OBAMA DICHIARA GUERRA AL PAKISTAN

Il presidente Obama, con il generale USA McChrystal
di Webster G. Tarpley Così come lo ha spiegato nel suo discorso a West Point, il presidente Obama è disposto ad usare il conflitto bellico in Afghanistan come scusa per lanciare una nuova offensiva contro il Pakistan. Da quando ha preso il potere ha aumentato significativamente il numero e l’intensità degli attacchi aerei contro il nord del Pakistan mentre riceve pressioni perché li estenda al Beluchistan. Per Webster G. Tarpley, l’obiettivo immediato della strategia del Grande Gioco, diretto da Obama nella regione, è smembrare sia l’Afghanistan quanto il Pakistan attraverso il fomento di rivolte secessioniste tra i gruppi etnici su entrambi i lati del confine. Il discorso di Obama il 1 dicembre in (l’accademia militare di) West Point, rivela niente meno che l' offensiva brutale contro l’Afghanistan non è altro che un modo per fomentare e portare la guerra degli USA nel vicino Pakistan [1]. Si tratta di una nuova guerra, più aggressiva contro il Pakistan, un paese di 160 milioni di persone che possiede armi nucleari. Secondo la strategia, si prevede la disintegrazione dell 'Afghanistan. Questa non è più la guerra contro l’Afghanistan che abbiamo conosciuto nel passato che era stata lanciata dall’amministrazione Bush e Cheney. Si tratta di qualcosa di ancora più grande: è l’intento di distruggere il governo pakistano di Islamabad e di sommergere il paese nel caos di una guerra civile, la Balcanizzazione, la divisione ed il caos generalizzato. Questa strategia mira ad esportare una guerra civile afghana in Pakistan e in seguito, dividere il Pakistan in linee di tipo etnico. Si tratta di un confronto indiretto con un tipo di guerra di quarta generazione o tecniche di guerriglia per attaccare un paese che gli USA o i suoi alleati non hanno la sufficiente forza per attaccare direttamente. In questa guerra, i talebani sono usati come rappresentanti degli Stati Uniti. Questa aggressione contro il Pakistan non è altro che l’intento di Obama di portare a termine il suo “Grande Giococontro i grandi paesi dell'Asia centrale, paesi euro-asiatici o addirittura al di là di essi. Il potenziale nucleare pakistano dissuade l’aggressione di Washington L' attuale guerra civile in Afghanistan non è altro che un pretesto, una storia creata per offrire agli USA una piattaforma da dove lanciare una campagna di destabilizzazione in tutta la regione, che non può essere rivelata. Nel mondo cinico e sfidante che caratterizza l’aggressione imperialista alla Bush o alla Cheney, si potrebbe costruire un pretesto per attaccare il Pakistan direttamente. Ma il Pakistan è troppo esteso e gli USA affrontano grandi debolezze ed un profondo default che non gli permette di portare avanti un simile proposito. Inoltre, il Pakistan è una potenza nucleare, che possiede bombe atomiche e missili nucleari a medio raggio. Quello che vediamo è un caso di dissuasione nucleare in azione. Washington non può inviare una flotta d' invasione o installare basi aeree vicine, perché le armi nucleari del Pakistan le potrebbero distruggere. Fino a questo momento, gli sforzi di Ali Bhuyo e di A.O Khan di dare al Pakistan un potere dissuasivo si sono rivelati effettivi [2]. Ma la risposta statunitense è di trovare i modi di attaccare il Pakistan sulla soglia nucleare e incluso sulla soglia convenzionale. E’ precisamente qui dove si spiega la tattica di esportare la guerra civile afghana verso il Pakistan. L’architetto della guerra civile pakistana è Stanley McChrystal, generale delle Forze Speciali degli USA, che organizzò la tristemente famosa rete statunitense di camere di tortura in Iraq. La credenziale di McChrystal per provocare la guerra civile in Pakistan è il suo ruolo nel lancio della guerra civile irachena dei Sunniti contro gli Sciiti creando “Al Qaeda in Iraq” sotto l’infausta memoria dell’ormai scomparso doppio agente Zarkawi [3]. Se la società irachena si fosse unita nel suo insieme contro gli invasori statunitensi, gli occupanti sarebbero stati sconfitti in poco tempo. La controffensiva conosciuta come “Al Qaeda in Iraq” ha evitato la possibilità di l’uccisione di uccidere gli sciiti, suscitando così una risposta massiccia, sotto forma di una guerra civile [4]. Queste tattiche derivano da un lavoro del generale britannico Frank Kitson che ne ha parlato nel suo libro “Operazioni di Bassa Intensità” [5]. Se gli USA possiedono un analogo di Heinrich Himmler, non ci sono dubbi che è il Generale McChrystal, scelto direttamente da Obama. Il Generale Petraeus, superiore di McChrystal, vuole essere il nuovo Maresciallo di Campo Von Hinderburg- in altre parole, vuole essere il prossimo presidente degli USA. La vulnerabilità del Pakistan, che gli USA e la NATO vogliono sfruttare, può essere meglio compresa utilizzando una mappa degli attuali gruppi etnici in Afghanistan, Pakistan, Iran e India. La maggior parte delle mappe mostrano soltanto le frontiere politiche, risalgono ai tempi dell'imperialismo britannico, e quindi non mostrano i principali gruppi etnici della regione. Ai fini della presente analisi, dobbiamo prima individuare il numero di questi gruppi. Prima ci sono i Pashtuns, principalmente in Afghanistan e Pakistan, come i Sindhi- La famiglia Bhutto arriva dalla provincia sudorientale pakistana di Sind. Il Pashtunistan. La strategia degli USA e della NATO comincia con i Pashtuns, etnia e fonte primaria dei cosiddetti talebani. I Pashtuns rappresentano un' importante parte della popolazione afghana, ma si trovano alienati dal governo centrale di Kabul, rappresentato dal Presidente Karzai, anche se questo burattino di Washington è anche un Pashtun. La questione ha a che fare con l'esercito nazionale afgano, che è stato creato dagli Stati Uniti dopo l'invasione del 2001. I corpi ufficiali afgani sono, la maggior parte, di origine Tagiki, provenienti dall’Alleanza del Nord che si è unita agli USA contro i talebani Pashtuns. I Tagiki parlano Dari, conosciuto anche come est-persico. Altri ufficiali afghani provengono dal popolo Hazara. Ma la cosa importante è che i Pashtuns si sentono esclusi. La strategia di Washington può comprendersi meglio come uno sforzo deliberato di perseguire, ferire, dividere, attaccare, reprimere e assassinare i Pashtuns. I 40.000 soldati degli USA e della NATO che Obama vuole inviare in Afghanistan si concentreranno nella provincia di Helmand e in altre aeree dove si trovano la maggior parte dei Pashtuns. L’effetto desiderato sarebbe quello di incrementare la ribellione dei feroci ed indipendenti Pashtuns contro Kabul e l’esercito di occupazione, e allo stesso tempo riuscire a muovere molti di questi guerriglieri Mujaheddin, recentemente radicalizzati, lungo la frontiera che costeggia il Pakistan, da dove possono lanciare la guerra contro il governo centrale di Islamabad. L’aiuto statunitense arriverà direttamente per combattere la guerra e la droga, agitando le forze centrifughe. Sul versante pakistano, i Pashtuns sono anche esclusi dal governo centrale. Islamabad e l'esercito sono identificati da loro come creature di Punjabi, con qualche influenza del sindhi. Nella parte pakistana del territorio Pashtun, le operazioni statunitensi includono l’assassinio in massa da aerei senza pilota, l’assassinaio sotto l’incarico della CIA secondo i rapporti, l'utilizzo dei cecchini Blackwater, oltre a massacri terroristici ciechi come quelli avvenuti di recente a Peshawar, di cui i Talebani pakistani incolpano i Blackwater, di agire come subappaltatori della CIA. Questi atti sono intollerabili e umilianti per uno stato orgogliosamente sovrano. Ogni volta che i Pashtuns sono attaccati, danno la colpa ai Punjabi di Islamabad per i loro affari sporchi con gli USA, che permettono che queste cose succedono. L’obiettivo più immediato dell’offensiva afgano-pachistana di Obama è, quindi, è promuovere la rivolta generale secessionista di tutto il popolo Pashtun sotto l'egida dei Talebani, che avrebbe come effetto la distruzione dell’unità nazionale sia a Kabul che in Islamabad.

