Tremonti Vs Draghi. Una lotta senza esclusione di colpi

Economiadi Pietro Salvato

Politica, finanza ed economia si intrecciano in uno scontro intorno al quale ruotano i futuri assetti di Bce, Bankitalia, Abi, Generali e forse della stesso successore di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi

Io due non si amano e forse non si stimano nemmeno. Giulio Tremonti e Mario Draghi, proseguono il loro duello, che ormai va avanti da un paio d’anni, a colpi d’opposte valutazioni, comunicati, rapporti ed analisi sulla crisi economica, la portata della stessa e le discusse risposte fornite finora dall’esecutivo berlusconiano, a cominciare dallo “scudo fiscale” e dallo stato della nostra stessa economia.

tremonti19 Tremonti Vs Draghi. Una lotta senza esclusione di colpiCOME HIGHLANDER – Non è detto che ne sopravvivrà uno solo. Magari, come spesso capita in questo paese, in un modo o in un altro, sopravvivranno entrambi, oppure (meno probabilmente) ambedue saranno disarcionati dalle loro poltrone. Sta di fatto che, dietro questo scontro, non si cela solo la contrapposizione annosa tra il potere economico-finanziario e quello politico ma c’è dell’altro, molto altro ancora, su cui vale la pena provare a fare un po’ di luce.

IL DIVO GIULIETTO – L’ex socialista di rito lombardiano, approdato nel 1994, dopo aver cambiato casacca a partita in corso, alla corte di Silvio Berlusconi, ha superato praticamente indenne, se si escludono le dimissioni dal dicastero del Tesoro nel 2004, più di tre lustri dove hanno regnato, innanzitutto, le sue stesse contrazioni. E’ stato gran fautore della cosiddetta “finanza creativa”, quella dei fondi speculativi “derivati” onde, poi, fiutata l’aria malsana che quegli stessi “titoli spazzatura” emanavano da oltreoceano, contestarli ferocemente in favore dell’economia “pura”: quella che “fonda sulla produzione ed il lavoro”. Anzi, ha persino riscoperto le virtù di Marx. Ha ridiscusso la flessibilità e si è detto favorevole al “posto fisso per tutti“, anche se ha poi contribuito in modo determinate al licenziamento di migliaia di lavoratori “precari” nei comparti della scuola e della P.A. con i suoi indiscriminati “tagli orizzontali”. Tremonti, in passato, ha pubblicamente contestato l’Euro, la moneta unica europea che avrebbe impedito, di fatto, il ricorso alla “leva della svalutazione per favorire le nostre esportazioni”, per poi ammettere all’opposto che “aveva già previsto tutto, prima degli altri, che una moneta comune forte ci avrebbe protetto meglio dalla crisi e dalle follie dei mercati”. In questi anni, ha annunciato più volte la “grande riforma fiscale”: quelle con sole due aliquote “al 23 e al 33%” per poi confermare, sostanzialmente, la stessa politica fiscale (almeno in termini di aliquote) di Vincenzo Visco, riuscendo persino ad incrementare la pressione fiscale del governo Prodi. Contraddizioni evidenti che, però, complice una stampa “amica” tanto supina quanto compiacente (per il Sole24ore, o meglio il suo direttore Gianni Riotta, è stato nientemeno l’uomo dell’anno del 2009) sono state sempre diradate, sfumate e talvolta addirittura sbianchettate.draghi Tremonti Vs Draghi. Una lotta senza esclusione di colpi

