Se il governo crea moral hazard... (Prima parte)

 

di antonio mele (rabbi), 26 Novembre 2009 permalink stampa

L'amministrazione Obama ha creato, e sta ancora creando, enorme moral hazard con i provvedimenti presi (o non presi) in reazione alla crisi finanziaria. Sembra decisamente intenzionata a proseguire sulla medesima strada. È facile vedere, e prevedere, che tale politica economica ha e avrà conseguenze disastrose per l'economia americana e mondiale.

Una massiccia creazione di incentivi distorti sta peggiorando la situazione sui mercati finanziari e creditizi, rendendo convenienti comportamenti opportunistici pericolosi per il sistema. Nel frattempo, il governo americano spende enormi somme per lo stimolo fiscale che cura i sintomi ma non le cause della crisi. La verità è che non vuole curare le cause, ha oramai deciso di salvare i responsabili della catastrofe finanziaria con una lenta e poco trasparente infusione di denaro pubblico, a scapito dell'economia reale, e dimenticandosi delle riforme che sarebbero necessarie per rendere il sistema finanziario più stabile.

Le conseguenze che possiamo già vedere sono la creazione di bolle su strumenti finanziari rischiosi grazie al dollaro debole e alla politica monetaria della liquidità a valanga; l'enorme aumento del debito pubblico per far fronte alla subdola ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie, all'inutile quanto colossale stimolo fiscale, ed alla futura disastrosa riforma sanitaria. Vediamo, soprattutto, una diffusa paralisi dell'economia americana che si riflette nella stentata ripresa e nella disoccupazione stellare. Obama rischia di passare alla storia come colui che condannò l'America (e il mondo intero?) a un decennio perduto in salsa sushi.

In questo pezzo, mi soffermo sulle istituzioni finanziarie, e cerco di argomentare sulle conseguenze dei provvedimenti (quelli varati e quelli omessi) dell'amministrazione Obama. Prossimamente analizzerò il lato delle famiglie.

Riassuntino della prima parte per i pigri

Faccio un riassuntino qui all'inizio per quelli che hanno fretta. La mia tesi sui mercati finanziari si divide in due sottoargomenti:

  1. Il governo USA ha creato (addizionale ed) enorme moral hazard nel sistema finanziario, salvando le maggiori istituzioni finanziarie americane. Per fare questo, il governo americano ha organizzato una colossale operazione di trasferimento di soldi dalle tasche del contribuente alle casse delle maggiori banche. In questo modo, il governo continua a dare gli incentivi sbagliati per la ricapitalizzazione delle banche, rendendo per loro superfluo cercare finanziatori o compratori privati (cosa che implicherebbe un risultato decisamente punitivo per le banche in difficoltà, e per il loro management). La lenta e poco trasparente infusione di denaro pubblico tramite FED e Treasury rende il processo di ricapitalizzazione lento ed inefficiente.
  2. Le proposte di riforma della regolamentazione dei mercati finanziari e creditizi sono poco incisive e populiste, nonchè gattopardesche. Il segnale mandato al mercato è: la pacchia non è finita. E il mercato, ovviamente, risponde come da manuale: continua a prendere rischi in eccesso. Non solo, ma il ruolo che Goldman Sachs sta avendo nelle manovre semi-segrete del Treasury e della FED è sempre meno trasparente.

Questi incentivi a prendere rischi eccessivi si stanno palesando nei movimenti recenti delle borse mondiali, di cui scrive Roubini sul FT di qualche settimana fa. Oltre a questo, il fatto di essere assicurati da Zio Sam genera mostri, dove il rischio è accollato al taxpayer e il profitto (se arriva) va alla banca.

Too big to fail, banche e ricapitalizzazione

Questo è argomento stranoto, ma val la pena ripeterlo: salvare dalla bancarotta le maggiori banche americane, AIG, varie compagnie automobilistiche e altre entità finanziarie ha dato incentivi perversi a chi gestisce tali istituzioni.

Perché si fanno questi salvataggi? La giustificazione è la dottrina del too big to fail: queste istituzioni, andando in fallimento, trascinerebbero con loro tutto il resto del sistema finanziario. Inoltre, queste entità sono complicate e sarebbe difficile farle fallire come una banca qualsiasi. Se fossero banche di dimensioni modeste, in caso di estrema sofferenza, l’organo preposto (FDIC) le prenderebbe in temporanea consegna un venerdi sera, e arrangerebbe la vendita ad un’altra banca nel fine settimana, cosi che il lunedi la stessa banca fallita aprirebbe sotto nuove insegne. Le grandi banche sono entità molto più complicate, e non si può pensare di risolvere il problema dal venerdi al lunedi successivo: c’è bisogno di tempo, e i mercati finanziari non possono aspettare.

