Forse negli Usa siamo alba di una vera e propria rivoluzione culturale. Basta col gigantismo. Non solo le macchine piccole ed ecologiche tanto care a Barack Obama. Sul web è nato “Move your money”: via i soldi dalle major bank a favore di depositi solo presso piccole banche locali “alternative”. Piacerà pure in Italia?
In principio fu la bolla. Quella stessa crisi finanziaria che ha portato al fallimento di Lehman Brothers, al salvataggio di Aig e delle agenzie di mutui Fannie Mae e Freddie Mac a carico del Tesoro americano e, quindi, del contribuente americano. Una crisi che secondo il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz costerà qualcosa come 1.500 miliardi di dollari nel solo triennio 2007-2010.
IT’S THE END… AS WE KNOW IT – Tutto cominciò con la bolla immobiliare a cavallo della prima metà degli anni ‘90. I tassi erano favorevoli e molto bassi. Proprio in quegli anni, poi, venivano alla luce quegli strumenti finanziari come i derivati, gli hedge fund ed altri prodotti analoghi che promettevano guadagni straordinari. I mutui venivano offerti a tutti, anzi venivano offerti, in particolare, proprio a quelli che potevano avere, con più facilità, difficoltà a pagare. Ma le banche non si sono curate di tutto questo. Allora, i soldi si facevano a palate. Il valore delle case cresceva a dismisura, secondo la formula: “chi compera oggi, guadagnerà domani“. Anche questo, del resto, fu parte integrante di quel nuovo “american dream” nato con Ronald Reagan e poi pasciuto con Bill Clinton. Le major bank incassavano sui mutui commissioni altissime. Erano le stesse banche che tagliavano, spezzettavano ed impacchettavano i propri prodotti finanziari e li rivendono in mezzo mondo. Tutto filò come l’olio per almeno un decennio, fino al 2007 per la precisione. Proprio nell’estate di tre anni fa,ormai, improvvisamente, i prezzi delle case incominciarono a scendere, e lo fecero in modo brusco e repentino. In molti si ritrovarono col mutuo che valeva più della casa. Immediatamente o quasi, incominciarono le insolvenze. Molte famiglie non avevano i soldi per pagare, si erano indebitate fino al collo e le carte di credito, una vera pacchia oltreoceano, generavano a loro volta altri debiti ancora. Il castello di carte finanziarie cominciava a ripiegare su se stesso. Il collasso era vicino. Mancavano i soldi per pagare regolarmente le cedole dei titoli immobiliari di cui banche e società finanziarie di tutto il mondo si erano riempite. Arrivarono così ingenti perdite. La borsa cominciò una vertiginosa picchiata, i titoli crollavano e diventavano spazzatura. La crisi del mattone era cominciata.
SMALL IS BETTER – Sul banco degli imputati, quindi, ci sono finite le major bank americane, le quali non solo hanno riempito il mercato dei loro prodotti “tossici”, ma poi sono state salvate, garantite e messe in sicurezza dall’intervento diretto del governo di Barack Obama. Contro questi giganti, spesso tanto arroganti quanto dai piedi di argilla, si è diretta, in questi mesi, la rabbia di tanti cittadini americani. E’ su questa nuova ondata d’indignazione popolare che è sorta, a cominciare proprio dal web, la campagna “Move your money“ ovvero “muovi i tuoi soldi”, che in poche settimane, grazie in particolare ai social network come Facebook e Twitter, sta convincendo migliaia di risparmiatori americani a chiudere il proprio conto corrente presso le major bank e ad aprirne uno nuovo presso i piccoli istituti di credito, quelli più legati agli interessi delle piccole comunità. Paladina del movimento è diventata Arianna Huffington, la giornalista-blogger, d’orientamento liberal, del noto ed informatissimo blog, Huffington Post. [ ] Sul sito MYM si legge: “le banche locali generalmente evitano gli investimenti irresponsabili e le manovre finanziarie che hanno portato alla crisi“. La rete adesso sta facendo il resto. Il movimento si sta sviluppando e sta, allo stesso tempo, crescendo il numero degli americani che vogliono “spostare il sistema finanziario da Wall Street a Main Street“. “Una campagna che sta avendo risonanza per una ragione” sostiene il portale finanziario di Wall Street, American Banker, che pur considerando, ancora, marginale l’iniziativa “il settore della società a cui si rivolge l’Huffington Post è limitato“, si mostra, allo stesso tempo, preoccupato per come “la rabbia ed il sospetto che si sono costruiti contro le banche, potrà creare dei danni“. La potente lobby cristiana americana, invece, sembra molta attenta al fenomeno. Sul quotidiano Christian Science Monitor si legge che sul sito di Move your money “è disponibile un motore di ricerca. Basta introdurre la città, il zip code (l’equivalente del nostro C.a.p.) per ottenere una lista delle banche “alternative” più vicine da contattare. Da quando il sito è stato creato, dicono i gestori, il motore di ricerca viene consultato almeno 50mila volte al giorno“. Il boom si è registrato soprattutto dopo che Arianna Huffington è stata ospite alla Cnn per promuovere la sua campagna. Nel giro di 48ore, 80mila persone hanno usato il motore per trovare la banca locale più vicina. A Wall Street, più di un operatore, comincia ad ammettere che la campagna può “instillare nei consumatori, soprattutto quelli che vivono nelle aree rurali, lontani dalle grandi città a guardarsi intorno con più attenzione quando si compiono operazioni bancarie“, ovviamente a discapito delle filiali delle grandi banche nordamericane. L’iniziativa, è facile immaginare, potrebbe prendere piede anche nel nostro paese. In Italia, come tristemente sappiamo, i grandi istituti di credito prestano col contagocce il denaro ai risparmiatori più deboli e, spesso, pongono vere e proprie condizioni capestro sui servizi offerti. Inoltre, in Italia, è già presente un sistema di piccole banche (al contrario della situazione americana), di casse di risparmio e di credito cooperativo molto capillare e spesso efficiente. Staremo a vedere.
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