Le implicazioni per la politica estera americana del voto in Massachusetts

di Mauro Gilli

I risultati delle elezioni in Massachusetts per il seggio di Ted Kennedy hanno portato ad un imprevedibile e largamente inaspettato risultato: la vittoria del candidato repubblicano Scott Brown. Un destino baro per Kennedy. Alfiere della riforma sanitaria per tutta la sua carriera politica, proprio la sua morte, avvenuta alcuni mesi fa, potrebbe aver impedito a questa riforma epocale di venire portata avanti così come i democratici la vorrebbero.

Perdendo in Massachusetts, come tutti i mezzi di informazione stanno ribadendo, i Democratici hanno infatti perso la maggioranza a prova di “filibustering” che li proteggeva dall’opposizione repubblicana al Senato. Non vogliamo però concentrarci su questi dettagli, quanto piuttosto allargare la discussione a quali potrebbero essere le implicazioni di questa elezione per la politica estera americana.

Guns vs Butter? Crediamo infatti che l’effetto delle elezioni in Massachusetts sia particolarmente importante proprio su questo fronte. Alcuni mesi fa, Charles Krauthammer si impegnò in un lungo attacco alla politica estera di Obama, affermando che “il declino è una scelta”. Quell’articolo era viziato da vizi di sostanza, e salti logici – che su Epistemes avevamo allora illustrato. Uno di questi problemi si trovava nell’accusa fatta da Krauthammer all’amministrazione di sottrarre risorse al settore militare per lanciare il piano di assicurazione sanitaria nazionale. In altre parole, nella scelta “guns vs. butter“, gli Stati Uniti andavano verso il secondo proprio quanto – secondo l’opinionista del Washington Post – avrebbero dovuto optare per il primo. Inoltre, scriveva ancora, questa scelta avrebbe causato un aumento del debito, e quindi un futuro peggioramento del tasso di cambio, così creando eventuali ulteriori ostacoli alla mobilizzazione di risorse per la difesa.

Ciò che Krauthammer aveva scritto è teoricamente corretto. Il problema, però, è che la scelta “guns versus butter” non è un vero e proprio trade-off intra-temporale, ma piuttosto uno inter-temporale, visto che le guerre si finanziano generalmente con il ricorso al debito (si veda questo recente lavoro di Scheve e Staavage e anche quelli più datati, ma non meno importanti di Domke et al. e di Chan). Inoltre, per via del particolare sistema finanziario internazionale, gli Stati Uniti hanno una capacità privilegiata di ricorrere al credito a tassi agevolati (si veda il saggio di Fergusson e anche quello di Steil e Litanì). Dunque, ai problemi che Krauthammer identificava, per quanto esistenti, non può essere attribuita la portata che egli assegna loro.

Ricchezza e Potere Militare Piuttosto, la riforma sanitaria così come altre eventuali riforme del welfare state negli Stati Uniti avrebbero avuto – a nostro giudizio – un altro, possibilmente più importante effetto. Stiamo parlando di come avrebbe influenzato gli incentivi al lavoro della popolazione americana. Così come all’inizio dell’età moderna (si vedano per esempio i lavori di Gilpin, McNeill, North e Thomas, e Spruyt), per via della globalizzazione dell’economia, e i vincoli che essa impone agli stati (Strange), il fattore determinante in politica internazionale diventa la capacità degli stati di promuovere e mantenere un alto livello di produttività e quindi di crescita economica (Gilpin). In questo modo, infatti, un paese si può garantire le risorse necessarie ad acquistare i “fattori di produzione della guerra”: gli uomini, e le macchine. Per i paesi – come gli Stati Uniti – che hanno abbandonato il servizio militare obbligatorio, è infatti necessario pagare stipendi competitivi e offrire benefits considerevoli per attrarre i giovani nella carriera militare. Analogamente, per poter disporre di armi tecnologicamente sofisticate e avanzate, gli stati hanno bisogno di laute risorse, così da poter sostenere la ricerca tecnologica alla base dei mezzi progettati, il loro acquisto e la loro manutenzione.

