Graecia capta. I banksters sogghignano

Les jeux sont fait. Et rien ne va plus. Domenica la Grecia malata ha assistito, smarrita, al consulto terapeutico dei suoi medici d’ufficio. Attorno al suo capezzale i giocatori d’azzardo di Bruxelles, Londra e New York stilavano la loro diagnosi e prescrivevano le loro medicine lanciandole come fiches su un tappeto verde da roulette. Una tragica roulette. Per Atene, e soprattutto per il popolo greco, la posta in gioco è ora ancor più drammatica. Gli “Stati fratelli” della cosiddetta “Unione” europea hanno puntato sulla crisi greca dai 30 ai 40 miliardi di euro in prestiti al 5 per cento di interesse annuo. La centrale dell’usura internazionale, il Fmi, ha promesso altri 15 miliardi di euro. (Il rifinanziamento del debito (composto da interessi che la Grecia deve pagare alle banche d’affari private che a loro volta controllano il Fmi e il sistema delle Banche centrali europee) è un reato – quanto mai disapplicato - che per il codice italiano passa con il nome di anatocismo. Gli interessi sugli interessi sono usura. E l’usura è (sarebbe, cioè) un reato… Ma la cosa evidentemente non turba né gli Stati “fratelli”, né i banksters). Per tutta la giornata di ieri, così, la pallina d’acciaio greca ha continuato la sua corsa sulle borse-roulettes di Wall Street, di Londra, di Parigi, di Francoforte, di Milano, delle piazze asiatiche, Tokyo, Hong Kong, Shangai, e di Sydney. Il risultato, scontato, un qualche interesse ad investire sul debito ellenico, da parte dei privati, ma non troppo. La speculazione “bassa” non vuole turbare le grandi manovre d’altura. Tanto per “compiacere” la manovra, lo stesso euro ha guadagnato “qualcosina”, qualche punto millesimale, rispetto al dollaro . D’altra parte, perché prosegua, l’attacco speculativo ai “Pigs” (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) deve essere condotto con diplomazia. Prima un tassello, poi l’altro. Senza produrre allarmismi che turberebbero il buon esito del sacco finanziario dei Paesi del Mediterraneo. Il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro (circa il 5 per cento) è una quota ritenuta “ragionevole”, almeno per il momento. Per adesso, insomma, è la Grecia la nave-Stato da affondare. La Moody’s ha già provveduto a mantenere alta la febbre interna al “Paese malato”: declassando cinque maggiori banche elleniche, ha già fatto salire i tassi dei titoli finanziari al 7,6 per cento. Il governo di Atene viene messo così all’angolino: obtorto collo dovrà accettare i “più bassi” tassi usurai proposti da Ue e Fmi. E lo strangolamento diverrà perpetuo. La Grecia sarà costretta a pagare alle istituzioni finanziarie interessi su interessi per sempre. Comincerà oggi con il lancio di obbligazioni per i primi 1,2 miliardi di euro. E a Bruxelles, alla City e a New York, tutti sorridono soddisfatti. Tutti i loro analisti prevedono che la Grecia, pur di non calarsi in uno stato di “umiliazione nazionale” - dopo aver tentato invano di contrarre un prestito nazionale interno - metterà tutto il suo collo nel cappio perché non sarà in grado né di autofinanziarsi a breve, né di abbattere poi il costo degli interessi nel lungo termine. Intanto le quotazioni del greggio continuano ad impennarsi: in fondo abbattendo l’euro le multinazionali che lucrano con il dollaro hanno tutto da guadagnare. Capitalcomunisti cinesi inclusi. Ugo Gaudenzi Fonte: www.rinascita.eu/ Link: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=1532

Elezioni in Ungheria. Chi è Jobbik ?