SUPER MARIO – Romano di nascita, Mario Draghi ha conseguito la laurea in Economia con 110 e lode presso l’Università La Sapienza di Roma, nel 1970. Ha poi perfezionato i suoi studi presso il celebre MIT di Boston, dove ha conseguito il PhD nel 1976. A livello internazionale, dal 1985 al 1990, è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. Nel 1991 è stato nominato Direttore generale del Tesoro, incarico che ha mantenuto fino al 2001. Proprio negli anni ‘90, quando ha ricoperto diversi incarichi al Ministero del Tesoro, è stato uno dei fautori di alcune delle più importanti privatizzazioni delle aziende statali italiane. Privatizzazioni, ad onor del vero, non sempre riuscite ma, a sua parziale discolpa, va detto, buona parte delle responsabilità sono senz’altro riconducibili alla leva politica di quegli anni (in particolare, ai governi di centrosinistra di D’Alema ed Amato). Infatti, nel 1998 a Mario Draghi si deve il testo unico sulla finanza, noto anche come “Legge Draghi”, che ha introdotto la normativa per l’OPA (Offerta pubblica d’acquisto) e la scalata delle società quotate in borsa. Telecom Italia è stata la prima società oggetto di OPA a cui sono poi seguite la liquidazione dell’IRI e le privatizzazioni di ENI, ENEL, Credito Italiano e Banca Commerciale Italiana. Dal 2002 al 2005, Draghi è stato vicepresidente per l’Europa della Goldman Sachs, la quarta banca d’affari al mondo. Alla fine del 2005 è stato poi nominato Governatore della Banca d’Italia, il primo con un mandato a termine di sei anni (prima era praticamente a vita) rinnovabile peraltro una sola volta. Mandato, come si vede, di prossima scadenza.

À LA GUERRE COMME À LA GUERRE- Come detto, in tutti questi anni, Giulio Tremonti e Mario Draghi si sono spesso e volentieri combattuti. Talvolta a colpi di fioretto: sortite, stoDuel%20cats Tremonti Vs Draghi. Una lotta senza esclusione di colpiccate, fughe e parate di scherma che raramente hanno lasciato ferite profonde. Altre volte, però, non sono mancati veri e propri assalti a “palle incatenate”, come nel caso della recente polemica sullo “scudo fiscale” e sui numeri di quanti miliardi di euro sono effettivamente rientrati nel nostro paese. Una polemica sorta da una nota di Bankitalia che ha smentito, di fatto, in modo secco e clamoroso la grancassa “mediatica” predisposta dal Mef (ovvero da Tremonti) e dalla Agenzia delle Entrate che dipingeva lo scudo fiscale come uno straordinario successo che avrebbe assicurato il rientro “cash” di qualcosa come 95 miliardi di Euro, tutti pronto ad essere reinvestiti nel circuito economico nazionale. La nota diramata dagli Uffici di Draghi ha, invece, distinto il rimpatrio dei capitali liquidi, ossia effettivamente rientrati nel nostro paese, dal “rimpatrio giuridico” che ha semplicemente regolarizzato la sola posizione degli evasori. Solo il 41% è tornato in Italia mentre il restante, per quanto ripulito, continua a restare all’estero. La nota di Draghi è apparsa certamente stonata a Tremonti. Tanto è vero che il “fido” ministro leghista, Roberto Calderoli ha accusato senza mezzi termini (e per la verità, senza alcuna vergogna) Bankitalia di “intelligence” con l’opposizione. Insomma, quella di Draghi, a detta del ministro “lumbard”, sarebbe stata una chiara operazione tesa a delegittimare l’operato del governo e “fare il gioco della sinistra”. Tremonti ha lasciato fare. Forse, non è stato nemmeno il mandate dell’intemerata di Calderoli, ma di certo non gli è dispiaciuta. Passata qualche ora poi, davanti alla stampa estera, pressato dalle domande di alcuni corrispondenti stranieri ha così ribattuto: “Le regolarizzazioni sono state pari a circa 2 miliardi e i rimpatri a 93 miliardi: 93 più 2 fa 95 – ha concluso Tremonti – ed è la cifra ufficiale confermata dagli uffici”. Più che altro è stato un dogma di fede, che non ha smentito affatto Draghi ma che ha trovato ovviamente, come nei desideri del ministro, vasta eco sulla stampa “amica”.

