Telecom: il 12 un piano da Bernabè, oppure…

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Scritto da Oscar Giannino
giovedì 11 febbraio 2010
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chicago-blog - I giornali del gruppo De Benedetti ci hanno provato, sparando una rumorosa bordata d’artiglieria da Repubblica con successivo fuoco di copertura di tutte le testate del gruppo. Berlusconi si prende Telecom Italia, un amico di Berlusconi va a Generali, un sindaco di Berlusconi svende l’Acea, un messo di Berlusconi entra nel patto di sindacato di RCS. E via così. Fermiamoci a Telecom Italia. In un Paese nel quale su Mediaset e Fininvest non gravasse naturalmente sospetto e pregiudizio, avrebbe avuto senso qualche tornata fa, l’ingresso nel capitale di TI.

Ma era quando sul mercato delle TLC e dell’ITC sembrava vincere il modello dell’integrazione orizzontale e verticale, tra produttori di contenuti, proprietari e gestori di reti. Con ogni probabilità, Fininvest si sarebbe anche rivelata una proprietà meno azzardosa e autopunitiva di quelle che si sono succedute alla testa di TI dopo la privatizzazione, dagli Agnelli a Colaninno a Tronchetti.

Ma poi l’evoluzione del mercato ha mostrato che chi produce contenuti – informazione ed entertainment – fa, ed è meglio che continui a fare, un mestiere diverso, rispetto a chi gestisce telefonia fissa, mobile e internet. Nell’ultimo biennio, Piersilvio Berlusconi si è ingarellato a riacchiappare SKY sui set top box a pagamento, sia pure a minor ARPU di Murdoch, e per sì e per no – nell’incertezza di un partner sicuro come carrier con cui stringere un’alleanza sicura per l’IPTV, la televisione su Internet a banda larga – ha preferito puntare a una piattaforma autonoma. Tanto, per la banda larga al momento attuale e cioè stante l’impossibilità per TI di investirvi visto che il suo ritorno finanziario è solo a lungo termine mentre i 35 miliardi di debiti no, la previsione è: campa cavallo.

Al contrario, mentre tanti astrologano sulla volontà o meno del Tesoro di scindere la rete e farvi entrare la Cassa Depositi, singolarmente nessuno o quasi sui media parte da un semplice ma decisivo elemento. Il rapporto tra azionisti attuali di TI e il suo management. Non mi interessano qui le chiacchiere personalistiche, di chi sia amico Bernabè rispetto a Geronzi e Passera, i soci forti italiani con Generali in Telco, la holding che controlla TI con poco più del 22% del capitale e in cui siedono anche gli spagnoli, che di essa hanno il 46%. Il punto è uno solo. Bernabè ha fatto scrivere a fonti giornalistiche amiche che non ci sarebbe nessun bisogno di annegare il debito di TI in quello di Telefonica, che per altro supera i 50 miliardi ma si regge meglio perché gli spagnoli capitalizzano più di tre volte l’attuale valore di TI. Basterebbe un bell’aumento di capitale, di una dozzina di miliardi, per far sparire il debito dall’orizzonte dei problemi di cui preoccuparsi.

Molti scrivono che il problema all’aumento di capitale è che Mediobanca e Intesa non lo vogliono sottoscrivere, anzi fremendo per il valore che resta scritto nei loro libri patrimoniali per oltre 2 euro di un titolo che oggi ne vale 1, non vedono l’ora di uscire conferendo agli spagnolo e imponendo loro un sovrapprezzo per il controllo rispetto ai corsi di Borsa, almeno limitando così i danni. Senonché, il problema è invece un altro. I soci italiani di Telco non capiscono come possano sin qui prendere in esame un aumento di capitale per un’altra ragione. Per il semplice fatto che sinora il tante volte promesso piano industriale di Bernabè non si è semplicemente mai visto. E ieri la crisi mondiale e va bene. E poi l’allarme esproprio di Stato in Argentina. E sempre la necessità di non prestare il fianco alla politica che vorrebbe pilotare una soluzione per la rete fissa, dimenticando che ad essa è appiccicato il 68% dell’Ebitda dell’intera TI. C’è sempre stata una scusa buona, per non presentare il piano.

Il 12 febbraio, da quanto credo di aver appreso, si dovrebbe tenere l’ennesimo incontro riservato tra il Ceo di TI e i soci italiani di controllo, in vista degli obiettivi annunciati per fine mese. Se anche in quell’occasione il piano non ci sarà, allora davvero dopo le elezioni regionali, diciamo a maggio e cioè dopo l’assemblea di Generali, una soluzione per Ti verrà presa. Ma non sarà il conferimento agli spagnoli come schermo all’ingresso di Mediaset annunciato a vanvera da Repubblica, assicura Tremonti. Vedremo.

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