Tutte queste “necessità” potrebbero essere messe in forse da una riforma estesa del sistema sanitario nazionale americano e più in generale da un eventuale allargamento (che per ora è stato solo auspicato da alcuni) del welfare state. Se il welfare state americano diventasse più simile a quello europeo, gli incentivi al lavoro verrebbero modificati sensibilmente. Ciò comporterebbe due significativi cambiamenti. In primo luogo, lavorando di meno, gli americani farebbero “avvicinare” (leggi: diminuire) la crescita economica americana ai livelli europei (si veda questo articolo di un giovane studente di dottorato all’università di Chicago). E così, gli americani perderebbero buona parte della loro capacità di dotarsi del più forte esercito al mondo, avendo meno risorse a disposizione. Analogamente, cambiando gli incentivi interni al mondo del lavoro, molti giovani che oggi entrano nell’esercito, potrebbero avere dei ripensamenti se il beneficio marginale di arruolarsi nell’esercito diminuisse rispetto a quello di eventuali altre opzioni disponibili. (Relativamente a questi temi, si vedano i lavori di Cindy Williams e Curtis Gilroy, in partcolare i seguenti: 1, 2, 3).

Differenze tra America ed Europa Gli americani lavorano più degli europei. Sono le maggiori ore di lavoro negli Stati Uniti che spiegano la maggiore crescita economica rispetto all’Europa (insieme ad altri fattori quali il maggiore afflusso di capitali esteri, il maggiore e più avanzato livello della ricerca tecnologica e la maggiore crescita della popolazione). Ma come mai gli americani lavorano più che gli europei? Non meno importante: come mai, malgrado le enormi possibilità che l’economia americana offre, tanti giovani americani si arruolano nell’esercito, correndo il rischio di morire in guerra?

Robert Kagan, in un famoso saggio “Power and Weakness” (e nel successivo pamphlet Paradise and Power) cercò di dare delle risposte a queste domande. Uno degli argomenti centrali del libro era che gli Europei, avendo preferito la comodità offerta dai loro sistemi di protezione sociale alla durezza del mondo hobbesiano che contraddistingue le relazioni tra gli stati hanno largamente abbandonato il loro interesse per gli affari internazionali. Secondo Kagan, gli europei erano entrati così nel loro “paradiso Kantiano”, un mondo “post-moderno” di pace e tranquillità. Kagan lasciava poi la risposta finale a queste domande ad una celebre, quanto non specificata affermazione: la differenza tra europei e americani si troverebbe nel fatto che i primi vengono da Venere, mentre i secondi da Marte.

Crediamo che Kagan avesse largamente ragione, anche se non specificò in modo chiaro il meccanismo causale che spiegherebbe la differenza di approccio verso il mondo (gli americani lavorano di più degli europei) e verso la guerra (gli americani sono più favorevoli degli europei). A meno di non voler finire in tesi pseudo etnocentriche, la teoria di Kagan rimane monca – anche se probabilmente corretta. L’anello mancante della teoria di Kagan – a nostro modo di vedere – è dato dagli incentivi che i due diversi sistemi politico-sociale-economico nelle due sponde dell’atlantico forniscono.

Veniamo alla prima domanda che abbiamo posto: come mai gli Americani lavorano più degli Europei? Gli Americani lavorano più degli Europei perché devono farlo, e basta. Gli alti tassi di immigrazione, sia di manodopera non qualificata (messicani e centroamericani, per esempio) che di manodopera altamente qualificata (ingegneri e medici indiani e cinesi, per esempio) rendono la competizione nel mercato del lavoro particolarmente serrata. In altre parole, i rapporti di forza non sono dalla parte dei lavoratori – come dimostra l’assai limitata rilevanza dei sindacati (con l’eccezione di alcuni settori protetti dalla competizione internazionale). In secondo luogo, la limitata presenza di forme di garanzie sociali promuove un approccio verso il mondo del lavoro che possiamo descrivere crudamente come “darwiniano”. Così come poteva essere per i nostri nonni o bisnonni, negli Stati Uniti si deve lavorare sodo, specialmente nei settori più avanzati. Questi due fattori non sono sicuramente esaustivi: ve ne sono altri che spiegano le differenze tra Americani ed Europei, come ad esempio il livello di tassazione, la cultura, etc. In generale, però, questi due non giocano un ruolo secondario.

