Per aiutare lo sviluppo e per dare una mano all’economia in tempi di congiuntura negativa ci sarebbero anche i fondi strutturali dell’Unione europea. Che nel nostro Paese si spendono troppo lentamente. E l’Europa potrebbe riprenderseli
L’Italia rischia seriamente di perdere i fondi stanziati dall’Unione europea per le politiche di sviluppo e coesione. L’allarme è stato lanciato da un gruppo di eurodeputati di tutti gli schieramenti politici dopo l’incontro con Michele Oasca Raymondo, direttore generale commissione europea per la politica regionale per discutere dello stato di attuazione della programmazione dei fondi strutturali 2007-2013.
I FONDI STRUTTURALI – I Fondi Strutturali sono lo strumento finanziario che l’Unione Europea ha attivato per aumentare la coesione economica e sociale. Sono risorse impiegate per ridurre il divario tra le regioni e le categorie sociali dell’Unione, riequilibrando le disparità esistenti a livello di sviluppo economico e di tenore di vita. I Regolamenti relativi ai Fondi Strutturali adottati dal Parlamento e dal Consiglio UE prevedono due strumenti: il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) che finanzia interventi per ricerca, innovazione, protezione dell’ambiente, oltre agli investimenti in infrastrutture nelle regioni più povere e il FSE (Fondo Sociale Europeo), per lo sviluppo delle risorse umane in coerenza con la strategia europea per l’occupazione. C’è anche il Fondo di Coesione, ma non riguarda l’Italia, perché agisce solo nei nuovi Stati membri, in Grecia, Portogallo e – in fase transitoria – Spagna. L’attuazione della politica di coesione in Italia avviene con il Quadro Strategico Nazionale (QSN), che ha fissato i macro-obiettivi e le priorità di attuazione. Per il periodo 2007-2013 la quota di Fondi Strutturali assegnata all’Italia ammonta a 28,8 miliardi di euro, a cui va aggiunto il cofinanziamento nazionale, circa 32 miliardi di euro C’è anche il FAS, Fondo per le aree sottoutilizzate, originariamente 64 miliardi, poi ridotti in varie occasioni da Tremonti per finanziare le varie emergenze (ne abbiamo parlato altre volte).
IL DISIMPEGNO AUTOMATICO –I 28,8 miliardi di euro provenienti da Bruxelles e il cofinanziamento nazionale, che va utilizzato di pari passo, vanno spesi in base ad una serie di priorità in interventi che sono declinati nei Programmi Operativi, attuati o dal livello nazionale (PON) o da quello Regionale (POR). Per incentivare un’attuazione rapida dei programmi, l’Unione Europa ha previsto un meccanismo chiamato “disimpegno automatico”. In base ad esso i soldi assegnati da Bruxelles relativi ad un certo anno vanno spesi entro i due anni successivi, altrimenti Bruxelles se li riprende, assegnandoli ad un altro Paese. Per i primi due anni di attuazione le risorse assegnate a Bruxelles per l’Italia sono pari a 4 miliardi di euro nel 2007 e altrettanti nel 2008. Ad essi vanno naturalmente aggiunti i cofinanziamenti nazionali, arrivando così ad oltre 16 miliardi di euro nel biennio. Gli altri soldi sono suddivisi negli anni successivi, tra 2009 e 2013. In base alle annualità di spesa previste nei piani finanziari, ed al netto di un anticipo che viene comunque concesso dalla Ue, e tenuto conto dei ritardi con cui è partita la programmazione comunitaria, in Italia andavano spesi entro il 2009 3,4 miliardi di euro, mentre gli altri (a spanne, 13 miliardi) andranno spesi entro il 2010.