Beluchistàn

L’altro gruppo etnico che la strategia di Obama cerca di lanciare all’insurrezione e alla secessione sono i Baluchi. I Baluchi hanno i loro risentimenti contro il governo centrale di Teheran, che ritengono dominato dai Persiani. Parte integrante della politica di Obama è quella di ampliare i voli della morte da parte dei predatori della CIA ed altri assassini verso il Beluchistan. Un pretesto per questo è il dossier promosso da Micheal Ware, della CNN, che dice che Osama Bin Landen e il suo assistente del MI-6 Zawahiri si nascondono nella città baluchi di Quetta, dove operano come cervelli della cosiddetta “Quetta Shura”.

Le squadre di Blackwater non possono essere neanche molto lontane. Nel Baluchistan iraniano, la CIA ha finanziato l'organizzazione criminale Jundullah, denunciata da poco da Teheran per la morte di un gruppo di alti ufficiali della Guardia Rivoluzionaria Iraniana Pakistana [6]. La ribellione del Beluchistan finirebbe con l’unità nazionale sia del Pakistan che dell’Iran, contribuendo in questo modo ai due principali obiettivi della politica statunitense.

La strategia Rube Goldeberg* di Obama.

*Ndt: Rube Goldberg (1883-1970) noto comico nordamericano, principalmente per le sue “macchine”, meccanismi complessi e complicati a fini comici.

Anche Chris Matthews (conduttore di telegiornale nordamericano e opinionista politico), della televisione MSNBC, che è solitamente un fedele devoto di Obama, ha detto che la strategia statunitense annunciata a West Point somiglia molto all’artefatto di Rube Goldberg. (Nel mondo reale , “Al Qaeda”, ovviamente è la legione terroristica araba della CIA).

Nel mondo del mito ufficiale statunitense, i nemici teoricamente sono i membri di “Al Qaeda” che restano in Afghanistan. Perché allora, ha chiesto Matthews, si concentrano truppe statunitensi in Afghanistan dove non c’è la presenza di “Al Qaeda”, invece di inviarle in Pakistan dove “Al Qaeda si crede sia presente”?

Russ Feinglod, senatore democratico del Wisconsin, ha criticato questa discrepanza incongruente durante un’intervista televisiva, nella quale ha detto che “il Pakistan, nella regione confinante vicino l’Afghanistan, forse è l’epicentro (del terrorismo globale) anche se Al Qaeda opera in ogni parte del mondo, nello Yemen, Somalia, nord Africa, e si consolida nel sud est asiatico. Perché dobbiamo concentrare 100.000 truppe o più in regioni dell’Afghanistan che non sono vicine ai confini? E' noto che una tale concentrazione di forze ha luogo nella provincia di Helmad. Non in una regione vicina a Wazristan. Quindi, mi domando: Cosa è in se questa strategia, dato che sappiamo che la presenza di Al Qaeda è minima in Afghanistan ma significativa nel Pakistan? Si tratta di una sfida al senso comune che la gran presenza di esercito in un luogo dove queste persone non ci sono sia la strategia giusta. In realtà, non ha alcun senso per me”.

Il democratico del Wisconsin ha anche allertato che la politica di Washington in Afghanistan potrebbe effettivamente portare i terroristi e gli estremisti in Pakistan e, come conseguenza, destabilizzare ancora di più la regione: Sai, poco fa, ho fatto questa domanda al presidente della Giunta dei Capi di Stato Maggiori, Ammiraglio Mullen e il signor Holbrooke, che è il nostro inviato: Esiste qualche rischio che se concentriamo l’esercito in Afghanistan si lancino gli estremisti verso il Pakistan?”, ha detto all’ABC.

