Usa-Cina e la strategia della tensione

venerdì 12 febbraio 2010

Perché gli Stati Uniti continuano a provocare la Cina? Se lo chiedono in molti, anche negli Usa.

L'escalation. Prima l'aggressivo pressing sulle emissioni inquinanti, accompagnato dalla minaccia di Obama di spiare la Cina con i satelliti militari a scopo ambientale.
Poi il durissimo attacco della Clinton alle politiche informatiche cinesi in seguito al caso Google (azienda legata alla più potente agenzia d'intelligence Usa, la National Securty Agency) che con insolito clamore ha denunciato un attacco informatico non diverso dai tanti già subiti in passato.
Pochi giorni dopo, l'annuncio statunitense della vendita di sei miliardi e mezzo di dollari di armamenti a Taiwan in funzione anti-cinese, proprio nel momento in cui i due paesi stanno iniziando a riavvicinarsi.
Poi l'annuncio dell'incontro tra Obama e il Dalai Lama a Washington.
Infine le sorprendenti dichiarazioni del presidente americano, che - proprio alla viglia dei nuovi allarmi sulla crescente disoccupazione Usa - ha apertamente accusato la Cina di mettere in difficoltà il commercio Usa impedendo la ripresa occupazionale, quasi a indicare all'opinione pubblica americana un capro espiatorio esterno per la crisi economica.
I rischi. Che interesse ha Washington ad alzare la tensione con il paese che tiene a galla artificialmente l'economia Usa in crisi, continuando a finanziare l'astronomico debito pubblico Usa (Pechino detiene ormai 800 miliardi di dollari di buoni del Tesoro americano) e a sostenere il valore del biglietto verde detenendo riserve in valuta Usa per due triliardi di dollari?
Se la Cina, stanca di sostenere la decadente egemonia economica Usa basata sul dollaro, decidesse di sfidarla creando un'alternativa basata sullo yuan, vendendo i suoi Bot americani e diversificando le sue riserve, per gli Stati Uniti sarebbe la fine.
Il problema, osservano da mesi gli analisti economici di oltreoceano, è che Pechino pare decisa ad imboccare proprio questa strada.
L'allarme. Il primo campanello di allarme è suonato nei palazzi di Washington quando, lo scorso marzo, il premier cinese Wen Jiabao ha espresso preoccupazione per il futuro degli investimenti cinesi in Bot americani alla luce della debolezza dell'economia Usa.
Pochi giorni dopo il governatore della Banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha avanzato la proposta di abbandonare il dollaro come moneta di riserva internazionale per sostituirlo con la valuta-paniere del Fondo Monetario Internazionale (i Diritti Speciali di Prelievo) in cui inserire anche lo yuan.
Nello stesso periodo il governo cinese ha negoziato scambi valutari (swap) per 650 miliardi di yuan con le banche centrali di Hong Kong, Indonesia, Malesia, Corea del Sud, Bielorussia, Argentina e Giamaica, consentendo di fatto a questi paesi di commerciare con la Cina senza ricorrere al dollaro.
A maggio Pechino ha iniziato a comperare, per la prima volta, buoni del Tesoro Usa a breve scadenza (invece che a lunga scadenza, come aveva sempre fatto) per garantirsi una maggiore flessibilità di disinvestimento, diminuendo i rischi di perdite in caso di vendita.
A settembre il governo cinese ha iniziato a vendere all'estero i suoi primi buoni del Tesoro: ulteriore passo verso l'internazionalizzazione della valuta cinese.
Il 1° gennaio 2010, con l'entrata in vigore del Trattato di libero commercio tra la Cina e i paesi dell'Asean (Vietnam, Laos, Cambogia, Birmania, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia, Brunei e Filippine, Giappone e Corea del Sud), lo yuan cinese ha iniziato la sua trasformazione in moneta di scambio regionale asiatica: esito apertamente auspicato dal governo di Pechino.
L'impotenza. Insomma, vista da Washington la situazione appare molto chiara: la Cina si sta preparando a voltare le spalle al dollaro, e a farlo in maniera tale da non subire danni economici, ovvero gettando le basi di un sistema commerciale e finanziario internazionale alternativo e basato sulla valuta cinese.
Una gran brutto affare per l'agonizzante potenza economica Usa, costretta a cooperare con chi si sta preparando a prendere il suo posto. Una situazione che risulta certamente umiliante e pericolosa agli occhi di molti esponenti del mondo politico, economico e militare americano. Poteri forti che, secondo alcuni, potrebbero essere dietro alla recente escalation di provocazioni nei confronti di Pechino.
La soluzione? Nell'aprile del 2009, quando la tensione Usa-Cina aveva appena iniziato a montare, il giornalista economico Ilvio Pannullo, scriveva su Business Online: "Stando alla storia e cercando di ritrovare esempi simili nel corso degli anni, i più maliziosi potrebbero ravvisare in questo l'inizio di una strategia della tensione per portare a qualche 'incidente' capace di creare uno stato di guerra, magari non totale, ma sufficiente a bloccare i normali rapporti economici e di mercato, con lo scopo finale di azzerare l'esposizione debitoria americana nei confronti dello stato cinese".
Per certi influenti ambienti della politica Usa, continuava Pannullo, è "insopportabile l'idea di essere così profondamente condizionati dallo stato dei rapporti economici e monetari con Pechino. Oggi è in ballo la fine dell'egemonia americana e quella è gente che non arretra davanti a nessun crimine. (...) Il momento di grande crisi sembrerebbe estremamente opportuno per poter liquidare l'enorme debito estero e dare così una speranza di ripresa".

di Enrico Piovesana

Fonte: Peacereporter.net

GB, JPMorgan: banche a rischio, troppo esposte sul debito sovrano

GB, JPMorgan: banche a rischio, troppo esposte sul debito sovrano  Gli investitori dovrebbero preoccuparsi anche di un altro problema, altrettanto grave: l’esposizione delle banche inglesi sul debito governativo del Regno Unito...

I mercati sono nervosi: temono che Paesi come la Grecia ed il Portogallo possano provocare nuovi terremoti. Ma gli investitori dovrebbero preoccuparsi anche di un altro problema, altrettanto grave: l’esposizione delle banche inglesi sul debito governativo del Regno Unito. A lanciare l’allarme è - riferisce il Wall Street Journal - un rapporto di JPMorgan, che spiega come i quattro maggiori istituti di credito del Paese ne possiedano circa 70 miliardi di sterline (110 miliardi di dollari).

Circa il 50% del debito sovrano acquistato da Lloyds, ad esempio, arriva dalla stessa Gran Bretagna, così come il 20% di quello di Barclays e, rispettivamente, il 13% ed il 6% per quanto riguarda Royal Bank of Scotland e HSBC Group. La fonte di preoccupazione sta nel fatto che il costo per assicurarsi contro un possibile default della Gran Bretagna potrebbe crescere nei prossimi mesi, proprio a causa delle condizioni di alcuni Paesi europei. E ciò si tradurrebbe in un importante costo in più per le banche. La stessa agenzia di rating Standard&Poor’s, ha spiegato ieri che non sono esclusi nuovi downgrade dell’Eurozona, proprio a causa del debito sovrano.