LA MIA BANCA È DIFFERENTE – La vera posta in palio, in realtà, appare un’altra. Draghi non vede l’ora di andarsene dall’Italia, dalle sue polemiche da cortile, da un sistema bancario che si regge sui cartelli delle grandi banche (che lo stesso però non ha saputo smantellare) e da una politica super-invadente. Punta, invece, diritto alla massima poltrona della Bce, la Banca centrale europea. Le sue credenziali erano (e restano) ottime, ha amici potenti negli altri governi più che nel nostro, e all’estero, pure lui, gode di “buona stampa”, specie quella specializzata a cominciare dal Wall Street Journal. Tremonti certo, gradirebbe la partenza del suo rivale ma non vuole, naturalmente, stendergli pure il tappeto rosso. Anzi, prima che si sappia qualcosa di più concreto sul prossimo nome del “gran capo” della Bce, vorrebbe togliersi qualche altro sassolino dalla scarpa e, magari, stendere il suo mantello “protettivo” su alcune importanti operazioni finanziarie che, proprio prossimamente, potrebbero giungere a conclusione. Guarda caso anche Draghi, per il suo ruolo, la sua funzione di Governatore di Bankitalia (e non solo) punta allo stesso obiettivo. Sembra inevitabile, quindi, che i due più o meno presto, torneranno ad incrociare le loro lame.assicurazioni generali 737844 Tremonti Vs Draghi. Una lotta senza esclusione di colpi

IL RISIKO DI GENERALI – Il “leone” triestino fa gola a molti, forse a troppi. Ci pensa Francesco Caltagirone col suo impero edilizio e bancario, ci punta forse ancor più concretamente, Cesare Geronzi. Se il primo ci vuole arrivare per via trafelata, il secondo giurano i soliti bene informati, punta alla costruzione di un patto di ferro indovinate con chi? Giulio Tremonti, esatto. Patto che potrebbe portare al seguente esito: un rafforzamento del ministro nella lotta di successione a Silvio Berlusconi nel centrodestra – con buona pace di Gianfranco Fini – in cambio del via libero dello stesso Tremonti alla scalata di Geronzi alle Generali. Il blitz sarebbe infine completato dalla scadenza del mandato di Draghi a Palazzo Koch. Per allora, servirà un nuovo Governatore specie se Draghi sarà promosso alla Bce. Ovviamente un uomo gradito al nuovo establishment “politico-economico-finanziario” che verrebbe a costituirsi dopo questo Risiko. Già circola il nome di Vittorio Grilli, personaggio, sembra, assai gradito al duo Geronzi-Tremonti. C’è un solo problema: Draghi. Infatti, se le porte della Bce dovessero restargli precluse, potrebbe ancora usufruire del rinnovo del suo mandato alla Banca’Italia. Un ostacolo, a meno di cambiamenti tanto radicali quanto improbabili (dello stesso Draghi, ovviamente) alle brame del nuovo potere.

LA CORSA EUROPEA – Va detto subito che in Europa, sia sulla vicenda Bce sia su quella Generali, nessuno vuole rimanere alla finestra. Se, come detto, Il WSJ come pure il Finacial Times aprono favorevolmente all’ipotesi di Draghi alla Bce, altri potentati politico-finanziari invece la osteggiano apertamente. È proprio dell’altro giorno la dichiarazione di Simon Johnson, l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, che ha pesantemente sparato contro l’ipotesi di Mario Draghi in Bce. La sua stessa esperienza alla Goldman Sachs è stata criticata, poiché la banca d’affari sarebbe stata parte in causa dei fallimenti di Lehman Brothers e del colosso assicurativo Aig. Insomma per Johnson, Draghi “non poteva non sapere”. Inoltre, l’ex economics chief del FMI ha insinuato un suo ruolo (di GS) anche nel crack che proprio in questi giorni sta investendo l’economia greca. Indiscrezioni, polemiche, malelingue e colpi abbondantemente sotto la cintura, come si vede. Draghi, in questo momento, sembra quello che ha più da perdere (Bce e Bankitalia) e forse per questo, i duri colpi “mediatici” assestati con sottile precisione proprio in questi giorni non sono sembrati casuali. Del resto, come diceva Enzo Ferrari: “molte volte, il secondo è più bravo, ma al traguardo conta chi passa per primo”. Draghi lo sa, Tremonti pure.

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