Sorpresa! Lo scudo fiscale non tutela più l’anonimato

Economiadi Pietro Salvato
pubblicato il 7 dicembre 2009 alle 16:28 dallo stesso autore - torna alla home

Per non incorre in sanzioni dall’Unione europea, il governo accetta le norme antiriciclaggio togliendo l’anonimato allo scudo fiscale. La Guardia di Finanza potrà conoscere nomi e dati fiscali di chi ha “scudato” i suoi capitali ed avviare così accertamenti e sanzioni.

Nell’ambito delle operazioni relative allo scudo fiscale, vanno applicate le disposizioni antiriciclaggio previste dal Decreto Legislativo numero 231 del 2007, norma che estende la lotta al denaro sporco anche all’emersione, voluta dall’allora ministro delle Finanze del governo di centrosinistra, Vincenzo Visco. Questo significa che in termini di adeguata verifica, di registrazione e di segnalazione di operazioni sospette, i nomi di coloro che aderiscono allo scudo fiscale, possono essere rinvenuti dalla Guardia di Finanza nella documentazione antiriciclaggio tenuta dai professionisti e dagli intermediari finanziari e, pertanto, può utilizzarli anche a fini fiscali. Questa è l’ultima interpretazione data dai “tecnici” del dipartimento del Tesoro alla normativa sull’ultimo scudo fiscale. Una novità, come si vede, molto importate. La Guardia di Finanza, d’ora in poi, può fare verifiche sia negli istituti di credito sia negli studi di commercialisti ed intermediari ed acquisire i nomi dei clienti che si sono avvalsi dello scudo. A fare breccia nell’anonimato così come previsto dallo scudo voluto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sono state le disposizioni in tema di antiriciclaggio di denaro “sporco”. Secondo la review del dipartimento del Tesoro, nelle operazioni relative allo scudo fiscale trovano pienamente applicazione “tutti i presidi antiriciclaggio” previsti dal Dlgs 231/2007, conseguentemente, i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio che intervengono nell’iter della procedura di rimpatrio o, come assai più probabile, di semplice regolarizzazione, “devono provvedere all’adeguata verifica della clientela; alla registrazione dei dati, all’obbligo di segnalazione di operazioni sospette”, a patto che queste siano comunque motivate da particolari attività d’indagine. Ne deriva che tutti i professionisti a cui si sono rivolti i clienti che intendevano “scudare” i loro capitali, precedentemente “esportati” illegalmente all’estero, possono far conoscere alle autorità competenti, i nomi e tutti gli altri dati sensibili dei loro assistiti. Peraltro, la stessa normativa antiriciclaggio prevede la possibilità per la GdF di effettuare controlli presso coloro che sono tenuti a tali adempimenti, per verificarne la piena osservanza e l’esplicita possibilità di utilizzo a fini fiscali dei dati e delle informazioni registrate. La procedura può essere avviata sia autonomamente dalle “Fiamme Gialle”, sia su mandato dell’autorità giudiziaria.