Si tratta di una novità per i mercati, dal momento che fino a poco tempo fa i bond governativi (ed anche altri strumenti, comprese le garanzie sulle obbligazioni) erano considerati a bassissimo rischio. Ora invece il costo per assicurarsi da un default inglese è salito a 97 mila dollari per garantire 10 milioni di debito (solo a settembre scorso era pari a 57 mila dollari). Non a caso, recentemente anche la moneta unica sta subendo l’urto delle preoccupazioni degli investitori. E qualora dovesse crescere ancora - hanno spiegato gli analisti di JPMorgan - ciò avrà un forte impatto sui risultati bancari: RBS potrebbe vedere scendere i profitti pre-tassazione dell’11% nel 2012, e Lloyd’s dell’8%.

http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=2037

The Bankruptcy of the United States is Now Certain

Rebel News 12 febbraio 2010
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Testo
It's one of those numbers that's so unbelievable you have to actually think about it for a while... Within the next 12 months, the U.S. Treasury will have to refinance $2 trillion in short-term debt. And that's not counting any additional deficit spending, which is estimated to be around $1.5 trillion. Put the two numbers together. Then ask yourself, how in the world can the Treasury borrow $3.5 trillion in only one year? That's an amount equal to nearly 30% of our entire GDP. And we're the world's biggest economy. Where will the money come from? How did we end up with so much short-term debt? Like most entities that have far too much debt - whether subprime borrowers, GM, Fannie, or GE - the U.S. Treasury has tried to minimize its interest burden by borrowing for short durations and then "rolling over" the loans when they come due. As they say on Wall Street, "a rolling debt collects no moss." What they mean is, as long as you can extend the debt, you have no problem. Unfortunately, that leads folks to take on ever greater amounts of debt... at ever shorter durations... at ever lower interest rates. Sooner or later, the creditors wake up and ask themselves: What are the chances I will ever actually be repaid? And that's when the trouble starts. Interest rates go up dramatically. Funding costs soar. The party is over. Bankruptcy is next. When governments go bankrupt it's called "a default." Currency speculators figured out how to accurately predict when a country would default. Two well-known economists - Alan Greenspan and Pablo Guidotti - published the secret formula in a 1999 academic paper. That's why the formula is called the Greenspan-Guidotti rule. The rule states: To avoid a default, countries should maintain hard currency reserves equal to at least 100% of their short-term foreign debt maturities. The world's largest money management firm, PIMCO, explains the rule this way: "The minimum benchmark of reserves equal to at least 100% of short-term external debt is known as the Greenspan-Guidotti rule. Greenspan-Guidotti is perhaps the single concept of reserve adequacy that has the most adherents and empirical support." The principle behind the rule is simple. If you can't pay off all of your foreign debts in the next 12 months, you're a terrible credit risk. Speculators are going to target your bonds and your currency, making it impossible to refinance your debts. A default is assured. So how does America rank on the Greenspan-Guidotti scale? It's a guaranteed default. The U.S. holds gold, oil, and foreign currency in reserve. The U.S. has 8,133.5 metric tonnes of gold (it is the world's largest holder). That's 16,267,000 pounds. At current dollar values, it's worth around $300 billion. The U.S. strategic petroleum reserve shows a current total position of 725 million barrels. At current dollar prices, that's roughly $58 billion worth of oil. And according to the IMF, the U.S. has $136 billion in foreign currency reserves. So altogether... that's around $500 billion of reserves. Our short-term foreign debts are far bigger. According to the U.S. Treasury, $2 trillion worth of debt will mature in the next 12 months. So looking only at short-term debt, we know the Treasury will have to finance at least $2 trillion worth of maturing debt in the next 12 months. That might not cause a crisis if we were still funding our national debt internally. But since 1985, we've been a net debtor to the world. Today, foreigners own 44% of all our debts, which means we owe foreign creditors at least $880 billion in the next 12 months - an amount far larger than our reserves. Keep in mind, this only covers our existing debts. The Office of Management and Budget is predicting a $1.5 trillion budget deficit over the next year. That puts our total funding requirements on the order of $3.5 trillion over the next 12 months. So... where will the money come from? Total domestic savings in the U.S. are only around $600 billion annually. Even if we all put every penny of our savings into U.S. Treasury debt, we're still going to come up nearly $3 trillion short. That's an annual funding requirement equal to roughly 40% of GDP. Where is the money going to come from? From our foreign creditors? Not according to Greenspan-Guidotti. And not according to the Indian or the Russian central bank, which have stopped buying Treasury bills and begun to buy enormous amounts of gold. The Indians bought 200 metric tonnes this month. Sources in Russia say the central bank there will double its gold reserves. So where will the money come from? The printing press. The Federal Reserve has already monetized nearly $2 trillion worth of Treasury debt and mortgage debt. This weakens the value of the dollar and devalues our existing Treasury bonds. Sooner or later, our creditors will face a stark choice: Hold our bonds and continue to see the value diminish slowly, or try to escape to gold and see the value of their U.S. bonds plummet. One thing they're not going to do is buy more of our debt. Which central banks will abandon the dollar next? Brazil, Korea, and Chile. These are the three largest central banks that own the least amount of gold. None own even 1% of their total reserves in gold. I examined these issues in much greater detail in the most recent issue of my newsletter, Porter Stansberry's Investment Advisory, which we published last Friday. Coincidentally, the New York Times repeated our warnings - nearly word for word - in its paper today. (They didn't mention Greenspan-Guidotti, however... It's a real secret of international speculators.) Source > Rebel News
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Link a questo articolo : http://www.effedieffe.com/content/view/9534/183/

RITORNO AL PASSATO: HOUSING MARKET DOUBLE DIP RECESSION!

Probabilmente alcuni di voi ricordando queste parole: " Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando...., quanto ancora durerà questa depressione immobiliare e quando, probabilmente, tornerà a bussare alla porta della Realtà!

Era il 9 settembre dello scorso anno, in DOUBLEDIP HOUSING RECESSION: L'ATTESA! quando cercavo di condividere l'innaturale dinamica del mercato immobiliare degli ultimi mesi, supportata da stimoli crediti fiscali e sostegni da parte delle agenzie governative, una dinamica che non nascondeva solo il tramonto del fenomeno "subprime", ma che annunciava l'alba di quello delle reimpostazioni dei mutui "Arms".

Ebbene sul blog di TIM IACONO scopriamo un recentissimo report by Zillow che orevede un "housing market double dip" il quale dimostra che gli incrementi dei prezzi delle case dalla metà dello scorso anno, stanno sempre più trasformandosi in un calo dei prezzi interni, e che alcuni dei principali mercati potrebbero presto osservare un temuto "double-dip".

IMMAGINERicordiamo che l'indice S & P Case-Shiller Home Price Index, un paio di settimane fa ha mostrato che i guadagni mese su mese, si sono invertiti, e che Robert Shiller, grande esperto, anticipatore dell'attuale depressione immobiliare, ma non solo, è molto scettico su una costante ripresa dei prezzi, scrive TIM.

Ecco un estratto del report:

December brought signs that the fledgling recovery of home values in many markets is slowing again. US home values got a bit lower again in December relative to November levels and the rate of decline got just a little bit higher as well. The national Zillow Home Value Index (ZHVI) was down 0.21% on a monthly basis in December to $186,200 versus a monthly decline of 0.16% in November. Annualized depreciation was 5.0% nationally.

Quindi non solo prosegue l'inversione di tendenza, ma sembra sensibilmente aumentare. " La correzione più ampia del mercato, non ha ancora fatto pienamente il suo corso.", sottolineano alla Zillow, la chiamano correzione ampia, ma per me resta una depressione immobiliare.

La futura dinamica, incorporerà, la realtà fondamentale, come il crescente flusso di pignoramenti, attenuato in verità nel mese di gennaio, dalle vendite allo scoperto, un nuovo modo per evitare gli oneri del pignoramento, elevati livelli di inventari di abitazioni invendute, una progressiva riduzione dei crediti fiscali, ( scadono a giugno ) un'altrettanto progressiva riduzione del sostegno da parte della Federal Reserve al mercato immobiliare ( tramite acquisto di titoli con sottostante immobiliare MBS & RMBS ) e una naturale riduzione della domanda a seguitpo della persistente disoccupazione. Inoltre come ben sapete, una possibile nuova onda è in arrivo.

Fonte: Credit Suisse

Zillow si aspetta un fondo della dinamica dei prezzi entro la metà di quest'anno, io invece mi attendo un fondo delle vendite, reali, non quelle supportate dai crediti di importa e da mille altri incentuvi governativi, ma per la dinamica dei prezzi dovremo ancora aspettare per osservare un fondo forse nel 2011, Tutto dipenderà dall'impatto delle reimpostazioni ARMs, che ci accompagneranno per tutto l'anno, attraverso il 2011, sino al 2012.

Comunque sia il mese di gennaio ha dimostrato con il suoi crolli percentuali nelle vendite di abitazioni esistenti e nuove, che senza sostegni, il mercato immobiliare americano, avrà davanti anni di lenta ripresa, nessuna ripartenza stellare è possibile, nonostante i prezzi. Ci troviamo di fronte ad una modifica strutturale del sistema.

