WALL STREET, LA CIA E I COLPI DI STATO

di Marcelo Perez Suarez Granma
“La bandiera segue il dollaro, i soldati la bandiera”, ha dichiarato l’ex maggior generale statunitense, Smedley D. Butler, nel suo libro “War is a Racket”. Nasceva la filosofia con la quale l’impero statunitense interveniva con la sua marina di guerra in quasi tutto il continente. Assicurava così l’incipiente espansione delle sue transnazionali in America Latina durante la prima metà del XX secolo. E mentre applicava la “diplomazia dei cannoni”, ha investito fatto prestiti, comprato debiti, dettato leggi, controllato le dogane senza riconoscere nessun governo che non rispondesse alle sue pretese imperiali. Nel 1913, l’ambasciata nordamericana approvò il primo colpo di stato in Messico. Il motivo: una riforma agraria. Contro i nemici di Wall Street Finisce la seconda guerra mondiale. Fioriscono sentimenti antifascisti e antimperialisti in America Latina. Wall Street e le transazionali si allarmano. La CIA comincia a ricevere incarichi maggiori. Prima di invadere, si cominciò a considerare definitivamente il colpo di Stato all'interno di governi e l'assassinio attraverso azioni segrete. In Guatemala si scopre che il “buon vicino” è facciata. Quando Jacobo Arbenz ha applicato la riforma agraria, dirigenti della CIA e rappresentanti dell’establishment vincolati alla United Fruit Company, ristabilirono l’ “ordine”. Nixon esclama che per la prima volta “un governo comunista” era stato sostituito. Non importava se lo era, ma colpì il capitale. Cominciava così la “guerra fredda” e il nuovo argomento: la crociata contro i comunisti. Nel 1952 c’erano seri “problemi” a Cuba e in Bolivia. Nel paese andino il Movimento Nazionalista Rivoluzionario prese il potere e nazionalizzò l’industria dello stagno. Colpì il potente gruppo nordamericano Guggenheim. Eisenhower dà istruzioni alla CIA per ripristinare il regime in suo favore. L’Agenzia penetrò nelle strutture politiche, militari ed nei servizi segreti boliviani. Scelse come futuro presidente René Barrientos, che fu reclutato dal Capo della Stazione CIA in Bolivia. Dopo è arrivato il colpo di Stato con l’appoggio anche della transnazionale petrolifera Gulf Oil Company. Barrientos ha aperto subito le porte ai monopoli nordamericani. Nel caso di Cuba esisteva la più importante penetrazione del capitale nordamericano in America. Ma al governante Carlos Prio, è venuta la “cattiva” idea di avere una partecipazione come azionista nel affare del nichel, attraverso la ditta olandese Billinton. Colpì gli interessi nordamericani dei gruppi Rockefeller, Guggenheim, Sullivan & Cromwell e quelli della famiglia Dulles. Sommato ad altri fattori, è stato avviato il colpo di Stato nel 1952 da Fulgencio Batista, uomo della CIA, che velocemente moltiplicò gli investimenti nordamericani. Con questi “cattivi” esempi, in agosto del 1954 il Consiglio Nazionale di Sicurezza degli Stati Uniti emise il documento NSC- 5432. “La politica degli Stati Uniti verso l’America Latina”, che definì come pericolo i “regimi nazionalisti”, “troppo sensibili” alle “richieste popolari” dato che “non favoriscono un buon clima per gli investimenti”. In questo documento si propone di penetrare e di avere sotto controllo i militari latinoamericani per avere influenza sui governi del continente. A settembre del 1955, gli Stati Uniti fecero da padrino ad un golpe in Argentina. Fanno cadere Juan Domingo Peròn. Il suo “errore”: aumentare stipendi, nazionalizzare interessi statunitensi nella telefonia ed una Costituzione che diede allo Stato i diritti di sfruttamento delle fonti di energia e minerali. Nel 1959 vince il movimento rivoluzionario cubano. Si applica una Riforma Agraria ed un processo progressivo di nazionalizzazione. Le transnazionali colpite e la CIA cercarono ed usarono qualsiasi tipo di blocco, sabotaggi e sovversione interna, fino a che nel 1961 arrivano all’invasione militare. È finora il più grande “espediente inconcluso”. Di fronte all’effervescenza rivoluzionaria del continente, Kennedy comincia la sua strategia: “Alleanza per il Progresso”. Ma sono stati inefficaci nel riuscire ad esercitare il dominio reale. Si impose la dottrina “Johnson”,che comprendeva più compiti per la CIA e di nuovo l' opzione dell’invasione diretta. Ci fu poi Juan Bosch nella Repubblica Dominicana. Nel 1963 iniziò una riforma agraria. Prima agì la CIA e dopo sbarcarono 40 mila soldati. In Brasile, Joao Goulart, ha chiesto la riforma agraria e la nazionalizzazione del Consorzio per la International Telephone and Telegraph (ITT), più altre industrie primarie. La CIA comprò generali, politici e oligarchi brasiliani. Ha dato il colpo di stato nel 1964. È stato raggiunto attraverso la coercizione, che nel decennio di 60 e 70 gli investimenti degli Stati Uniti nel continente siano cresciuti a un tasso annuo del 5%. Ma l' America Latina continuò a cercare di nazionalizzare le sue risorse. In Bolivia, c' è la nazionalizzazione della Gulf Oil company nel 1969 e le miniere di zinco in mano al monopolio International Mining Processing Corporation. La CIA prima ha cercato di compromettere il generale Juan José Torres perché abbandonasse la sua politica di nazionalizzazioni. Ma non lo fece. Allora consigliò Hugo Banzer di dargli il colpo di Stato nel 1971. Il cadavere di Torres apparve in Argentina nel 1976. In Cile, il capitale nordamericano era molto calato durante gli anni 50 e 60. Insieme alla CIA, queste transnazionali dirette da J. Rockefeller