RIFONDAZIONE CONSUMISTA

Once we were communists

bertinotti

Dopo le infinite ospitate a “Porta a Porta”, Fausto Bertinotti ora sarebbe perfetto per una puntata di “Chi l’ha visto”. L’ex presidente della Camera, l’ex leader di Rifondazione comunista, l’ex candidato premier (giusto due anni fa) per la sinistra della Sinistra (Verdi, Pierrecì, Piddiccì): insomma l’ex tante cose, ma pur sempre l’eterno subcomandante Fausto de’ noantri pare scomparso. Sparito. Svanito.

E dire che l’ex segretario di Rifondazione comunista, nel salottino Rai di Bruno Vespa, aveva addirittura il record di presenze: era stato invitato più spesso dei vari Berlusconi, Fassino o Mastella. E dire pure che a Bertinotti - non una vita fa, ma ai tempi di Prodi premier - bastava un’intervista per far tremare il governo. E dire anche che perfino all’ultimo congresso di Rifondazione - nell’estate rovente del 2008; subito dopo la batosta elettorale che aveva lasciato la sinistra della Sinistra con un palmo di naso e senza uno straccio di seggio - aveva quasi convinto tutti, con il suo sempreverde richiamo alla lotta contro “il capitalismo totalizzante e incivile”. Quasi, perché poi la sua Rifondazione si é comunque spezzata in due (con Nichi Vendola che, proprio con l’aiuto di Bertinotti, ha lasciato l’ovile ed è andato a costruire un nuovo partitino: Sinistra Ecologia e Libertà, assieme ai soliti Verdi e al solito Piddicì). Ma insomma, quasi quasi ce l’aveva fatta. E comunque non tutte le ciambelle, le elezioni e i congressi riescono con il buco.

Un vero peccato, insomma, la sua scomparsa dalla ribalta. Ma si sa: gli anni passano per tutti. Anche per il subcomandante Fausto (nomignolo che per la cronaca gli rimase appicicato causa la sua passione per il Chiapas e i guerriglieri zapatitsti). Bertinotti tempo fa ha ufficialmente rinunciato a Porta a Porta e alla vita di partito, e ha annunciato di volersi godere la pensione. E - giusto lunedì scorso - ha compiuto settant’anni. Settant’anni festeggiati con il suo consueto garbo, lontano - dunque - dai riflettori. Ma non dai flash dei paparazzi. Anzi di un paparazzo in particolare: il veterano Umberto Pizzi, fotografo dai tempi della Dolce Vita e della Roma anni Sessanta, che ha pescato l’ex segretario di Rifondazione comunista davanti a un’enorme torta al cioccolato a casa di uno degli amici più cari. Forse un sindacalista? No, il finanziere e avvocato d’affari Mario D’Urso.

E gli ex compagni di Rifondazione? Per carità qualcuno - come Franco Giordano, pure lui ex segretario del Prc - non ha mancato di andare a festeggiare il (fu) leader. Ma tra gli invitati spiccavano ben altri pezzi da novanta: la coppia nobile Marina e Carlo Ripa di Meana; la regina dei tessuti, Marta Marzotto; l’ex chef del Gambero Rosso, Fulvio Pierangelini; le sorelle Carla e Anna Fendi (quelle, per capirci, delle borsette); Jean Paul Troili (organizzatori di eventi per il jet-set, famoso per aver fatto da “regista” al matrimonio italiano di Tom Cruise). E - chissà perché - non Bruno Vespa, ma Gigi Marzullo. O almeno questo raccontano le foto pubblicate da uno dei siti di gossip e cronaca politica più famoso del Belpaese, Dagospia.

Si dirà: un caso. Ma quando mai. Perché - esattamente il giorno dopo - Bertinotti è stato pescato - sempre da Dagospia - a un party organizzato questa volta a casa Fendi, in onore dell’attrice francese Fanny Ardant. E perché la passione dell’ex leader del principale partito comunista italiano per i salotti chic romani è nota da tempo. Per lo meno a chi conosce la scena politica e mondana della Capitale. Per dire. Proprio poco prima delle elezioni che decretarono l’espulsione della sinistra della Sinistra dal Parlamento, il paparazzo Pizzi spiegò al “Corriere della Sera” che lo incrociava a feste e banchetti almeno un paio di volte a settimana («Lo trovi a casa della Marisella Federici, come pure dalla Sandra Verusio o dalla Maria Angiolillo. Sebbene io sospetti che preferisca andare dalla Guya Sospisio»). La cosa fece scalpore. E il subcomandante Fausto? E il subcomandante Fausto - quello che amava ripetere “non so vedere il mondo se non ho il padrone e la classe operaia” - rispose da par suo: «La reclusione e il ghetto sono luoghi e scelte contro cui ci battiamo, mi batto da sempre. Una società chiusa, dove ognuno sta nel suo mondo, piace tanto solo ai conservatori». Memorabile.

