La soluzione scelta per la Grecia ha solo spostato il problema al 2011 e ne ha scaricato l’onere su tutti paesi anziché sull’unico che ne beneficia davvero. Può consolare solo che il vero vincitore di questa partita è l’Euro
L’Europa non ha salvato se stessa e le sue banche, con buona pace della Grecia che continua la mesta strada verso il default. Più che evitare un nuovo caso Lehman Brothers, come ha dichiarato Bini Smaghi, il prestito da 30 miliardi di euro deciso dai paesi che condividono la moneta unica assomiglia di più all’intervento su Bearn Stearns di sei mesi prima. Allora la Fed si illuse che salvare la prima banca d’affari in difficoltà avrebbe convinto i mercati dell’esistenza di una rete di sicurezza tanto solida da evitare nuovi crolli. Ci pensò Lehman ha scoprire quel bluff. A quel punto dovettero davvero salvare a qualsiasi costo l’intero sistema bancario.
MORTE A RATE – Se i prestiti dell’Eurogruppo e del Fondo monetario verranno utilizzati a pieno già nel primo anno, la Grecia è già quasi certa di evitare il default nel 2010. Con 40 miliardi di euro a disposizione su 53 miliardi di bond in scadenza, i problemi sono rimandati al 2011, quando la disponibilità dei vicini, visto lo sforzo già compiuto, sarà proporzionale al miglioramento dei conti pubblici. Alcuni economisti hanno calcolato che la Grecia avrebbe bisogno di un periodo di rigore simile a quello sperimentato dall’Italia all’inizio degli anni ’90: un avanzo primario del 5-6% del Pil, una crescita economica costantemente superiore all’1% e una bilancia commerciale in attivo. Se ci siamo riusciti noi nel periodo Amato-Ciampi e in piena Tangentopoli (o forse proprio perché eravamo in piena Tangentopoli), potrebbero farcela anche i Greci. Le differenze però ci sono e sono tutte a sfavore di Atene: una congiuntura internazionale depressa, una bilancia commerciale strutturalmente debole (specie sul fronte delle esportazioni) e un contesto sociale molto conflittuale. Il responso è che quindi, nonostante tutti gli sforzi, il default arriverà probabilmente l’anno prossimo.
IL MERCATO RINGRAZIA – Visto che riflessioni del genere sono di largamente conosciute e condivise, viene da chiedersi perché i mercati hanno reagito tanto bene alla decisione dell’Eurogruppo. Siamo all’ennesimo caso di collettivizzazione di perdite su investimenti sbagliati fatti da istituzioni private, esattamente come è successo negli Usa e in Inghilterra. Questi 40 miliardi sono circa l’18% dell’intero stock del debito greco. Se Papandreu riesce nel miracolo di resistere più di 12 mesi, quella cifra potrà essere raddoppiata. Soldi dei contribuenti europei che pagheranno bond greci emessi per pagare vecchie obbligazioni in scadenza possedute al 70% da banche straniere. Se e quando il default arriverà, quei prestiti “politici” saranno i primi a non essere rimborsati, mentre le banche dovranno contabilizzare un taglio del 10-20% delle obbligazioni in portafoglio. La lunga ristrutturazione del debito greco farà morti e feriti, i casi di Russia e Argentina lasciano intendere che le obbligazioni in default saranno sostituite con nuove obbligazioni pari al 70-80% del valore nominale. Nel frattempo i più furbi (quello che in gergo viene chiamato smart money) hanno sei-otto mesi per dimezzare o annullare le perdite rispetto a quelle maturate fin d’ora.
SPECULAZIONE - A margine si può notare che in tutta questa vicenda la speculazione – colpevole per definizione, come il maggiordomo – non c’entra nulla. Il tasso praticato ad Atene è appena sotto quello chiesto dal mercato, segno che gli investitori non sfruttavano la posizione di debolezza del debitore più di quanto fanno i governi amici. Peraltro, essendo il meccanismo di definizione dei tassi in massima parte collegato all’euribor a tre mesi, sarà anche in futuro collegato all’andamento dei mercati.
SALVATORI O SALVATI? – Grande vincitrice è la Germania, che non solo mantiene il suo ruolo di custode della santità del patto di Stabilità, ma è di fatto la maggiore beneficiata dal questo piano di salvataggio. L’esborso dei governi è proporzionale alle quote della Bce, ma l’esposizione di Atene non lo è. Di quale nazione sono le banche con i crediti più alti? Risposta banale, d’altronde i tedeschi sono i più grandi acquirenti di asset finanziari in Europa. Un surplus che non nasce dal rigore dello stato, ma dalla bilancia commerciale. In questi dieci anni gli operai e gli imprenditori tedeschi hanno sfruttato la moneta unica per esportare merci in Grecia e negli altri paesi che si sarebbero rivelate troppo costose in un sistema di cambi. Infine le istituzioni finanziarie europee, anche se dovranno svalutare i titoli di cui non si sono riusciti a liberare, ridurranno le perdite rispetto ad un’uscita della Grecia dall’euro e dalla ridenominazione di tutti gli asset greci nella nuova Dracma.
CI ABBIAMO PROVATO – Politicamente le istituzioni europee non potevano scegliere molte altre strade. L’unione monetaria deve tendere alla nascita di un “debito pubblico europeo” che comporta armonizzazione fiscale e maggiore coordinamento politico. Abbiamo facilmente previsto che Bruxelles avrebbe scelto il meccanismo più contorto possibile, ma non avrebbe sbagliato la direzione. Visto che la differenza e tra salvatori e salvati non è così netta come sembra, si può anche dire che il vero vincitore è proprio l’euro. Tutti i governi hanno implicitamente ammesso che non esiste la possibilità di invertire l’unione monetaria e hanno impegnato qualche miliardo per dimostrarlo. La critica secondo cui questo sarà un pessimo segnale per gli altri paesi indebitati (una sorta di moral hazard) è debole: quelli grandi, come Italia e Spagna, sanno che la via greca è preclusa dalla dimensione delle loro economie e dei loro debiti; quelli piccoli sanno che alla Grecia è stata concessa una dilazione, non un salvataggio in piena regola. E per loro potrebbe non esserci nemmeno quella disponibilità.
http://www.giornalettismo.com/archives/59010/leuropa-salva-germania-strozza/
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