finanziarono i candidati affinchè Salvador Allende non assumesse la presidenza. Sapevano che si sarebbero pregiudicati, e così fu. Allende decise di nazionalizzare la gran miniera di rame, carbone e banche private. Nixon diede indicazioni di toglierlo dal potere. Secondo la stessa CIA, Nixon aveva un rapporto personale con il presidente della Pepsi-Cola, con affari in Cile, e influì sulle sue decisioni. Le transnazionali ITT, Anaconda, Kennecott Copper, Grace Corporation, Dow Chemical, e la Ford Motor, erano colpite, ed intervennero nell’attività sovversiva contro Allende. Si applicarono tattiche di blocco, sabotaggio, guerra psicologica, coniare denaro falso, ecc, finchè arrivò il golpe militare di Pinochet. Il governo nordamericano, la CIA e la ITT hanno dovuto ammettere dopo la loro cospirazione per far cadere Allende e il Governo dell’Unità Popolare. La CIA, in coalizione con i servizi segreti e candidati del governo, rafforzò il suo macchinario. Bisognava evitare che arrivassero altri uomini al potere come Fidel e Allende. Gli squadroni della morte e operazioni come “Condor”, assassinarono, fecero sparire e torturarono centinaia di migliaia di leader e forze progressiste della regione. In base a quali argomenti? Un documento della CIA del 1980 diceva: “¼ da 1968 a 1980 si registrarono 6 714 manifestazioni, ¼ del terrorismo internazionale. Oggi, in 63 paesi operano 370 gruppi terroristici, soprattutto marxisti”. Come disse il suo autore, questo fu “terrorismo alla nordamericana”. Nei primi anni 80, ci sono due "incidenti" aerei in cui due presidenti latino-americani muoiono: Omar Torrijos, del Panama e Jaime Roldos, dell’Ecuador. In comune: applicarono riforme e difesero la nazionalizzazione delle risorse naturali, tra di esse quelle energetiche. Entrambi hanno sofferto le conseguenze del lavoro di uno stesso agente segreto dell’Intelligence nordamericana. L'agente ha sostenuto nel suo libro “Confessioni di un sicario economico”, che agì sotto copertura di consulente privato ed usò metodi ingannevoli per stimolare crediti ed investimenti. L’obiettivo: indebitare questi paesi. Nonostante tutto riuscire, non fu sufficiente, e per questo i due furono assassinati dalla CIA. Così hanno raccontato anche altri due agenti della CIA. Con la vittoria sandista, in Nicaragua nel 1979, vennero nazionalizzate le miniere e le risorse non rinnovabili. Reagan diede istruzioni alla CIA di attaccare con tutti i mezzi possibili. In quel contesto, invase Granada nel 1983 Maurice Bishop aveva rotto con 25 anni di dominio di un governo fantoccio degli Stati Uniti ed avviato riforme che hanno colpirono gli interessi nordamericani. La CIA e l’oligarchia applicarono il piano “Piramide” per la sua caduta. L’ALBA non si quota in borsa. Gli USA garantivano che le loro transnazionali mantenessero il loro predominio nella “Grande Area”, mediante la formula: CIA + militari burattini + oligarchie corrotte. E’ per questo che Wall Street adorò governanti come Leonidas Trujillo, Banzer, Pinochet ed altri nel continente che riempirono di sangue il loro popolo e vendettero la sovranità ai capitali nordamericani. Le trombe di Wall Street suonarono allegre negli anni '90. Un documento della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e Sviluppo, arrivò a dire nel 1993: “Al di fuori delle transnazionali non c’è salvezza!”. Il neoliberismo, le ricette “salvatrici” dell’FMI, la libera stampa del dollaro, il NAFTA e l’ALCA, erano le corazzate degli ultimi 20 anni in America Latina. Un po’ fiduciosi in questo scenario, se ne andarono alla conquista del petrolio in Medio Oriente e di altri interessi strategici in Asia Centrale e del Sud. L' America Latina si alzò dal suo letto di miseria e di morte. Il sorgere lento e costante di leader e movimenti progressisti, dai propri strati sociali ereditati, hanno ridato luce alla vita. I processi più radicali- quelli che nazionalizzano le risorse naturali e danneggiano Wall Street e la sua corporatocrazia- risultano logicamente i bersagli principali. Prima il doppio colpo a Chavez. Uno classico- il primo- ed uno moderno: lo sciopero del petrolio del 2003. La CIA ha cercato di fare a modo suo, ma la Direzione d’Intelligence e dei Servizi di Prevenzione (DISIP), non è la stessa che dava uffici e incarichi all’agente Posadas Carriles. In Bolivia, la stessa cosa con Evo. Si è rivelato un golpe "costituzionale". In Honduras, all’evidenza della partecipazione della transnazionale Chiquita Brads (succeditrice della United Fruit Company) nel colpo di Stato, si aggiunge ora la decisione degli USA di riconoscere il risultato delle “elezioni”. Con questo “legittima” il tipo di golpe che era “fuori moda”, adesso truccato nella pseudo versione del “golpe dolce”. Il sistema nordamericano di ritornare ai colpi di stato, è più che un segnale. L’elite nordamericana deve essere alla ricerca di una nuova dottrina per continuare a mascherare la sua ideologia reale: collocare i suoi capitali e i suoi guadagni, che a loro volta, servano per giustificare i razzi che vorrà lanciare dalle sue basi militari. Sembra che Obama era parte della formula, ma la realtà in America Latina non è estetica, è profonda. La Wall Street costruita dai “padri fondatori” non si è mai conformata con una fetta ma con tutta la torta. Ma l’ALBA non si quota in borsa, rappresenta il capitale umano dei popoli.
Fonte: http://www.granma.cubaweb.cu/2009/12/11/interna/artic04.html Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA

IGLOO IMMOBILIARE, TEMPERATURE POLARI!

Come si legge su Wikipedia, l'ibernazione è quella condizione biologica in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo, il battito cardiaco e il respiro rallentano, il metabilismo si riduce e la temperatura corporea si abbassa.

Sembra proprio che il mercato immobiliare relativo alle nuove abitazioni sia caduto in una sorta di stato di quiescenza, nel quale la sua dinamica è notevolmente rallentata, un lungo letargo nel quale l'organismo si nutre solo della speranza di un nuovo sostegno governativo.

Paradossalmente gli incentivi governativi sembrano aver risvegliato dal lungo terpore il mercato immobiliare delle abitazioni esistenti, sottraendo quindi linfa vitale alle contrattazioni di nuove abitazioni che recentemente hanno stabilito il nuovo record negativo mensile di vendite dal lontano 1966 per quanto riguarda il mese di novembre.

Come abbiamo già visto è fondamentale il contributo che la dinamica delle vendite di nuove abitazioni da all'economia americana, creando occupazione e favorendo tutto l'indotto che circonda il settore edilizio.

E' importante sottolineare che non si tratta solo di occupazione ma anche di investimenti residenziali che come abbiamo visto hanno contribuito a risollevare in parte le sorti della crescita anemica del PIL del terzo trimestre di quest'anno.