Il governo americano attuale, e quello precedente, hanno seguito la strada del salvataggio generalizzato. Quali le conseguenze, a due anni dall'inizio della crisi? Principalmente quattro: la ricapitalizzazione delle grandi banche avviene in modo poco trasparente e lento, mantenendo in vita delle entità zombie che non sono in grado di far prestiti; il problema delle grandi banche che pongono un rischio sistemico è peggiorato; delle riforme che dovrebbero garantire una maggiore stabilità al sistema finanziario non si parla più; si sta creando una nuova bolla finanziaria.

Le banche che erano too big to fail l'anno scorso, ora lo sono ancora più big. Nel frattempo, non è stata sviluppata nessuna procedura per farle fallire ordinatamente, nel caso fosse necessario. Questa situazione di mercato oligopolistico continua ad essere causa di rischio sistemico.

Il problema maggiore per l'economia reale, però, continua ad essere il fatto che le banche hanno perso molto capitale e vanno ricapitalizzate in modo da poter funzionare normalmente. Qualche mese fa Michele discuteva delle possibili soluzioni. Quella che Michele suggeriva, correggetemi se sbaglio, era abbastanza lineare: temporanea presa in consegna delle istituzioni in crisi da parte del governo, procedura di bancarotta, ricapitalizzazione possibilmente tramite mercato, e rivendita delle istituzioni a spezzatino (dividendo quindi le banche grosse in entità più piccole che non possano creare problemi sistemici). In particolare, ci sono tante entità finanziarie che potrebbero tranquillamente comprare parti delle maggiori banche americane e rimetterle in piena efficienza entro breve: private equity funds, sovereign funds, consorzi di banche locali, ecc. Cosa è successo invece? Niente di tutto ciò, la ricapitalizzazione sta avvendendo in maniera subdola e poco trasparente.

Il governo americano e la FED hanno istituito vari programmi che essenzialmente servono a comprare securities da istituzioni finanziarie in sofferenza. Ovviamente non li hanno chiamati "Programma per salvare il culo a Citi e BofA", ma essenzialmente quello fanno. Esempio: la FED è diventata estremamente attiva sui mercati finanziari. La politica monetaria del qualitative easing (non chiamatelo quantitative easing che poi i miei amici alla FED si arrabbiano, anche se non so bene perché) ha fatto sì che lo stato patrimoniale della FED sia cambiato drasticamente dall'inizio della crisi. La FED ha comprato qualsiasi titolo le venisse proposto sul mercato, per dirla in parole povere. Che titoli venivano offerti sul mercato? Ovviamente, quelli più rischiosi e più illiquidi, che la FED prontamente comprava. Se si va a guardare lo stato patrimoniale della banca centrale americana (vedere i grafici aggiornati a fine settembre in questo post di Hamilton), si vede chiaramente cosa sta succedendo: la banca centrale americana ha rastrellato qualsiasi schifezza ci fosse nella pancia delle istituzioni finanziarie.

La FED riteneva di ottenere due risultati: primo, immettere liquidità nei mercati per far ripartire le attività di prestito delle banche e, secondo e più importante, movimentare i mercati finanziari bloccati. Ho i miei dubbi sul raggiungimento del primo obiettivo, il lending continua a scendere pesantemente, e le banche continuano a praticare il giochino che Michele ci descriveva qualche mese fa: tenersi le riserve in saccoccia, prestare poco e a condizioni molto punitive, e cercare di attirare depositi nuovi. Perfettamente in linea con quello che avrebbe previsto la teoria economica: le banche devono riassorbire le perdite e creare riserve per le perdite future attese.

Il secondo obiettivo, però, è stato ottenuto: immaginate di essere un fruttivendolo e che ci sia un compratore (la FED nel nostro caso) che compra qualsiasi mela gli offriate, comprese quelle coi vermi o marce, a prezzi ai quali non riuscireste mai a vendere a nessun altro; ovvio che il mercato bloccato si sblocca. L'argomento per questo tipo di interventi, compreso il PPIP del Treasury Department, è quello di Jeremy Stein, economista ad Harvard e consulente del Tesoro americano: i prezzi degli assets sono molto sottovalutati, perchè la gente è stata presa dal panico, e se qualcuno interviene sui mercati per far risalire questi prezzi darà di nuovo fiducia agli investitori che torneranno a comprare in massa. Gli assets comprati dal governo a basso prezzo saranno poi rivenduti più tardi, quando i prezzi saranno di nuovo alti.

