IL CASO IRAN

Argomento: Iran DI FRANCO CARDINI diorama.it/ Qualcosa di molto grave si sta profilando in Occidente: qualcosa che forse minaccia il mondo. E’ uno scenario che purtroppo abbiamo già visto. Tra 2002 e 2003 i governi statunitense e britannico inscenarono una pietosa e vergognosa commedia cercando di far credere al mondo che l’Iraq di Saddam Hussein fosse in possesso di pericolose armi segrete di distruzione di massa. Era incredibile: e infatti chi aveva capacità di comprendere e di assumere informazioni precise si rese subito conto che si trattava di una colossale e infame menzogna. Ma i mass media insistevano, i politici – anche italiani – erano già decisi a seguire il sentiero tracciato del sinistro signor Bush: il risultato fu la guerra e un’occupazione che perdura e dalla quale gli stessi italiani non sanno come far a uscire.[1] Sette anni dopo, siamo alle solite: analogo scenario, analoghe sfrontate bugie. La vittima designata, ora, è l’Iran. Auguriamoci che le dissennate dichiarazioni dei politici e dei mass media non preludano a qualcosa di simile al pasticcio irakeno: stavolta sarebbe molto più grave. La Repubblica Islamica dell’Iran è una società molto complessa,[2] che non è certo retta da un regime totalitario, bensì da un sistema assembleare per certi versi paragonabile a una repubblica protosovietica controllata da un “senato” di teologi-giuristi. Nata da uno strappo violento che ha sottratto trent’anni fa agli USA il suo più sicuro e fedele alleato-subordinato e che ha fatto tabula rasa d’importanti interessi petroliferi occidentali, è strutturalmente avversaria della superpotenza americana: dal momento che essa individua in Israele il principale supporto della politica statunitense nel Vicino Oriente, essa avversa radicalmente anche quest’ultimo. Non c’è dubbio che il governo iraniano attuale abusi dei suoi poteri, a cominciare da quello che gli consente di comminare pene capitali, e che non rispetti alcuni diritti della persona umana. Non è l’unico a far certe cose (tali diritti non sono rispettati nemmeno nell’illegale campo di detenzione di Guantanamo, tenuto aperto dalla Prima Democrazia del mondo): ma le fa, e ciò dev’essere denunziato con deciso rigore. Ciò non toglie che sull’Iran il mondo occidentale in genere, italiano in particolare, sia malissimo informato. Esaminiamo sinteticamente i quattro fondamentali capi d’accusa che vengono ormai rivolti abitualmente al governo di Ahmedinejad: si sarebbe reso responsabile di gravi brogli elettorali durante le ultime elezioni e di una pesante repressione delle proteste da parte dell’opposizione; minaccerebbe e programmerebbe un attacco contro Israele, con intenzione di distruggerlo; starebbe fabbricandosi un potenziale nucleare militare; sarebbe candidato a cedere in quanto isolato internazionalmente. Si tratta sostanzialmente di quattro calunnie, per quanto ciascuna di essi riposi su un qualche elemento di verità. Vediamole in ordine. Prima. In una recente intervista consultabile nella versione telematica di “Panorama” del 30.12.2010 una delle maggiori esperte di cose iraniane, Farian Sabahi,[3] non ha escluso che vi siano stati brogli elettorali, ma ha sottolineato che essi non possono aver falsato sostanzialmente il responso delle urne che è stato comunque con certezza largamente favorevole ad Ahmadinejad in quanto egli, a differenza dei suoi elettori, ha saputo guadagnarsi la fiducia della maggioranza degli iraniani non grazie alle sue tracotanti minacce contro Israele, bensì con una politica sociale che ha costantemente messo a disposizione dei ceti più deboli una massa ingente di pubbliche risorse, ha consentito a 22 milioni d’iraniani di accedere a efficaci cure mediche gratuite, ha aumentato molti stipendi (p.es. del 30% quello degli insegnanti), ha aumentato del 50% ‘entità delle pensioni. Al contrario i suoi avversari, pur abilissimi a mobilitarsi su Twitter e forti nei ceti medi specie della capitale, hanno fatto ben poca breccia nei centri minori e praticamente nessuna nelle campagne. I nostri mass media insistono sui deliri oratori hitleriani di Ahmedinejad (che peraltro riassumono sistematicamente, senza darci modo di capire che cosa effettivamente egli dica, e a chi, e in quali contesti), ma non c’informano per nulla della sua politica sociale, impedendoci di farci un’idea di che cosa realmente sia l’Iran di oggi.