SAN GIORGIO E IL DRAGO DELL'INFLAZIONE!

 

Ieri sul SOLE24ORE Volcker, il mitico San Giorgio che abbatte il drago a due teste della Grande Inflazione, in una intervista rivelatrice e per certi versi leggendaria ha sottolineato tralatro come......

Parlando dell'economia: teme un ritorno dell'inflazione?
La preoccupazione di un ritorno dell'inflazione ce l'ho sempre. Penso sia una minaccia imminente? No. Con così tanta disoccupazione e l'economia mondiale così moscia non direi. Ma mi preoccupa sentire la gente dire che è meglio un po' di inflazione di molta disoccupazione. Neppure io voglio la disoccupazione, ma non bisogna sottovalutare il rischio dell'inflazione. Abbiamo un deficit gigantesco e la Federal Reserve ha messo in campo una quantità enorme di liquidità. Per ora possiamo assorbirla, ma potrebbe essere un problema quando l'economia americana e quella mondiale ricominceranno a crescere.

Ricordo a tutti che non esiste nessuno al mondo che abbia esperienza sul campo come Volcker, ex governatore della Federal Reserve, che dovette gestire la più imponente fiammata inflativa al mondo, di natura recente, dopo la tragica seguenza della Repubblica di Weimar
Alcuni pensano che l'inflazione sia l'unica soluzione al debito crescente?
Lo so. Ma io non sono tra questi.
Che pensa del deficit del budget federale?
E' senza precedenti. Ma per il momento non penso sia un problema. E' stato di aiuto nel moderare la caduta dell'economia, anche se uscirne sarà dura.
Nel lungo termine, il deficit è una minaccia?
Se non gli si farà fronte potrebbe alimentare l'inflazione, ridurre la vitalità dell'economia e creare problemi con il ruolo del dollaro nel mondo. Ma l'obbiettivo è di riportarlo sotto controllo.

" Paul Volcker può essere definito un gigante dell'economia. Nel senso letterale e non della parola. Per la sua altezza: più di due metri. E per la stima che si ha di lui. In un'intervista concessa nel maggio scorso al New York Times, il presidente Barack Obama non ha usato mezze parole: "una persona che ha grande influenza su di me è Paul Volcker".
Sono esattamente 40 anni che Volcker ha modo di influenzare le scelte economico-finanziarie di chi governa a Washington. Prima come sottosegretario al Tesoro poi come presidente della Federal Reserve Bank. Nel 1987, Ronald Reagan non gli rinnovò il mandato al vertice della banca centrale americana. La decisione fu successivamente spiegata in questo modo dal premio Nobel per l'economia Paul Joseph Stiglitz: "perché l'amministrazione Reagan non pensava fosse disposto a deregolamentare a sufficienza".
Visti i danni della deregulation, le sue opinioni sono più che apprezzate che mai. Tant'è che è stato autore/supervisore del rapporto sulla riforma dei sistemi regolatori completato nel gennaio scorso dal cosiddetto Gruppo dei Trenta. Nonostante i suoi 82 anni, Barack Obama lo ha anche scelto per dirigere il President's Economic Recovery Advisory Board, un gruppo di consulenti che consiglia la Casa Bianca sul tema della ripresa economica."

Volcker come abbiamo visto è stato in realtà emarginato dagli altri componenti dello staff economico di Obama.

Ci sono altri due passi dell'intervista a Volcker illuminanti....

Quali sono le sue proposte principali in materia di riforma del quadro regolatorio?
Io penso che si debbano trattare le banche in modo diverso dalle altre istituzioni finanziarie. E che si debbano limitare le loro attività. Per essere più specifici: le banche non dovrebbero essere proprietarie di hedge fund o di fondi di equity e le loro attività di trading dovrebbero essere circoscritte. Un'istituzione che produce il grosso del suo reddito con il trading non dovrebbe avere una licenza bancaria. Se vuole fare trading va bene, ma non come banca. Perché le banche hanno protezioni particolari che non si devono estendere a tutti.
Quali sono gli ostacoli?
C'è un sacco di gente che fa enormi quantità di soldi in finanza e vuole continuare a farlo.
Che pensa di imporre dei tetti ai compensi di banchieri e finanzieri?
Che troverebbero i modi di circonvenirle. Lo vediamo già adesso: è osceno quello che guadagnano.

Volcker nell'intervista ha sottolineato un aspetto che ormai molti di noi conoscono, alla vigilia dell'anniversario del fallimento di Lehman......

" Se la Lehman fosse stata salvata sono sicuro che il mercato avrebbe cominciato a speculare contro Morgan Stanley o Goldman Sachs e penso che si sarebbero comunque avute ripercussioni. "

Ecco quindi perchè Lehman si e gli altri no.........