Del resto l’uomo eternamente contro “il capitalismo totalizzante e incivile” ha sempre avuto una dote non comune: quella di trovare le parole giuste al momento giusto. Anche grazie all’aiuto della moglie Lella.

Per esempio: si presentava - subito dopo l’elezione a presidente della Camera - con un elegantissimo gessato a Porta a Porta? E Lella serafica spiegava al Corriere che non era uno schiaffo alla povertà, si trattava solo di “un omaggio di Mariano Rubinacci, il grande sarto napoletano“. Oppure: saltava fuori che Bertinotti aveva una smodata passione oltre che per le tute blu, anche per il cachemire? E sempre Lella, paziente, apriva cuore e armadio al solito Corriere, e diceva: sono solo regali dei militanti. E ancora: il subcomandante Fausto veniva pescato a usare un volo di Stato, pagato da tutti i contribuenti, per andare a Parigi, al matrimonio di Clotilde D’Urso, nipote dell’amico finanziere Mario D’Urso? E il subcomandante Fausto, più ineffabile di una Sfinge, faceva rispondere dall’Ufficio stampa della Camera che «l’ uso di velivoli di Stato da parte delle più alte cariche istituzionali per i propri spostamenti è regolato da una direttiva del presidente del Consiglio dei ministri, emanata il 21 novembre dell’ anno 2000, e dalle successive integrazioni. Le modalità di viaggio in Italia e all’ estero, pertanto, non dipendono da un’ autonoma scelta del presidente della Camera dei deputati, ma dal rispetto delle indicazioni dettate dal governo». Mica era colpa sua, quindi. Come mica fu colpa sua se nella sede di Rifondazione comunista, andò in scena - sempre durante il governo Prodi - uno strano furto. Arrivò un pacco di cravate cucite a mano da Luca Roda (le stesse usata dal presidente Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, ricordò maligno “il Corriere della Sera”). Destinatario: Fausto Bertinotti. Costo al pezzo (a carico di Bertinotti): dai 95 ai 115 euro. Purtroppo una mano ignota le fece, per l’appunto, sparire. Ma anche in quel caso l’ex leder di Rifondazione comunista non si scompose. Chiamò l’atelier e si limitò a dire: «La prossima volta, mandatemele pure al mio ufficio alla Camera, che è meglio».

Già, ottima idea. Così come non sarebbe male scomodare per un’ultima volta il vecchio leader che ora si gode la pensione de luxe da ex parlamentare. Per chiedergli se lui - tra un banchetto e un party - si sia mai posto davvero altre domande ancora più spinose. Tipo: perché la “classe operaia” - come lui stesso ammise - abbia mollato Rifondazione, Piddicì e Verdi e si sia messa a votare Lega e Pdl. Perché la solita trimurti della sinistra della Sinistra che in teoria poteva e doveva prendere il 10% dei voti alle ultime politiche sia rimasta senza un parlamentare che sia uno. Perchè, l’anno scorso, alle elezioni europee quel che è rimasto del suo partito, dei Verdi e degli altri cespugli non hanno conquistato uno - dicasi: uno - scranno neanche a Bruxelles. E soprattutto perchè - ora alle elezioni regionali di domenica prossima - i dirigenti della solita sinistra della Sinistra, con l’unica eccezione della Puglia del suo pupillo Vendola, temano un’altra clamorosa mezza débâcle. Non per altro. E’ che chi scrive tra le serate vip, il cachemire, i gessati del sarto di grido, i voli sugli aerei blu e quel disastro chiamato sinistra italiana, beh, chi scrive un qualche nesso tra queste due cose lo vede. E vorrebbe sapere cosa ne pensa il subcomandante Fausto. Così, per curiosità, diciamo.

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