COSA È SUCCESSO? – Come mai ad una settimana dal termine della procedura di adesione allo scudo fiscale (che scade, è bene ricordarlo, il prossimo 15 dicembre) è avvenuta questa sorta di rivoluzione copernicana? Una possibile risposta, a nostro avviso, può essere la seguente. La “precedente” versione dello scudo, con tanto di anonimato totale, era rischio bocciatura da parte dell’Unione Europea, poiché palesemente in contrasto con la direttiva antiriciclaggio comunitaria. Sul portale d’informazione economica lavoce.info l’avvocato Giuseppe Scassellati Sforzolini, partner dello studio Cleary-Gottlieb, ha sostenuto che: “Lo Stato italiano può essere citato dalla Commissione europea davanti alla Corte di giustizia perché questa constati la violazione ai sensi dell’articolo 226 del Trattato“. In alternativa, “non solo qualsiasi giudice, ma anche qualsiasi autorità pubblica, è tenuta a disapplicare una norma interna, anche di rango primario, contraria a una disposizione di una direttiva, applicando in sua vece la disposizione della direttiva stessa, se sufficientemente chiara, come in questo caso“. L’emendamento inserito dal Parlamento all’articolo 13 del decreto 78/2009 prevedeva che alle operazioni di emersione fatte con lo scudo fiscale non si applica l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette. “Senza addentrarsi nel tema, invero complesso e controverso – sostiene l’avvocato – dell’estensione della non punibilità penale introdotta dal nuovo scudo fiscale, basti osservare che, se fosse fuor di dubbio che non si estende alle attività criminose, il Parlamento non avrebbe avvertito la necessità di sospendere completamente l’obbligo di segnalazione, contrariamente al precedente scudo fiscale del 2001 e alla versione soft approvata con il decreto 78/2009: entrambi non a caso escludevano espressamente la punibilità dei soli reati di natura fiscale“. In pratica, la normativa sinora in vigore sullo scudo violava la direttiva europea 2005/60 sull’antiriciclaggio, che vieta agli Stati membri di sospendere gli obbligo di segnalazione. Una bocciatura in ambito europeo avrebbe messo a rischio tutta l’operazione “scudo fiscale”, basti immaginare a tutta la possibile serie di ricorsi alla stessa Alta Corte di Bruxelles. Nonché, per usare un termine ultimamente molto in voga, procurato al nostro paese l’ennesimo “sputtanamento” all’estero.

MA NON FINISCE QUI - Del resto alcuni europarlamentari italiani dell’Italia dei Valori, fra i quali Luigi De Magistris, e Vittorio Prodi del Partito democratico avevano presentato una denuncia formale alla Commissione contro lo scudo fiscale varato dal governo il 2 ottobre scorso. Secondo il ricorso la misura “non è né giustificabile né sostenibile”, poiché viola tre principi chiave del diritto comunitario. Nelle motivazioni si legge: “viola le norme comunitarie sull’Iva, sugli aiuti di Stato e sul riciclaggio”. Il dipartimento del Tesoro, come si è visto, è corso ai ripari, abolendo, di fatto, l’anonimato con riferimento alla normativa sull’antiriciclaggio. Restano, tuttavia,ancora i dubbi sugli altri due punti presentati nella denuncia di De Magistris&Co. In particolare: il provvedimento si scontrerebbe contro le disposizioni dell’Ue sull’Iva, concedendo, di fatto, un’amnistia fiscale sul suo pagamento. Secondo il legale esperto in questioni comunitarie Giuseppe Giacomini, al quale è stato affidato l’incarico di portare avanti l’iniziativa, “qualsiasi misura che riguardi l’Iva deve essere autorizzata dalla Commissione europea preliminarmente, dietro notifica formale, e lo scudo, che non è stato notificato, incide direttamente sull’evasione delle imposte dirette e dell’Iva”. L’avvocato ha sottolineato inoltre che il “18 settembre scorso la Corte di Cassazione italiana ha dato obbligo di esecuzione immediata a una sentenza della Corte di giustizia europea che annullava il condono fiscale dell’Iva del 2002”. In questo modo, ha spiegato Giacomini, si è “disposto l’obbligo di rimborso dell’Iva da parte di chi ha approfittato del condono, e questo vuol dire che lo stesso potrebbe accadere in caso di annullamento dello scudo”. A lungo termine si potrebbe dunque trattare di una vera e propria “trappola per evasori fiscali”. Sull’altro punto, con lo scudo fiscale si prefigura la possibilità di usare i patrimoni rimpatriati (pagando solo il 5% di imposte) per ricapitalizzare un’impresa. Il legale ha fatto un esempio: “Immaginiamo due aziende in difficoltà a causa della crisi, una che ha sempre pagato le tasse e l’altra che ha 10 milioni di euro in nero all’estero. La seconda, facendoli rientrare con lo scudo, potrebbe salvare l’azienda con nuovi investimenti”. Ciò può configurarsi come un aiuto di Stato che dovrebbe essere autorizzato dalla Commissione, dal momento che, distorcendo la concorrenza, andrebbe a svantaggio delle aziende concorrenti che non hanno mai evaso il fisco.