“Non hanno potuto negarlo, e questa settimana, il Primo Ministro del Pakistan Gilani ha detto, giustamente, che la sua preoccupazione sulla concentrazione militare è che questa provochi l' entrata nel Pakistan di altri estremisti; quindi credo giustamente che succederà il contrario, che questa visione della concentrazione militare alienerebbe la popolazione afgana e stimolerebbe particolarmente il Talebano a fondersi ancora di più con Al Qaeda, cosa che è completamente contraria ai nostri interessi di sicurezza nazionale” [7].Naturalmente questo è intenzionale e motivato dalla ragion di Stato statunitense e imperialista.

Malick: «Obama ha dichiarato guerra al Pakistan?»

Nel suo discorso, Obama, ha fatto tutto il possibile per oscurare qualsiasi cosa che distinguesse l’Afghanistan dal Pakistan, che dopo tutto sono due stati sovrani e membri delle Nazioni Unite per diritto.

Ibrahim Sajid Malick, inviato statunitense per Samaa TV, una delle principali catene del Pakistan, ha richiamato l’attenzione del pubblico su questo: “Parlando ad un vasto pubblico di cadetti nell’Accademia Militare del West Point, il Presidente Barack Obama, quasi sembrava dire che potrebbe dichiarare guerra al Pakistan”