Questa analisi fa acqua da tutte le parti. Quanto è durato questo "panico"? Un "panico" è tale se dura qualche settimana, o mese. Se continua per più di un anno allora, forse, non è panico ma comincia ad assomigliare ad una valutazione "realistica", ossia basata sulle informazioni ed i calcoli che il mercato fa a mente fredda nella nuova situazione. Questo implica, però, che si sono comprate e si stanno ancora comprando attività a prezzi di favore, operando quindi un trasferimento di risorse dal taxpayer (da cui in ultima istanza la FED dipende e viene finanziata) alle istituzioni bancarie. Insomma, questi schemi sono forme subdole di sussidi alle istituzioni finanziarie. Così sta avvenendo la ricapitalizzazione silenziosa delle banche americane. Credo da discussioni precedenti che ci sia accordo su questo e posso confermare che nei "circoli accademici" (i.e., i pubs dove gli economisti vanno bere birra e discutere di economia :-) ) questa è oramai un'idea che gira da tempo e viene data per scontata.

Se è vero che non è il panico a guidare i prezzi degli assets al ribasso, e sotto ci sono cause strutturali ben più importanti - il mercato immobiliare, il trend di foreclosures che non si ferma, ecc. - il problema è più grave. L’analisi del Treasury e della FED presuppone che le istituzioni bancarie siano solo illiquide, ovvero abbiano problemi temporanei di liquidità perché i loro assets sono valutati troppo poco dal mercato. La mia analisi dice invece che le istituzioni bancarie sono insolventi, e si torna al problema di farle fallire ordinatamente di cui si parlava prima.

Qui torniamo al punto di partenza: con questo schema di ricapitalizzazione si genera solo una sacca di moral hazard per le banche. L'incentivo che si dà non è quello di cercare compratori e/o nuovi investitori, ma di mantenere lo status quo di zombie bank e aspettare che la situazione migliori grazie ai soldini del taxpayer. Queste zombie banks sono ancora tali dopo oltre un anno dai primi interventi post-Lehman, ma il governo americano ha deciso che va bene così e che le farà lentamente resuscitare. Esattamente la scelta del governo Giapponese quindici anni orsono. Nel frattempo, le banche che non appartengono al circolo buono vengono sistematicamente ignorate. Il risultato di questa scelta è sotto gli occhi di tutti, e non è un buon risultato.

Riforme della regolamentazione

Le proposte di riforma dei mercati finanziari (qui quella del governo, qui quella di Dodd con un commento avvelenato) sono per ora delle belle foglie di fico. Sono bacate alla radice sia dalla regulatory capture che dall'atteggiamento di onnipotenza del governo. Come già detto, mancano importanti temi, ma anche quelli affrontati lo sono in modo carente. Per esempio, la proposta di regolamentazione dei compensi dei managers delle banche è più un elenco di norme di buon senso che una vera e propria regolamentazione e, ovviamente, istituisce due nuovi organi di controllo degli schemi di retribuzione dei managers. Si dà molta enfasi al tema "salari dei managers" perchè è un tema molto sentito dall'opinione pubblica. L'impressione è la seguente: facciamo molto fumo sul tema salari, una volta archiviata la pratica di prendere a ceffoni i managers, la gente non romperà più le scatole su una riforma più attenta ai contenuti.

Leggendo le proposte di riforma salta all'occhio che tutto sembra una questione di quantità: più supervisione, più capital requirements, più disclosure, più agenzie governative... Questo è il modo migliore per non cambiare niente e non entrare nel merito delle questioni spinose: quanto grande può essere una banca senza creare rischio sistemico? Come dobbiamo regolamentare i mercati di titoli derivati? Come dobbiamo regolamentare i mortgage brokers? E via di seguito.

Per fare un esempio di questione spinosa: le agenzie di rating sono state completamente dimenticate dalle proposte di riforma. Come noto, molti analisti ritengono che le agenzie di rating abbiano prodotto giudizi troppo accondiscendenti perché i soldi arrivavano dagli emissori e non dagli acquirenti. Una riforma dovrebbe cercare di riallineare gli interessi delle agenzie di rating con quelli di chi compra prodotti finanziari. Se andate a leggere le proposte di riforma, questo obiettivo non sembra più essere nell'agenda di nessuno. Nel frattempo continuano a venire alla luce dei particolari poco edificanti. Il rischio è che, grazie a questa persistente sacca di moral hazard nel mercato dei ratings, si ripeta l'orgia di AAA-rating che ha prodotto la catastrofe nel mercato MBS.