Capire il nuovo populismo I liberal-liberisti hanno vinto il primo turno delle elezioni ungheresi. Al secondo turno in programma il 25 aprile il partito Fidesz di Viktor Orban spera di ottenere una maggioranza talmente ampia da poter formare un governo monocolore. Tuttavia non è questa la prima sorpresa, e nemmeno il crollo dei "socialisti", puniti dall'astensione e dall'esodo del loro elettorato a causa di anni di politiche antipopolari e della corruzione dilagante. La vera sorpresa è che il partito Jobbik è arrivato al 16,7% dei voti (alle auropee di un anno fa aveva ottenuto il 14,9%). Una avanzata apparentemente inarrestabile. Ma chi è Jobbik? Se ne sono state dette di tutti i colori: nazisti, razzisti, qaedisti, comunisti, populisti. Chi più ne ha più ne metta. Consigliamo di leggere il loro corposo Manifesto politico. Cosa abbiamo? Un muscoloso populismo nazionalista e antiglobalista, che fonde xenofobia, moralismo cristianista conservatore e proposte sociali prese a prestito dalle antiche tradizioni socialiste. Il leader di Jobbik, Gabor Vona, ha promesso un'opposizione dura al futuro governo della destra liberista (che di sicuro condurrà il paese sull'orlo del precipizio), tendendo anzitutto a intercettare il profondo malessere dei ceti più poveri (ma solo ungheresi, Dio ce ne scampi dai Rom!) della popolazione. Si commeterebbe un errore a liquidare Jobbik come un partito neo-fascista. Accusa che esso apertamente respinge. Occorre invece saper cogliere i tratti di novità che esso esibisce. Come nel resto d'Europa il populismo radicale ungherese raccoglie consensi di massa non in virtù dei suoi riferimenti al passato, quanto perché ha saputo leggere le novità e le contraddizioni sociali indotte proprio dalla modernità. O, se si preferisce, dalla post-modernità. Mutatis mutandi, come ha fatto la Lega in Italia, con la differenza che Jobbik ha tratti anticapitalistici accentuati, un nazionalismo che si tinge di antioccidentalismo (di qui anche il rifiuto della Ue). Un nazionalismo che guarda più ad Est che a Ovest. Questo sembra a noi il tratto, programmaticamente parlando, più peculiare. Uno sguardo ad Est nient'affatto incolore o innocente. Jobbik dichiara apertamente che l'Ungheria non è solo quella che sta nelle sue attuali frontiere, ma dove stanno gli ungheresi. Abbiamo dunque un nazionalismo pan-ungherese, l'idea risorgente della Grande Ungheria. Il Manifesto di Jobbik non a caso insiste ripetutamente sul "Bacino carpatico" (nonché sui Balcani), quasi come questo fosse, ma questo lo diciamo noi, una specie di "spazio vitale" ungherese. Vista la consistenza delle minoranze ungheresi in Serbia (Vojvodina), in Romania e in Slovacchia, questi paesi hanno di che stare in allerta. Cosa accadrebbe, ci chiediamo, se un domani non lontano Jobbik, spinto dalla crisi sociale, giungesse al potere? Quanto reggerebbe la Pax europea? Fonte: http://sollevazione.blogspot.com Link: http://sollevazione.blogspot.com/2010/04/elezioni-in-ungheria-chi-e-jobbik.html#more 15.04.2010

La truffa green.