http://www.giornalettismo.com/archives/43810/sorpresa-lo-scudo-fiscale-non-tutela-piu-l%e2%80%99anonimato/

S.p.q.c. Sono Pazzi Quiesti Cinesi

  • 03:33 08/12/09
  • Quello che mostra il video sotto di MrFog e tanti altri post che abbiamo messo sulla Cina è riassunta in questa tabella che mostra che oggi in Cina gli investimenti fissi, tipo fabbriche, case, palazzi, porti, aereoporti, ferrovie, strade, linee telecom, cementifici, acciaierie, container, gasodotti.... insomma tutto quello che è richiede investimenti FISSI, cioè che non si muovono, pesanti, con dentro rame, alluminio, acciaio, cemento, fibre, ferro.. sono il 50% del PIL Ora è bello avere queste cose, in Italia mancano autostrade, ferrovie, raffinerie, gasodotti ecc.. però abbiamo anche costruito tante "cattedrali nel deserto" specie al sud ma non solo pensa a Malpensa che è costata una follia e ora è mezza vuota e poi tutte le acciaierie a Gioia Tauro Sono cose che costano molto perchè impieghi anni a costruirle e poi se nessuno le usa molto, specie gli immobili o le acciaierie o arereporti sono soldi spesi che non migliorano la vita e non puoi lasciarli a mezzo devi terminarli e poi anche la manutenzione Stalin ad esempio e Mao hanno riempito i loro paesi con investimenti fissi, erano la specialità del comunismo, ma poi non sempre venivano utilizzati. Sembra che un poco la tradizione di Mao sia rimasta. Voglio dire, i tedeschi con Krupp o Basf in termini di chimica, acciaio, treni, infrastrutture varie non scherano ma i loro investimenti fissi non hanno mai superato il 25% del PIL e al picco massimo, in Cina oggi siamo al 50%
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  • http://www.cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=5815&reply_id=204792

Il cerchio si stringe intorno alla Grecia

Tuesday, 8 December, 2009

in Economia & Mercato, Esteri

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Nella giornata di ieri l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha post in creditwatch negative, cioè sotto osservazione con implicazioni sfavorevoli, la qualità del debito sovrano della Grecia. Il periodo di osservazione è stato ridotto dagli abituali 90 a 60 giorni al termine dei quali, in assenza di misure “sufficientemente aggressive” da parte del governo di Atene per assicurare la flessione dell’onere del debito pubblico, il rating potrebbe subire un downgrade di un livello, al livello di BBB+.

Di rilievo il fatto che attualmente la Banca centrale europea consente di utilizzare titoli di stato a garanzia di finanziamenti fino al limite di rating dell’investment grade, cioè BBB- per S&P, ma questa è misura temporanea da ricondurre alle iniziative straordinarie per contrastare la crisi. In precedenza, il limite inferiore di rating per accedere ai finanziamenti dell’Eurotower era proprio A-, l’attuale rating della Grecia, che il paese potrebbe perdere entro due mesi.

Oggi, le banche greche sottoscrivono in massa i titoli del Tesoro di Atene, e li finanziano presso la Bce, usandoli come garanzia. Se questa possibilità venisse interrotta dalla perdita dello status di stanziabilità dei titoli di stato greci, come riuscirà il paese a finanziare il proprio imponente deficit e debito? Questo è il punto, in un paese scosso da profondo malessere sociale, e che appare assai poco disposto a bere l’amara medicina che gli irlandesi hanno accettato, e che potrebbe comunque non bastare: tagli alle retribuzioni nominali del settore pubblico, aumento di tassazione, riforma delle pensioni.