L'ultima revisione degli investimenti residenziali ha contribuito a ridurre l'ultima lettura del PIL, quella definitiva. Ho l'impressione che questa dinamica non mancherà di ammortizzare negativamente, anche il rimbalzo relativo all'ultimo trimestre dell'anno.

Inoltre a differenza della maggioranza degli economisti e degli analisti, ritengo che la crescita definitiva e risottolineo definitiva, dell'ultimo trimestre, difficilmente supererà il 3, massimo 3,5 % con il contributo almeno del 50 % della dinamica degli inventari, dinamica che il prossimo anno, verrà spenta dalla mancanza di una ripresa dei consumi finali. Deleveraging e risparmio, contribuiranno a tenere sotto pressione i consumi.

Per il prossimo anno le visioni di una crescita intorno al 4/4,5 % assomigliano più all'ennesimo atto di speranza che ad una razionale analisi della situazione reale, una crescita che in realtà prevedo decisamente recessiva ovvero tra l'1 e il 2 %, con la possibilità di assistere nell'ultima parte dell' anno ad una nuova "double dip recession".

Ma di queste dinamiche dell' economia e di altre questioni fondamentali ne parleremo insieme in LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA, una analisi a tutto campo sulle prospettive macroeconomiche e sui mercati finanziari, dedicata a coloro che hanno contribuito o vorranno contribuire alla navigazione di Icebergfinanza.

Dalle iniziali 430.000 unità comunicate siamo scesi ad una revisione di 400.000 sino al crollo finale che porta il risultato di settembre a 355.000 unità.

This is 11.3 percent (±11.0%) below the revised October rate of 400,000 and is 9.0 percent (±15.3%)* below the November 2008 estimate of 390,000.( Census )

Non solo la revisione diminuisce sensibilmente la precedente rilevazione, ma la percentuale di errore della rilevazione di novembre, ha un margine di errore di un altro 11% in più o in meno. Sarà interessante osservare la dinamica del mese di dicembre, mese storicamente nel quale il numero delle vendite diminuisce drasticamente.

Nel primo semestre o al massimo entro i primi nove mesi del prossimo anno, i fondamentali ritroveranno la giusta considerazione all'interno di un mercato che vive una evidente sovravalutazione fondamentale nell'ordine del 40/50 %.

Alcune evidenti crepe si stanno insinuando tra il sottile ghiaccio delle agenzie governative, Fannie Mae e Freddie Mac, attuale imponente iceberg alla deriva nei conti pubblici americani, dal quale attraverso i suoi analisti proviene l'allarme di un'improvvisa risalita dei tassi ipotecari trentennali al 6 %. Ripeto per l'ennesima volta la mia curiosità nell'osservare le mosse della Federal Reserve in relazione all'annunciata fine del programma di acquisto dei titoli MBS.

La prossima settimana vedremo da vicino se la dinamica di salita dei prezzi delle abitazioni americane avrà un seguito, anche se alcuni segnali anticipatori sono chiari; l'indice S&P Case/Shiller di martedi rivelerà l'inizio di una nuova tendenza.

Sarà inoltre da osservare nel tempo, entro aprile del prossimo anno, la validità dei defibrillatori immobiliari prorogati dal governo americano, dal credito d'imposta di 8000 dollari ( qualcuno sussurra che questa sarà l'ultima estensione per non assistere alla morte del dio mercato ......chi vivrà, vedrà!) , alle moratorie sui pignoramenti, sino a scrutare un ulteriore segnale che giungerà dalle dinamiche di acquisto del Tesoro americano e della Federal Reserve dei Mortgage Backed Securities MBS, titoli con sottostante immobiliare, mercato congelatosi nella madre di tutte le crisi.

Suppongo che per i " capitalisti flessibili ", sia affascinante continuare ad assaporare il gusto del successo senza dovere sopportare il dolore del fallimento, utilizzando il contribuente americano come metadone.

Continuando in questo ambiente decisamente glaciale, l'agenzia di rating S&Poors ha degradato ben cinque agenzie di assicurazioni sui mutui in quanto alcune tipologie di mutuo a basso rischio stanno incominciando a sperimentare maggiori perdite.

Vi ricordate quando qualche illuminato analista urlava la circoscrizione del fenomeno subprime, ritenendo i mutui prime assolutamente indenne da qualsiasi contagio....bene ora la Verità e sempre più figlia del tempo, in ogni settore, attraverso ogni dinamica.

L'analista di S&P ha dichiarato che il basso livello di rischio dei mutui americanio con migliore punteggio sono stati e saranno sempre più compromessi continuando ad essere maggiori di quello preventivato. Figuriamoci quando arriverà la seconda ondata di reimpostazioni ARMs e Alt-A aggiungo io.

Sarà inoltre interessante osservare la dinamica all'interno del settore assicurativo, qualunque esso sia, rimasto stranamente e relativamente indenne in questa vera e propria tormenta immobiliare.

Come più volte ricordato, entro i primi giorni del prossimo anno, vedremo insieme a coloro che hanno sostenuto o vorranno sostenere Icebergfinanza, alcune mappe dal punto di vista tecnico e fondamentale che probabilmente ci aiuteranno a comprendere alcune dinamiche per il prossimo anno, per scegliere in maniera consapevole ognuno la sua rotta in " LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA ".

Per coloro che continuano ad osservare, in alcuni commenti presso altri blog, ( come segnalatomi da alcuni lettori ), che queste analisi " dedicate " sminuiscono la "gratuità" dell'esperienza di Icebergfinanza, ricordo solo che in tre anni di navigazione Icebergfinanza ha condiviso 820 post " liberamente", alcuni dei quali veri e propri poemi, a fronte di una decina di analisi "dedicate". Queste analisi dettagliate sono un ulteriore regalo che io amo condividere con coloro che in questi anni hanno sostenuto anche economicamente il lavoro di analisi e ricerca di questa esperienza.

Ricordo inoltre che spesso per problemi di mail, antispam e mancanza di riferimenti, talvolta le analisi non giungono a destinazione. Non fatevi alcun problema a contattarmi!

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Postato da: icebergfinanza a dicembre 27, 2009 22:26 | link | commenti (3)

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Energia dal sole: la soluzione finale, una buona idea?

Dic 0928

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Pubblicato da Pietro Cambi alle 01:00 in Clima, Energia, Vita quotidiana

centrale solare termica

Non c'è niente da fare. Orfani di una eredità gigantesca, che abbiamo dissipato in gozzovigliamenti vari nel giro di una manciata di generazioni, ci continuiamo ad affannare alla ricerca della soluzione UNICA alla crisi energetica che ormai, come il riscaldamento globale, sono in pochi a negare.

