Acqua ai privati: la Sicilia scende in piazza

 

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Giovedì 26 Novembre 2009 – 9:02 – Andrea Angelini
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Dopo aver varato la legge che entro il 2011 affiderà ai privati la gestione e la distribuzione di un bene pubblico essenziale come l’acqua, che a nostro avviso non può essere assolutamente ridotta a merce, il governo sta pensando anche ad una Autorità che regoli e vigili sulla attuazione pratica della liberalizzazione, in altre parole sui metodi con i quali funzionari pubblici come i sindaci saranno obbligati a trasferire strutture pubbliche alla voracità dei privati. Strutture che, pur tra manchevolezze e sprechi, svolgono però una funzione essenziale e sociale. Nessuno ci garantisce infatti che un privato, proprio perché privato, pensi a tutelare in primo luogo l’interesse pubblico e non punti esclusivamente a fare gli interessi propri e dei suoi soci. Un sospetto più che legittimo se solo si pensa che le spese di manutenzione degli acquedotti sul territorio nazionale resteranno in carico al soggetto pubblico, lasciando ai privati l’occasione di pensare solo ai profitti.
Il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha ventilato l’istituzione della nuova Autorità ma l’iniziativa ha lasciato decisamente perplesso il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà che se dipendesse da lui sfrutterebbe invece la situazione esistente affidando la verifica puntuale del contratto di servizio alle autonomie locali. Catricalà, da liberista dichiarato, ha spiegato di temere un nuovo carrozzone pubblico che da Roma controlli ad esempio il servizio idrico di Canicattì in Sicilia.
Una regione
tra autonomia e protesta
E proprio dalla Sicilia, sono arrivate le più veementi proteste contro la privatizzazione dell’acqua da parte di circa un centinaio di sindaci, consiglieri comunali e assessori siciliani che hanno manifestato a Palermo davanti a Palazzo dei Normanni, sede della Regione, chiedendo all’Assemblea regionale la rapida approvazione del progetto di legge già presentato da Giovanni Panepinto (Pd) che prevede il ritorno alla gestione pubblica delle reti idriche. Il decreto legge Ronchi, sulla privatizzazione dell’acqua e di altri servizi pubblici locali di rilevanza economica, è infatti intervenuto a peggiorare le cose prevedendo che la quota azionaria pubblica della società che gestisce il servizio di distribuzione scenda sotto il 30%, lasciando di fatto via libera ai privati. In Sicilia, in applicazione della legge Galli sulle acque, è una società regionale a gestire l’acqua.
Ma la quota in mano pubblica è molto più bassa. Siciliacque è solo al 25% delle Regione, mentre il 75% è di un socio industriale come la Sorical, di cui il 53% è della Regione e il 47% del gruppo francese Veolia. Ma la gestione lascia molto a desiderare ed è concreta la minaccia di un rincaro delle tariffe.
Il decreto Ronchi ha posto ostacoli insormontabili al progetto di legge per il ritorno alla gestione pubblica tanto che Antonello Cracolici, presidente del gruppo PD ha sottolineato che esso mortifica la autonomia siciliana e che si registra il paradosso di un partito, il Popolo delle Libertà, che continua a recitare due parti in una commedia. In Sicilia dice di essere al fianco dei sindaci, mentre a Roma ha fatto il contrario, votando la fiducia al decreto. Da qui l’altra richiesta al Presidente siciliano Raffaele Lombardo, di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l’art. 15 del decreto legge Ronchi.

 

http://www.rinascita.info/cc/RQ_Economia/EkVAkFyAFVDvaWrIIl.shtml

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