Sempre ieri, parlando davanti al Parlamento europeo, il presidente della Bce, Jean Claude Trichet ha detto di confidare nella capacità del governo greco di adottare misure idonee a superare la crisi. Noi siamo assai meno ottimisti, e crediamo che la possibilità di un intervento del Fondo Monetario Internazionale non sia così remota. In quel caso apparirebbe definitivamente chiaro che l’euro, da solo, è condizione necessaria ma non sufficiente per restare nel club dei paesi dalla finanza pubblica virtuosa. L’illusione è finita, da questo momento occorre rimboccarsi le maniche e lavorare per il risanamento fiscale e la crescita.

Update: la terza agenzia di rating per importanza, Fitch, ha già provveduto al downgrade.

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La CNN, il Picco del Petrolio e la libera (dis)informazione

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Pubblicato da Pietro Cambi alle 18:46 in Apocalypse now, Bugie, Vita quotidiana

cnn? cnn cosa?

"Ehi, Pa, hai sentito le notizie? "

"No, non ho ancora visto la CNN, oggi"

"Cos'è la CNN?"

Ok. Lo sappiamo, l'informazione indipendente è una merce rara, lo è sempre stata e, di questi tempi, si ritrova quasi esclusivamente nel mondo virtuale, nel mare magno di Internet. In ogni caso, mantenere l'indipendenza di giudizio non basta. Bisogna anche tenerlo allenato, il giudizio, perchè il mondo cambia, le poste in gioco mutano, si accrescono, si mescolano, in una sarabanda tale che è facile perdere la testa.

In tutto questo cancan mi ha veramente colpito ( ed ormai mi succede di rado) la caduta clamorosa non solo di credibilità ma anche di stile della CNN.

Mica baubau miciomicio ( direbbe Iachetti): il simbolo stesso del giornalismo di frontiera, del microfono brandito come un'arma mediatica, dell'approfondimento rigoroso, del raccontare LA REALTA', costasse quel che costasse. Non pochi giornalisti CNN, per tener fede a questo impegno, ci hanno rimesso le penne.

Che è successo?

Beh, evidentemente a corto di argomenti importanti, nel tentativo di passare alla storia anche in questo 2009 ormai quasi terminato, hanno trovato un modo: riuscire a scrivere quello che probabilmente sarà uno degli ultimi e sicuramente il più azzardato degli articoli "negazionisti" del Peak Oil.

Per questo, storicamente, potrebbe forse essere il peggior pezzo giornalistico mai uscito con il "marchio" CNN.

Pare incredibile ma, a due settimane di distanza dall'uscita del "world energy outlook "dell'IEA, di cui abbiamo ovviamente parlato, c'e' qualcuno che scende dal pero (o forse sarebbe meglio dire cade, battendo duramente la testa e dando una brutta mescolata agli sparsi neuroni) e se ne esce con un pezzo dallo storico titolo "Perchè il petrolio a buon mercato è qui per restare ."

Ora: che questa sia una FESSERIA COLOSSALE non ve lo voglio nemmeno cominciare a raccontare. Per questo esiste Petrolio, che Debora conduce in modo autorevole ( Lei odia che uno la definisca così perchè la fa sentire babbiona ma questa è la pura e semplice verità) dove, in un migliaio di post, sparsi su arco di tempo che va dal remoto 2005 ad oggi, vi potrete togliere ogni pur minuscolo dubbio in merito.

La cosa incredibile è che si possa scrivere una bufala così colossale OGGI ( veramente quattro giorni fa, ma ci siamo capiti), dopo che la IEA, che, vado a memoria, nel 2004 dichiarava che non vi sarebbe stato MAI un picco del petrolio, vaticinando produzioni superiori ai 125 milioni di barili al giorno, che nel 2007 si vedeva costretta ad ammettere che, beh, si forse un picco ci sarebbe stato ma dopo il 2030 e comunque intorno a 110 milioni di barili al girono, che nel 2008 ammetteva che beh, ecco, forse il picco sarebbe arrivato prima, intorno al 2015 ma sarebbe stato piu' simile ad un plateau con una produzione stabile intorno a 100-105 milioni di barili al giorno e che nel 2009, finalmente, ammette che la produzione attuale , nonostante il calo della domanda, non potrà essere mantenuta per molto e che, insomma, ecco, forse siamo già al picco .