Veniamo ora alla seconda domanda. Come mai tanti giovani soldati entrano nell’esercito? La domanda non è meno difficile della prima. E anche in questo caso, vi è una molteplicità di fattori che congiuntamente produce questo risultato. E’ inevitabile notare, però, che l’assenza di alcuni particolari tipi di servizi sociali giochi un ruolo importante nell’incentivare alcuni gruppi della popolazione ad entrare nell’esercito. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nell’esercito americano non entrano gli strati più disagiati della popolazione. I requisiti minimi di entrata (IQ prima di tutto) li tengono al di fuori. Non entrano però nemmeno quelli più privilegiati. Prevalentemente, chi si arruola nell’esercito appartiene alla classe media (anche se alla parte povera della classe media). Perché parlare di welfare state allora? Il welfare state è, per metterla in modo molto banale, una redistribuzione di ricchezza all’interno della classe media (si veda questo lavoro che compara il sistema europeo a quello americano. Per quanto metodologicamente non perfetto, fornisce alcuni dati utili e interessanti). Questo è sicuramente vero per i paesi europei. E la portata assai più limitata del sistema di servizi sociali forniti dal governo americano rispetto a quelli europei non è sicuramente irrilevante nella scelta di molti giovani di entrare nell’esercito (si veda questo articolo sul New York Review of Boosk. Sebbene non fornisca conclusioni generalizzabili, in quanto basato su un campione ristretto e selezionato, suggerisce alcune importanti riflessioni. Inoltre, le conclusioni che trae sono in linea con gli studi di Cindy Williams e Curtis Gilroy – il capo della sezione personale al Pentagono. Illustra, per esempio, come le borse di studio per pagare i costosi college americani e l’assicurazione sanitaria siano spesso molto importanti nell’influenzare la scelta di arruolarsi).

Conclusioni Come si collega tutto ciò all’elezione del Massachusetts? Come abbiamo visto, un cambiamento del sistema di welfare state potrebbe avere ricadute molto importanti per gli Stati Uniti. L’assicurazione sanitaria nazionale (tricare) offerta ai soldati gioca un ruolo molto importante sia nel convincere molti ad entrare nell’esercito (enlistment) che a convincerli a rimanere (reenlistment). Estendere la copertura sanitaria nazionale a tutti i cittadini (ovviamente, non verrebbe estesa a tutti, ma non è qui nostro interesse entrare nei dettagli della riforma proposta), avrebbe importanti implicazioni per gli Stati Uniti, e in particolare per la loro capacità di arruolare e mantenere un numero di soldati sufficientemente alto da poterli impegnare là dove necessario. Non meno importante, secondo alcuni, la riforma del sistema sanitario americano sarebbe solo il preludio per un più vasto ripensamento del welfare state.

Come abbiamo scritto, l’era unipolare sta volgendo al suo termine (qui: 1 e 2). Questo trend è indipendente dalle politiche americane, presenti e passate. La crescita della Cina, dell’India e del Brasile, ma anche della Russia e l’avanzamento del processo di integrazione europea pongono le basi per un mondo multipolare in futuro. Quando ciò avverrà, però, è impossibile da dire. Se la Cina cadesse vittima della sua politica economica, e dei disordini sociali dovessero seguire, il suo cammino verso lo status di superpotenza verrebbe bruscamente interrotto. Simili considerazioni possono essere fatte per tutti gli altri paesi, con forse l’unica eccezione dell’India.

Le scelte interne agli Stati Uniti possono accelerare o ritardare questo trend – ceteris paribus, si intende. In questo articolo abbiamo spiegato quali potrebbero essere gli effetti della riforma sanitaria e di una eventuale (e alquanto improbabile, al momento) riforma del welfare più in generale. E’ per questo motivo che il risultato delle elezioni in Massachusetts è particolarmente importante. Perdendo la maggioranza a prova di filibustering, i Democratici non potranno più get it alone.

http://epistemes.org/2010/01/20/le-implicazioni-per-la-politica-estera-americana-del-voto-in-massachusets/

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