Ormai e' piu' di un anno, ed e' ora di iniziare a tirare qualche somma sulla truffa dal nome altisonante che si chiama "green economy". La green economy e' la moda che ha preso il posto dell'economia dell'idrogeno, l'aborto mai nato che idioti farlocchi come Rifkin davano per sicuro e rivoluzionario. Ebbene, anche la "green economy" ancora e' giovane, e gia' fa cagare.
Innanzitutto, i risultati non sono quelli che ci si aspettava.
Se ne sono accorti i tedeschi qui in NRW, che hanno iniziato a tirare i bilanci dell'operazione. Trovate l'articolo della delusione definitiva qui.
“Le installazioni di nuovi moduli fotovoltaici nel solo anno 2009 sono costati ai consumatori oltre 10 miliardi di euro, e così sarà per il prossimo ventennio. E questo per immettere sulla rete elettrica lo 0,3% della domanda nazionale, praticamente nulla. Per tutti i pannelli installati prima, gli incentivi ammontano a oltre €30 miliardi”
Non deve stupire, quindi, se il governo tedesco (e quello francese) hanno iniziato un piano di rilancio del nucleare. E la cosa in Germania va ancora bene, perche' alla fine dei conti la gran parte dei pannelli e dei motori per energia eolica sono costruiti li', quindi in un certo senso stanno finanziando la loro industria.
In Italia, le cose stanno ancora peggio, e la bufala si sta rivelando sin da ora.
Innanzitutto, non e' vero che il green dia piu' lavoro. Le stime in ore-uomo sono ottimistiche, e partono dall'idea che tutte le installazioni vengano fatte da nuove imprese. Il che non e': la stragrande maggioranza delle imprese installatrici sono imprese edili e imprese di costruzioni idrauliche o elettriche (per i pannelli) , con il risultato che c'e' piu' lavoro per loro.
Lo stimolo alla ricerca tanto vantata dagli ecologisti non esiste. La green economy cosi' come praticata in Italia non richiede profili alti, ne' ricerca. Gli installatori sono mediamente degli operai da cantiere, e mediamente sono extracomunitari. Si tratta di lavori prevalentemente manuali, per i quali non occorre alcuna scolarita' particolare. Niente che l'italiano laureato in scienze della banana vorrebbe fare, gli si rovinano le manine.
Se i pannelli fossero organizzati in centrali elettriche, le aziende potrebbero anche fare ricerca sulle prestazioni e sull'ottimizzazione. Trattandosi di una tecnologia matura (tranne i soliti studi destinati a non uscire mai dai laboratori per via dell' "ottimismo" mostrato nell'annunciare scoperte in realta' molto potenziali e poco sperimentali)(1) di per se' potrebbe necessitare di ricerca solo in casi di scala.
Cosi', ci troviamo con una rivoluzione green che costa alle famiglie (l'installazione dei pannelli), che costa allo stato (fondi e sovvenzioni come se piovessero) e con la quale sinora non si e' cambiato nulla di nulla. Anche perche' dovete considerare che qui in NRW si va ancora molto a carbone , ( OT: RUHR 2010 e' la manifestazione per la chiusura dell'ultima miniera, se vi interessano eventi culturali tedeschi)
Ma il problema e' un altro: con la stessa cifra spesa a coibentare le case, si poteva ottenere una riduzione del CO2 molto, molto piu' drastica. Se consideriamo che con 10 miliardi di euro si e' ridotta l'emissione dello 0.05% (lo 0.3% della produzione di energia elettrica, pesata col nucleare -che non produce CO2- l'idroelettrico , etc) il confronto diventa miserabile se si considera che l'investimento sulla coibentazione rende ancora di piu'.
Secondo ENEA, solo riportando le case italiane, nelle condizioni di isolamento ottimali seguenti:
Elemento costruttivo Zona climatica E Zona climatica F
Strutture fisse verticali (muri) 0,27 W/m²K 0,26 W/m²K
Strutture fisse orizontali (coperture) 0,24 W/m²K 0,23 W/m²K
Strutture fisse orizontali (pavimenti) 0,30 W/m²K 0,28 W/m²K
Finestre e infissi 1,80 W/m²K 1,60 W/m²K
si potrebbero tagliare le emissioni fino al 20%, e non pochi stupidi decimali.
Se tenete conto che ancora la media delle case italiane lavora SOTTO la classe energetica C (C = 70 kWh/m²a), sarebbe meglio darci un taglio ad installare catafalchi solari e ventilatori sul mare, visto che i soldi dedicati a coibentare le case sono spesi MEGLIO.
Per intenderci , un’abitazione di 100 metri quadri, costruita in modo tradizionale, con buona probabilità corrisponde alla classe F e consuma 1600 litri di gas all’anno. Una casa di pari superficie di classe A consuma invece 300 litri di gas l’anno. Taglio delle emissioni di CO2, circa l' 80%.