Come dice TIM, e come sostengo da tempo, non stupiamoci se la Federal Reserve e il Governo americano, si troveranno costretti a proseguire, la terapia intensiva, nei confronti del mercato immobiliare.

Abbiamo assistito in questi ultimi anni a un passaggio di testimone, dal settore privato a quello pubblico, da quello finanziario sopratutto, abbiamo visto in alcuni post, quanto lungo e difficile sarà il percorso di sostenibilità futura dell'indebitamento. Nel fine settimana, condivideremo insieme un viaggio nella Storia con ARCHIMEDE: "La leggenda della leva finanziaria" per coloro che hanno contribuito o vorranno liberamente contribuire al nostro viaggio.

Colgo nuovamente l'occasione per ringraziare tutti i Compagni di Viaggio, per lo splendido regalo, lo splendido risultato raggiunto, che potrete condividere in ......

SEMPLICEMENTE GRAZIE!

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Icebergfinanza come un cantastorie che si esibisce nelle strade e nelle piazze delle città!

La "filosofia" di Icebergfinanza resta e resterà sempre gratuitamente a disposizione di tutti nella sua "forma artigianale", un momento di condivisione nella tempesta di questi tempi, lascio alla Vostra libertà, il compito di valutare se Icebergfinanza va sostenuto nella sua navigazione attraverso le onde di questo cambiamento epocale!

Non solo e sempre economia e finanza, ma anche alternative reali da scoprire e ricercare insieme cliccando qui sotto in ..........

Postato da: icebergfinanza a febbraio 12, 2010 06:32 | link | commenti (1)

http://icebergfinanza.splinder.com/post/22228092/RITORNO+AL+PASSATO%3A+HOUSING+MA

FINANZA/ I dati falsati di Europa e Usa che riaprono la crisi

venerdì 12 febbraio 2010

Marc Faber è il direttore di Gloom, Boom and Doom report, una delle letture cult per chi si occupa di economia e finanza, ma anche una sorta di bollettino del pessimismo: peccato che ci prenda quasi sempre. Interpellato ieri a New York dalla Cnbc, Faber ha così parlato del pacchetto di salvataggio della Grecia posto in essere dall'Ue: «Il livello di debito rispetto al Pil e le liabilities esterne per gli Stati industrializzati - Usa, Uk ed Europa - è talmente alto che escludere un default appare irrealistico. Quando il peso del debito diverrà eccessivo, quelle esposizioni andranno rifinanziate e per farlo gli Stati dovranno stampare moneta: ecco, a quel punto i default divengono probabili oltre che possibili».

Speriamo questa volta si sbagli, anche se in effetti è tutta da valutare la bontà del piano tedesco per salvare Atene: basterà? Non si rischia l'anarchia fiscale nel Club Med? E poi, come intervenire sui tassi di interesse pagati ad esempio dai bond: quelli greci, per attrarre, sono sopra al 6%, quelli tedeschi pagano poco più del 3%. Eppure, sono entrambi in euro: quanto reggerà il già labile equilibrio del “rischio paese” in un area che dovrebbe essere omogenea e invece non lo è affatto? E, soprattutto, come valutare realmente la solidità degli Stati quando un paese membro come la Grecia ha truccato per mesi i conti e la Germania mette di fatto off-balance-sheet a livello politico le centinaia di miliardi di assets tossici presenti nelle sue banche per non perdere il rating forte?

Domande che certo non troveranno una risposta nel vertice Ue, né nella decisione della Bce di cominciare a recedere dalle misure di emergenza anti-crisi dal prossimo mese di marzo: si alzeranno i tassi, sfidando un po' di inflazione, ma colpendo definitivamente chi cerca di destabilizzare l'euro e l'intera Eurolandia? Agli inizi di marzo, infatti, il Consiglio direttivo della Bce deciderà come procedere nel rientro delle misure straordinarie di liquidità che non risultino più necessarie: «Al fine di contrastare con efficacia qualsiasi rischio per la stabilità dei prezzi nel medio-lungo periodo, la liquidità erogata sarà riassorbita quando necessario. Il Consiglio direttivo - assicura - continuerà a seguire con molta attenzione tutti gli andamenti del prossimo periodo».

Peccato che la crescita dei prestiti bancari resterà comunque «debole» nei prossimi mesi. Per la Banca centrale europea peserà lo sfasamento temporale fra la ripresa economica e la domanda di finanziamenti: inoltre la crescita zero dei prestiti al settore privato rispecchia «il persistente incremento della crescita dei prestiti alle famiglie, mentre per le società non finanziarie la contrazione si è ulteriormente accentuata».

Per le banche - scrivono i tecnici dell'Eurotower - la sfida è «adeguare le dimensioni e la struttura dei bilanci assicurando nel contempo la disponibilità di credito al settore non finanziario», in particolare alle imprese. Una sfida che impone di «sfruttare il miglioramento delle condizioni di finanziamento e rafforzare ulteriormente le proprie basi patrimoniali». Ma veniamo a ciò che importa davvero.

Per quanto riguarda il capitolo dei tassi di interesse di Eurolandia, l'organismo presieduto da Jean-Claude Trichet, li considera «adeguati», in uno scenario inflazionistico moderato e in vista di una ripresa che per il 2010 proseguirà a «ritmo moderato» e «discontinuo». Secondo l'istituto di Francoforte i dati più recenti indicano «che l'attività economica avrebbe continuato ad espandersi negli ultimi mesi del 2009 e agli inizi del 2010».

Insomma, si sale o no? Pare di no, forse l'ok tedesco al piano di salvataggio rende meno spaventosi gli speculatori di cds: questo, ad esempio, è un errore madornale. Passata la paura bisogna arrivare nella condizione che questa non torni evitando situazioni analoghe, non godendosi una buona notte di sonno e rimandare la risoluzione a data da destinarsi. Anche perché tra i rischi che gravano sulle prospettive di ripresa, la Bce cita il venir meno delle misure di sostegno pubbliche, le necessarie strette di bilancio per risanare i conti ma anche le prospettive del mercato del lavoro: «La disoccupazione dovrebbe continuare a registrare un certo incremento nell’area dell’euro - si legge - attenuando la crescita dei consumi».

E quali soldi potranno mettere in campo i governi per rendere meno dura la vita ai propri cittadini? Nessuno. O briciole. Ma la Bce, da buon gendarme ottuso qual è dell'ortodossia di Maastricht (i cui risultati pratici sono sotto gli occhi di tutti con quattro, cinque stati a rischio default sul debito), ciò nonostante, torna a insistere sulla necessità di procedere a credibili e consistenti programmi di risanamento dei conti pubblici: «I Paesi dovranno rispettare gli impegni assunti nel quadro delle procedure per disavanzi eccessivi», viene ribadito nel bollettino mensile. «È della massima importanza che il programma di stabilità di ciascun Paese poggi su misure concrete in linea con le strategie di uscita dalle misure di stimolo, e con le strategie di riequilibrio dei conti per il prossimi futuro».

Insomma, Francoforte quando si vede a rischio accetta di fare figli e figliastri, dando alla Grecia ciò che aveva negato all'Irlanda e poi, come se nulla fosse, torna con il mantra del rigore nel miglior stile della botte piena e la moglie ubriaca. Togliete l'amido dal cervello di questa gente o finiremo davvero male. In compenso, negli Usa hanno una Fed ultra-operativa sul fronte della lotta all'iper-inflazione ma anche una bolla immobiliare che la doppia pagina di approfondimento del Wall Street Journal di mercoledì descrive come potenzialmente letale.

Pronti, quindi, a una seconda ondata di shock: al centro del gioco sempre Fannie Mae e Freddie Mac, colossi dei mutui casa che continuano a drenare soldi pubblici per restare in piedi, creando così una distorsione e una mancata accettazione del moral hazard da parte dei cittadini. Per Barney Frank, democratico del Massacchusetts, «più forte si fa rotolare la lattina giù dalla strada, più saranno grandi i danni che farà».

