Il consumatore americano, nella corretta prospettiva

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Venerdì 11 dicembre è stato pubblicato il dato di dicembre della survey sulla fiducia dei consumatori (consumer sentiment), elaborato dalla University of Michigan. La prima stima riporta un valore dell’indice di 73,4, a fronte di stime poste a 68,8 e di un dato di novembre pari a 67,4. Il miglior risultato da gennaio 2008, guidato dalla componente delle condizioni correnti, passata da 68,8 a 79,1, mentre l’indicatore delle condizioni future è cresciuto meno, da 66,5 a 69,7.

I mercati si sono sentiti rinfrancati dal dato, soprattutto rispetto alle prospettive dello shopping natalizio, ma qualche cautela è d’obbligo. In primo luogo, non esiste una traslazione automatica della fiducia dei consumatori in effettivi acquisti. Secondariamente, il balzo delle condizioni correnti sembra, analogamente allo scorso anno, in qualche modo legato agli sconti aggressivi praticati dei negozianti a partire dal Black Friday, che ha consentito anche di ridurre le aspettative di inflazione tendenziale tra un anno, da 2,7 a 2,1 per cento.

Non si deve inoltre dimenticare che il crash del mercato immobiliare ha prodotto un “effetto-ricchezza” negativo sul consumatore, sia perché non è più possibile estrarre liquidità dal valore della proprietà immobiliare per mezzo dell’indebitamento, sia per l’innegabile percezione di impoverimento legata al crollo dei prezzi delle abitazioni. Da ultimo, ma forse è la motivazione più importante, con una condizione così difficile dell’occupazione (che non cresce, ma sta semplicemente riducendo di contrarsi, e viaggia verso la stazionarietà), è molto difficile immaginare il consumatore americano come abituale protagonista della ripresa.

Può essere quindi utile, per mostrare le cose nella corretta prospettiva, mostrare dove si trova oggi il consumer sentiment rispetto alla condizione attesa delle finanze personali, confrontandolo ad un orizzonte temporale decennale e cinquantennale. C’è inequivocabilmente ancora molta strada da percorrere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bene, questa volta non è molto diverso. Piuttosto che ammettere che le azioni sono sopravvalutate, il recupero è stato definito uno senza lavoro o di un recupero di statistica che implica che le vecchie regole di valutazione non si applicano più, anche se la storia dimostra che non è mai stato il caso.

Piuttosto che credere in un evento strano che non è mai successo prima, non sarebbe sensato valutare modelli affidabili di storia e di utilizzare tali come roadmap finanziaria?


Noioso ma vero

Ecco che cosa dimostra la storia, pura e semplice: 1) A volte, il valore percepito delle scorte possono staccare dal loro valore intrinseco, ma 2) In nessun momento ha una tale condizione persiste a tempo indeterminato. Il mercato offre sempre il valore percepito fino al valore reale. Qual è il valore reale?

Il valore di un'azienda ai propri azionisti si misura dalla capacità di generare profitti e passare quelle relative ai suoi azionisti. Più alto è il profitto degli investitori sono più disposti a pagare per le azioni della società. Se non ci sono i profitti, gli investitori stanno meglio mettere i loro hard dollari guadagnati altrove.

Questo principio si applica alle singole imprese, nonché gli indici e l'intero mercato azionario. Attualmente l'indice S & P 500 mestieri a 88 volte gli utili correnti. Ciò significa, avrebbe preso le componenti di S & P, in media, 88 anni per rimborsare gli investitori hanno prestato loro denaro per acquistare le loro azioni. Storicamente, tale numero è compreso tra 10 e 25. In altre parole, il P / E per l'S & P 500 si trova ora a 88, alta uno di tutti i tempi.