E di per se', la "green economy" sarebbe anche questo, ma per qualche motivo stravagante si sta puntando a finanziare la generazione di energia anziche' il risparmio, anche laddove le tecnologie di generazione siano meno efficaci.
L'anno scorso ho fatto coibentare con uno strato aggiuntivo di isolante termico il tetto di casa mia. Il risultato e' che ho potuto scaldare casa con una sola fonte. Non solo ho risparmiato soldi, ma il risparmio in KWh e' stato superiore a qualsiasi quantita' di energia avrei potuto ottenere investendo, invece, nei pannelli solari.
La verita' e' che c'e' tanto da fare nel campo del risparmio energetico che investire in improbabili forme di generazione domestica e' semplicemente assurdo.
Perche' allora ci si sta muovendo in questa direzione? Per la ragione menzionata all'inizio: l'economia green focalizzata al fotovoltaico e alla generazione (anziche' al risparmio) e' , essenzialmente , un'economia dei sussidi. E' quindi molto vicina all'idea di intervento statale che hanno i partiti di estrema sinistra che generalmente occupano l'area "verde".
E' interessante vedere come sia finita l'esperienza spagnola, QUI
PUERTOLLANO, Spain — Two years ago, this gritty mining city underwent a brief, 21st-century gold rush. Long famous for coal, Puertollano discovered another energy source it had overlooked: the relentless, scorching sun. With generous incentives from the Spanish government to jump-start a national solar energy industry, the city aggressively set out to replace its failing coal economy by attracting solar companies, with a campaign slogan: “The Sun Moves Us.” Soon, Puertollano, home to the Museum of the Mining Industry, became a hub of alternative energy, with two enormous solar power plants, factories making solar panels and silicon wafers, and clean energy research institutes. Half the solar power installed globally in 2008 was installed in Spain. Farmers sold land for solar plants. Boutiques opened. And people from all over the world, seeing business opportunities, moved to the city, which had suffered 20 percent unemployment and a population exodus. But as low-quality, poorly designed solar plants sprang up like weeds on Spain’s plateaus, Spanish officials came to realize that they would have to subsidize many of them indefinitely, and that the industry they had created might never produce efficient green energy on its own. In September, the government abruptly changed course, cutting payments and capping solar construction. Puertollano’s brief boom went bust. Factories and stores shut, thousands of workers lost their jobs, foreign companies and banks abandoned contracts that had already been negotiated.
Il concetto, cioe', e' che la green economy sta venendo trasformata in una truffa. Se di per se' stessi i concetti di base sono corretti, i soliti furboni li hanno stravolti trasformando il settore intero in una gigantesca truffa al contribuente:
  1. Si e' fatto credere che toccasse ai governi, e noi ai singoli, il compito di finanziare la rivoluzione green. Questi finanziamenti devono essere erogati, guarda caso, sotto forma di contributi a pioggia. Al contrario, si pubblicizzano (e si sovvenzionano) pochissimo delle tecnologie che potrebbero, semplicemente affermandosi, produrre tagli significativi di consumi energetici. Si sta procedendo per trend, e il trend segue la parolina magica piu' magica del momento: fotovoltaico, eolico , blabla. Coibentazione invece non e' alla moda.
  2. Si e' lasciato credere che il fotovoltaico o l'eolico fossero vie percorribili , quando si tratta di tecnologie esauste , capaci di rimanere sul mercato solo se finanziate dallo stato in eterno. La vera rivoluzione , quella che invece dovrebbe avvenire casa per casa, e' quella del risparmio energetico. Poiche' le tecnologie di coibentazione sono gia' esistenti (e su di esse c'e' davvero bisogno di personale qualificato, e non di un idraulico/elettricista che ti piazza due pannelli sul tetto, solo una termografia della casa all'infrarosso richiede personale specializzatissimo) , e come se non bastasse non sono evidenti, si preferisce mostrare agli amici quanto siamo fichi coi pannelli solari sul tetto. Come se si potessero usare anche nei condomini.