Ecco quindi che qualcuno ha preso alla lettera certi calcoli, che mostravano come un quadrato di un paio di centinaia di km di lato nel mezzo del deserto del Sahara sarebbe stato in grado di fornirci tutta l'energia di cui avevamo bisogno ed è partito con un progetto che DAVVERO si propone di fornire una importante percentuale dell'energia elettrica per la vecchia Europa a partire da un gigantesco impianto solare Sahariano. Il Progetto, il suo nome è Desertec è gigantesco e trovarete in questo articolo di Der Spiegel un'ampia presentazione ( in inglese).

Sinceramente, mi perdonerete, non voglio nemmeno entrare nei dettagli.

Non c'è infatti bisogno di concepire un impianto da decine di GW, basterebbe molto meno.

Basterebbe cominciare a studiare le reti affinchè siano in grado di distribuire in modo intelligente l'energia, molto di più di quanto possano fare ora.

Ci vuole tempo impegno e strategia.

Basterebbe pensare ad aumentare i piccoli bacini irrigui, stabilendo degli standard di realizzazione, in mdo da velocizzarne la realizzazione e l'iter autorizzativo, in modo che siano posti in tandem e possano fare da "volano" di produzione elettrica, questo essendo già una cosa competitiva oggi, anche se solo pochi lo sanno.

Il resto lo farà il costo dell'energia, rapidamente crescente, via via che il prezzo del petrolio tornerà a salire e con lui quello del gas e quello del carbone.

Saranno le mille iniziative private che potranno creare quella resilienza, necessaria alla sopravvivenza del sistema, che attualmente i mega impianti non possono dare. Immaginate quel mega impianto nel mezzo del deserto durante un probabile momento di tensione tra Nord e Sud del mondo e capirete che non sarebbe molto sensato concentrare una percentuale cosi grande della produzione di energia elettrica in un unico posto. Meglio, molto meglio, pensare di trasferire la "tecnologia" ( si tratta di un know-how di certo non eccessivamente rivoluzionario che dovremmo poter cedere con una certa serenità)ai paesi interessati ed aiutarli a realizzare una rete che colleghi le sparse comunità, che diverrebbero ciascuna un centro produttivo. Siccome questo è abbastanza evidente anche ad osservatori superficiali ed occasionali come noi, credo che questo ed altri megaprogetti, in ultima analisi siano in perenne caccia agli investimenti, mentre cercano di essere competitivi, in termini di costi con il nucleare e con il gas.

E' una fatica futile a mio avviso. Sarebbe come cercare di dimostrare che esiste un modo piu' comodo di ottenere liquidità che andare in banca a prelevarla dal conto corrente della ricca eredità che lo zio d'amercia ha avuto la bontà di lasciarci.

Le future fonti di approvvigionamento energetiche saranno TUTTE quelle che riusciremo a preseguire e che saranno ancora disponibili fra trenta o quaranta anni a cifre ragionevoli. Petrolio gas carbone E nucleare non lo saranno.

Cosi come è un esercizio futile cercare di portare le ferrovie in pareggio, in qualunque realtà economica, allo stesso modo è futile pretendere un pareggio economico brutale tra energie rinnovabili e non rinnovabili.

Per il semplice motivo che, ad esempio, nel conto di queste ultime andrebbero messe le guerre, i disastri ecologici, i cambiamenti climatici, senza contare lo sviluppo e l'estendersi del nostro nefasto stile di vita a tutto l'orbe terraqueo.

Non servono i mega progetti. Specialmente se il lro unico vero scopo è quello di dimostrarne la competitività economica a tutit i costi.

Serve la consapevolezza della posta in gioco, diffusa ad ogni livello. A quel punto i progetti e le cose da fare, ad ogni possibile e concepibile livello, non mancheranno.

http://crisis.blogosfere.it/2009/12/solare-pensare-in-grande-il-progetto-solartec.html