E Obama, al momento, non ha alcuna intenzione di smettere con il supporto. Anche perché i tassi di insolvenze sui mutui crescono, il mercato langue e lo Stato, per iniettare denaro, è di fatto detentore di azioni privilegiate con un dividendo del 10% e proprietario del 79,9% delle società attraverso warrants. Insomma, gli americani usano le loro tasse per mantenere aziende decotte che sono di fatto già loro e che, quindi, se andranno in malora porteranno con sé il proverbiale danno oltre la beffa.

Anche perché il nuovo programma per stimolare i rifinanziamenti di mutui, il cosiddetto HAMP, sta portando risultati risibili a fronte dello sforzo monetario messo in campo: tanto più che sia a livello morale che pratico dare incentivi a banche e finanziarie affinché queste abbassino le rate dei mutui appare suicida vista la bella avventura dei subprime. Insomma, tutto sembra in ordine: l'America cresce di oltre il 5% e l'Europa si compatta in difesa della sorella Grecia.

I costi di entrambi questi dati falsati e distorti sta in quanto avete letto finora: senza risposte chiare, avremo soltanto una dilazione nel tempo del nostro tasso di default. L'Europa, per caso, ha imposto un piano di rientro dei capitali - 7 miliardi di euro - che i cittadini greci facoltosi hanno spostato negli ultimi giorni all'estero? No. Sono la garanzia per le banche, soprattutto tedesche, in caso di default. Anche perché l’esposizione verso il Club Med della Francia è di 835 miliardi di dollari, cifra pari al 30% del suo Pil, e quella della Germania è di 707 miliardi di dollari, pari al 19% del Pil. Il rischio di default, come potete ben vedere, è tutt'altro che scongiurato. Ma questo è molto inelegante da ammettere. E a Francoforte ci tengono a forme e modi.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/2/12/FINANZA-I-dati-falsati-di-Europa-e-Usa-che-riaprono-la-crisi/66590/

BERNASCONI

Dal settembre del 2005 abbiamo regolarmente pubblicato un commento tecnico giornaliero e gratuito. Non eravamo più in grado di proseguire in questa maniera. Su questa pagina continuerete a trovare la nostra opinione - in maniera succinta e per quel che riguarda gli indici, ridotta all'S&P500. Se invece desiderate ancora seguire il nostro lavoro di analisi, vedere i grafici dei maggiori indici azionari (compreso FTSE MIB), leggere il relativo commento tecnico e le previsioni per il futuro, vedere i nostri video di commento su S&P500 ed Eurostoxx50, conoscere i nostri consigli d'investimento e seguire il portafoglio modello di ETF, Vi invitiamo ad iscrivervi al nuovo sito bernasconiconsult.com. Ritroverete quello che avete letto fino ad al 31 gennaio e molto di più....

Dal 1. febbraio é iniziato per la clientela privata un nuovo servizio a pagamento sul sito www.bernasconiconsult.com. Qui ottenete ulteriori informazioni. La prima transazione del portafoglio modello ETF si é conclusa con un'utile del +7.49%. Abbiamo pianificato la seconda e dato i limiti d'acquisto.

Salvate il soldato Ryan é un famoso film di Spielberg del 1998. Dopo lo sbarco in Normandia l'ultimo sopravvissuto dei 4 fratelli Ryan é disperso dietro le linee tedesche. L'esercito USA lancia con un drappello di soldati comandati dal capitano Miller (Tom Hanks) una simbolica operazione di salvataggio con lo scopo di mantenere alto il morale della truppa e della popolazione americana. Ieri i capi di governo europei hanno inscenato un'operazione di salvataggio per la Grecia, dispersa in un mare di debiti. Il piano si é rivelato una dichiarazione d'intenti senza contenuti e le Borse non hanno apprezzato.

Ieri le borse europee sono state molto volatili mentre le notizie contrastanti riguardanti il dossier Grecia si susseguivano. Tra minimi e massimi giornalieri il range ha toccato il 3% mentre a fine giornata le minusvanze sono oscillate sul -0.5%. Le resistenze e nostri obiettivi del rimbalzo (p.e. 2740 punti sull'Eurostoxx50) sono state avvicinate ma non violate. Stessa cosa in America. Gi indici sono saliti ma restano sotto la soglia prevista. L'S&P500 ha chiuso a 1078 contro un'obiettivo ideale a 1072 ed un'obiettivo finale a 1085. Tutto questo rispetta le nostre previsioni: "Il rimbalzo ha raggiunto le prime resistenze - durante la giornata gli indici sono saliti piu in alto dando l'impressione che esiste ancora un pò di spazio verso l'alto (1%) prima che il ribasso a medio termine riprenda. Questa volta inoltre il rimbalzo non si limita ai soliti tre giorni ma rischia di durare tra i 5 ed i 7. Chiuderemo quindi la settimana sul limite superiore del possibile range del rimbalzo e dobbiamo aspettare settimana prossima prima di vedere riapparire i venditori. Per venerdì l'S&P500 potrebbe salire a 1085 punti - l'Eurostoxx50 a 2740 punti." Conoscete però il nostro obiettivo a medio termine: "Per fine mese si dovrebbe ridiscendere sui 1030 punti (di S&P500)." Il dollaro americano si é sorprendentemente rafforzato - questo potrebbe essere il primo segno del prossimo ritorno del trend ribassista sulle borse. L'USD Index ha chiuso a 80.07 mentre il cambio EUR/USD é a 1.3665. Come per le borse anche il dollaro dovrebbe fare una pausa sui livelli attuali (1.36 - 1.38) prima che il ribasso (= rivalutazione dell'USD) riprenda. L'oro é risalito a 1090 USD/oncia. Noi abbiamo da mesi previsto una correzione fino a 1000 USD all'interno di un bull market secolare.

Leggete il nostro avviso o visitate il nuovo sito !!!

Passiamo ora ad esaminare la situazione (charts a sei mesi) dell'S&P500.

L'S&P500 (+0.97% a 1078 punti) é salito tra i 1072 punti ed i 1085 punti e si trova nel range previsto: "L'S&P500 si é bloccato sotto i 1072 punti - possibile obiettivo del rimbalzo tecnico. Come scritto nei giorni scorsi esiste fino a venerdì un potenziale residuo fino a 1085 punti ma niente di più." Lo scenario a medio termine é invariato: "Il quadro generale tecnico é negativo (...). Lo scenario logico e normale prevede (..) una continuazione del ribasso in direzione dei 1030-1035 punti."

Scenario 2010 Per i prossimi mesi prevediamo una sostanziale correzione delle borse dopo il rally di marzo - dicembre 2009. Probabilmento l'S&P500 toccherà nel corso di quest'anno un minimo tra i 740 ed i 820 punti. La performance annuale dovrebbe essere negativa e l'S&P500 dovrebbe terminare il 2010 intorno ai 900 punti. Gli analisti fondamentali stanno continuamente rivedendo le stime degli utili delle società. Ad un certo momento erano scesi fin sotto i 30 USD. Ora che la recessione sembra alle nostre spalle, le stime ufficiali per il 2009 (al 3 novembre 2009) sono risalite a 56.22 USD. Quelle per il 2010 sono addirittura al'incredibile livello di 74.99 USD. Capitalizzando gli utili 2009 con un P/E normale di 15/16 si arriva ad un valore teorico dell'S&P500 di 900 punti. In questi dati é però scontato un recupero marcato dell'economia ed un forte aumento degli utili delle imprese. Ricordiamoci che gli utili operativi 2008 delle società dell'S&P500 sono stati di 15.09 USD. Debitiamo inoltre che i dati relativi al 2010 siano realistici. Di conseguenze stimare ora correttamente gli utili delle società e determinare un giusto rapporto P/E per capitalizzare questo valore é un'impresa ardua. Troppe sono le variabili e le incognite. Se gli utili risalissero solo a 50 USD e la ripresa fosse anemica (come ritiene una buona parte degli economisti), un P/E di 12 sarebbe più adeguato portando il valore teorico dell'S&P500 a 600 USD. Riassumendo, tecnicamente e fondamentalmente i 1115 punti di S&P500 raggiunti a fine 2009 corrispondono secondo noi ad una sopravalutazione del mercato. La prossima dovuta sostanziale correzione ci dirà a quale punto si trova la congiuntura mondiale.

Richiedete informazioni a analisi_tecnica@longshortinvest.com Non rispondiamo a mails anonime.