  3. Si continua a mettere in secondo piano l'isolamento: tutte le discussioni sul green parlano di automobili e di fotovoltaico/eolico. Se da un lato si sta facendo una pubblicita' incredibile al fotovoltaico, si stanno dimenticando completamente tecnologie come questa qui: http://www.4clima.com/negozio/it/SCAMBIATORI-D-ARIA__150.aspx che insieme alla coibentazione permettono di tenere in casa il calore pur scambiando aria con l'esterno. Il calore risparmiato nello scambio e' il 70%. La perdita di energia per ventilazione , nelle comuni case in classe F, e' il 25% dell'energia. In pratica, con serramenti stagni e un oggetto come questo, tagliate le emissioni di CO2 del 17%.
  4. Non si sta sovvenzionando quasi per nulla , o pochissimo, l'uso di elettrodomestici meno esosi di energia. Il vostro PC, se e' un "normale" desktop, ha un alimentatore da 300W quando va bene, sino ai 450/500 se avete un modello tamarro. Per che cosa? Esistono sia i laptop che i Mini-PC , che consumano molto meno e sono gia' all'altezza degli usi domestici.
  5. Lo stesso dicasi per tutti gli elettrodomestici in classe avanzata, e delle fonti luminose: che cavolo di senso ha continuare a sovvenzionare pannelli fotovoltaici quando si usano ancora lampadine ad incandescenza?
    Sapete qual'e' il problema? Il problema vero e' che sovvenzionare, in maniera razionale, le tecnologie di risparmio energetico significa sovvenzionare una quantita' enorme di operatori:
  6. Produttori di elettrodomestici a basso consumo.
  7. Produttori ed installatori di coibentazioni e soluzioni per lo scambio termico.
  8. Tecnici per l'analisi termica degli edifici.
I quali sono fuori dai circuiti della politica "verde". Al contrario, finanziando farloccate come il fotovoltaico e l'eolico, si finanziano precisi canali, fatti di pochi protagonisti amici del partito verde, aziende in gran parte amiche, certificazioni che vengono rilasciate da enti amici formando circuiti "vicini al partito".
Dove sta portando questo disastro politico causato dal mondo della politica "green", dai parassiti di partito e dalle associazioni "verdi"? Lo immaginiamo facilmente leggendo qui.
Si tratta evidentemente di un sistema economico che non e' sostenibile se non basandosi su sovvenzioni pubbliche, le quali non possono che crescere nel tempo, a fronte di quantita' misere di produzione energetica.
Ma il problema e' sempre lo stesso: l'ecologista non vuole la soluzione che c'e', ma quella che non c'e'. LA soluzione che non c'e', infatti, gli consente di continuare a dire "ah, come sarebbe il mondo se ci dessero retta e tutti facessero la tal cosa". La soluzione che esiste, per dirne una, e' una soluzione che permette di bussare sulla spalla degli ecologisti e chiedere "caro ecologista del cazzo , hai comprato una macchina ibrida, si o no? Hai coibentato la tua casa fino a farla passare in classe A+?"
Ed e' qui che casca l'ecologista attuale: egli ama manifestare, lamentarsi e parlare di quante tecnologie non ci sono ancora ma potrebbero esserci se il governo facesse la tal cosa. Preferisce glissare sulle tante cose che potrebbe gia' fare ma non fa.
Io preferisco il treno all'automobile, ho ricoibentato pavimenti e controsoffitti, sono passato ad una fonte rinnovabile a biomassa per il riscaldamento, ho abolito il mio PC desktop per dei laptop (uno a casa e uno per lavoro) e adesso che Lady Uriel deve cambiare il PC lo cambieremo con un MiniPC che consuma meno di un terzo. Sto installando una casupola esterna per il freezer, in modo da approfittare del fresco per fargli consumare di meno (raffreddare l'interno di un frigo mentre contemporaneamente si scalda la casa e' assurdo, il frigo lotta contro la stufa) ,ho cambiato le lampade con lampade a 24 volts (quelle col trasformatorino nella scocca del lampadario).
Eppure, siccome non ho pannelli fotovoltaici su casa mia, mi sento dire che "non sto partecipando alla rivoluzione verde". Anche se a casa mia il fotovoltaico ha rese ridicole per via del clima e della posizione nella valle.
E no, signori, vaffanculo. Per tagliare il CO2 quanto sto facendo io, voi avete bisogno di mezzo ettaro di pannelli. Solo che i vostri bei pannelli firmadt Dolce & Gabbana si vedono, e "fotovoltaico" fa molto figo.
Sfortunatamente, invece, per vedere quello che ho fatto io ci vogliono gli infrarossi.
E cosi', io non sono green.
E' uno sporco lavoro, ma qualcuno dovra' pur farlo.
Uriel http://www.wolfstep.cc/2010/04/la-truffa-green.html

