Robert Reich - America dicoccupata

Barack Obama non deve cadere nella trappola di «deficit e debito» ma intervenire per creare nuovi posti di lavoro. E dare un futuro al paese, che richiede spesa pubblica, sussidi, rottamazione e aiuti alla piccola impresa... Il Dipartimento del Lavoro del governo federale degli Stati uniti riferisce che nel mese di dicembre sono andati perduti 85.000 posti di lavoro. Nonostante ciò, il tasso ufficiale di disoccupazione (che misura quante persone stanno cercando un lavoro) è rimasto fermo al 10%. Questo perché molte altre persone hanno smesso di cercare. Secondo i dati riportati, nel mese scorso 661.000 americani sono usciti dal mercato del lavoro, pensando di non aver alcuna speranza di trovare un'occupazione. Se avessero continuato a cercare, il tasso ufficiale di disoccupazione sarebbe stato del 10,4 per cento. Queste statistiche mascherano una realtà ancora più preoccupante. Da quando nel dicembre 2007 è iniziata la recessione, sono andati perduti circa 8 milioni di posti di lavoro. Ma questo dato non include tutte le persone che, in una popolazione nazionale in aumento, sarebbero entrate nel mercato del lavoro se per esse ci fosse stato un posto. Si stima che questi «mai entrati» siano 2,5 milioni di persone. Perciò in realtà l'economia nazionale ha perso 10,6 milioni di posti di lavoro. Per anni sarà impossibile recuperare. La verità politica più dolorosa per i democratici è che probabilmente la nazione non uscirà da questa situazione entro le elezioni presidenziali del 2012, anche se la ripresa dovesse essere vigorosa. Facciamo qualche conto. Per uscire da questa situazione servirebbe un incremento mensile medio di 400.000 posti di lavoro, fino ad allora. Ma anche al picco del boom dell'occupazione registrato negli anni '90 il massimo che abbiamo mai raggiunto è stato di 280.000 posti di lavoro al mese. Al picco dell'ultima ripresa, nel 2005, non abbiamo superato i 212.000 posti di lavoro al mese. Risultato: Obama dovrà affrontare l'anno delle elezioni con il livello totale di disoccupazione più alto dalla Grande Recessione. Egli dovrà sostenere che senza le sue politiche la situazione sarebbe peggiore. Argomento che non fa una gran figura sugli adesivi incollati ai paraurti delle automobili. Quasi il 40% degli attuali disoccupati non lavora da oltre sei mesi. È un record. Le persone che sono state senza occupazione per più di sei mesi incontrano particolari difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro. Molte non ci rientrano più. Quello che più mi preoccupa è il trend. Se stessimo uscendo da una recessione con una qualunque forza potenziale nel mercato del lavoro, osserveremmo almeno una crescita della lunghezza della settimana lavorativa media. Ma non c'è alcun segno di crescita. Nel mese di dicembre la settimana lavorativa media è rimasta ferma a 33,2 ore. I datori di lavoro non danno nemmeno più ore ai loro dipendenti. Le grandi aziende americane se la passano meglio, questo è certo. Ma c'è un forte scollamento tra redditività e occupazione. Le aziende stanno aumentando i profitti tagliando i costi (compresi quelli per il personale), esternalizzando più posti di lavoro all'estero, e vendendo di più all'estero. Ma i lavoratori americani - e, quindi, i consumatori americani - sono ancora impantanati in una profonda recessione. Solo due cose stanno impedendo alla disoccupazione di aumentare ancora: il pacchetto di stimolo, che si sta avvicinando al suo picco di spesa, e la Federal Reserve, che continua a tenere le briglie sciolte sull'offerta di denaro e a rastrellare obbligazioni ipotecarie. Dopo lo scoraggiante rapporto sul lavoro di dicembre, non aspettatevi presto un giro di vite da parte della Federal Reserve - probabilmente non lo farà fino a dopo la metà del 2010, al più presto. E per quanto riguarda la politica economica? Un secondo stimolo? Sì, in questi termini: i democratici dovranno vedersela con un'elezione di medio termine che non sarà carina, per usare un eufemismo. Alla Camera dei rappresentanti, Pelosi ha assolutamente bisogno di 40 seggi. Al Senato, la partenza di Dodd e di Dorgan pone un problema enorme. Senza 60 voti su cui poter fare affidamento, i democratici al Senato non potranno fare molto. Raramente nella storia i repubblicani sono stati così saldamente uniti in entrambe le Camere. Il quadro deprimente sull'occupazione fa venire l'acquolina in bocca ai repubblicani per il 2010 e il 2012. I democratici sanno di dover fare qualcosa per mostrare agli elettori che hanno a cuore l'occupazione. Una vittoria sul sistema sanitario non risolverà il problema. Perciò aspettiamoci che i democratici si orientino verso una maggiore spesa: più sussidi di disoccupazione, più fondi per gli incentivi alla rottamazione delle automobili, più aiuti per la piccola impresa, forse un nuovo credito fiscale per accrescere l'occupazione. Un maggiore stanziamento per la difesa farà anch'esso parte dello stimolo. Ma non aspettiamoci che queste cose siano presentate come un «secondo pacchetto di stimolo». Ciò darebbe ai repubblicani il destro per attaccare i democratici accusandoli di spendere troppo, cercando di focalizzare l'attenzione della popolazione sull'aumento del deficit e sulla crescita del debito federale. La verità, naturalmente, è che il principale indicatore economico è il rapporto tra debito e Pil. E la questione più importante è quanto in fretta l'America potrà riavere i posti di lavoro e la crescita del Pil. Una maggiore spesa nel breve periodo è l'unico modo per accelerare una ripresa dell'occupazione, riducendo il rapporto debito-Pil nel lungo periodo. In altre parole, un maggiore indebitamento pubblico è una misura positiva da adottare adesso, ma sarebbe una misura negativa se adottata fra tre, quattro o cinque anni, quando l'economia sarà tornata alla normalità. (A questo punto devo ammettere che non penso torneremo mai alla «normalità», perché credo che la «normalità» ci abbia portato nei pasticci in cui ci troviamo adesso, ma di questo mi occuperò un'altra volta.) Tuttavia nei prossimi mesi i repubblicani faranno molta demagogia sul deficit e sul debito. Spero che il Presidente non abbocchi all'amo e non inizi a parlare di deficit e di debito, quando dovrebbe parlare solo di nuovi posti di lavoro. Il modo di presentare le cose fa tutta la differenza. Robert Reich* Fonte: www.ilmanifesto.it 14.01.2010 *Robert Reich, economista, è professore alla University of California a Berkeley. E' stato il Segretario al lavoro durante l'amministrazione di Bill Clinton. Il suo ultimo libro è Supercapitalism.

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