Ogni volta che stava per riferirsi all’Afghanistan, prima menzionava il Pakistan…..io ero seduto dietro e quasi balzo dalla sedia quando ha espresso: “i rischi sono ancora maggiori in un Pakistan con armi nucleari perché sappiamo che Al Qaeda ed altri estremisti vogliono appropriarsi di armi nucleari, ed abbiamo tutti i motivi per credere che le useranno”. Mi ha sorpreso perché una serie di ufficiali statunitensi hanno, da poco, confermato che l’arsenale pakistano è un arsenale sicuro [8]. Questo articolo si intitola: “Obama ha dichiarato guerra al Pakistan?” ed allora possiamo mettere il punto di domanda alla discrezione diplomatica. Durante le udienze del Congresso nelle quali prese parte il generale Mc Crhrystal e l’ambasciatore statunitense Eikenberry, l’Afghanistan ed il Pakistan sono state congiuntamente descritte come la “sinistra organizzazione conosciuta come “Afpak” o anche “Afpakia”. Durante l’estate 2007, e consigliato da Zbigniew Brzezinski e altri controllori, Obama è stato l'autore della politica unilaterale degli Stati Uniti di usare elementi senzascrupoli (droni in inglese) per portare avanti assassinii nel Pakistan. Questa politica dell’assassinaio si espande adesso con il rinforzo militare: “Due settimane fa nel Pakistan, cecchini della CIA hanno ucciso otto presunti militanti talebani e di Al Qaeda, e hanno ferito altre due persone in un complesso che, a quanto dicono, è stato utilizzato per addestrare i terroristi...la Casa Bianca ha autorizzato l’espansione del programma della CIA conosciuto come Drone nelle aree tribali e non controllate del Pakistan, in base a quanto alcuni funzionari hanno dichiarato questa settimana, e parallelamente seguire la decisione del Presidente…..di inviare altri 30.000 soldati in Afghanistan. Funzionari statunitensi hanno negoziato con il Pakistan, la possibilità di attaccare il Beluchistan per la prima volta- è una questione controversa dato che si trova fuori dalle aeree tribali- perché è lì che i leader Talebani dell’Afghanistan, teoricamente si nascondono” [9]. Gli Stati Uniti adesso addestrano più assassini che piloti da combattimento. Blackwater sotto accusa per il massacro di donne e bambini La CIA, il Pentagono e le agenzie contrattiste tra le compagnie militari private, portano avanti un’offensiva assassina in tutto il Pakistan, attaccando villaggi pacifici e feste di nozze, tra gli altri obiettivi. Blackwater, che adesso si auto denomina Servizi Xe e Soluzioni Complete dell’Intelligence (Total Intelligence Solutions) [10], è molto coinvolta: “In una base operativa segreta, subordinata al Comando delle Operazioni Speciali Congiunte (JSOC) nella città portuale di Karachi, nel Pakistan. Membri di una divisione d'elite della Blackwater portano avanti un piano segreto per eseguire assassinii selettivi di persone sospettate di essere militanti dei Talebani o di Al Qaeda, “il sequestro e arresto” di obiettivi di alto valore e altre azioni importanti dentro e fuori il Pakistan, secondo i risultati di una ricerca del The Nation. Le operazioni Blackwater supportano anche la ricezione delle informazioni d' Intelligence ed una campagna segreta di bombardamenti da parte dei militari statunitensi parallela agli attacchi chirurgici della CIA che sono ben documentati, secondo una fonte attendibile all'interno dell'apparato di intelligence militare degli Stati Uniti. "[11] Essendo così raccapricciante però, il dossier Scahill deve vedersi come incompleto, dato che non menziona le accuse costanti su una gran parte di bombardamenti mortali a Peshawar ed altre città pakistane sono realizzate da Blackwater, come espone questa semplice nota stampa: ISLAMABAD ott 29 (Xinhua)- Hakimullah Mehsud, capo del movimento talebano nel Pakistan ha accusato la controversa azienda privata degli USA, Blackwater per l’esplosione di una bomba a Peshawar, che ha ucciso 108 persone, come ha riportato l’agenzia locale di notizie NNI”[12] Si tratta di terrorismo cieco disegnato per l’uccisione estrema, particolarmente di donne e bambini. Stati Uniti, è anche in guerra con l'Uzbekistan? Il dossier Scahill dice anche che le operazioni oscure di Washington hanno invaso l’Uzbekistan, un paese dell’era post-sovietica di 25 milioni di abitanti che ha una frontiera con l'Afghanistan: “Inoltre gli attacchi chirurgici già pianificati e le operazioni contro le forze di Al Qaeda e dei Talebani nel Pakistan da parte di JSOC e della CIA, l’equipaggio dei Balckwater nella città di Karachi aiuta anche a pianificare le missioni del JSOC nell’Uzbekistan contro il Movimento Islamico di Usbekistan, in base a fonti dell’Intelligence nordamericana”. Blackwater non effettua le operazioni direttamente, ha detto la fonte, ma sono eseguite da forze dell’JSOC. “"Questo ha suscitato la mia curiosità e mi sono davvero preoccupato perché non so se si sono resi conto che non hanno mai detto che siamo in guerra contro l’Uzbekistan”, ha detto. “Quindi, ho dimenticato di chiedere se Rumsfeld ritorna al suo incarico” [13]. Tali sono le speranze e le aspettative di cambiamento. Il ruolo dell’Intelligence statunitense nel fomentare la ribellione del Beluchistan con l’obiettivo di isolare il Pakistan è anche confermato dal professor Chossudovsky: “Già nel 2005, un dossier del Consiglio Nazionale dell’Intelligence degli USA e della CIA prevedevano “una fine come quella della Jugoslavia” per il Pakistan, “nel quadro di dieci anni in un paese diviso dalla guerra civile, lo spargimento di sangue e le rivalità inter-provinciali, come si è osservato nel Beluchistan di recente”. (Energy Compass, 2 Marzo 2005). Per il Consiglio dell’Intelligence e della CIA, il Pakistan deve trasformarsi in uno “stato fallito” nel 2015, “come risultato della guerra civile, la totale talebanizzazione e la lotta per il controllo delle sue armi nucleari”…. Washington favorisce la creazione di un “Gran Beluchistan” che comprenderebbe le regioni Baluchi oltre ad aeree simili dell’Iran e possibilmente la striscia sud dell’Afghanistan, in modo che porterebbe avanti un processo di rottura politica sia in Iran che in Pakistan”. Gli iraniani, invece, sostengono che gli Stati Uniti compiono atti di guerra sul loro territorio del Baluchistan: “Teheran, 29 ottobre (Xinhua)- Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano ha detto….che vi sono indizi concreti che mostrano il coinvolgimento degli Stati Uniti nelle ultime esplosioni mortali nella provincia iraniana del Sistan-Baluchistan, secondo l’agenzia ufficiale IRNA…L'attacco suicida effettuato dal gruppo sunnita ribelle Jundallah (Soldati di Dio) si è verificato il 18 ottobre nella provincia del Sistan-Baluchistan, vicino al confine con il Pakistan, quando funzionari locali preparavano una cerimonia per l’incontro dei leaders tribali con comandanti militari della Guardia Rivoluzionaria dell’Iran. L’obiettivo di Washington: interrompere il corridoio pakistano dell’energia tra l’Iran e la Cina. Perché gli Stati Uniti sono talmente ossessionati dalla disintegrazione del Pakistan? Uno dei motivi è che il Pakistan tradizionalmente è stato un socio strategico ed economico della Cina, un paese al quale gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si oppongono e vogliono includere nella scena internazionale. Il Pakistan, in particolare, potrebbe costituire un corridoio energetico che dovrebbe collegare i campi di petrolio in Iran ed anche possibilmente l' Iran con il mercato cinese attraverso un oleodotto che attraverserebbe l’Himalaya su Kashmir. Questa è la cosiddetta questione del “Ductoestan” (Pipelinestan, in lingua inglese). Ciò offrirebbe la Cina con una garanzia di approvvigionamento di petrolio dai giacimenti di petrolio su terreni non soggetti alla superiorità navale anglo-americana, riducendo al tempo stesso la traversata di 12.000 miglia agli autobotti intorno al bordo sud dell’Asia. Secondo recenti informazioni della stampa: “Bejing ha fatto pressione su Teheran affinchè la Cina partecipi al progetto dell’oleodotto e Islamabad, che è d’accordo nel firmare un convegno bilaterale con l’Iran, ha accolto la partecipazione cinese”. Secondo le stime, il gasdotto dovrebbe beneficiare il Pakistan, con un totale tra i 200 e i 500 milioni di dollari all’anno soltanto per i pagamenti del transito. La Cina e il Pakistan già stanno lavorando ad una proposta di progetto per un oleodotto attraverso l’Himalaya che porterebbe il greggio dal Medio Oriente fino all’ovest della Cina. Il Pakistan darebbe alla Cina la strada più corta possibile per l’import del petrolio dai paesi del Golfo….l’oleodotto, che si estenderebbe dal porto del sud Gwandar del Pakistan lungo la via Karakoram, sarebbe finanziato parzialmente da Beijing. I cinesi hanno anche costruito una raffineria a Gwadar. Le importazioni attraverso l’oleodotto permetterebbero a Beijing di ridurre le sue importazioni marittime attraverso l’angusto ed insicuro Stretto di Malacca, che attualmente è usato da questo paese per l’80% delle sue importazioni petrolifere. Islamabad progetta anche di costruire una linea ferroviaria attraverso la Cina per unire questo paese con Gwadar. Il porto è anche visto come la fase terminale del progetto multi-miliardario dei gasdotti che partono dai campi del sud in Iran o in Qatar, e dai campi di Daulatabad nel Turkmenistan per esportare la risorsa naturale al mercato mondiale [17]. Questo costituisce il progresso e la cooperazione di tipo normale, pacifico ed economico che i britannici e statunitensi vogliono fermare a tutti i costi. La fornitura di petrolio e di gas naturale attraverso oleodotti e gasdotti dall’Iran attraverso il Pakistan e verso la Cina darebbero risorse energetiche a questo paese e costituirebbero inoltre delle cinture di trasporto di queste risorse che favorirebbero l’influenza economica cinese in Medio Oriente. Questo indebolirebbe il dominio britannico e statunitense in una parte del mondo che nè Londra nè Washington tradizionalmente hanno sempre voluto controllare come parte della loro strategia di dominio globale. La propaganda interna degli USA già sta presentando il Pakistan come la nuova sede del terrorismo. Le quattro prese patetiche che sono giudicate per un presunto intento di bombardare una sinagoga nella località di Riverdale, nel Bronx, New York, sono stati ben lavorati per associarli al misterioso e sospetto Jaish-e-Mohammad, un ipotetico gruppo terroristico pakistano. Lo stesso succede con i cinque musulmani della Virginia del Nord che sono stati arrestati da poco vicino a Lahore, nel Pakistan. India e Iran In quanto ai paesi vicini, l’India sotto la direzione dello sventurato Mammohan Singh sembra accettareil ruolo del pugnale continentale contro il Pakistan e la Cina in nome degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Questa è la ricetta per una tragedia colossale. L’India preferisce conseguire la pace permanente con il Pakistan attraverso la disoccupazione della Valle di Kashmir, dove il 95% della popolazione è musulmana e sarebbe d’accordo ad unirsi al Pakistan. Se non si trova una soluzione a questo problema, non ci sarà pace nel subcontinente. E per quanto riguarda l’Iran, George Friedman, capo dell’ala Stratfor della comunità dell’Intelligence, ha dichiarato recentemente al Russia Today (televisione russa in lingua inglese) che la grande novità dal prossimo decennio sarà l’alleanza degli Stati Uniti con l’Iran diretta contro la Russia. In un simile scenario, l’Iran taglierebbe la fornitura di petrolio alla Cina. Questa è l’essenza strategica di Brzezinski. E’ una questione urgente che il movimento contro la guerra negli Stati Uniti si riorganizzi e cominci la mobilizzazione contro il cinismo e l’ipocrisia della guerra e la scalata politica di Obama, che già supera il numero di crimini di guerra dei neoconservatori Bush e Cheney. In questa nuova fase del “Gran Gioco”, i rischi sono incalcolabili. Webster G. Tarpley Scrittore, giornalista, docente e critico americano di politica interna ed estera degli Stati Uniti. I suoi libri più recenti sono: Obama, The Postmordern Coup, The Making of a Manchurian Candidate, Barack Obama: The Unauthorized Biography e 9/11 Synthetic Terror. E’ membro dell Axis for Peace conference. [1] «Discurso de Barack Obama en la academia militar West Point», by Barack Obama, Voltaire Network, 1.12.2009. [2] «Il Pakistan e il mito della “bomba islamica”», di Nicolas Ténèze, Réseau Voltaire, 29.07.2009. [3] «Abu Musab al-Zarkaui, el superhéroe del Mal», di Vladimir Alexe, Voltaire Network, 05.08.2005. [4] «Al-Qaeda in Iraq : Credere a George Bush o ai suoi generali ?», par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 10.04.2007. [5] «Low Intensity Operations: Subversion, Insurgency and Peacekeeping», di Frank Kitson, First edition Stackpole Books (1971). [6] ’Jundallah terrorists trained in Pakistan’, Voltaire Network, 20.10.2009. [7] Feingold: Why Surge Where Al Qaeda Isn’t?, di Sam Stein, Huffington Post, 6.12.2009. [8] “Did Obama Declare War On Pakistan?”, di Ibrahim Sajid Malick, Pakistan for Pakistanis Blog, 2.12.2009. [9] “C.I.A. to Expand Use of Drones in Pakistan”, di Scott Shane, New York Times, 3.12.2009. Vedere anche “Between the Lines, an Expansion in Pakistan”, di David E. Sanger e Eric Schmitt, New York Times, 1.12.2009. [10] Vedere archivio Xe (Blackwater) [11]The Secret US War in Pakistan”, di Jeremy Scahill, The Nation, 23.11.2009 [12]Taliban in Pakistan blame U.S. Blackwater for deadly blast”, Xinhua News Agency, 29.10.2009. [13] Ibid. [14] Citaz. dell'Alto Commisario Pakistano per il Regno Unito, Wajid Shamsul Hasan, Times of India, 13.02.2005. [15] The Destabilization of Pakistan, di Michel Chossudovsky, Global Research,30.12.2007 [16]Iran says having evidences of U.S. involvement in suicide bomb attacks”, Xinhua, 29.10.2009. [17] Pakistan, Iran sign gas pipeline deal”, by Syed Fazl-e-Haider, Asia Times, 27 May 2009. Fonte: http://www.voltairenet.org/article163397.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