Oltre a tutto ciò, la regulatory capture sembra essere peggiorata: non solo il governo americano e la FED sembrano agire segretamente quando non dovrebbero/potrebbero, ma stanno anche dando ad alcuni players (in realtà: a uno solo) praticamente carta bianca. Il fatto che il precedente segretario del Tesoro fosse un ex CEO di Goldman, e che l'attuale sia l'ex Governatore della FED-NY (che, nei piani alti, è una succursale di G&S) fa ritenere la cosa abbastanza sospetta. Le menti complottiste si stanno chiedendo come mai G&S sia l'unica ad aver avuto mesi di guadagni ininterrotti sul trading. La classica domanda su chi lavora per chi nella relazione fra G&S ed il governo USA è di rigore.

Visto che vivo in Inghilterra, a me risultano evidenti le differenze col modo di procedere del governo inglese: dopo lungo tergiversare, e pur continuando a riversare soldi pubblici nelle maggiori banche nazionalizzate, ha deciso di optare per una soluzione seria. La discussione pubblica verte, finalmente, sul COME fare un bello spezzatino delle banche più grosse per promuovere maggiore competizione nel settore e risolvere il problema della bancarotta delle banche molto grandi. Ci sono vari opzioni sul tappeto e la discussione andrà avanti per qualche tempo, ma si muove nella direzione giusta. Il Governor della Bank of England è sicuramente uno dei promotori del dibattito, e sostiene l’opzione spezzatino in modo deciso: le banche nazionalizzate vanno divise in entità più piccole e rivendute al mercato.

Per quanto riguarda il problema del fallimento di banche a rischio sistemico, in UK si dibatte dei cosidetti living wills delle banche: uno strumento per gestire la bancarotta con il quale la banca dichiara cosa succede alle sue attività nel momento in cui è insolvente (una proposta simile è contenuta anche nel draft di Dodd). Questa proposta secondo me non ha molto futuro, ma questo è secondario. Ciò che salta all’occhio è la differenza sostanziale col governo americano: quello inglese è cosciente che la situazione deve cambiare, con nuove regole e nuovi attori che creino maggiore competizione e riducano il rischi sistemico. Le autorità competenti stanno portando avanti il dibattito sul come, ma l'obiettivo è chiaro. Negli USA, niente di tutto questo.

Nuove bolle?

La conseguenza immediata più grave delle politiche economiche di Obama si osserva nei mercati finanziari. La crisi attuale deriva da una bolla immobiliare, generata nei modi e nei tempi indicati da Michele nei suoi articoli sulla crisi. Questo non ha insegnato nulla ai policymakers: come diceva Roubini qualche giorno fa, sempre col suo tono da apocalisse imminente, il governo americano con le sue politiche economiche sta pavimentando la strada verso un altro disastro. Dollaro debole e interessi zero stanno creando le condizioni per un'altra mostruosa bolla pronta ad esplodere. Qui non ho chiara la situazione, a me sembra una specie di enorme "gambling on resurrection" (ovvero, istituzioni sull'orlo del fallimento fanno investimenti rischiosi che se vanno a buon fine daranno la sopravvivenza, sennò causerebbero comunque la bancarotta che già si intravede) di tante istituzioni finanziarie. Oppure potrebbe semplicemente essere il caso che i mercati finanziari hanno capito che la pacchia è tornata: liquidità cheap (anzi a interessi negativi visto il crollo del dollaro) e investimenti rischiosi a gogò, tanto se collassa tutto c'è lo Zio Sam di nuovo. Per riassumere: moral hazard fatto in casa, anzi Casa Bianca, con conseguenze da manuale del piccolo economista.

Conclusioni

Il governo americano ha optato per ritornare alla situazione pre-crisi . Lo sta segnalando da mesi ed i mercati ne traggono le conseguenze. Probabilmente hanno ragione Alberto e Brighella, a dire che Tim Geithner non ha ancora capito cosa sia il moral hazard. O, per chi crede ai complotti, forse lo ha capito troppo bene. Auguroni.

http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Se_il_governo_crea_moral_hazard..._(Prima_parte)

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