[4] Seconda. Quanto all’atteggiamento di Ahmedinejad contro Israele, è indubbiamente una maldestra e odiosa misura propagandistica da parte sua la contestazione della shoah; ma, quanto alle minacce, chi non si limita al materiale scaricato da Twitter si è reso facilmente conto che il presidente iraniano non ha mai affermato che Israele vada distrutta (cioè che gli israeliani siano eliminati o cacciati), bensì che la pretesa di uno stato ebraico che si presenti come etnocratico e confessionale ma che nello stesso tempo pretenda di essere un modello di democrazia all’occidentale è evidentemente insostenibile in quanto costituisce una contraddizione in termini. Da ciò Ahmedinejad non deduce che lo stato d’Israele vada distrutto dall’esterno, ma che esso non potrà mai mantenersi sulla base dei principi proclamati. Oltretutto, nell’ormai radicato immaginario occidentale Ahmadinejad starebbe minacciando di distruzione nucleare Israele: ora, si domanda come può il leader di uno stato che non è ancora arrivato nemmeno al nucleare civile minacciare di distruzione nucleare un paese che invece dispone sul serio di un nucleare militare. Tutto ciò è assurdo. E non è difatti mai accaduto. Ahmedinejad si limita a dire che la convivenza di ebrei e di palestinesi dovrà essere rifondata su basi diverse da quelle dell’attuale stato d’Israele se vorrà avere qualche probabilità di sopravvivere. Terza, la questione nucleare. Qui siamo al ridicolo e all’infamia al tempo stesso. L’11 febbraio scorso, trentennale della rivoluzione khomeinista, l’ambasciatore iraniano presso la Santa Sede Alì Akbar Naseri indiceva una conferenza stampa. Visto il momento “caldissimo” nell’opinione pubblica, si potrebbe supporre ch’essa è stata presa d’assalto dai media. Macché. Né un TG importante, né una testata di rilievo: è così che da noi si fa informazione. Tuttavia, le pacate dichiarazioni del diplomatico hanno richiamato un’ennesima volta a una verità obiettiva che ormai conosciamo. Il 4 febbraio scorso, il governo iraniano ha formulato alla authority internazionale nucleare, l’AIEA, una proposta molto flessibile e ragionevole: accettazione della prassi elaborata dal gruppo dei 5+1 (USA, Russia, Cina, Francia, Germania) nell’ottobre scorso, sulla base della quale l’Iran consegnerà delle partite di uranio arricchito al 3,5% alla Russia, che lo porterà al 20% e lo passerà alla Francia incaricato di restituirlo all’Iran. Date però le circostanze e il macchinoso sistema elaborato, il governo dell’Iran – temendo evidentemente che l’uranio gli venga sottratto – chiede semplicemente che lo scambio avvengo in territorio iraniano e che ad ogni cessione di partita di uranio al 3,5% l’Iran venga risarcito con la consegna di una pari quantità arricchita al 20%. Non si capisce perché il governo statunitense abbia rifiutato come “non interessante” una proposta del genere e si ostini a pretendere dall’Iran la pura e semplice cessione del minerale, senza contropartite né garanzie. Ciò corrisponde solo a un vecchio e abusato trucco diplomatico: formulare pretese assurde e irricevibili per poi accusare l’avversario, reo di non averle accettate. Bisogna al riguardo tener presente due cose: primo, per avviare la costruzione del nucleare militare è necessario un arricchimento dell’uranio all’80%, mentre l’Iran non è ancora in grado nemmeno di arricchirlo al 20%, limite indispensabile per gli usi civili. E di sviluppare un nucleare civile l’Iran ha diritto, in quanto paese firmatario del