Ryanair, l’Enac e il tesserino perduto

Non sembra accennare a placarsi la lotta all’ultimo tesserino tra l’eccentrico capo di Ryanair O’Leary e il Presidente di Enac Vito Riggio. Il 7 gennaio è previsto un incontro a Roma tra le parti al fine di chiarire la questione e chissà se nell’occasione l’Enac fornirà a O’Leary un campionario (necessariamente nutrito) di tutti i possibili tesserini rilasciati dalle quasi infinite amministrazioni pubbliche italiane. Sembra che la befana abbia declinato l’incarico di anticipare la consegna a O’Leary il giorno precedente per eccesso di peso del corposo catalogo che le avrebbe fatto superare il suo peso massimo ammesso al decollo e violare la vigente normativa aeronautica italiana. Intanto si ha notizia dell’emergere di un nuova forma di collezionismo, con i tesserini di riconoscimento più rari che hanno ormai raggiunto quotazioni molto elevate. Il record è sinora detenuto dai patentini di abilitazione dei conduttori di caldaie dell’isola di Pantelleria, notoriamente poco numerosi a causa del clima favorevole dell’isola; inferiori invece alle previsioni le quotazioni dei loro omologhi della provincia autonoma di Bolzano, favoriti dal bilinguismo ma svantaggiati dalla numerosità. Sono invece improvvisamente crollate le quotazione da record del tesserino dell’unico conduttore di caldaie di Seborga, provincia di Imperia, quando è stato scoperto che era stato rilasciato dagli uffici del Principe del villaggio, i quali non rientrano (almeno per ora) nell’elenco delle pubbliche amministrazioni italiane. Seguono in ordine decrescente di quotazione i documenti di riconoscimento di: 1) Registro italiano dighe; 2) Agenzia per la promozione e l’educazione alla salute, la documentazione, l’informatica e la promozione culturale in ambito socio sanitario; 3) Federazione italiana pesistica e cultura fisica; 4) Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà; 5) Unione nazionale incremento razze equine; 6) Ente parco archeologico storico naturale delle chiese rupestri del materano. In notevole ascesa nelle ultime ore i tesserini del Museo degli usi e costumi della gente trentina, dell’Ente per le ville vesuviane e, in particolar modo, dell’Istituto nazionale agronomico per l’oltremare.