L’ATTUAZIONE NEL 2009 – Purtroppo in Italia, le procedure amministrative sono lente, e raggiungere i target di spesa fissati da Bruxelles non è cos’ agevole. Il rapporto strategico nazionale elaborato recentemente dal Ministero per lo Sviluppo economico non nasconde le difficoltà: “La spesa a valere sui Programmi operativi al 30 settembre 2009 si presentava ancora molto modesta, per i ritardi di avvio in parte comuni anche ai programmi degli altri Stati membri in quanto derivanti dalla sovrapposizione con le attività di chiusura del ciclo 2000-2006. Tuttavia, il fortissimo recupero registrato ha consentito la integrale certificazione dell’importo in scadenza pari, complessivamente a 3,4 miliardi di euro, superando anzi in alcuni casi la soglia per evitare il disimpegno automatico delle risorse con la sola eccezione del POR FSE Sicilia che infatti ha” perduto” poco meno di 55 milioni di euro di risorse comunitarie”. Insomma, ce l’abbiamo fatta, ma per il rotto della cuffia. Ma per spendere i primi 3,4 miliardi di euro abbiamo avuto quasi 2 anni.
LE DIFFICOLTA’ PER IL 2010 - Ora, abbiamo solo 12 mesi per spendere il resto, circa 13 miliardi considerando i cofinanziamenti nazionali. Questa somma va spesa tutta entro fine 2010, e circa 6 miliardi di euro sono Fondi strutturali. Se non riusciremo a certificare la spesa totale, Bruxelles se li può riprendere. Sembra un’impresa molto difficile, per varie ragioni. Perché dobbiamo assicurare il cofinanziamento nazionale (7 miliardi circa), e quindi dobbiamo avere i soldi in cassa per poterli spendere. Perché le procedure “ordinarie” italiane sono lente, e da anni nessuno provvede a riformarle. Perché le pubbliche amministrazioni, oltre ai Fondi strutturali devono attuare anche i programmi per l’agricoltura, finanziati dal FEASR, il Fondo per lo sviluppo rurale. Sono circa 41 miliardi di euro per la rete rurale nazionale a cui si aggiungono altri miliardi di euro distribuiti alle diverse regioni per i cosiddetti Piani di Sviluppo rurale. Anche qui vale il principio del disimpegno automatico e anche qui ci sono ritardi nell’attuazione, con l’AGEA (organismo che gestisce i pagamenti a livello nazionale) che ritarda i pagamenti agli agricoltori, sia per le procedure complesse sia per “problemi di cassa”. In totale è una massa di risorse che – se ben spese – sarebbero utili al rafforzamento dell’economia italiana e anche un aiuto – in questi tempi di magra – al sistema economico alle prese con la crisi.
APPELLO ALL’ITALIA – Ma nessuno se ne occupa. Questa faccenda sembra una fastidiosa incombenza per tutti, forze economiche e sociali, media, politica. Invece servirebbe, come hanno ricordato gli eurodeputati italiani di tutti gli schieramenti politici, “un impegno comune affinché siano utilizzate le risorse comunitarie disponibili e siano raggiunte le soglie stabilite per evitare i rischi di disimpegno”. Ovviamente, anche spendendo bene le risorse. Servirebbe “responsabilizzare e mobilitare tutta la macchina politica ed amministrativa che interviene nell’attuazione dei programmi e velocizzare le procedure di selezione dei nuovi progetti impegnando risorse per una quota rilevante entro la fine di febbraio, cioè prima della fine della legislatura dove si svolgeranno le elezioni regionali, verificando anche la possibilità di rivedere i vincoli del patto di stabilità interno”. Si misura così la distanza tra le chiacchiere, gli show mediatici e la cultura emergenziale e il fare le necessarie riforme della Pa e delle normative sugli appalti. Adesso, emergenza per emergenza, darsi da fare subito per non perdere i fondi 2010. Invece l’Italia sembra ferma. La responsabilità è di chi governa. A Roma, ma anche a livello locale, specialmente nel sud, dove i ritardi sono più sensibili. Perdere questi soldi europei (che non sono un grazioso regalo:vengono dalle tasse pagate dai cittadini europei, quindi anche da noi) per farli spendere in Germania, o in Spagna, o nei paesi dell’est, dove l’amministrazione è più efficiente, non sarebbe un peccato. Sarebbe un delitto.
http://www.giornalettismo.com/archives/52806/italia-svegliati-soldi-bruxelles/
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