Perché l'idea di decrescita non trova consenso

created by Claudio Rava
Mi è sempre parso difficile precisare in cosa consista la vita, forse perché la sua essenza è eminentemente esperienziale e non discorsiva, forse perché quando ci si avventura nel tentativo di disquisire di questi concetti, del loro senso più profondo, è difficile evitare di fare della filosofia spicciola che in ogni caso lascia un senso di incompiutezza e talvolta di smarrimento negli interlocutori. Secondo una definizione comunemente accettata, che lascia però insoddisfatto quanti vorrebbero insistere a trastullarsi con speculazioni metafisiche che si avventurano alla ricerca della sua matrice esistenziale, la vita, molto più semplicemente, viene concepita come la caratteristica che possiedono quegli organismi in grado di compiere i due processi sottoelencati:
1) Crescere
2) Riprodursi
Ovvero potremmo raggruppare i due assunti nell'unico concetto di crescita dicendo che un organismo è un essere vivente se cresce dimensionalmente e numericamente.
Questi assunti sono validi per ogni forma vivente, e si vede facilmente come la materia inanimata non possegga queste capacità, salvo alcune singolari eccezioni, che val la pena ricordare. In natura esistono minerali e gemme che mostrano una capacità di accrescimento regolare, e durante la sua formazione un cristallo di quarzo, ad esempio, tenderà all'accrescimento mantenendo la sua forma già assegnata dalla struttura chimica e cristallina interna. Ma anche se ne possiamo trovarne moltissimi esemplari, non si può però affermare che si riproduca.
L'altra singolarità sembra contraddire la prima condizione, pur rispettando la seconda. Si tratta dei virus, in questo periodo tristemente alla ribalta nella loro variante influenzale suina o stagionale che sia. I virus difatti sono in grado di riprodursi, a spese dell'organismo parassitato, ma non mostrano alcun processo di accrescimento dimensionale, ogni nuovo virus nasce già come une replica esatta e compiuta del suo predecessore.
Ho volutamente e forse indebitamente raggruppato le due condizioni necessarie alla vita per mostrare come e quanto l'idea di crescita sia profondamente connaturata con la manifestazione vitale, probabilmente iscritta da qualche parte nel genoma, sicuramente attiva negli istinti basilari degli organismi, radicata nei processi motivazionali e nelle derivazioni comportamentali.
Ho ripensato a questi banali concetti allorché sono rimasto spiacevolmente sorpreso dalle reazioni di difesa sotto forma di irritazione, di disgusto, di negazione, di fuga e di derisione (e chissà quante altre modalità sono possibili) da parte delle persone alle quali indicavo la più che probabile eventualità di trovarsi di fronte ad un lungo periodo di recessione e di decrescita a seguito del raggiungimento del Picco di Hubbert della produzione del petrolio.
L'idea di decrescita porta con sé catene associative sempre spiacevoli, poiché in recessione economica sono molte le potenziali perdite (il lavoro, i risparmi, le possibilità di fare progetti), ma abbiamo anche molti altri esempi del tutto comuni e immediati: ci si trova nella fase calante nel processo di senescenza (diminuzione di operatività, di salute, di capacità fisiche, mentali e riproduttive), i genitori di qualsivoglia bambino sono preoccupati che cresca, la bassa statura ha in genere una valenza moderatamente negativa, una coppia che non ha figli è socialmente più sospetta rispetto a una famiglia regolare con una bella e magari numerosa prole. Possiamo razionalmente negare questi atteggiamenti e preferenze, ma sono ugualmente presenti ed attivi nonostante la nostra eventuale contrarietà.
Appartenere alla schiera dei benpensanti comporta spesso l'allontanamento acritico delle idee strane, arzigogolate, innovative, ma ancor più di quelle potenzialmente pessimistiche, figuriamoci quindi come possono essere accolte le varianti catastrofiste sul tipo della teoria “Olduway”.
E ASPO e i suoi sostenitori di quegli scenari non proprio edificanti ne testano parecchi, forti della continua verifica e della puntuale corrispondenza dei dati grezzi con quelli attesi, che progressivamente e pervicacemente continuano a confermare le previsioni del Club di Roma e del buon vecchio Hubbert.
La Cassandra della mitologia greca non viene creduta perché è antipatica quanto le sue catastrofiche profezie. Invece di produrre una sim-patia, genera nei suoi interlocutori un'anti-patia, ovvero, introducendo un'analogia vibratoria, al posto di un'armonizzazione di frequenze, un accordo di stati emozionali condivisi, si producono dei battimenti, delle opposizioni di fase, e ci si ritrova in due universi ideoaffettivi divergenti.
Cassandra è invisa anche per quelle arie di superiorità che facilmente le accusano i suoi detrattori. Proprio lei che dispensa sentenze su come sarà il futuro, mentre gli altri brancolano nell'incertezza del domani. Cassandra vive nel sentimento del dolore della sua impotenza comunicativa, del suo estraniarsi dalla collettività, i suoi increduli bersagli annullano il senso della precarietà impedendosi di accogliere il dubbio, di considerare l'alternativa dolorosa, e difensivamente fortificano così le loro fiduciose ma inconsistenti posizioni.
Affetti da tale “sindrome di Cassandra", e come la nostra eroina convinti di non poter fare quasi nulla per evitare che le ipotesi pessimistiche si realizzino, molti lavorano ancora più alacremente ispirandosi piuttosto al mito di Sisifo, impegnati come lui a condurre su una china - fin troppo somigliante a quel picco di Hubbert – il pesante macigno che poi torna a rotolare giù, annullando le speranze, le aspettative e gli sforzi compiuti. Sono persone impegnate a frenare la discesa del masso, non come Sisifo che si limita a osservarlo mentre frana a valle.
Sisifo viene immaginato da Camus come l'eroe assurdo, conscio dell'inutilità del suo eterno lavoro, ma ugualmente contento, poiché scopre sufficiente soddisfazione nel perseguire uno scopo. Sisifo però anche campione di masochismo, aggiungerei io, che ogni volta deve trovare in sé una ragione per sopportare, per tornare a riprendere il suo pesante fardello che ruzzola giù dalla china.
Ancora una volta le qualità, le risorse individuali, il carattere, sembrano precedere e veicolare le scelte personali e le convinzioni di ogni tipo. Saper contemplare una tesi pessimistica necessita di molti prerequisiti, per primo una propensione a tollerare il conflitto e l'impopolarità, la non disponibilità a sacrificare le proprie convinzioni anche se il prezzo da pagare è il disaccordo dei più.
Un'idea, una teoria, una visione del mondo e delle cose, sono tutte faccende relegate al regno ectodermico del mentale, della cerebralità, nei casi più sani sono encomiabili atti di coraggiosa indipendenza del pensiero, mentre talvolta sono piuttosto il prodotto di una tendenza schizotimica a dissociare ed annullare il vissuto emotivo a vantaggio del contenuto ideativo. Chi ha un passato arcaico in cui ha dovuto rapportarsi con dolorose esperienze formative ed è stato costretto a fare ricorso a difese dissociative è più attrezzato per esaminare concezioni normalmente evitate da altre tipologie umane. Nei casi più gravi il catastrofismo è accolto come un'idea che ha il sapore della familiarità, della conferma oggettiva esterna di un vissuto interiore di gelo e frammentazione, di caos e destrutturazione. Il racconto del crollo del mondo esterno anticipa, descrive e fornisce una rappresentazione simbolico-allegorica al crollo del proprio mondo interno e annuncia un possibile cedimento psicotico.
Mi fermo qui, consapevole di aver fornito solo un accenno a una questione che riempie i trattati di psichiatria. Era però necessario mostrare le analogie, indicare come la visione peggiorativa si inserisca di diritto in questo ordine di cose, di come strida pesantemente con quella necessaria biofilia universalmente condivisa salvo patologiche degenerazioni.
Ed è appunto necessario che l'atto di divulgazione di queste idee sia corredato da altrettanta benevolenza, non certo dal solo gusto istrionico di stupire l'ascoltatore con qualcosa di sbalorditivo, di senzazionale perchè potenzialmente sconvolgente la ripetitività del quotidiano e quindi interessante perchè soddisfa la sete di qualcuno di novità. Occorre che non sia accompagnato dal sadismo di creare il disagio e la paura quasi fossero un atto di vendetta perchè anche noi abbiamo dovuto attraversare la dolorosa fase della presa di coscienza, che richiede un lungo periodo per essere metabolizzata. Occorre mostrare più i vantaggi dell'accordarsi a una visione di sostenibilità forse ancora realizzabile per un futuro vivibile più che alla fallace sicurezza dell'inerzia presente.
In fondo il problema più gravoso non riguarda se avverrà una decrescita, che a meno di un improbabile miracolo ci sarà comunque, o in che modo si venga informati di questa prospettiva, ma come si manifesterà, ovvero se la sapremo comprendere, anticipare e pilotare piuttosto che subire nelle inquietanti varianti del collasso sistemico. Per fare questo, è meglio che siano informate, e nel modo più corretto, il maggior numero possibile di persone.
Tra gli elementi che non consentono di far tornare i conti termodinamici c'è proprio lo squilibrio demografico. Siamo una razza in piena eutrofizzazione, non abbiamo veri nemici, non abbiamo più dei predatori efficaci ad esclusione proprio dei virus e di noi stessi. La possibilità che vengano in qualche modo impiegati attivamente per risolvere il problema apre scenari complottistici che rasentano la paranoia, ma dopo il gigantesco complotto dell'11 settembre probabilmente ordito da criminali menti americane non me la sento più di escluderlo a priori.
A questo punto occorre considerare che la parte di popolazione che più teme una situazione caotica prodotta da un'eventuale disorganizzazione del sistema è la minoranza avvezza ai privilegi, alla concentrazione dei capitali, all'accumulo di patrimoni e beni di lusso. Chi non ha granché da perdere non ha poi molto da temere, piuttosto non so quanto riusciranno a sopportare quelle famiglie che dalla cessazione del reddito si troveranno a dover affrontare situazioni di grande difficoltà.
Siamo potenzialmente di fronte ad una bomba sociale innescata e ticchettante.
Credo che in questi casi, conoscere in anticipo l'evoluzione della crisi potrebbe paradossalmente avere un effetto di sedazione, poiché di fronte all'inevitabilità della decrescita ritengo ci sarebbe la comparsa anche di reazioni meno scomposte o pericolose, forse addirittura un tentativo di riorganizzazione basato su atteggiamenti più autenticamente collaborativi.
Del resto mi chiedo se è successo solo a me di guardare con un grande dolore, ma anche con una nota di amara compassione l'ondata di licenziamenti che stanno tuttora avvenendo, pensando a quanti altri ancora ne dovranno accadere e a quanto tempo passerà prima che sia chiaro che il problema grosso è altrove e si cominci a lavorarci tutti quanti seriamente. Tali sentimenti equivalgono in intensità solo la rabbia impotente nel sentire i nostri governanti e politici proporre soluzioni anacronistiche basate sulla riproposizione del modello neoliberistico, sull'idolatria della crescita infinita, sulla megalomanica corsa alla realizzazione di opere faraoniche che rischiano fra qualche tempo di rappresentare, con la loro incompiutezza, più che un traguardo dell'ingegno umano, un monumento alla sua imbecillità.
Dott. Claudio Rava (Psicologo) 07 Novembre 2009 Via Bramante 45 – 48100 Ravenna claudioravamail@yahoo.com - Tel. 335 8063111