P.S.: Non creda il lettore che questo post sia interamente frutto di fantasia; le pubbliche amministrazioni citate non sono un’invenzione ma esistono davvero e dovrebbero rappresentare, almeno in linea teorica, l’unica cosa ’seria’ dello scritto.

http://www.chicago-blog.it/2010/01/05/ryanair-lenac-e-il-tesserino-perduto/

SCENARIO/ Negli Usa è crisi petrolifera, in Italia è finita la benzina del credito

martedì 5 gennaio 2010

Lo stato dell'arte. La crisi dell'industria americana della raffinazione offre affari d'oro alle compagnie petrolifere straniere, pronte a fare acquisti sul principale mercato mondiale dei carburanti. Secondo Roger Ihne, analista della Deloitte a Houston, il 5% delle raffinerie Usa è in vendita, quando non in svendita, cioè a dire l'equivalente di 1 milione di barili al giorno di prodotti raffinati. E i potenziali acquirenti dovrebbero provenire da quei Paesi dove la richiesta di carburanti è alta. «Ai prezzi correnti c'è solo l'imbarazzo della scelta. I compratori e i venditori non sono ancora entrati in contatto solo perché lo scenario è troppo incerto».

Ed è per questa incertezza sulle prospettive e sulle politiche energetiche che nel 2009 le operazioni di fusione e acquisizione sono state ridotte ai minimi termini: «Ci sono stati solo 4 accordi nel 2009 e solo uno ha coinvolto un gruppo straniero», ha sottolineato Blake Eskev, vice presidente della società di consulenza Purvin e Gerz. Ma la situazione è destinata a cambiare nei prossimi mesi, avvertono gli esperti, soprattutto se il comparto continuerà ad annaspare e se le dismissioni degli impianti continueranno ad aumentare. La crisi dell'economia e il calo dei consumi di carburanti hanno costretto società come la texana Velero Energy o la Sunoco a pianificare la chiusura di diversi impianti. Per il guru dei prezzi Tom Kloza, della Price Information Service, nel 2010 chiuderanno una mezza dozzina di raffinerie: l'attuale capacità di raffinazione americana ammonta 14 milioni di barili di greggio al giorno.

«Affinché l'attività possa tornare profittevole, l'offerta dovrebbe diminuire rapidamente di almeno uno o due milioni di barili al giorno», ha affermato Ihne, mentre il processo si sta rivelando più graduale con tagli progressivi da 200mila a 400mila barili al giorno. Ma le prime avvisaglie di una imminente campagna acquisti da parte di gruppi stranieri nell'attività raffinazione Usa non sono mancate: l'indiana Reliance Industries ha già lanciato un'offerta in contanti per aggiudicarsi in controllo della LyondellBasell. Insomma, il gigante si trova costretto a mettere su piazza alcuni suoi gioielli.

Ma a darci il livello di crisi che sta toccando gli Stati Uniti, nonostante ieri le Borse festeggiassero con rialzi diffusi la prima seduta dell'anno, ci ha pensato PayNet Inc. che ha reso noto come nello scorso mese di novembre siano cresciute in modo esponenziale le insolvenze su carte di credito, linee di credito e soprattutto prestiti da parte di piccole e medie imprese negli Stati Uniti, realtà che di converso vede i creditori sempre meno intenzionati a iniettare denaro verso il circuito produttivo. Parliamo di insolvenze che superano i centottanta giorni di ritardo e che quindi gli analisti tendono a dare per perse per sempre: per questo non stupisce che lo Small Business Lending Index, l'indice che misura i flussi di finanziamento, sia crollato dell'11 per cento nel dato anno su anno dello scorso mese di novembre.

E la notizie poco piacevoli, per gli Usa sono solo all'inizio: oggi verrà reso noto il dato rispetto al mercato automobilistico, le vendite al dettagli giovedì e le paghe dei lavoratori non agricoli venerdì. Insomma, l'America annaspa nella “main street” mentre Wall Street corre e la Fed, nei fatti, sta mettendo in campo tutti gli strumenti di diversificazione monetaria necessari per evitare la ripartenza inflattiva non appena, il mese prossimo, verranno ritoccati al rialzo i tassi, ormai a zero tecnico da mesi. In Europa, invece, la crisi corre sul doppio binario. Politico, poiché nessun regolatore né governante sembra minimamente avere idea di come governare questa delicata fase di transizione. Ed economico, poiché interi settori stanno per essere polverizzati dalla crisi e della concorrenza.

L'Italia, non è da meno. Anzi. I prestiti bancari alle imprese, corretti per gli effetti delle operazioni di cartolarizzazione, al settembre 2009 sono diminuiti rispetto all'anno precedente (-1,2%); il calo è stato più intenso, guarda caso, al Centro Nord. Non lo dice il Sussidiario.net ma è ciò che si legge nell'Andamento del credito nelle regioni italiane nel terzo trimestre del 2009 diffuso da Bankitalia. La contrazione dei prestiti al settore produttivo ha riguardato larga parte delle regioni: la diminuzione è più accentuata in Molise, in Calabria e nel Lazio (rispettivamente -9,3%, -5,4% e -3,2%).

Nei dodici mesi terminanti a settembre 2009, i prestiti alle famiglie consumatrici sono aumentati del 2,9%, in rallentamento rispetto al trimestre precedente. Il tasso di crescita dei prestiti alle famiglie meridionali è risultato, in linea con la dinamica dei precedenti trimestri, superiore a quello delle famiglie del Centro Nord. L'aumento dei prestiti ha riguardato tutte le regioni ed è stato più sostenuto in Puglia (6,5%) e Calabria (5,7%). Come nel precedente trimestre, l'Emilia Romagna e la Val d'Aosta hanno registrato i tassi di espansione dei prestiti più bassi tra le regioni italiane.

Nella media dei quattro trimestri terminanti a settembre 2009, sia per i finanziamenti alle imprese sia per quelli alle famiglie consumatrici, il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti (tasso di decadimento) è aumentato rispetto al trimestre precedente e si è confermato più elevato nel Mezzogiorno. Tra le imprese, il tasso di decadimento è risultato particolarmente elevato in Molise (9,7%) e nelle Marche (4,8%): in Molise il significativo peggioramento della qualità del credito è in larga parte riconducibile alle difficoltà della filiera produttiva locale del settore della moda. Interi settori di eccellenza, il fiore all'occhiello del nostro export e del nostro sistema-paese strangolati da mancanza di credito, concorrenza sleale, normative capestro e l'inerzia politica di chi, a conti fatti, sembrava unicamente interessato al buon fine dell'operazione scudo fiscale.