trattato di non-proliferazione (gli unici tre stati che non hanno firmato sono Israele, India, Pakistan). Il punto è che sembra proprio che i soggetti occidentali più importanti (quindi il governo statunitense e la NATO, che da esso è largamente controllata) siano ben decisi a procedere su una strada pregiudizialmente tracciata. In un’intervista concessa a Luigi Offeddu del “Il Corriere della Sera”, e pubblicata il 29.2.2010, Adres Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO dall’agosto 2009, ha proferito affermazioni allucinanti nella sostanza non meno che nel tono: “Al momento dovuto, noi prenderemo le decisioni necessarie per difendere i paesi della NATO”, ha dichiarato.[5] Ha parlato di un sistema missilistico difensivo, risultato di una triplice collaborazione tra USA, NATO e Russia, fingendo di non sapere che in Realtà la Russia è preoccupata delle installazioni missilistiche USA-NATO in Romania e in Polonia, non è soddisfatta dei chiarimenti fornitile (secondo i quali esse sarebbero dirette contro la minaccia iraniana) e la sua richiesta di “collaborazione a tale sistema è, in realtà, una richiesta di controllo. Rassmunsen, ignorando del tutto le proposte iraniane, continua a proporre un diktat: l’Iran consegni tutto il suo uranio che verrà arricchito all’estero, senza alcuna possibilità di controllarne il destino, senza alcun controimpegno e senza alcuna contropartita. C’è da chiedersi chi mai potrebbe accettare imposizioni del genere. Quarto. Si continua acriticamente a ripetere, da noi, che ormai l’ONU sarebbe pronta a inasprire l’embargo all’Iran e che lo stesso consiglio di Sicurezza sarebbe d’accordo: si tratterebbe solo di convincere la Cina a non usare il suo diritto di veto e a studiare sanzioni che colpiscano il governo iraniano, ma non la popolazione. Quest’ultimo proposito è manifestamente ipocrita: le sanzioni colpiscono sempre le popolazioni, e in genere rinsaldano la loro solidarietà con i loro governi (a parte l’ipocrisia del governo italiano, che sostiene di preoccuparsi per ragioni umanitarie mentre in realtà è in ansia per il grosso business iraniano dell’ENI, che potrebb’essere compromesso dalle sanzioni con un forte danno agli interessi italiani). Ad ogni modo, le sanzioni contro l’Iran non funzioneranno, perché il governo iraniano è a vari livelli in contatto positivo con molti paesi e ha stipulato o sta stipulando accordi non solo con Cina e Russia, ma anche con la Siria, col Venezuela e con la Turchia. E’ del 19.2., stando a due “lanci” AGI, la dichiarazione del viceministro degli Affari Esteri Serghiey Ryabkov, secondo la quale non solo la Russia è contraria a un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran e indisponibile ad appoggiarle, ma si conferma intenzionata a fornire all’Iran i sistemi antiaerei S-300, come si era impegnata a fare. Insomma, il regime iraniano può non piacere: ma non ha la possibilità e forse nemmeno l’intenzione di costruire armi nucleari e non si trova affatto in una posizione di assoluto isolamento diplomatico. Ma allora perché gli USA sembrano preoccuparsi dell’Iran di Ahmedinejad al punto di arrivare alle esplicite minacce? L’atomica, i diritti umani e le minacce a Israele non c’entrano. C’entra invece il modesto isolotto di Kish sul Golfo Persico, che gli iraniani hanno scelto a sede di una futura rete di scambi petroliferi mirante alla costituzione di un “cartello” che si fonderebbe sull’unità monetaria non più del dollaro, bensì dell’euro. Questa è la bomba nucleare iraniana che davvero gli americani temono. E allora, immaginiamoci un possibile e purtroppo piuttosto probabile futuro. La guerra, lo sanno tutti, è un gran ricco business: vi sono cointeressate potentissime lobbies industriali e finanziarie internazionali; è rimasta l’unica attività produttiva statunitense che davvero “tiri”; le commesse vanno rinnovate e gli arsenali debbono essere vuotati se si vogliono riempire di