Dopo che il Direttore responsabile del CERA, Cambridge Energy Research Association, famoso per le sue stime sempre oltre le più rosse previsioni, ha ammesso che"il Picco del petrolio è qui per restare".

Dopo che James Schlesinger, uno che ne ha viste tante, ha pubblicamente dichiarato : "I Picchisti hanno vinto, ai picchisti io dico: potete dichiarare la vittoria!! Non siete più una sparuta ed assediata minoranza di voci che gridano nel deserto, siete ormai il Mainstream, dovete prendere un "ebbene si" per una risposta ed essere magnanimi nella vittoria" lascia davvero increduli che una testata con la fama della CNN possa uscire con una affermazione di tal genere, per di più supportata, senza riferimenti, dall'affermazione di sedicenti "analisti della Deutsche bank" che "l'età del petrolio finirà non perchè è finito il petrolio ma perchè siamo divenuti più efficienti ad usarlo". A dimostrazione della loro tesi portano dei dati che mostrano come l'"intensità energetica" del sistema americano è costantemente aumentata, al ritmo di circa il 2% all'anno a partire dai primi anni 80 e che quindi la domanda Statunitense di petrolio probabilmente ha già raggiunto il suo massimo e non aumenterà nel prevedibile futuro.

Di fronte a queste castronerie non si sa da che parte cominciare, verrebbe voglia di adottare un bel cattedratico e stentoreo "fuori di qui e ripassi quando avrà studiato i fondamentali !!!" ma dobbiamo essere, l'ha detto Schlesinger, "magnanimi nella vittoria".

Vediamo quindi, con calma, di smontare almeno le bischerate più grosse:

1) Se è vero che l'intensità energetica è aumentata, disgraziatamente sono aumentati ancora più rapidamente i consumi, così che, per il noto (?) paradosso di Jevons, il fabbisogno di petrolio è aumentato, nel periodo considerato.

2) Se anche il fabbisogno americano non aumentasse le importazioni americane dovranno farlo, per il semplice motivo che da quasi quaranta anni la produzione nazionale è in declino.

3) Il resto dell'articolo è un insulso bla bla, che ha la sua perla nella affermazione che "al momento che i cinesi vorranno comprare centinaia di milioni di automobili, queste potranno benissimo essere elettriche". Qualcuno glielo spiega, all'esimio articolista, che, tanto per dire, trascurando il problema di come produrre l'energia elettrica necessaria a centinaia di milioni di veicoli, produrre automobili costa una enorme quantità di energia?

Che c'e' un modesto problema DI TEMPI nella rosea affermazione che "in questo esatto momento c'e' tanta capacità produttiva disponibile ( There's so much spare capacity right now)"

Che SOLO UN TERZO del petrolio è usato per i trasporti?

Lo sanno, gli esimi studiosi, ( Di un istituto bancario centrale, santinumi, cosa possono capire, con il dovuto rispetto, dello stato delle ricerche e delle riserve petrolifere?) che il gap si chiuderà presto, perchè la capacità produttiva sta diminuendo per cause geologiche e monetarie ( arresto e/o rallentamento di grandi progetti di ricerca e sviluppo, ridimensionamento delle stime etc etc)

Non leggono, gli esimi studiosi, cosa scrivono le massime autorità mondiali?

( oltretutto alquanto istituzionalmente ottimiste).

Evidentemente no.

Ed escono fuori con uno studio e con una serie di affermazioni che sono letteralmente un delirio.

Per meglio dire: apparentemente.

Ed il "povero" articolista della CNN ci cade.

Apparentemente.

La cosa, sinceramente, non quadra.

E' bastata una rapida ricerca ed ho scoperto che il giornalista smentisce quello che lui stesso aveva scritto circa due anni fa, sempre per la CNN.

