La Repubblica degli Evasori

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February 23rd, 2010 by Leonardo

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di Silvano, IHC

Periodicamente ritorna in auge sulla stampa la figura dell’ evasore fiscale (vedi solo a titolo di esempio il recente leitmotiv " un italiano su quattro non paga le tasse "); sempre periodicamente rispunta il dibattito " pagare meno per pagare tutti, o pagare tutti per pagare meno? ".

Viene comunemente dato per assodato che l’Italia sia tra i paesi con un’elevata evasione poiché ha una consistente fetta della propria economia “sommersa”. Tuttavia nessuno si sogna di affermare che è fuorviante lo stesso concetto di economia sommersa. Il cosiddetto “nero” è in realtà quella fetta di transazioni economiche, poste volontariamente e liberamente in essere tra soggetti diversi al fine di trarre un’utilità reciproca, che sfuggono al controllo e/o al prelievo forzoso dell’erario. È semplicemente un ambito economico in cui lo Stato non riesce ad esercitare il monopolio della forza . Niente di più. Altrimenti dovremmo concludere che l’economia termina e coincide con il raggio di azione dei ministeri competenti .

Esistono due gruppi di metodi capziosi per stimare l’evasione ed il sommerso: il primo gruppo è costituito da coloro che la rapportano al PIL, il secondo gruppo invece da quelli che producono stime sul gettito ipotizzando che tutti gli attori economici si comportino come soggetti passivi di imposta nel rispetto dei modi e delle intenzioni del legislatore. Se rapportare l’evasione al PIL è per certi aspetti prossimo alla tautologia, dato che spesso gli uffici di statistica nel determinare il PIL nominale includono una stima aprioristica del sommerso , definire invece l’evasione sulla base di quanto il legislatore pianifica equivale a determinare il mio tasso di onanismo sulla base del numero di donne con cui vorrei, ma non riesco, a congiungermi carnalmente. Sotto un profilo più strettamente economico: molte transazioni, se impostate secondo i dettami legislativi, semplicemente non avverrebbero per vari motivi, sia di costo, sia di tempo, sia di regolamentazione. Non è l’economia italiana ad essere "sommersa". È lo Stato italiano ad essere arrogante e velleitario, a pretendere assai più di quanto può escutere.

Veniamo alla struttura dell’imposizione fiscale in Italia: chi non ha mai sentito discorsi del tipo "le tasse le pagano solo i lavoratori e i pensionati" scagli la prima pietra. Ora, in primo luogo i pensionati non pagano tasse sul reddito : sono i beneficiari netti di trasferimenti di ricchezza e i prelievi IRPEF non sono altro che partite di giro tra INPS e Ministero delle Finanze che in assenza di prelievo fiscale sui ceti produttivi non potrebbe nemmeno aver luogo. Lo stesso dicasi per il pubblico impiego. Nel pubblico impiego il dipendente ha un accredito pari ad una cifra X che corrisponde esattamente all’esborso di cassa da parte dell’erario . È solo nel settore privato che l’esborso del datore è pari ad un flusso di cassa Y superiore allo stipendio x ricevuto dal lavoratore. Sociologicamente parlando chi subisce un sostituto di imposta è un sottomesso, non paga di propria sponte, non ha alcuna presunta superiorità etica a rispetto a chi cerca di non patire tale imposizione. I dipendenti nel momento in cui diventano consumatori e fruitori di servizi se ne fregano delle fatture se queste non hanno alcuna utilità per loro (ex. riduzioni fiscali, prova di avvenuto pagamento, etc.); ceteris paribus, sono lieti di pagare meno il dentista, l’idraulico, l’elettricista o il conto al ristorante. Soltanto un idiota è felice di pagare la benzina alla pompa quasi il triplo del suo costo industriale. Qualunque essere umano normodotato che per volontà o necessità debba utilizzare un’autovettura no.

Premesso questo, sintetizzo brevemente i motivi per cui in Italia l’evasione fiscale può ritenersi confinata nei limiti del fisiologico, dove per fisiologico si deve ritenere il livello entro il quale i costi dell’enforcement delle leggi tributarie sono inferiori ai benefici per lo stato ed il ceto politico.

1) Qualsiasi persona impiegata, percettore di redditi anche marginali, è soggetto a significativi prelievi di natura fiscale e contributiva; anche nel caso di un manovale generico, di un commesso piuttosto che di un magazzinIere tali prelievi difficilmente scendono sotto il 25-30% del costo del lavoro ; ciò non accade o accade assai raramente in paesi similari al nostro, dove le fasce di esenzione sono più ampie e le aliquote inferiori.

2) Comparare i redditi da lavoro dipendente con quelli da lavoro autonomo è fazioso : i primi, in buona sostanza, sono tassati sui ricavi (il salario) mentre i secondi sull’utile (ovvero i ricavi meno i costi sostenuti) ; raffrontare i primi con i secondi è come paragonare le mele con le pere; non c’è da stupirsi quindi che in Italia vi sia un proliferare di partite IVA e lavoratori autonomi rispetto agli altri paesi: vi è un fortissimo incentivo fiscale in tal senso e di questo la ragione ultima va cercata nel legislatore stesso.

3) È necessario operare una distinzione tra il gettito desiderato e quello realizzabile: mediamente, assumendo anche tassi di evasione del 50-60 %, i lavoratori autonomi in Italia versano all’erario cifre del tutto analoghe a quelle dei loro concittadini europei ; ovvero, anche si attenessero letteralmente ai codici tributari, in Austria, Germania, Francia, Regno Unito, etc. pagherebbero imposte simili a quelle che già pagano nel nostro paese "evadendo". È lecito presupporre pertanto che l’amministrazione finanziaria difficilmente sarebbe in grado di estrarre di più da questi soggetti . Certo è possibile obiettare che così la spalmatura del prelievo non risponde ai criteri di equità enunciati nelle intenzioni, ma queste sono appunto intenzioni. In pratica lo Stato (ogni Stato) reperisce i fondi dove è più facile farlo ai minori costi possibili (ivi inclusi quelli di natura politica) così come il proprietario di una miniera comincia ad estrarre dove è più semplice e dove è più conveniente farlo. Delle buone intenzioni è lastricata la via per l’inferno ed ogni buon liberale ha prova grande timore quando lo Stato proclama “buone intenzioni” (dalla cosiddetta giustizia sociale, all’esportazione della democrazia).

A prescindere da considerazioni di carattere economico (ovviamente negative) si può concludere che l’interventismo statale in Italia è assai efficace e coerente con le sue possibilità di espansione. Per dirla terra terra: lo Stato mette le mani nelle tasche dei cittadini quasi al massimo delle sue possibilità in relazione sia all’applicabilità fattuale delle norme che ai costi necessari per l’applicazione stessa ed in virtù di ciò è in grado di operare fortissime distorsioni nelle attività dei privati cittadini.

http://ideashaveconsequences.org/la-repubblica-degli-evasori/leo

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