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Appena letta su Topolino

Friday, 12 February, 2010

in Economia & Mercato, Esteri, Italia

Nel quarto trimestre 2009 il Pil italiano è diminuito dello 0,2 per cento rispetto al terzo trimestre (a fronte di stime di consenso che ipotizzavano una crescita dello 0,1 per cento) e del 2,8 per cento rispetto al quarto trimestre 2008. Per l’intero 2009 la contrazione è del 4,9 per cento. Sempre nel quarto trimestre 2009 il Pil tedesco è rimasto invariato rispetto al terzo trimestre, mentre quello francese ha fatto segnare un incremento dello 0,6 per cento. Ieri è uscito il dato del Pil spagnolo del quarto trimestre, a meno 0,1 per cento congiunturale. Per il trimestre, il dato di Eurolandia (Ue-16) è positivo per lo 0,1 per cento.

Lo scoop della giornata è che, a inizio 2009, Bankitalia e la Ue hanno sbagliato le previsioni:

«Il governatore della Banca d’ Italia e anche l’ Europa – attacca il premier – ci dicono che quest’ anno il Pil registrerà il 2% in meno. Ciò significa che torneremo indietro di due anni e non mi sembra che due anni fa si stesse così male» – Silvio Berlusconi, 21 gennaio 2009

Ma noi ne usciremo meglio degli altri.

http://phastidio.net/

Pechino a Washington: Cancellate subito l’incontro fra Obama e il Dalai Lama

CINA - USA “Solenne” richiesta del governo cinese. Obama dovrebbe incontrare il leader tibetano il 18 febbraio. La questione tibetana accresce la tensione Cina-Usa dopo le polemiche su Google, le armi a Taiwan, lo yuan, le differenze sul nucleare iraniano e nordocreano.
Pechino (AsiaNews) – La Cina chiede ufficialmente agli Stati Uniti di cancellare l’incontro programmato per la settimana prossima fra il presidente Barack Obama e il Dalai Lama. Parlando stamane ai giornalisti, Ma Zhaoxu, portavoce del ministero degli esteri ha detto che il suo governo ha presentato una richiesta in modo “solenne” e espresso la sua posizione in modo “consistente e chiaro”.
“La Cina si oppone con fermezza – ha aggiunto – a che il Dalai Lama visiti gli Stati Uniti e che i leader Usa lo contattino… Noi facciamo pressione alla parte statunitense perché capisca appieno la sensibilità alta delle questioni legate al Tibet, onori il suo impegno a riconoscere il Tibet come parte della Cina, si opponga alla sua indipendenza”.
Ieri pomeriggio, Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, ha confermato che Obama incontrerà il leader spirituale tibetano il 18 febbraio. “Pensiamo di avere un rapporto abbastanza maturo con la Cina – ha detto Gibbs – così da poter essere d’accordo su temi di comune interesse”, senza essere d’accordo su tutto.
L’ottobre scorso Obama non ha ricevuto il Dalai Lama, a poche settimane da un suo viaggio in Asia, che comprendeva anche una tappa in Cina. In un suo incontro con il presidente Hu Jintao egli aveva affermato che gli Usa riconoscono il Tibet come parte della Cina, ma che esortavano Pechino a riprendere i colloqui con il leader buddista.
Il cambiamento apparente di politica si lega a una serie di tensioni Cina-Usa emersi in questi mesi: la polemica sulla censura di Google; le armi vendute a Taiwan; il deprezzamento dello yuan; le diversità di approccio al nucleare nordcoreano e a quello iraniano. Nei confronti dell’Iran, Pechino vuole che si continui sulla strada del dialogo e della diplomazia; Washington vuole un inasprimento delle sanzioni internazionali. http://www.asianews.it/it.html

Sweep the SWIFT!

di Giulietto Chiesa - 12/02/2010 Fonte: megachip [scheda fonte]

Chiedo scusa per l'uso dell'inglese ma la tentazione del calembour è forte. Sweep sta per “spazzare via”; SWIFT sta per Society for Worldwide International Financial Transactions, che vuol dire Società per le Transazioni Finanziarie Internazionali.

Ieri, 11 febbraio 2010, il Parlamento Europeo ha cancellato un accordo tra Stati Uniti e Unione Europea che permetteva sostanzialmente ai servizi segreti americani di monitorare tutti i flussi finanziari mondiali a «fini di lotta contro il terrorismo internazionale». Intendiamoci, gli Stati Uniti questo monitoraggio lo hanno fatto, con o senza autorizzazione europea, dall'11 settembre 2001 in avanti, basandosi sui server di cui disponevano all'interno del loro territorio. Che uso ne abbiano fatto non è molto noto. Anzi non lo è per niente. Ma non è difficile capire che quei dati sono molto sensibili e possono servire a controllare non solo la correttezza dei comportamenti di questa o quella banca ma, per esempio, le decisioni di questo o quel governo. E qui la cosa diventa spessa e piena di incognite. Anche perché non solo mette in discussione la sovranità dei nemici, ma anche quella di amici e alleati.

Che è successo? Che Washington ha esagerato. Per rendere SWIFT meglio rispondente ai suoi bisogni (in questi tempi di crisi dove si gioca grosso per smaltire i trilioni di dollari fasulli prodotti dalla Federal Reserve) , ha trasferito parte delle funzioni su alcuni server piazzati in Olanda e Svizzera. E, da quel momento, secondo la legislazione europea, ha dovuto chiedere il permesso. Qui si è aperta la falla.

Anche perché il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea, notoriamente composto da leader che pongono gl'interessi americani sopra quelli del resto del pianeta, Europa inclusa, ha approvato in tutta fretta, un giorno prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, un accordo che concedeva agli USA la piena libertà di gestione di quei dati.

Perché un giorno prima? Perché il Trattato di Lisbona, che entrava in vigore il 1° dicembre 2009, prevede che il Parlamento abbia, per la prima volta, potere di “co-decisione” in materia. Che vuol dire che, senza il suo consenso, decisioni non se ne possono prendere.

La furbata dei ministri delle finanze non è piaciuta al Parlamento e neanche a una parte delle leadership europee che contano. Risultato: la scorsa settimana la Commissione Giuridica del Parlamento ha votato un diniego al provvedimento con 29 voti contro 23. E ieri l'Assemblea lo ha respinto con 378 voti contrari, 196 favorevoli, 31 astenuti.

Una sconfitta bruciante per Washington. Che aveva cercato fino all'ultimo, minacciando, di piegare il braccio all'Europa. Hillary Clinton era scesa in campo con il Presidente del Parlamento per prefigurare serie reazioni diplomatiche americane. «Se il Parlamento dovesse rovesciare l'accordo – aggiungeva l'ambasciatore USA a Bruxelles, William Kennard – non sono certo che le agenzie di Washington continueranno a discutere di questa questione con i vertici europei». Cioè: non faremo più la lotta al terrorismo insieme a voi. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale James Jones si era rivolto direttamente al Parlamento chiedendo la salvaguardia dell'intesa.

Ma era stato chiaro che la partita era già perduta prima di cominciare quando si era visto che perfino il Partito Popolare, con i suoi 265 voti, guidato dal tedesco Werner Langer, si era pronunciato contro, seguito da Viviane Reding, la commissaria europea per la Giustizia, e dalla ministra tedesca della giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger . Perfino la BKA, agenzia federale della polizia tedesca, aveva pubblicato un documento dal quale emergeva che l'accesso a quei dati era “inutile” nella battaglia contro il terrorismo internazionale.

In altri termini: pochi in Europa credono che gli USA utilizzino quei dati (sicuramente molto preziosi) per quello scopo. Dunque meglio non darglieli. Il Parlamento Europeo ha così avuto un sussulto di sovranità, che la dice lunga sul pessimo stato dei rapporti interatlantici. Naturalmente le motivazioni reali non sono tutte così nobili.

I conservatori europei hanno detto no all'America anche per difendere la segretezza dei trasferimenti bancari dei loro elettori, assai più che per difendere la sovranità europea o il diritto dei cittadini europei, a non essere sorvegliati dal Grande Fratello. L'accordo è azzerato, per il momento.