BERNASCONI

Il gatto mangia il topo. Quello che vale nel regno animale ha paralleli nel mondo degli umani. Bisogna solo capire chi é il gatto e chi il topo. Gli indici azionari vengono lentamente ma inesorabilmente risucchiati verso l'alto. I piccoli investitori hanno l'impressione di perdere qualcosa e come al solito comprano troppo tardi permettendo questa corsa finale. Saranno mangiati dalle banche d'affari che orchestrano questo movimento esaustivo.

Ieri le borse europee hanno combinato poco fino all'apertura di New York. Hanno poi deciso di scendere seguendo l'esempio di Wall Street ed hanno chiuso la seduta con moderate perdite. L'America ha però cambiato direzione e l'S&P500 ha guadagnato il solito punticino (1197) per un nuovo massimo annuale. La nostra opinione tecnica é invariata: "È evidente che, malgrado la situazione di ipercomperato e la scarsa partecipazione, gli indici azionari non vogliono più correggere. È questo un segno evidente che ci avviciniamo alla fine del lungo rialzo iniziato il 6 marzo dell'anno scorso. I mercati sono ormai arrivati alla fase esaustiva di questo movimento. Non ci saranno più correzioni né ritracciamenti superiori ai tre giorni fino al raggiungimento di un massimo definitivo." Sembra che il top non sia imminente. Prepariamoci quindi ad un'ulteriore salita dell'S&P500. Abbiamo definito un range tra i 1200 ed i 1270 punti per il massimo definitivo di questo lungo rialzo. Il cambio EUR/USD risale stamattina a 1.3650. Questo movimento positivo potrebbe far risalire il cambio fino a 1.38 prima che il ribasso riprenda in direzione 1.30. L'oro é stabile a 1155 USD/oncia. Il primo attacco della resistenza a 1160 USD é stato respinto. Prossimamente dovrebbe seguire un'altro tentativo. La rottura di questa resistenza segnerà l'inizio di una nuova gamba di rialzo a medio termine con obiettivo 1220 USD.

Leggete il nostro avviso o visitate il nuovo sito !!!

Passiamo ora ad esaminare la situazione (charts a sei mesi) dell'S&P500.

L'S&P500 (+0.07% a 1197 punti) é salito nuovamente fino a 1199 punti senza attaccare la barriera psicologica a 1200 punti. Durante il fine settimana abbiamo precisato il nostro scenario per la fase finale di questo lungo rialzo dal minimo del marzo 2009. Abbiamo fissato un range 1200-1270 punti nel quale il rialzo si esaurirà senza più correggere. L'S&P500 non mostra di volersi fermare adesso.