Benedetta, per carità, altrimenti da febbraio sarebbero state a rischio pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici stante la realtà di cassa vuote che lo Stato deve affrontare, ma ora servirebbe un colpo di coda, qualcosa che riattivi il flusso di denaro nel sistema produttivo e consenta ai nostri imprenditori di poter sfruttare anche le occasioni che le crisi portano con sé, prima delle quali l'assoluta qualità dei nostri prodotti e servizi che diviene dirimente in un ambito in cui l'indice di produttività non è più la prima voce. Servono, insomma, quelle benedette riforme condivise di cui si parla tanto ma che mai arrivano: costo del lavoro, mercato del lavoro, una sorta di Commissione Harz come quella voluta da Gerard Schroeder prima di passare lo scettro del potere ad Angela Merkel.

Prima di parlare e parlarsi addosso, i nostri politici facciano un giro nel Veneto non più miracoloso, nel bresciano e nel bergamasco della metallurgia e dell'edilizia in crisi, vadano nella Marche a vedere il comparto calzaturiero. Senza poi dimenticare quella bestemmia alla natura che è la nostra cronica incapacità di tramutare in oro il nostro patrimonio artistico, paesaggistico e culturale attraverso un sistema di cluster per il turismo che realmente divenga competitivo sulla piazza globale. Le priorità sono queste: vediamo se qualcuno là fuori decide di mettervi mano.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/1/5/SCENARIO-Negli-Usa-e-crisi-petrolifera-in-Italia-e-finita-la-benzina-del-credito/59456/

Sul fallito attentato di Natale

di Andrea Gilli A quasi due settimane dal fallito attentato sul volo Northwest Amsterdam-Detroit del 24 dicembre, le analisi si sprecano. Usiamo poche righe per fare brevissime considerazioni, per lo più tratte da altre fonti. Maureen Down, sul New York Times, si chiede se non sia assurdo che l’antiterrorismo non sia riuscito a fare almeno un doppio controllo su un individuo che viaggiava con un paio di mutande da donna e al cui interno era nascosta una siringa piena d’acido. Un uomo che lo stesso padre aveva segnalato all’ambasciata americana in Nigeria per via dei suoi deliri fanatico-islamisti. Un individuo che aveva pagato in contanti il proprio biglietto aereo. Che viaggiava senza bagagli, e il cui visto era stato negato dagli inglesi solo pochi mesi fa. Se non fosse abbastanza, il suo nome era su una lista anti-terrorismo e di recente aveva studiato l’arabo in Yemen, uno dei santuari di al-Qaeda. In definitiva, se non prendono uno così, si chiede la Dowd, chi dovrebbero prendere? In effetti è difficile rispondere: specie se, come il sottoscritto, è successo di essere sottoposti a draconiani controlli aeroportuali per via di una piega sul passaporto. Oltre all’analisi di Stratfor, vale la pena dare un’occhiata al saggio di Amy Zegart sul fallimento dell’intelligence nel caso dell’11 settembre. L’impietosa analisi della Zegart mostra come il problema sia stato, principalmente, di agency-coordination. In breve, le informazioni necessarie per poter prevenire l’attacco erano disponibili. Purtroppo però, non c’era una struttura per raccoglierle e metterle tutte quante insieme. In breve, un’agenzia governativa era a conoscenza di determinati elementi, un’altra di altri, e così via. Un dato, da solo, non fa un indizio. Mettendo insieme tutti i dati, però, si fa un quadro. Negli studi di intelligence, questo quadro si chiama net assessment. Il dramma è che la confusione burocratica aveva portato nel dimenticatoio questa funzione. Che alla fine è la più importante. Il dramma, nel caso dell’attentato fallito il 24 dicembre, è che la situazione è la stessa pre-11 settembre – a quanto pare. Nonostante, nel frattempo, vi sia stata una mastodontica riforma dell’intelligence USA. Nel loro libro sulla politica di difesa americana, Sapolski, Gholz e Talmadge (2008), notano come dopo la Russia, gli Stati Uniti siano il Paese al mondo con il più alto numero di zar. Come la storia della Russia dimostra, però, l’accentramento di poteri, di per sé, non è condizione sufficiente per portare ammodernamento, efficienza ed efficacia. Il fallito attentato del 24 dicembre sembra proprio confermare questa intuizione. http://epistemes.org/2010/01/04/sul-fallito-attentato-di-natale/

BERNASCONI

Ieri a Dubai, emirato arabo in piena crisi finanziaria, é stato inaugurato il più alto immobile del mondo. La Burj Dubai Tower supera gli 800 metri e dimostra che é possibile stabilire record anche su una marea di debiti. Ieri i mercati azionari sono balzati su nuovi massimi validi per le ultime 52 settimane. Malgrado che la recessione non sia ancora superata basta abbastanza liquidità per spingere le borse su nuovi livelli record. La domanda é se tutto questo é realistico e sostenibile...

Ieri l' "effetto gennaio" si é fatto sentire con tutta la sua forza spingendo le borse verso l'alto e su nuovi massimi. L'Eurostoxx50 ha chiuso a 3017 punti (+1.74%) nettamente sopra il nostro obiettivo a 3000 punti. Il rialzo é proseguito in America e l'S&P500 ha terminato la seduta a 1133 punti (+1.60%). I parametri tecnici confermano la rottura al rialzo e la solidità del movimento - il rapporto advances/declines mostra un forte 5:1, i nuovi massimi a 20 giorni salgono a 2134 e la volatilità VIX scende a 20.38. Solo i volumi restano magri (NYSE 1014 Mio.). La nostra opinione é da settimane invariata: "Per ora il rialzo é destinato a continuare al piccolo trotto - non aspettatevi troppo e prevedete con l'inizio dell'anno prossimo concreti problemi." e gli obiettivi restano quelli formulati il lunedì 14 dicembre: "A questo punto continuiamo a favorire l'aspetto stagionale e prevedere una continuazione del lieve trend rialzista. (...). Le nostre aspettative verso l'alto sono limitate. Il nostro obiettivo si situa a 1140-1150 punti di S&P500 per la prima settimana di gennaio 2010. Questo corrisponde a circa 3000 punti sull'Eurostoxx50. A medio termine abbiamo l'impressione che gli indici azionari stiano distribuendo e quindi, al termine di questa fase rialzista, una consistente correzione é possibile. Vedremo se nelle prossime due settimane appare quella debolezza strutturale, che al momento manca, necessaria ad innescare un ribasso." Pensiamo che il rialzo dovrebbe esaurirsi verso la fine di questa settimana e non vediamo molto potenziale verso l'alto dai livelli attuali - teoricamente solo ancora un +1%.