Nell'insieme, tuttavia, a vedere l'elenco degli articoli che ha scritto per la CNN, il quadro si chiarisce.

C'e' un "Bias" abbastanza evidente contro la tassazione dei proventi petroliferi, i tagli ai sussidi al bioetanolo, la riduzione delle emissioni.

Questo spiega, tutto considerato, il suo punto di vista sulla questione ma non giustifica l'aver scritto un articolo senza riportare le fonti citate. Una cosa inamissibile, quando si fanno affermazioni tanto clamorose. Una ricerca on line non mi ha portato alcun risultato: non è possibile trovare le fonti di quanto riportato dall'articolista.

Insomma: all'apparenza, tutto fuorchè un giornalista indipendente ma, quel che è peggio, tutto fuorchè un giornalista scrupoloso e competente.

Tutto il contrario, in conclusione di quel che ci saremmo aspettati dalla CNN.

Siamo lontani dal ridicolo raggiunto in questi giorni dai nostri media ma il trend è chiaro: l'informazione libera è sempre più concentrata nella rete, i media ufficiali arrancano, restano sempre più indietro, cercano invano di afferrare, comprendere, analizzare e poi FILTRARE, quel che al loro editore ai loro "sponsor" non piace.

Sono, cronicamente, IN RITARDO.

Qui invece, cari lettori, il filtro LO FATE VOI. Siete voi che, con un click, decidete, analizzate, comprendete, filtrate.

insomma: VOTATE.

Non abbiamo bisogno di pacche sulle spalle, di aumenti di stipendio, di piante di ficus, di auto aziendali. Siete VOI, che decidete chi vince e chi perde, chi informa e chi no.

Da due anni, con una pazienza ed una partecipazione che ogni volta mi stupisce, ci premiate.

Grazie, specialmente per le critiche e le precisazioni e tenete duro!!

http://crisis.blogosfere.it/2009/12/la-cnn-il-picco-del-petrolio-e-la-libera-disinformazione.html