FRANCOFORTE (Reuters) - La rabbia sugli stipendi dei banchieri è "comprensibile e appropriata" e una maggiore sorveglianza sui derivati è necessaria per tenere le banche sotto controllo. Bisogna però stare in guardia per evitare che l'aumento di controlli soffochi la crescita economica.

Parola di Lloyd Blankfein, a capo della banca americana Goldman Sachs, in un intervento in Germania.(...) "I contratti di lavoro garantiti per molti anni dovrebbero essere messi al bando", ha detto. "Purtroppo nel nostro settore sono una pratica comune".

Ma qui sempre sul SOLE24ORE una pennellata di ironia, riporta le cose nella giusta dimensione........

La finanza è un po' come la politica, vive di consenso e bisogna avere il coraggio di non dire quello che si pensa. Serve molta intuizione e controllo per mantenersi sulla soglia del verosimile, fermarsi prima del ridicolo e stare lontani dai temi eccessivamente insidiosi. Non è facile. Ieri, per esempio, Lloyd Blankfein, amministratore delegato di Goldman Sachs, ha voluto parlare di bonus. Lui, che in materia ha una certa competenza, ha spiegato che i bonus pluriennali dovrebbero essere banditi perché «i compensi continuano a creare risentimento. E questo - ha sottolineato - è in parte comprensibile e appropriato». Blankfein (che ha rinunciato al bonus del 2008 dopo avere incassato 68,5 milioni di dollari nel 2007) non ha fatto una piega neanche nell'affermare che «non c'è molta giustificazione al pagamento di compensi fuori misura discrezionali quando un'istituzione finanziaria perde soldi». Goldman Sachs, aiutata nel 2008 dal Tesoro Usa, ha predisposto il pagamento di 11,4 miliardi di dollari di bonus nei primi 6 mesi del 2009. (A.Grass.)

Volcker aggiunge poi nella sua intervista che ....

" L'influenza dei soldi e delle lobby su Washington è diventata sempre maggiore e ha raggiunto un livello vergognoso. Per non parlare del fatto che, poiché al Tesoro molte nomine ancora non sono state confermate dal Congresso, Geithenr sta lì circondato di consulenti privati. A otto mesi dall'arrivo della nuova amministrazione, il Tesoro non ha ancora un suo staff di funzionari confermati. E questo solleva la questione dell'utilizzo di consiglieri informali che vengono da Wall Street. Non dovrebbe succedere. "

E' affascinante accompagnare la nostra consapevolezza attraverso il futuro, per ricordare a noi stessi che il granellino di sabbia che continua a tenere bloccati gli ingranaggi della madre di tutte le crisi è la politica, l'avidità, la tracotanza di un manipolo di avventurieri, che siano esse lobbies o consulenti privati.

" E' troppo presto per dare un giudizio, ma mi preoccupo, quello sì, perchè penso che un sacco di gente a Wall Street farà presto a tornare alle vecchie abitudini e dire: il passato è passato, è ora di far ricominciare la musica. Sono preoccupato, ma la partita non è chiusa."

Non è finita, non è affatto finita, durerà più a lungo di quanto la maggior parte delle persone possa immaginare, il drago a mille teste, ma la questione " politica " oggi è rilevante quanto quella antropologica, con il contorno di considerazioni macroeconomiche.

Icebergfinanza ormai da un paio di anni sottolinea come oggi l'inflazione è un drago con mille teste, che non ha nessuna possibilità di nuocere sino a quando deleveraging, rientro generalizzato dal debito, disoccupazione, redditi in declino e sovraccapacità produttiva resteranno nell'agenda della madre di tutte le crisi. E non basterà certo il gioco di quattro speculatori da circo, per produrre inflazione attraverso la svalutazione e la pressione sulle materie prime.

Ne abbiamo parlato insieme, abbiamo analizzato ogni particolare delle prospettive, certo colui che è saggio, lascia sempre aperte tutte le variabili, tutte le porte, ma per alcuni anni, niente potrà risvegliare un drago gonfiato dall'indebitamento esponenziale e dalla sovrapproduzione di un sistema obeso!

MArtin Wolf sul Financial Times, in una traduzione di Fabio Galimberti per il Sole 24 Ore ci dice che....

" Molti si preoccupano dell'inflazione. Attualmente da questo punto di vista si rasenta l'isteria. Soprattutto bisogna dire che non sarà una revoca prematura degli stimoli a ridurre questo pericolo. Al contrario, potrebbe renderlo ancora maggiore perché potrebbe provocare un'altra tornata di interventi aggressivi.