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"Gulfo". La petrodivisa araba pronta a sostituire il Dollaro

di Alfredo Jalife-Rahme - 27/12/2009 Fonte: Come Don Chisciotte [scheda fonte] La crisi di Dubai e la feroce lite finanziaria tra il Kuwait ed il sinistro Gruppo Carlyle –controllore del nepotismo texano della dinastia Bush-, hanno favorito il nuovo accordo per il lancio del “gulfo”, nonostante il timore del Kuwait, paese da noi riconosciuto come “il benzinaio anglosassone nel deserto”, ma che inizia ora a spezzare le catene della dipendenza, come è stato evidentemente dimostrato nel corso della conferenza annuale FIKR (“pensiero” in arabo), e durante la quale è stata fatta una chiara esposizione del declino economico degli Stati Uniti. Il solito “piccolo Medio Oriente” – da non confondere con il “grande Medio Oriente” quello dei geostrateghi israeliani che, se dipendesse da loro, si estenderebbero fino al Kashmir, al Caucaso, la Mauritania e la Somalia (il corno d’Africa) – fa mostra di un nuovo ordine a cinque cardini regionali, che sposta il suo centro di gravità più a nord-nordest (il mar Caspio: la terza riserva mondiale di petrolio), composto di tre nuove potenze annesse – Egitto, Arabia Saudita e Israele -, situate nel centro-sud, e due nuove emergenti potenze nel centro nord (Turchia ed Iran). La debolezza di Turchia e l’Iran, due mezze potenze militari, è radicata nell'ambito finanziario ancora controllato dagli anglosassoni (e dal loro alleato israeliano), contrariamente all’Arabia Saudita che rappresenta la massima potenza finanziaria nel mondo arabo ed islamico, grazie alla sua saggia gestione del petrolio (al contrario del “Messico neoliberista”, rimasto praticamente senza banca nazionale, ciò a dimostrazione della validità del nostro inseparabile binomio “petrolio-banca”) e sotto la cui ombra hanno trovato riparo le restanti cinque petromonarchie arabe del Golfo Persico, sempre le stesse che hanno creato l’unione commerciale CCPAG (Consiglio di Cooperazione dei Paesi Arabi del Golfo), ma escludendo due paesi costieri: uno arabo, l’Iraq (occupato dagli anglosassoni), e l’altro persiano, l’Iran, tutti due a maggioranza sciita. Non c’è nulla di nuovo: nel nostro libro Verso la deglobalizzazione (Jorale Editori, 2007), avevamo già parlato della tendenza a nuove “regionalizzazioni” nelle quali spiccavano progetti di monete comuni, sia quelle del Mercosur come quelle della CCPAG, che cercano di concretizzare, entro il 2010, il lancio della moneta unica “gulfo”, così come è emerso nel recente summit celebrato in Kuwait (An-Nahar, 16.12.09) La crisi di Dubai e la feroce lite finanziaria tra il Kuwait e il cupo Gruppo Carlyle- controllore del nepotismo texano della dinastia Bush (il cui rappresentante locale è Luis Téllez Kuenzler, che tanto danno a causato al Messico in beneficio degli Stati Uniti)-hanno catalizzato la nuova strategia per il lancio del “gulfo”, non del tutto in sintonia il Kuwait, da noi sempre segnalato come “il benzinaio anglosassone nel deserto” ma che inizia ora a liberarsi dalle manette della dipendenza, come si dimostrò nel corso della conferenza annuale FIKR (“pensiero” in arabo), e durante la quale fu fatta una chiara esposizione del declino economico statunitense. Inutile dire che l’ ormai fallito gruppo petroliero texano Carlyle ha frodato enormi capitali al Kuwait (Arabfinance, 2.12.09). Ma a quanto ammonterà il saccheggio da loro effettuato al “Messico Neoliberale”? Le sei monarchie petrolifere della CCPAG- Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Bahrain, Oman e gli Emirati Arabi Uniti (con Dubai e Abu Dhabi)- formatesi 28 anni fa, occupano un territorio vasto quasi 2,7 milioni di Km quadri, con una popolazione di 40 milioni di abitanti, un PIL (nominale) di 1,1 miliardi di dollari, e soprattutto, con il possesso di circa il 40% delle riserve petrolifere e il 20% di riserve di gas a livello mondiale. Nella fase di “siccità creditizia” mondiale, la somma delle riserve di valuta estera pone la CCPAG al 4° posto nel mondo con 476.943 milioni di dollari, dietro alla Cina, al Giappone e alla Eurozona, ma davanti a Russia, India, Corea del Sud e Brasile. L'Arabia Saudita, da sola (che occupa già, da sola, il quarto posto mondiale) contribuisce con l'83% di tutte le riserve; da ciò scaturisce il fatto che la sua capitale Ryad sia la sede della nuova banca centrale della unione monetaria della CCPAG. Il discusso analista britannico Ambrose Evans-Pritchard, portavoce ufficioso degli interessi finanziari della City, considera il “Gulfo”, sulla base del modello euro, come “la minaccia più recente per l’egemonia del dollaro” (The Daily Telegraph, 15.12.09). Sicuramente il peggio è che “potrebbe spostare (sic) il dollaro come valuta di contratto nei prezzi di negoziazione del petrolio”, oltre a godere di una grande “influenza negli scambi mondiali di valuta e nei mercati di capitale”. A suo parere “il suo peso finanziario sarebbe pari a quello della Cina” il che suona molto esagerato. Ambrose Evans-Pritchard fascia le solite ferite che dividono sunniti e sciiti, come fra arabi e persiani: “i paesi sunniti (sic) del Golfo sono assai preoccupati rispetto alle grandi (sic) ambizioni del potere sciita iraniano e le loro ricerche di armi nucleari, così tanto che la prospettiva di una possibile guerra (super sic!) fra Iran e una coalizione (sic) di paesi a capo l’Arabia Saudita, suscita scalpore nei mass-media”. Evans-Pritchard è ugualmente ossessionato da una terza guerra mondiale come da una guerra regionale mediorientale, finalizzata a prevaricare gli interessi economici anglo-israeliani. Si sbaglia soltanto a nominare scorrettamente, come “sunnita” la CCPAG, quando l’isola di Bahrain è notevolmente a maggioranza sciita (quasi il 70% di sciiti in confronto al 30% di sunniti nel totale islamico), ammesso persino dal governo britannico (British Foreign and Commoweath Office) che non è stato, però, consultato nella sua audace propaganda bellica. Nella zona ha peso ed attira l’attenzione la strategia militare di The Daily Times (del Pakistan: grande alleato della Arabia Saudita; 16.12.09), il quale afferma che le sei monarchie petrolifere arabe “alleate degli Stati Uniti” (sic), che “condividono i timori di Washington sul programma nucleare iraniano”, hanno accettato di formare una forza comune d’ intervento veloce contro le minacce alla loro sicurezza”, come già succede nello Yemen. Al Jazeera (15.12.09), con sede in Qatar, mostra molto interesse sulla unione monetaria della CCPAG, che produce 15 milioni di barili al giorno, ma senza ignorare che molti di loro “ospitano basi militari statunitensi”- aggiungendo l’ultima base militare francese negli Emirati Arabi Uniti (vedere “Radar Geopolitico”, Controlinea, 13.12.09)- e “hanno speso miliardi di dollari per rafforzare l’apparato bellico dopo l’invasione irachena del Kuwait”. Ne consegue, paradossalmente, una grande vulnerabilità militare, in una grande potenza geoeconomica. Il quotidiano libanese An-Naher (16.12.09) è maggiormente incentrato a sminuire le minacce economiche dell’Iraq “di aumentare massicciamente la sua produzione”, che andrebbe a produrre, nei prossimi anni, da 2.5 a 12 milioni di barili al giorno, alla pari dell'Arabia Saudita. Il culmine della CCPAG è stato esibire, in un gioco di equilibrio, il sostegno incondizionato verso l’Arabia Saudita nella sua lotta contro la secessione della tribù “houthi” sciita dello Yemen (presumibilmente sostenuta dall’Iran) e “l’opposizione a qualsiasi azione militare contro l’Iran” in ritorsione al suo programma nucleare. Nel bel mezzo di una situazione assai complessa, si affaccia il trionfo dell’Iran sull'Iraq (a maggioranza arabo sciita), il nuovo rivale religioso-petroliero dell’Arabia Saudita, mentre la guerra di Israele contro l’Iran, con la tacita benedizione degli Stati Uniti e la NATO, nuocerebbe alla CCPAG come a nessun altro. Nulla è così linearmente manicheo né semplicistico nel Golfo Persico e nemmeno nel Mar Rosso. Soprattutto quando è in ballo il lancio di una moneta a portata mondiale come il “gulfo”, che colpisce interessi di “supremazia”. Titolo originale: ""Gulfo", petrodivisa árabe del CCPAG para desplazar al dólar" Fonte: http://www.jornada.unam.mx/ Link 22.12.2009 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARISA CRUZCA Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