Ma è certo che sia Washington che molti governi amici degli USA torneranno alla carica per torcere il braccio dei rispettivi gruppi parlamentari. La posta in gioco sono le informazioni contenute negli oltre 15 milioni di transazioni finanziarie internazionali che avvengono ogni giorno tra le 8000 banche e istituti finanziari del pianeta.

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L'arma del giudizio (finanziario)

di Uriel - 12/02/2010 Fonte: wolfstep

E' di oggi la notizia che Francia e Germania si apprestano ad aiutare la Grecia. Per capire le ragioni di questo gesto, bisogna capire quale sia l'estrema fragilita' del mercato finanziario di questo periodo. E capire di preciso che genere di paure ci siano a riguardo.

Poiche' il primo presidente inutilmente negro degli USA non ha fatto una cippa di nulla se non parlare ed essere negro, e lo stesso dicasi di quel patetico cialtrone di Brown, le due borse piu' inutili e dannose del mondo, Wall Street e Londra hanno continuato bellamente a cercare di recuperare i danni speculando ancora di piu'.
Il meccanismo che e' in azione funziona cosi':
  1. Inizia una grande manovra speculativa. Le finanziarie preferiscono investire li' che sulle aziende vere.
  2. Le aziende entrano in crisi o finiscono col badare piu' alla riduzione delle spese che agli investimenti.
  3. Siccome le aziende non rilanciano , le banche si rivolgono ancora di piu' alla speculazione.
  4. Le aziende rimangono senza credito ancora di piu', si sfogano sul costo del lavoro , delocalizzano o altro.
  5. Scoppia la bolla.
  6. I consumi crollano.
  7. Le aziende soffrono ancora di piu'.
  8. Poiche' le aziende sono rischiose, ancora di piu' banche e finanza vanno sulla speculazione.
  9. GOTO 1
E' abbastanza ovvio dove conduca questo loop: alla desertificazione industriale completa.
Quello che si fatica a capire, invece, e' l'effetto che il loop faccia sul debito pubblico.
Il problema vero e' la difficolta' nel riscuotere tasse sui prodotti finanziari. Se -in teoria- i guadagni ottenuti sono ancora reddito a tutti gli effetti, il problema che si pone e' il seguente:
  • In molti paesi si tratta anche e spesso di prodotti pensionistici, per i quali esiste una tassazione inferiore.
  • In quasi tutti i paesi del mondo i guadagni di rendita e i guadagni finanziari godono di una tassazione differente.
  • Gli Hedge fund e in generale il venture capital godono, quasi ovunque, di una tassazione favorevole.
  • La tassazione sul lavoro in questi settori e' piu' bassa.
Morale della storia: la cosa che nessuno ci ha detto sulla famosa "terziarizzazione" dell'economia (tanto cara a gente come De Benedetti) e' che tale terziarizzazione produce un effetto devastante sulle finanze pubbliche. A parita' di PIL, una nazione molto industriale ricavera' molte piu' tasse (in percentuale) e molta piu' contribuzione sociale rispetto ad una molto terziarizzata.
Morale della storia: da un paese terziarizzato possiamo aspettarci un welfare minore. Direte voi: ma non e' vero, perche' gli UK sono terziarizzati ed il welfare c'e'. Ni.
Innanzitutto, gli UK hanno avuto un PIL cosi' gonfiato che la riduzione percentuale del gettito fiscale sulle speculazioni e' stata compensata dall'enorme dimensione della speculazione stessa. In secondo luogo, la dimensione internazionale delle speculazioni e' tale che la quantita' di servizi richiesti allo stato e' inferiore.
Se io faccio una fabbrica o una zona industriale, dovro' badare agli ospedali per la manodopera, ai trasporti per manodopera e merci, alle scuole per le famiglie dei lavoratori che inevitabilmente verranno li'. A parita' di occupati e di PIL, un'attivita' finanziaria in senso speculativo non ha bisogno di nulla di tutto questo.
La morale della storia e' che lentamente questo gorgo finanziario ha definanziato gli stati e strangolato le imprese, sino al punto in cui oggi alcuni paesi sono in situazioni catastrofiche.
Ovviamente, quello greco NON e' il problema maggiore. In Europa, gli UK sono arrivati al 170% del PIL di debito, e appaiono attorno al 95% solo perche' rifiutano (come richiesto dalla BCE) di contabilizzare le spese di salvataggio delle banche nel debito pubblico e di seguire i criteri contabili comuni.
Su scala mondiale, il Giappone rasenta il 250% del PIL come debito pubblico, e gli USA , se consolidait, stanno rasentando il 200% del PIL. Morale della storia: i cosiddetti PIIGS sono un'invenzione della stampa anglosassone, che si sforza di deviare su alcuni paesi dei problemi che nel mondo anglosassone esistono in misura maggiore.
Invenzioni propagandistiche o meno, il concetto e' che enormi capitali sono concentrati nei debiti di questi paesi, secondo l'ideologia che vuole il debito pubblico a basso rischio. Il problema viene , pero' , dalla scarsa intelligenza delle borse e dei relativi operatori.
L'operatore di borsa non e' abbastanza intelligente da essere considerato umano: ha letto (quando sa leggere un articolo fino alla fine) che ci sono paesi chiamati PIIGS, e sa che deve fuggire al rischio. Non appena uno dei paesi della lista dei PIIGS fallisse, l'operatore di borsa si limiterebbe ad inseguire la propria coscienza sub-animale e ad abbandonare tutti gli investimenti nel debito pubblico.
E la cosa non si fermerebbe qui: se si inizia a mettere in dubbio la tenuta dei debiti pubblici, c'e' il rischio di un abbandono generale dei debiti nazionali come investimento a basso rischio. In questo caso, il default greco inizierebbe una serie di default che investirebbero tutti i paesi occidentali, UK e USA compresi.
Cosi', sebbene di per se' il debito pubblico greco non sia allarmante (quasi tutto interno, e come se non bastasse di piccola entita'), la BCE ha dovuto chiarire che si studieranno strumenti per evitare il default ed evitare le speculazioni.
Nelle scorse settimane, c'e' stata una vera e propria corsa all'acquisto di swap per il debito pubblico dei paesi cosiddetti "PIIGS". Quello che criminali come Soros e altri vogliono fare e' di ottenere il default di uno di tali paesi, in maniera tale da guadagnare prima dallo swap, e poi comprando i titoli a costo irrisorio andare a negoziare le condizioni coi governi falliti.
La BCE ha potere di difendere la Grecia? Probabilmente si'. Dopo la grecia, chi?
La mia opinione e' che prima tenteranno con la Spagna, poi col Portogallo, poi con l'Irlanda. L'italia e' un boccone grossino, per via di una semplice ragione: troppe pensioni USA dipendono dal debito italiano, e troppa parte del debito italiano e' all'estero, con altissimi volumi di scambio.
Quindi, il problema adesso e' semplice: se la BCE salva la Grecia, presto si trovera' nelle condizioni di salvare anche Spagna, Portogallo e Irlanda. E, se i criminali come Soros vogliono il gioco duro,anche Italia.
La mia personale opinione e' molto semplice: lasciamo pure che facciano. Lasciamo che si pestino pure i piedi facendo andare in default tutti i PIIGS. Dopodiche' dovranno spiegare per quale motivo , dopo perdite enormi, qualcuno dovrebbe comprare debito USA o UK.
Dopotutto, male che va noi ci rimettiamo i debiti..... sono loro che hanno la necessita' di tenere in piede l'allegra baracca dei finanzieri. Molto piu' di noi. Anche perche', negli USA sta arrivando questo,e quindi devono trovare un bel pochino di soldini entro 3 anni:
Si tratta di un documento dell'advisory economico americano, trovate l'articolo completo qui.
Uriel
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L'infezione letale