nuovo; poi ci sono i generali (non solo i generaloni del Pentagono, quelli che ostentano nomi da conquistatore romano, tipo Petreus; ma anche i generalucci della NATO e i generalicchi italiani, per tacer degli strateghi-peopolitici da TV…); inoltre c’è il sacrosanto spiegamento dei fondamentalisti cristiani, ebrei e musulmano-sunniti che non vedono l’ora di saltar addosso al demonio sciita; infine ci sono i poveri cristi che aspettano di venir ingaggiati come in Afghanistan e in Iraq, la folla dei portoricani in caccia della magica green card che fa di loro dei quali cittadini statunitensi, i sottoproletari che sognano di ascendere al rango di contractors. Tutte insieme, queste forze sono – non illudiamoci – potentissime. Se non ci salva il duplice “veto” russo-cinese al Consiglio di Sicurezza dell’ONU (ma anche quello non sarà sufficiente: basterà la NATO, come in Afghanistan nel 2001: poi, l’ONU sarà costretta ad avallare…), oppure, meglio ancora, un deciso “no” degli israeliani che - a differenza del loro governo - non hanno perduto il ben dell’intelletto e la voce dei quali potrebbe contare moltissimo dinanzi all’opinione pubblica mondiale , l’aggressione all’Iran probabilmente si farà. E’ molto più facile di quella all’Iraq del 2003: il sunnita e “laico-progressista” Saddam poteva contare su molti amici negli USA, in Europa e nel mondo musulmano, l’Iran fondamentalista e sciita non ne dispone. Poi, tra qualche anno, qualcuno in gramaglie verrà a dirci che no, ci eravamo sbagliati, la bomba nucleare proprio l’Iran non ce l’aveva e nemmeno i terribili missili puntati contro l’Occidente; qualcun altro sgamerà, altri ancora si rifugeranno nell’amnesia. Frattanto, nella migliore dell’ipotesi, ci saremo infilati in un pantano sanguinoso e costoso, peggiore di quelli afghano e irakeno messi insieme: un pantano nel quale sguazzeranno allegramente solo le anatre e le rane tipo gli imprenditori, i militarastri e i sottoproletari del “finché-c’è-guerra-c’è-speranza”, che ciascuno al suo livello ci guadagneranno (“produzione e consumo” in alto, patacche e promozioni a mezza tacca, “posti di lavoro” in basso) , o tipo La Russa, che già ora s’inorgoglisce dei suoi picchetti d’onore e delle sue finte uniformi militari. Se non altro, tutto ciò darà una nota comica alla vicenda. Ma non illudiamoci: quella sarà soltanto la migliore fra le ipotesi. Franco Cardini Fonte: www.diorama.it/ Link: http://www.diorama.it/index.php?option=com_content&task=view&id=178&Itemid=1 22.02.2010 NOTE [1] I media ci hanno poi informati che le armi di distruzione di massa non c’erano: ma nessun governante nessun politico di quelli che a suo tempo avevano stragiurato sulla loro esistenza, nessun intellettuale o pubblicista di quelli che immaginavano scenari festosi (tipo i liberatori che arrivano a Baghdad in mezzo ai fiori e alle bandiere del popolo irakeno liberato…), nessun mezzobusto televisivo-opinion maker ha fatto ammenda dell’errore in cui aveva tentato d’indurci, o meglio della menzogna proferita. Anzi, a dimostrazione della longevità dei falsi miti, Tony Blair, nel corso della sua pietosa autocritica che sigilla il fallimento della sua carriera di politico (dopo i danni che ha fatto, e che purtroppo paghiamo e pagheremo noi) è tornato sulle armi di distruzione saddamiste come se fossero davvero esistite, “dimenticando” al figuraccia sua e di altri. [2] Cfr. L’iran e il tempo. Una società complessa, a cura di A. Cancian, Roma, Jouvence 2008; A.Negri, Il turbante e la corona. Iran trent’anni dopo, Milano, Tropea, 2010. [3] Di cui cfr. F.Sabahi, Storia dell’Iran 1890-2008, Milano, Bruno Mondadori, s.d. [4] Cfr. il lucido commento di M.Tarchi, La lezione iraniana, “Diorama letterario”, 296, ott.-dic. 2009, pp. 1-3. [5] L.Offeddu, “L’iran si fermi sul nucleare o la NATO dovrà difendersi”, “Corriere della Sera”, 20.2.2
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3 commenti:

stefano ha detto...