Previsioni: il decennio che verrà

di Dmitry Orlov - 27/12/2009 Fonte: blogghete In questo periodo dell’anno, alcune anime coraggiose ardiscono mettere a repentaglio la propria reputazione tentando di prevedere che cosa porterà l’anno che sta arrivando. Alcuni lo fanno con incredibile accuratezza, altri un po’ meno. Essendo uno scrittore serio che non ama le barzellette, solitamente mi tengo alla larga da quest’annuale sbronza di frivolezze; tuttavia, considerato che su di noi sta per abbattersi un nuovo decennio, ho ritenuto ragionevolmente sicuro dipingere un quadro di quella che è la mia visione dei prossimi dieci anni. (Nell’improbabile eventualità che le mie previsioni si rivelassero completamente sballate, presumo che esse saranno state completamente dimenticate al momento in cui il 2020 farà capolino). E dunque, senza ulteriore indugio, ecco le mie previsioni sulla situazione degli Stati Uniti d’America nel secondo decennio del XXI secolo. Il decennio sarà caratterizzato sotto molti aspetti dall’autofagia , negli affari, nel governo e nei ranghi più alti della società, e ciò avverrà non appena i giocatori ad ogni livello si renderanno conto di non essere in grado di controllare i propri appetiti o di modificare il proprio comportamento in maniera significativa, neppure di fronte ad un’alterazione radicale delle circostanze, e saranno così costretti a consumare se stessi fino a scomparire; così molti squali, già sbudellati ma ancora voraci, pasteggeranno all’infinito sui propri stessi intestini rigonfi. I governi si accorgeranno di non essere capaci di impedire a se stessi di stampare sempre più moneta in un’ondata senza fine di emissioni senza controllo. Allo stesso tempo, l’aumento delle tasse, dei prezzi dei beni e dei costi di ogni tipo, unito a livelli crescenti di incertezza e disgregazione, restringerà le attività economiche fino al punto che ben poco di quel denaro rimarrà in circolazione. Inflazionisti e deflazionasti dibatteranno all’infinito se questa debba essere considerata inflazione o deflazione, emulando inconsciamente i Rompidallapartegrossa e i Rompidallapartesottile dei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, che litigavano all’infinito su quale fosse la parte giusta da cui iniziare a mangiare un uovo bollito. La cittadinanza, con le uova del proprio nido bollite fino a ridursi alle dimensioni di un pisello essiccato, non si mostrerà particolarmente interessata alla questione del “da dove” iniziare a mangiarle, e liquiderà la controversia come accademica, se non idiota. In tutto il paese, autorità comunali in crisi ricorreranno all’imposizione di tasse esorbitanti sul rilascio di autorizzazioni come le licenze per cani. Molti proveranno a incarcerare coloro che non sono in grado di pagare queste tasse in prigioni locali o statali, solo per doverli poi rilasciare quando le carceri traboccheranno e le risorse disponibili si esauriranno. La cittadinanza inizierà a guardare alle carceri come strutture che combinano mirabilmente insieme le caratteristiche di un piatto di zuppa e di un rifugio per i senzatetto. Alcune città abbandoneranno l’idea di mantenere un corpo dei pompieri e decideranno che è più razionale, sul piano dei costi, lasciare che gli incendi facciano il loro corso, per risparmiare sulle demolizioni. Nel tentativo di mettere una pezza a buchi ancora più grossi nei loro budget, gli stati federali aumenteranno le tasse, costringendo al sommerso settori ancora più ampi dell’attività economica. In particolare, le entrate fiscali relative alle tasse sugli alcolici diminuiranno per la prima volta in molti decenni, poiché un numero sempre maggiore di americani scoprirà di non potersi più permettere la birra e ripiegherà quindi sull’abbondante ed economica eroina afghana e su altre droghe illegali ma ben più abbordabili. Il fumo della marijuana supererà gli scarichi delle automobili nella classifica degli odori più diffusi d’America. Molti paesi in tutto il mondo saranno costretti a dichiarare default e ad unirsi alla schiera crescente delle nazioni defunte. Ci sarà una ressa folle per trovare un rifugio sicuro al denaro che scotta, ma non se ne troverà nessuno. Gli investitori di tutto il mondo saranno finalmente costretti a comprendere che il miglior modo di evitare le perdite è quello di non possedere denaro fin dal principio. A dispetto degli sforzi compiuti per diversificare i loro titoli, gli investitori scopriranno che essi non sono altro che pezzi di carta, si tratti di stock, di bond, di azioni, di cambiali o di incomprensibili contratti su derivati. Scopriranno anche che, nel nuovo clima affaristico, nessuno di questi strumenti rappresenta un’arma particolarmente potente: quando il familiare gioco pietra-forbici-carta gli si ritorcerà contro, si accorgeranno che le pietre possono sfondare i crani, che le forbici possono ledere organi vitali, ma che la carta, anche se gestita da mani esperte, produce solo coriandoli di carta. Le persone un tempo benestanti, convinte che “il possesso costituisce i nove decimi della legge”, troveranno molti esorcisti extralegali pronti a scatenare i loro demoni. In particolare, i cartelli del crimine organizzato inizieranno ad utilizzare software di spionaggio per localizzare magazzini e capannoni scarsamente sorvegliati, nel Montana o in altre remote località, che siano ben forniti di cibo in scatola, armi e lingotti d’oro e d’argento, e inizieranno a farne incetta, ammorbidendo i bersagli con proiettili di mortaio, razzi e bombardamenti aerei, e inviando poi commandos armati di granate e mitragliatrici a completare il lavoro. Una volta eseguito il raccolto, ne porteranno i frutti all’estero sfruttando i corpi diplomatici delle defunte nazioni passati sul loro libro paga. Mentre i lingotti espatriano, il Pentagono cercherà di far rimpatriare le truppe dall’Iraq, dall’Afghanistan e dalle numerose basi americane sparse per il mondo, accorgendosi ben presto di non possedere i mezzi per poterlo fare, abbandonando così le truppe nel luogo in cui si trovano e costringendole a provvedere da sole al proprio rifornimento. Le famiglie dei soldati saranno invitate a donare cibo, uniformi, biancheria pulita e articoli da toilette per i loro cari di stanza oltreoceano. Gli armamenti americani inonderanno il mercato nero, facendo crollare i prezzi. Molti soldati decideranno che tornare negli USA è comunque una cattiva idea e si trasformeranno in nativi, sposando donne locali e adottando religioni, costumi e abbigliamento locale. I leader nazionali continueranno a blaterare di sicurezza nazionale dovunque ci sia un microfono puntato verso di loro, ma la loro sicurezza personale diverrà la loro preoccupazione primaria. Funzionari di ogni livello cercheranno di assemblare equipe sempre più vaste di guardie del corpo e consulenti per la sicurezza. I membri del Congresso diverranno ancor più reticenti ed eviteranno quanto più possibile di incontrarsi con i propri sostenitori, preferendo nascondersi in appartamenti di Washington ermeticamente sigillati, in installazioni protette e in quartieri sorvegliati. Nel frattempo, al di fuori del perimetro ufficiale di sicurezza, si affermeranno nuove forme di vicinato, dove l’occupazione verrà chiamata “sistemazione”, la violazione di un perimetro “apertura di un nuovo percorso”, e gli steccati, i muri e le serrature saranno rimpiazzati ovunque da occhi vigili, orecchie attente e mani che si aiutano vicendevolmente. Versione originale: Dmitry Orlov Fonte: http://cluborlov.blogspot.com/ Link: http://cluborlov.blogspot.com/2009/12/predictions.html 12.12.2009 Versione italiana: Fonte: http://blogghete.blog.dada.net/ Link: http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2009-12-25 25.12.2009 Traduzione a cura di GIANLUCA FREDA Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it