Pochi autori riescono a descrivere il collasso del sistema con la stessa lucidità e chiarezza d'espressione di Butler Shaffer, sempre tra i miei preferiti. In particolare il seguente pezzo, che rivela la natura del male – probabilmente incurabile – che affligge la nostra civiltà, è un piccolo capolavoro di sintesi e analisi razionale che, purtroppo, lascia ben poco spazio alla speranza. ___________________________ Di Butler Shaffer “Poco importa quale sistema io decida di seguire; hanno tutti lo stesso carattere.” ~ Jacques Ellul L'altro giorno mi sono imbattuto in uno dei miei ex studenti. Mi ha detto: “avevate ragione; dicevate che l'intero sistema istituzionale stava andando in pezzi ed era vero.” “E scommetto che, quando lo dissi, ti facesti beffe di me con i tuoi compagni di classe,” ho risposto. “Ammetto di averlo fatto, ma ammetto anche che avevate ragione.” Allora gli ho detto che non era necessario essere dei chiaroveggenti per sapere ciò che stava arrivando; che la natura autodistruttiva dell'istituzionalismo è implicita nelle premesse su cui è organizzata la società moderna. Alla domanda di un reporter, “che ne pensate della civiltà occidentale,” il Mahatma Gandhi si dice abbia risposto: “mi pare una buona idea!” Le parole di Gandhi riflettono la lotta storica – ma troppo spesso trascurata – fra le forze creative, pacifiche e favorevoli alla vita della civiltà e il carattere violento e distruttivo dei sistemi centrati sulle istituzioni, in particolar modo quelli organizzati intorno allo stato. Basandosi sullo studio delle civiltà passate, c'è un senso quasi deterministico che la civiltà occidentale sia destinata a crollare, come se le culture attraversassero cicli di nascita-vita-morte paragonabili a quelli dei sistemi organici. Parte del dilemma in cui l'umanità da lungo tempo si trova deriva dalla nostra natura dualistica: siamo non solo degli individui unici – ciascuno con un DNA diverso da tutti gli altri – ma anche esseri sociali che necessitano della cooperazione e della compagnia di altri. Nessuno di noi sarebbe sopravvissuto per più di poche ore se le nostre madri, dopo la nostra nascita, ci avessero abbandonati sul ciglio della strada e se ne fossero andate. Abbiamo bisogno dell'assistenza costante e amorosa degli adulti finché non arriviamo al punto in cui possiamo sostenerci da soli. Come adulti, scopriamo i vantaggi di una divisione del lavoro che ci permette di scambiare i nostri sforzi con altri e, grazie a ciò, di vivere bene, non solo materialmente ma anche psicologicamente. Ci sono delle implicazioni a tali verità fondamentali che si sono dimostrate distruttive per la nostra capacità di vivere vite produttive e personalmente soddisfacenti. Se la cooperazione sociale è essenziale alla nostra stessa esistenza sia come individui che come civilizzazioni, quali forme organizzative sono di sostegno a tale scopo, e quali sono invece nocive? Una tale domanda è cruciale per il benessere a lungo termine di una società a causa della storia del declino e caduta delle passate civiltà. Per tutti benefici creativi e vitali che si presentano all'interno delle civiltà, ci sono forze interne che contraddicono tali vantaggi. Queste influenze distruttive si possono paragonare ad un virus che, se lasciato senza controllo per disattenzione, può riprodursi per metastasi e sopraffare il sistema immunitario. Questo virus è l'istituzionalismo, la trasformazione dei sistemi organizzativi da comodi strumenti in un fine in sé stessi, un fenomeno che ho indagato più dettagliatamente in Calculated Chaos. Ho paragonato il corso della storia a ciò che è noto come funzione “di erosione e sedimentazione” di un fiume. Sul lato esterno del fiume – dove la pressione è più forte – il fiume erode gli argini, trascinando nella corrente terra, limo, ghiaia e piante. Sul lato interno, dove la forza del fiume è minore, i residui si accumulano, eseguendo il ruolo della sedimentazione. Alla maggior parte di noi piace immaginare di essere laddove il fiume scava il suo corso, “sul filo della lama” degli eventi, ma dobbiamo ricordare che è sul lato della sedimentazione che avviene la nuova crescita – sotto forma di vita vegetale. Il corso del fiume – quando le sue funzioni di erosione e sedimentazione si completano a vicenda – esprime i processi del continuo cambiamento essenziali alla salute di ogni sistema vivente. La nostra vita economica, per esempio, è stata caratterizzata da Joseph Schumpeter come “distruzione creativa,” in cui ciò che è stabilito viene alterato o sostituito dal nuovo. Schumpeter lo vedeva come un “processo di mutazione industriale di che rivoluziona incessantemente le strutture economiche dall'interno, distruggendo incessantemente quelle vecchie, creandone incessantemente di nuove.” Il problema è che molti di coloro che sono riusciti a stabilire le loro posizioni sugli argini non gradiscono questa incessante interazione fra distruzione e creatività che è il processo produttivo. Possono allora tentare di bloccare tale processo, un tema che ho esplorato più completamente nel mio libro In Restraint of Trade. Cominciano solitamente con sforzi volontari per limitare la concorrenza. Ma, non potendo tenere il passo con le dinamiche che affrontano, si rivolgono allo stato, che – godendo di un monopolio sull'uso della violenza – può ridurre con la forza tali minacce creative contro lo status quo. Qui si trovano i sintomi iniziali del virus che può attaccare e distruggere una società altrimenti in buona salute. A causa della sua potente energia, il fiume può erodere le rive su cui gli interessi costituiti hanno stabilito le loro fondamenta attendendosi di goderne permanentemente. Quando ci occupiamo delle malattie del nostro corpo, siamo soliti concentrare le nostre attenzioni sui sintomi, e immaginiamo che siano essi a renderci indisposti. Diamo troppo spesso per scontato che se potessimo sopprimere i sintomi potremmo ristabilire la nostra salute. Applichiamo tale pensiero non solo alle preoccupazioni per la nostra personale salute, ma anche ai problemi politici. Quindi, mentre i conflitti e le contraddizioni del nostro pensiero generano crescente violenza sociale, molti trovano facile immaginare che la causa delle nostre difficoltà siano le armi, e promuovono leggi per criminalizzarne la proprietà. Se un bambino – non riuscendo a trovare ispirazione nei metodi di insegnamento meccanicistici e regolamentati dell'educazione scolastica – si dedica ai suoi interessi, può essere sottoposto a farmaci o altre pratiche di modifica comportamentale. Così, con l'ampliarsi della militarizzazione dello stato corporativo americano nel mondo intero, le reazioni rabbiose degli stranieri sono definite “terrorismo” inerente delle culture non occidentali. Così come un medico competente guarda oltre le manifestazioni di una malattia alla ricerca delle sue cause, anche noi – i membri di una civiltà – dobbiamo imparare a scoprire cause per la condizione terminale della nostra cultura più profonde di quelle spiegazioni superficiali che intrattengono più che informare. La mia lettura della storia indica che il virus mortale è l'istituzionalismo. L'infezione sembra prendere vigore nel momento in cui un'organizzazione diventa ripetutamente efficace, così che i suoi membri vogliono renderla permanente. Nella mente dei suoi sostenitori, il sistema si trasforma dall'essere un utile strumento per la realizzazione di obiettivi condivisi e si trasforma in in un'astrazione; un fine in sé. La salute di un sistema dipende dalla sua capacità di resistere ed adattarsi a condizioni in via di trasformazione. Un'organizzazione di affari che affronta una nuova fonte di concorrenza deve, in un mercato libero, o rispondere efficacemente al prezzo e/o alla qualità di un prodotto del concorrente, o soffrire perdite di reddito che possono alla fine spingerla fuori dal mercato. Accettare la premessa istituzionalista che diventare un potere costituito dà diritto ad uno status permanente equivale, come gli storici ci avvertono, ad aprire le porte al crollo di una civiltà produttiva. Con la credenza in istituzionalismo che infetta completamente le nostre menti, consideriamo la conservazione dei sistemi costituiti più importante del mantenere le condizioni che hanno portato alla creazione di tali organizzazioni in primo luogo. La libertà e la spontaneità finiscono per essere considerare come minacce contro uno status quo che deve essere mantenuto a tutti i costi. La prova per questo atteggiamento mentale paralizzato si trova nella pratica corrente in cui ora si sta impegnando il governo federale concedendo incalcolabili centinaia di miliardi di dollari alle banche, alle società di assicurazioni, ai costruttori di macchine e ad altri importanti interessi corporativi chiamati – con parole che riflettono l'istituzionalismo – “troppo grandi per fallire.” Microsoft e la rivista Time – i cui interessi economici costituiti sono sfidati da Internet – hanno proposto recentemente che l'accesso alla rete sia soggetto all'autorizzazione del governo. Questa è la stessa proposta fatta da Hillary Clinton, un certo numero di anni fa, con la proposta di un “guardiano” del governo che impedisca a chiunque di diffondere le proprie opinioni nel mondo. Il flusso libero di informazioni è piuttosto liberatorio, come rivelarono le conseguenze dell'invenzione di Gutenberg nel XV secolo. Le licenze hanno sostituito le inquisizioni come mezzi principali per la protezione degli interessi istituzionali costituiti dallo spettro di una concorrenza senza freni. I medici, gli avvocati, i dentisti, i ragionieri e numerosi altri commerci e professioni hanno utilizzato questo dispositivo auto-protettivo. La logica rimane la stessa in ogni caso: viene istituita una commissione statale per le licenze formato da persone già nel mercato per decidere a chi sarà o non sarà consentito di far loro concorrenza! Sia che consideriamo le licenze, l'istituzione di tariffe, o l'apertura del tesoro federale per saccheggiarlo a vantaggio degli amici di coloro che ne posseggono le chiavi, ad essere chiamata a trasmettere il virus dell'istituzionalismo è sempre la forza governativa. La nazione-stato – che è diventata l'untore di tutto ciò – continua ad esporre tessuti altrimenti sani alla malsana influenza che ha ridotto la civiltà occidentale in una condizione terminale.
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La regola e il basso impero