Orientativamente quanto affermato mi trova daccordo su molte cose. Ma come sempre, la ragione non sta solo da una parte sola. Ritengo che l'Iran, come qualsiasi paese sovrano, ha il diritto di perseguire un programma nucleare(in ambito civile), anche se è uno dei paesi al mondo che ne ha la minore necessità. Rilevo comunque che, nella regione all'interno della quale vuole assumere un sempre maggiore peso geopolitico, ci siano già abbastanza paesi che detengono armi nucleari, ed è da presupporre che l'Arabia Saudita, l'Egitto ed altri paesi arabo-sunniti, non rimarrebbero a guardare. Per una sorta di 'par condicio' (va di moda) ritengo si debba però aggiungere qualcosa anche in merito all'atteggiamento tenuto dall'Iran e più specificatamente da Ahmadi Nejad nel perseguire il paventato programma militare e mi riferisco a: 1) l'Iran dal 1974 fa parte dei paesi aderenti al Trattato di NON PROLIFERAZIONE. Nel 2002, vengono scoperti gli impianti nucleari di Natanz ed Arak, NON COMUNICATI PREVENTIVAMENTE ALL'Agenzia Internazionale Energia Atomica(AIEA)come invece previsto dallo stesso trattato; Da allora dapprima i paesi del gruppo UE3 (Germania, Francia e Regno Unito), poi affiancati dalla Russia e poi i P5 + 1 (Germania) si sono impegnati in un lungo negoziato volto a far sospendere l'arricchimento dell'uranio, solo come garanzia della destinazione pacifica del programma nucleare iraniano. Con l'avvento di Ahmadi Nejad al potere, nel 2006 viene ripreso illegittimente lo sviluppo delle centrifughe presso lo stabilimento di Natanz, assumendo un atteggiamento che, alla ferma volontà di non cedere sulla questione dell'arricchimento, continuava ad accompagnare dichiarazioni di disponibilità al dialogo ed alla collaborazione, minacciando reazioni in caso di sanzioni. La recente scoperta dello stabilimento nucleare di Qom, dell'ottobre del 2009 (anche questo occultato alla comunità internazionale), può essenre una riprova della sua inattendibilità? Devo dire che non riesco a trovare giustificazioni circa l'atteggiamento sospettoso della leadership iraniana rispetto all'ultima proposta fattagli, visto che il procedimento di arricchimento era garantito dalla Russia che era ed è partner nella realizzazione di uno stabilimento nucleare in territorio iraniano. Mentre invece, ritengo possa essere ragionevole quello della C.I.visto i numerosi rifiuti del governo di Teheran in merito alle richieste di chiarimento fatte dall'AIEA sui progetti e programmi tenuti nelle varie installazioni nucleari ispezionate nel corso degli anni, nonchè sugli accertati contatti del governo di Teheran con membri dell'organizzazione clandestina di appalti sul nucleare facente capo al famigerato scienziato pakistano Abdel Qadir Khan. 2)sul fronte politico iraniano, non prendiamoci in giro, le motivazioni per perseguire un programma nucleare militare sono evidentemente due: l'ostilità verso Israele e l'aspirazione ad assurgere al rango di potenza regionale, ponendosi quale paladino del mondo arabo sciita. L'asserita necessità di diversificazione energetica, rispetto alle risorse di gas e petrolio detenute, sono risibili (anche se comunque accettabili). (continua...)

stefano ha detto...