Il dollaro americano ha perso terreno. L'USD Index é sceso a 77.53 punti mentre il cambio EUR/USD stamattina é salito a 1.4440. Il dollaro americano sta tendenzialmente rafforzandosi e questa prima gamba di rialzo dovrebbe permettere all'USD Index di salire fino a 80 punti (rispettivamente 1.38/1.40 per EUR/USD). L'oro é stamattina a 1123 USD/l'oncia - la correzione in atto ha il potenziale di far ridiscendere il valore del metallo giallo sotto i 1000 USD. Il trend a lugo termine ö però rialzista ed i 1000 USD potrebbero costituire un'interessante livello d'acquisto. Non sembra che la forza del dollaro americano abbia un'influsso diretto sulle borse. Il rialzo della moneta americano prosegue però di pari passo con l'aumento dei tassi d'interesse sulla obbligazioni. Questo trend dovrebbe presto o tardi causare un collasso delle borse. Non abbiamo ancora segnali tecnici in questo senso ma seguiamo da vicino gli sviluppi della situazione.

Passiamo ora ad esaminare la situazione (charts a sei mesi) sui singoli mercati.

L'S&P500 (+1.60% a 1133 punti) é balzato ad un nuovo massimo confermando la nostra impressione che il calo di fine 2009 sotto i 1120 punti era solo un'incidente di percorso. Il nostro obiettivo di metà dicembre dovrebbe essere raggiunto questa settimana: "A questo punto abbiamo l'impressione che nelle prossime settimane un nuovo massimo marginale é possibile (1140-1150 punti)..." Vi ricordiamo però quanto scritto il 28 dicembre: "A medio termine la situazione é più complessa e la difficoltà riscontrata dall'indice a superare i 1120 punti indica distribuzione."

Il Nasdaq100 (+1.42% a 1886 punti) é salito come il resto del mercato. Il trend rialzista é ancora valido e solo una rottura del supporto a 1820 punti potrebbe metterlo a rischio. Il nostro obittivo é invariato: "Se l'indice riesce ad accelerare al rialzo sembra tecnicamente aver spazio fino ai 1950 punti."

L'Eurostoxx50 (+1.74% a 3017 punti) ha superato di slancio i 3000 punti raggiungendo un nuovo massimo. Ricordiamo quanto scritto ieri: "Difficile dire qualcosa di negativo su un'indice che termina l'anno a ridosso del massimo annuale e con una performance del +21%. Il trend rialzista é ancora valido e sullo slancio é probabile che questa prima settimana dell'anno sia positiva." A prima vista non vediamo forti resistenze fino ai 3090 punti ma dubitiamo fortemente che questi livelli possano essere prossimamente raggiunti.

Il DAX (+1.53% a 6048 punti) é risalito con decisione sopra i 6000 punti. La nostra valutazione di inizio settimana sembra corretta: "Malgrado che il nostro obiettivo a 6000 punti é stato raggiunto, l'indice resta in un trend rialzista e potrebbe almeno in questa settimana comportarsi bene. Il potenziale di rialzo sembra però limitato. Supporto é sui 5850 punti." Prossima forte resistenza é a 6150 punti.

L'SMI (+1.31% a 6631 punti) si é rafforzato come il resto dell'Europa. Fino a quando l'indice resta sopra il supporto a 6500 punti il rialzo é intatto e conoscete gli obiettivi teorici: "La prossima fascia di resistenza si trova solo a 6850-6890 (50% Fibonacci) punti."

Scenario 2010 Per i prossimi mesi prevediamo una sostanziale correzione delle borse dopo il rally di marzo - dicembre 2009. Probabilmento l'S&P500 toccherà nel corso di quest'anno un minimo tra i 740 ed i 820 punti. La performance annuale dovrebbe essere negativa e l'S&P500 dovrebbe terminare il 2010 intorno ai 900 punti. Gli analisti fondamentali stanno continuamente rivedendo le stime degli utili delle società. Ad un certo momento erano scesi fin sotto i 30 USD. Ora che la recessione sembra alle nostre spalle, le stime ufficiali per il 2009 (al 3 novembre 2009) sono risalite a 56.22 USD. Quelle per il 2010 sono addirittura al'incredibile livello di 74.99 USD. Capitalizzando gli utili 2009 con un P/E normale di 15/16 si arriva ad un valore teorico dell'S&P500 di 900 punti. In questi dati é però scontato un recupero marcato dell'economia ed un forte aumento degli utili delle imprese. Ricordiamoci che gli utili operativi 2008 delle società dell'S&P500 sono stati di 15.09 USD. Debitiamo inoltre che i dati relativi al 2010 siano realistici. Di conseguenze stimare ora correttamente gli utili delle società e determinare un giusto rapporto P/E per capitalizzare questo valore é un'impresa ardua. Troppe sono le variabili e le incognite. Se gli utili risalissero solo a 50 USD e la ripresa fosse anemica (come ritiene una buona parte degli economisti), un P/E di 12 sarebbe più adeguato portando il valore teorico dell'S&P500 a 600 USD. Riassumendo, tecnicamente e fondamentalmente i 1115 punti di S&P500 raggiunti a fine 2009 corrispondono secondo noi ad una sopravalutazione del mercato. La prossima dovuta sostanziale correzione ci dirà a quale punto si trova la congiuntura mondiale.

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