Crisi economica, colpevoli in fuga con il bottino

di Fabio Sebastiani - 07/12/2009 Fonte: Liberazione [scheda fonte]
Come le banche hanno salvato la pelle. Ce lo spiega Luciano Vasapollo Nel gioco di specchi in cui il capitalismo occulta il suo reale funzionamento, il primo grosso deficit di conoscenza riguarda proprio le cause della attuale crisi economica e finanziaria. La paradossale confusione di diagnosi e relative prescrizioni a cui stiamo assistendo da mesi non solo avvelena il libero confronto democratico e la stessa convivenza civile, ma getta gli individui in uno stato di incertezza assoluta. Risultato, l'effetto è ancora più negativo rispetto alla necessità di creare un clima di fiducia basilare rispetto alla ripresa. In buona sostanza, non essendo riusciti a stabilire l'esatta entità complessiva del movimento speculativo finanziario legato ai mutui subprime le istituzioni economiche internazionali, governi compresi, si trovano ora completamente scoperti rispetto alla gestione delle sue conseguenze, una delle quali è rappresentata sicuramente dal dramma della disoccupazione. Pensavano di cavarsela con il "penso positivo". E invece si sono ritrovati davanti un "muro di guai" proprio perché non c'è nessuna reale intenzione di ritornare alle cause vere della crisi. Ora il nuovo gioco è quello del cerino in mano, tra Usa, Europa, Cina e paesi asiatici. Fuori da ogni appello rimangono le banche, che appaiono sempre di più come le vere vincitrici di questa carneficina. Non solo sono state il "motore mobile" della crisi ma si sono aperte una via di fuga con in mano il coltello del ricatto ottenendo alla fine più del necessario. Del resto, come chiarisce Luciano Vasapollo, nel suo "compendio di economia applicata" La crisi del capitale (Jaca Book, pp 439, euro 38,00), è proprio in quella direzione che va cercata se non la causa - perché la causa ultima rimane sempre lo sfruttamento capitalistico - uno dei nodi della fase attuale del capitalismo. Nel libro di Vasapollo, che da anni studia con attenzione la valorizzazione del capitale e le crisi cui da luogo, vengono chiariti tutti i passaggi e le relative conseguenze. Una è sicuramente quella del profit State , ovvero di uno Stato che non solo si mette al servizio del capitalismo nella sua fase speculativa, ma che pratica la dissoluzione del "vincolo di cittadinanza" come passaggio necessario alla conquista di nuovi territori da dare in pasto alla valorizzazione. In realtà quello a cui assistiamo, e su questo punto La crisi del capitale è fin troppo chiaro, è uno spostamento lungo l'asse del tempo delle "soluzioni" alla crisi strutturale di sovraproduzione. Ed ogni passo è uno stadio ancora più deciso e violento verso l'imposizione di un modello sociale meno libero e più alienato. Viene propagandata come "modernizzazione" e "futuro", ma in realtà è una netta separazione tra condizione degli uomini e delle donne di questo pianeta e progettualità reale (da qui l'insuperabile lezione del socialismo). «La crisi è quindi una regolarità distruttrice necessaria - si legge nel saggio - per tentare una nuova fase di crescita economica ricostruendo ciò che era stato distrutto in precedenza e realizzando il saggio di profitto desiderato, ovviamente,attraverso la disoccupazione, la precarietà, le terre di nessuno ma anche distruggendo imprese, effettuando fusioni, concentrazioni, distruggendo capacità tecnico produttive e distruggendo capitale fittizio». Se dopo la crisi del 1929-1933 la soluzione del "keynesismo" aveva aperto nuove soluzioni, oggi i nuovi terreni sono appunto il profit State , "l'economia della conoscenza", "l'informazione". Ma questo non vuol dire più sapere e più consapevolezza, ovviamente. Ad alcune parti in cui non viene che riproposta la teoria marxista classica, Vasapollo nel suo saggio unisce alcuni pregevoli capitoli come quello sui rapporti tra occidente e paesi in via di sviluppo, segnato da una infinita spoliazione, quello sul profit State e infine, le parti dedicate all'economia della conoscenza.
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Barney Frank e il Pianeta delle Banche