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Scritto da Davide Giacalone
venerdì 12 febbraio 2010
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Libero - Come al solito, come sempre: tutti a parlar della persona, di Guido Bertolaso, magari per fingere di sperare, ad alta voce, che nulla sia vero e, poi, sparlare bisbigliando e confermando di saperne delle altre. Mi rifiuto, anche perché il tema importante è quello del potere, di un Paese che s’è ridotto a lasciare la cosa pubblica nelle mani o degli inetti, che non fanno nulla, o degli avventurosi, che possono essere descritti come criminali. E alcuni lo sono, del resto. La domanda è: rispettando le regole, non esponendosi al rischio d’essere arrestati o processati per danno all’erario, è possibile amministrare la cosa pubblica e realizzare opere importanti? La risposta è: no. Posto ciò, ne derivano varie disgrazie, compreso un certo decadimento del malcostume.

Anche per fare la cosa più normale del mondo, costruire nuove carceri, il governo è stato costretto a decretare lo stato d’emergenza nazionale. Ne ho scritto lo scorso 17 gennaio, sottolineando che solo sospendendo le regole degli appalti sarebbe stato possibile portare a compimento, in tempi ragionevoli, quelle opere. Dopo di che, aggiungevo, qualcuno finirà indagato, e quel giorno sarà inutile lamentarsi, perché il compito di una maggioranza politica è quello di cambiare le regole, non quello di aggirarle. E’ successo, insomma, quel che avevamo previsto.

Perché le regole degli appalti pubblici sono impraticabili? Forse perché si è insofferenti all’onestà? Sono disoneste le regole, invece. Perché comportano una tale mole d’adempimenti e permessi, prevedono gare così formalisticamente rigide, che prima di arrivare ad un risultato la macchina s’inceppa cento volte: a. quando si fa il capitolato di gara e si presentano le offerte, perché gli esclusi ricorrono al tribunale amministrativo; b. quando si nominano i commissari di gara, e, poi, la si assegna, perché i perdenti ricorrono o si cautelano; c. quando partono i lavori, perché c’è sempre un geometra comunale che sostiene di non essere stato interpellato; d. quando si fanno i controlli in cantiere; e. quando si effettuano i pagamenti differiti; f. quando … e così via, fino al giorno del mancato collaudo, dieci anni dopo il tempo previsto, talché l’opera viene al fine abbandonata alle intemperie. Magari è tutto regolare, nessuna indagine penale parte, nessun danno erariale è contestato, ma s’è speso dieci volte più del previsto, ci s’è impiegato dieci volte il tempo stabilito, e l’opera finita neanche c’è.

Il meccanismo è così vasto e complesso che ciascuno degli uomini che ha una pur minima responsabilità è in grado di bloccare tutto. Lo spettacolo di queste ore suggerisce una sola cosa, ai tanti burocrati incaricati di concedere un’autorizzazione: col cavolo che firmo. Arrestano il capo dei lavori pubblici e tutti i suoi simili, nello Stato centrale, nelle regioni, province, comuni, circoscrizioni, asl, distretti scolastici e così via burocratizzando pensano: col cavolo che firmo. E allora l’imprenditore che deve eseguire il lavoro, se non vuol star fermo a guardare il cielo stellato, deve tranquillizzarli, farseli amici, spiegare e blandire. I lavori durano dieci anni? vorrà dire un decennio di panettoni, pensierini, riguardi e salamelecchi. Ed è il migliore dei casi.

Ma alla Maddalena si sarebbe dovuto fare il G8, e mica potevano posticiparlo al 2020. Poi lo si è fatto all’Aquila, dove oltre alle strutture per i capi di governo si doveva dar la casa ai terremotati. Entro date certe, mica come a Gibellina. Come si fa? Si sospendono le regole, grazie all’emergenza. Quindi un gruppo ristretto di persone è incaricato di stabilire chi fa cosa e quanto deve essere pagato. Funziona, eccome se funziona, ma incenerisce il codice appalti e fa marameo a quello penale. Poi passa un magistrato che sostiene di star intercettando un altro signore, in altra vicenda, e, oibò, finisce con l’avviare un’indagine sulle opere pubbliche. E vai con le manette. Il guasto sta nel ritenere la discrezionalità un male, quindi nel mascherarla ridicolmente, finché viene scoperta e qualificata come crimine. Invece va regolata, misurando i risultati anziché massacrarsi sulle procedure.

Il Consiglio dei ministri, se posso permettermi un suggerimento, non si distragga ad applaudire quelli che s’apprestano ad essere tritati, tenga libere le mani e proceda al cambiamento delle regole, rendendole praticabili. In fondo, è per questo che è lì.

Ultima questione: la discrezionalità porta dritto alla corruzione? Niente affatto. Ciascuno di noi compie scelte discrezionali, nel proprio interesse, magari ci sbagliamo e la paghiamo, ma se non lo facessimo non vivremmo. Non deve spaventare il potere di scelta in capo a chi comanda, deve allarmare che per procedere si debba sempre ricorrere a dei trucchi. Perché, in questo caso, è probabile che l’avventuroso passi ad essere avventuriero, o, comunque, dobbiamo affidarci al suo buon cuore. La trappola è l’assenza di trasparenza, indotta dal bisogno di camuffare il diritto-dovere di decidere.

Tutto quanto sopra scritto vale in generale, per ogni cosa d’Italia, non in specifico per questa inchiesta. Gli indagati sono tutti presunti innocenti, sempre. La diffusione delle intercettazioni è barbarie, sempre. Anche quel che segue vale in generale, ed è una nota di malcostume: non ne posso più. Non è accettabile che tutte le faccende abbiano legami con giri di puttane. Basta. La magistratura si dia una regolata, non si declassino le inchieste a guardonismo d’accatto, ma anche la classe dirigente impari a comportarsi. Se c’è chi non ha superato lo stato adolescenziale, rimandiamolo in collegio. Non solo le pudenda, ma anche l’esuberanza sentimentale può essere ricondotta a più acconcia disciplina.

Non sono un moralista, non m’interessano le braghe altrui, vorrei restarne felicemente estraneo, ma non è possibile che la vita pubblica sia così ridotta. Sarà ipocrita quanto volete, ma gli uomini pubblici devono avere una condotta che rifletta il peso della funzione. Il più venduto e autorevole quotidiano italiano, il Corriere della Sera, pubblica, come altri, gli indirizzi delle prostitute. Sono affari loro e dei loro clienti. Se, però, divengono strumento di penetrazione nelle grazie altrui, è segno che la qualità degli uomini che abitano le stanze del potere è scesa. Troppo. Finiamola, e se c’è chi non riesce a darsi dignità, almeno dategli il bromuro.

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