E allora perché non c'è motivo di preoccuparsi dell'inflazione ora? Tanto per cominciare, l'economia mondiale ha un'enorme eccedenza di capacità produttiva, che è impossibile da misurare con esattezza, specialmente dopo le recenti turbolenze. Nel suo ultimo Economic Outlook, l'Ocse ha calcolato la differenza tra produzione effettiva e produzione potenziale quest'anno in oltre il 5% della produzione potenziale, nei paesi membri dell'organizzazione. "

Aggiungo solo che Toyota, ormai principale produttore automobilistico mondiale, ha annunciato recentemente una riduzione della produzione nei prossimi due anni del 15%. E' affascinante notare che a livello mondiale c'è una ripresa della produzione, mentre latitano i consumi e addirittura scendono. Non starò a ricordarvi gli ultimi dati, ma, se oggi la produzione riprende allo stesso ritmo di prima, con cosa supportiamo i consumi, con il debito?

" La crescita il prossimo anno dovrà essere di almeno il 2-3% se vogliamo colmare questo divario. Secondo le ultime previsioni, non sarà così.
In secondo luogo, il debito pubblico, anche se pesante, è sostenibile. Il tasso d'interesse reale che paga il governo Usa sul suo debito, ad esempio, è inferiore al 2 per cento. Perciò gli interessi su un debito pubblico del 100% del Pil costerebbero il 2% del Pil. È ridicolo sostenere che sarebbe un fardello insostenibile.
Probabilmente qui Wolf prosegue a distanza la polemica con Nial Ferguson e altri ancora, che sostengono che il livello del debito costringerà l' America a riconoscere alti rendimenti ai sottoscrittori del debito nazionale, ma fate bene attenzione a quanto io scrissi in un recente post dal titolo L'ULTIMOTRENO. Vorrei solo condividere ora alcuni interessantio passi letti nel libro " Soldi e Potere" di Niall Ferguson, uno dei più promettenti storici inglesi che sottolinea come:" La correlazione tra il rapporto debito/PIL e il rendimento delle obbligazioni a lungo termine risulta negativa anzichè positiva in cinque casi su sette. Il caso estremo è quello del Giappone, dove un rapido incremento del debito si è accompagnato con un calo quasi altrettanto rapido dei rendimenti. Fra il 1990 e il 1999 il debito pubblico lordo giapponese è aumentato dal 61 al 108 per cento del PIL, e si prevedeva che avrebbe raggiunto il 130 % nel 2000. Ma i rendimenti dei titoli giapponesi a lungo termine sono scesi da più dell' 8 per cento nel settembre 1990 ad un minimo inferiore all' 1% nel novembre 1998. La ragione per cui non si manifesta una stretta corrispondenza tra l'onere debitorio e i rendimenti è che l'ammontare corrente di debito insoluto in rapporto al prodotto è solo una delle molte misure che condizionano le percezioni degli investitori, e in certi casi può non condizionarle affatto. Nei paesi industrializzati  durante gli anni '90, le aspettative di inflazione decrescente coltivate dagli investitori ( e, nel caso del Giappone, di una deflazione vera e propria ) hanno contato molto di più dell'aumento del rapporto debito/PIL " Rileggetevi le parole che ho evidenziato in nero, sono molto importanti, strano che Ferguson non ricordi quanto ha scritto in passato. Poi date un'occhiata QUI e avrete una visione complessiva di quanto sta avvenendo, materia anche per gli analisti tecnici.

Prseguendo, Wolf ci dice che....Inoltre, in un'economia che cresce al 4% annuo in termini nominali (sicuramente il minimo che ci si possa aspettare per gli Stati Uniti sul lungo termine), il debito pubblico potrebbe stabilizzarsi sul 100% del Pil con un deficit di bilancio d del Pil. Questa non è una raccomandazione, ma un'osservazione. Per concludere, l'espansione dello stato patrimoniale della Federal Reserve, compreso il balzo in avanti delle riserve delle banche commerciali, genererà inflazione solo quando il credito e la spesa cominceranno a decollare. Ma è proprio in queste circostanze che sarà più facile per la Fed drenare la liquidità in eccesso. Certo, potrebbe aspettare troppo a lungo. Ma non è detto.
Ora supponiamo che le autorità, invece di mantenere la calma, vengano prese dal panico e indotte a dare una stretta alla spesa pubblica e alle politiche monetarie. Considerando l'estrema fragilità del settore privato, una mossa del genere potrebbe causare un'altra recessione. Il risultato inevitabile sarebbe un'altra tornata di politiche monetarie e misure di spesa di emergenza. Il punto è di fondo: non sono le misure monetarie e di spesa eccezionali la causa principale del pericolo. Alla radice c'è la debolezza dell'economia privata. Le misure assunte sono una conseguenza.

Prima o poi faremo un riassunto, di tutte le variabili che accompagnano il dibattito sulle aspettative di inflazione o deflazione, ma la rotta nel breve e medio termine è abbastanza chiara, anche perchè ora dobbiamo incominciare a considerare che l'ATTESA non è cosi poi tanto lontana.

Postato da: icebergfinanza a settembre 11, 2009 07:09 | link | commenti (2)

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