di Ralph Nader - 07/12/2009 Fonte: futuroieri

Su quale pianeta vive il Congressista Barney Frank, di fatto? E' il pianeta delle banche e delle altre imprese finanziarie che continuano a riempire i forzieri della sua campagna come loro presidente della House Financial Services Committee. Dal suo piedistallo extraterrestre, protetto dalle sue osservazioni irriverenti e spiritose, vede la crisi di consumatori e proprietari di case rovinati e indebitati, ma le sue azioni non sono all'altezza. Vedi le ultime audizioni fatte prima di questo scritto: Mr. Frank ha affossato i punti chiave della proposta di creare un Consumer Financial protection Agency (CFPA) indipendente. Le banche non volevano un diritto del consumatore alla causa contro le imprese che violavano le regole per le loro ipoteche, carte di debito e credito, o prestiti a termine e a rate. Barney disse certo! Le banche vogliono un comitato di controllo debole dei loro regolatori adulanti, che fallirono sempre e miseramente nel decennio passato nell'evitare il collasso di Wall Street e le sue conseguenze economiche letali per lavoratori e consumatori. Barney disse certo! Le banche vogliono che i Congressisti amici rinuncino alla norma di ragionevolezza con la quale la nuova agenzia di tutela del consumatore arriverebbe alle tasse evase e alle pratiche ingannevoli, vedi il controllo della truffa dello scoperto che porta alle banche $40 miliardi. Barney disse, certo, certo! La "American Bankers Association" esulta come un migliaio di roosters. Le 5 banche più grandi - ora anche più grandi dopo il collasso, il loro salvataggio pubblico e le loro acquisizioni - esultano con più forza. E perché no? Essi specularono con la pensione e gli altri risparmi della gente americana. Trilioni di dollari furono drenati dai conti e saccheggiati a questi innocenti. Inoltre, le banche si aspettano che la Legge Glass-Stegall - abolita da Clinton, Citigroup e dal Congresso nel 1999 - non sia ripristinata per separare le banche al dettaglio da quelle di investimento e bloccare i conflitti di interesse che devastano gli investitori. Le Banche avranno ancora la loro Federal Reserve protettiva che, sebbene rafforzata dalla legge del 1994 per limitare il prestito predatorio, non farà nulla per fermare la truffa dell'ipoteca subprime che sommerse l'economia edile. Fiutando un Barney Frank disponibile: altri affaristi vogliono le esenzioni dalla nuova autorità dell'agenzia del consumatore, inclusi i venditori d'auto, gli agenti immobiliari, i mercanti, i dettaglianti e altri giocatori vari nel gioco scritto piccolo dei servizi finanziari. Possedute in massa dalla arroganza ghignante dello stato aziendalista, tali grandi banche garantiscono ancora alti compensi ai loro amministratori e ai grandi capi, mentre i contribuenti dell'America li stanno sussidiando e salvando ancora.. Il Ministro del tesoro scelto da loro, Timothy Geithner concesse che il governo USA assicuri oggi, non i depositi nelle grandi banche, ma il loro capitale come buono. Più sbalorditivo per gli americani (di destra e di sinistra) che seguono i ragazzi della finanza è che loro sviluppano altri pacchetti di derivati speculativi, emessi con tassi attraenti, come le scommesse garantite sulle polizze vita. Questo vi ricorda il tipo di giro finanziario e affare che affondò Wall Street e l'economia lo scorso anno? Naturalmente i gruppi dei consumatori come il National Community Reinvestment Coalition (http://fairlending.com) e il U.S. Public Interest Research Groups (USPIRG) (http://www.uspirg.org) che hanno fornito la testimonianza eccellente nei mesi scorsi su quello che i consumatori sfruttati e i salvatori necessitano a lunga scadenza, sono delusi. Ma loro, e la Consumer Federation of America (http://www.consumerfed.org) fronteggiano una disparità di risorse opprimente con gli affaristi finanziari. Questi affaristi dispiegano eserciti di lobbisti a Capitol Hill e ospitano centinaia di campagne di finanziamento dei partiti. In un articolo eccellente sul New York Times, l'editorialista onesto Joe Nocera pone la domanda - "Le Banche Non Hanno Vergogna?" Egli inizia la sua risposta citando Simon Johnson, un ex economista del Fondo Monetario Internazionale: "Essi non possono pagare quello che devono!" iniziò con rabbia. Allora si fermò, raccolse i suoi pensieri e andò oltre: "Tim Geithner le salvò con condizioni estremamente favorevoli per le banche ... Ciò che mi interessa è che le banche continuano ad opporsi alla protezione del consumatore. Come possono opporsi alla tutela del consumatore proposta dall'uomo che è il Ministro del Tesoro più favorevole che abbiamo avuto in una generazione ... è irragionevole". Ben detto, ma non è abbastanza. Finché i grandi capi delle banche avranno i loro alti premi e le loro banche corrotte e mal gestite avranno i loro salvataggi del contribuente, perché troppo grandi per fallire, continueranno a spingere l'avarizia devastante con impunità. Il tema non è solo la vergogna. Il tema è la colpa e per quella, il processo, la condanna e la carcerazione sono i rimedi. Quella è la sola possibilità per smaltire la sbornia dei truffatori aziendalisti. Un processo adeguato previene leggi criminali aziendaliste più dure e un governo per la legge e l'ordine - nulla di simile si trova nelle proposte di legge o nelle teste e nei cuori dei nostri rappresentanti a Washington. Perciò, cittadini sovrani ovunque siate, se non vi organizzate per poter parlare, continuerete a pagare, pagare e pagare. Il momento di essere apatici è superato!

Tradotto da F. Allegri il 06/12/2009 Per approfondire visita il sito http://digilander.libero.it/amici.futuroieri.

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