Scenario 2010 (aggiornato a marzo 2010) Nel corso del 2010 ed al termine di alcuni mesi di distribuzione prevediamo una sostanziale correzione delle borse dopo il rally di marzo 2009 - gennaio 2010. Probabilmento l'S&P500 toccherà nel corso di quest'anno un minimo tra i 740 ed i 820 punti. La performance annuale dovrebbe essere negativa e l'S&P500 dovrebbe terminare il 2010 intorno ai 900 punti. Ora che la recessione sembra alle nostre spalle, le stime ufficiali per per gli utili operativi 2009 (al 3 novembre 2009) delle societâ dell'S&P500 sono risalite a 56.22 USD. Quelle per il 2010 sono addirittura al'incredibile livello di 74.99 USD. Capitalizzando gli utili 2009 con un P/E normale di 15/16 si arriva ad un valore teorico dell'S&P500 di 900 punti. In questi dati é però scontato un recupero marcato dell'economia ed un forte aumento degli utili delle imprese. Ricordiamoci che gli utili operativi 2008 delle società dell'S&P500 sono stati di 15.09 USD. Debitiamo inoltre che i dati relativi al 2010 siano realistici. In America si differenzia tra Operating Earnings (i guadagni ripuliti da tutti quelli che il Management definisce perdite o guadagni straordinari) e i Reported Earnings (che sono i soldi guadagnati o persi dalla società indipendentemente dalla loro provenienza o causa). Fino all'inizio del 2000 tra questi due valori le differenze erano trascurabili. Poi é arrivata la moda di definire tutte le grandi perdite come eventi straordinari che non vengono più attribuiti alla normale attività della società. Il risultato é una sovrastima sistematica dei guadagni. Una prova? Le stime ufficiali per i Reported Earnings 2010 per l'S&P500 sono a 45.50 USD (contro i 74.99 USD di Operating Earnings). La capacità delle società di generare profitti viene sistematicamente gonfiata. Se un giorno gli investitori aprissero gli occhi si renderebbero conto che una oggettiva valutazione dell'S&P500 con i tassi d'interesse sul USTB a 10 anni al 3.70% (stato ad inizio marzo 2010) é sui 790 punti (nostro calcolo). Immaginatevi cosa potrebbe succedere se i tassi d'interesse aumentassero! Ammettiamo che stimare ora correttamente gli utili delle società e determinare un giusto rapporto P/E per capitalizzare questo valore é un'impresa ardua. Troppe sono le variabili e le incognite. La nostra valutazione tecnica e fondamentale é però che i 1150 punti di S&P500 raggiunti a gennaio 2010 corrispondono ad una sopravalutazione. La prossima dovuta sostanziale correzione ci dirà a quale punto si trova la congiuntura mondiale.

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Grecia – corsa agli sportelli?

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Il Financial Times di oggi riporta che le quattro maggiori banche greche avrebbero chiesto al governo di accedere a linee di liquidità d’emergenza a causa dell’emorragia di depositi che stanno sperimentando. Ieri sul mercato sono stati scaricati, da parte delle stesse banche, quantitativi ingenti di titoli a brevissimo termine, a partire dal bond in scadenza questo 20 aprile.

La situazione si sta letteralmente avvitando su se stessa, con i livelli di spread su bund ed il CDS verso i massimi storici. Nel frattempo, il governo greco continua a cercare di rinegoziare i termini dell’accordo con l’Eurogruppo per cercare un miglioramento delle condizioni e ad accusare gli “speculatori internazionali”. I politici tedeschi hanno smesso, forse anche a causa di uno studio del BaFin, l’autorità di regolamentazione finanziaria tedesca, che ha chiarito definitivamente come i CDS abbiano rappresentato una minima parte dei volumi di vendite nei mesi scorsi: chi vendeva erano istituzioni finanziarie e fondi desiderosi di ridurre le perdite su titoli che avevano comprato e non immaginari speculatori intenti in un complotto di portata mondiale.

Il mercato del credito sta reagendo in maniera pesantemente negativa, anche perché è venuto a mancare il supporto precedentemente fornito dalla buna performance americana ed asiatica. I pessimi dati sugli ordinativi di macchine utensili in Giappone e sul credito al consumo negli USA hanno raffreddato le speranze di una ripresa robusta, mentre le vicende elleniche tengono ben presente all’attenzione generale i rischi ed i costi associati ai “salvataggi” operati dai governi nazionali, trasferendo debito dal settore privato a quello pubblico.

Itraxx S12 Levels Nota: Gli indici di credito sono quotati in spread (rendimento), come i tassi d’interesse. Un segno negativo equivale ad un miglioramento delle valutazioni del mercato, equivalente ad una salita degli indici di Borsa. Un cambiamento positivo è un segnale di peggioramento delle condizioni, equivalente al calo di un indice di Borsa.

http://macromonitor.net/2010/04/08/grecia-corsa-agli-sportelli/