(continua...)3) In merito alle elezioni del presidente Ahmadi Najad: non è dato sapere se la recente rielezione sia stato frutto di brogli elettorali, ma ricordo a me stesso, come è avvenuta la sua prima elezione. Alle elezioni del 2005, si giunse successivamente la presidenza di Muhammad Khatami, che diede impulso alla diffusione dell'idea di democrazia, al consolidamento della società civile ed al riconoscimento della tutela dei diritti dei cittadini. Come è potuto accadere che il popolo iraniano abbia voluto porre al potere un uomo che proveniva dall'ala più conservatrice del popolo, ovvero dai Guardiani della Rivoluzione?. Qualcuno ricorda le elezioni parlamentari del 2004? Vennero squalificati dal Consiglio dei Guardiani moltissimi candidati riformisti. Risultato, il Parlamento Iraniano, venne rinfoltito di membri conservatori. Nelle presidenziali successive, nel 2005, l'"epurazione" trovò il suo apice. Vennero accettati quasi esclusivamente candidati conservatori. Ahmadi Nejad vinse al ballottaggio con Rafsanjani, segno della demotivazione ed astensionismo da parte degli elettori, e volontà di dare un forte segnale dall'altra. Per meglio capire come possa essere successo, qualche precisazione sul sistema di potere iraniano. Senza addentrarsi troppo nel labirinto dei poteri, a parte la figura incontrastata della Guida Suprema, vi è un'altro organo che, quale emanzione diretta di quest'ultima, racchiude in se la maggiori competenze, il Consiglio dei Guardiani: che da pareri di conformità alla legge islamica delle leggi emanate dal Parlamento, (eludendo quindi la volontà popolare espressa dallo stesso), esprime 'gradimento' sui candidati sia dello stesso Parlamento, che alla Presidenza della Repubblica, ergo se non sta bene al Consiglio dei Guardiani, non passa legge, e nessuno può essere eletto nel Parlamento o alla Presidenza della Repubblica. Come infatti è accaduto. Come dice lo stesso nome, il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, sono l'espressione del mondo dei Guardiani della Rivoluzione meglio conosciuti come Pasdaran. Meglio conosciuti, come quel contesto sociale, all'interno del quale, un 'circolo ristretto' detiene senza formalismi e rigidità istituzionali il vero potere in Iran. Come? Attraverso la gestione delle Bonyad. Non voglio tediare i lettori con la storia delle Bonyad che comincia nel 1979, subito dopo la rivoluzione, nate come 'fondazioni caritatevoli' (Khomeini creò la prima, Bonyad-e-Mostazafan, fondazione degli oppressi, attraverso la quale vennero requisiti tutt i beni che appartenevano allo Shah ed alla sua corte, allo scopo 'teorico' di alleviare le pene dei poveri ed oppressi, in realtà per armare e sostenere le Guardie della Rivoluzione. Possiamo però dire che molte di queste sono ora Holdings dell'edilizia, del petrolio e del gas, dell'import-export (e non potrebbe essere altrimenti visto che controllano porti ed aereoporti, e non pagano dazi doganali). (continua...)

stefano ha detto...

(continua...) Citerei una su tutte: il Khatam-al-Anbya, che controlla più di 800 società dentro e fuori dell'Iran, che ha ottenuto 'solo' 1700 contratti governativi nel corso degli ultimi anni, l'ultimi del valore di più di tre miliardi di dollari complessivi(gasdotti ed infrastrutture del giacimento di South Pars, la più grande riserva naturale di gas al mondo). Fra i vari impegni, appare (guarda il caso) il sostentamento economico del programma missilistico e NUCLEARE iraniano. Ricordo a me stesso che il presidente Ahmadi Nejad proviene proprio da quel mondo, dai Pasdaran, nelle cui file si è distinto durante la guerra contro l'Iraq. Forse la sua rielezione non è stato il frutto di brogli elettorali, ma qualche dubbio credo si possa legittimamente nutrire. Probabilmente quel popolo di giovani intellettuali e della borghesia soffocata dallo strapotere del circolo ristretto,denominata 'Onda Verde' quel giorno, forse, non sono andati a votare. Ma ho qualche dubbio. Nessuno con un po di ragionevolezza può 'tifare' per Israele o gli USA, credo che invece la Comunità internazionale debba trovare il modo di aiutare un popolo che chiede una diversa suddivisione delle ricchezze e la fine di una oligarchia denominata fittiziamente 'Repubblica'. Le sanzioni certo, sono effettivamente inutili, nonché dannose per il popolo iraniano. Ma non solo per le ragioni esposte, ma anche perché, come risaputo il Bazar Azad (letteralmente ‘Mercato libero’, di fatto ‘MERCATO NERO’, gioco di parole simile alle citate Bonyad) risulterebbe sotto il controllo del medesimo ‘circolo ristretto’, e non aspetta altro che le sanzioni per poter aumentare il proprio giro d’affari. Auguriamoci che l'Onda Verde riesca a cambiare lo stato delle cose, perchè il problema 'nucleare' Iran, non può essere visto solo come un invenzione Americana, è un problema innescato a monte dalla classe dirigente Iraniana, sicuramente amplificato, ma reale, e calato in un contesto regionale 'esplosivo'. Facciamola finita con l'antiamericanismo e condanniamo invece certi sistemi di governo. L'opinione pubblica Iraniana quella 'sana' ha bisogno del nostro sostegno, non delle solite stigmatizzazioni politiche tra i pro e i contro America.