FINANZA/ Gli errori di Francia e Germania costeranno cari all'Italia

venerdì 12 marzo 2010

Non ci voleva Nostradamus per prevederlo e, infatti, puntualmente si è avverato: Tim Geithner, segretario Usa al Tesoro, ha chiaramente reso noto che Washington è pronta alla scontro se l’Europa porterà avanti il suo piano di regolamentazione dei mercati finanziari e, soprattutto, l’idea di mettere al bando il naked short sui cds legati ai debiti sovrani dei paesi dell’area euro.

Il passo, gravissimo per le relazioni transatlantiche, è decisamente ufficiale visto che è contenuto in una lettera inviata il 1° marzo scorso da Geithner al Commissario per il mercato interno europeo, Michel Barnier (quello che una settimana fa si chiedeva chi stesse speculando sulla Grecia, praticamente Diogene), nella quale si denuncia di fatto un intento protezionistico del Vecchio Continente: in base ai cosiddetti “elementi della terza nazione” contenuti nella bozza che gli euroburocrati stanno stilando sotto dettatura di Francia e Germania (con Grecia e, udite udite, Lussemburgo a fare da camerieri dei nuovi potenti), ci sarebbe di fatto il divieto di operare in Europa per i fondi speculativi, quelli di private equity e anche per le banche Usa, a meno che non accettino la nuova regolamentazione: ovvero, addio naked short sui cds.

Come già denunciato ieri, non si sa nemmeno cosa sarà vietato e cosa no, se solo l’attività di naked - ovvero la non disponibilità del sottostante che il cds andrebbe ad assicurare - rispetto ai bond oppure anche ad altri assets collegati al debito sovrano da cui ci si vuole difendere, ad esempio partecipazioni azionarie in aziende del paese “nel mirino”. Ma si sa, per l’asse renano il mercato è il male assoluto, quindi occorre regolare e punire.

Peccato che i primi da mettere in coda per la ghigliottina sarebbero proprio Francia e Germania, visto che stando a dati comunicati in un draft riservato della BaFin - l'ente che regola il mercato tedesco - che ilsussidiario.net ha potuto visionare a Londra, la crescita del rendimento dei bond greci all’inizio di quest’anno ha preceduto la crescita del valore dei cds e non il contrario, come qualche complottista della speculazione vorrebbe far credere.

Di più, fino a fine gennaio gli hedge funds possedevano cds sul debito greco pari a 9 miliardi di dollari, valore rimasto inalterato fino allo scoppio della crisi a fronte di un totale di 300 miliardi di dollari di bond greci emessi e collocati: una goccia nel mare, incapace di mandare a gambe all’aria un paese. Diversa la questione da metà febbraio in poi, quando proprio le banche europee - francesi e tedesche in testa - hanno cominciato a comprare cds sul default greco a man bassa: banche, giova ricordarlo, che se non sono di fatto nazionalizzate, possono comunque operare soltanto perché salvate nei mesi scorsi dal denaro dei contribuenti e della Bce.

Inoltre, va ricordato che quello dei cds è un mercato di puri istituzionali e lo short sui bond lo si fa più semplicemente scommettendo sul rialzo del rischio del paese: quindi si va long di cds. Molte società di brokeraggio, ad esempio, seguono i corporate cds per valutare la rischiosità del titolo e di conseguenza settare i margini. Ma è un’altra la cosa che Parigi e Berlino fingono di non sapere, una vera e propria distorsione che si sta creando sul mercato.

Se tu sei un soggetto istituzionale e sottoscrivi il bond della Grecia al 6.50%, ti puoi infatti coprire dal rischio con il cds: se tu sei invece un povero privato, semplicemente non puoi farlo. Questo perché il mercato lo fanno gli istituzionali e non i privati e, di conseguenza, il tasso del 6.5% non esprime affatto tutta la componente di rischio. Prima dell’avvento dei cds, invece, il tasso di un bond esprimeva risk free rate + rischio paese + inflazione: oggi la componente rischio paese è, di fatto, “prezzata” male poiché i flussi vanno sui cds e non sui bond stessi. Ma non dite queste cose a madame Lagarde, potrebbe aversene a male.

Insomma, di fatto Parigi e Berlino vogliono vietare agli altri ciò che stanno lasciando allegramente fare alle loro banche in crisi nera, visto che in Germania la bomba a orologeria degli assets tossici è a quota 300 miliardi di euro e il progetto della bad bank in cui scaricarli è allegramente stato messo in ghiacciaia per mancanza di fondi. Ecco la moralità e l’onestà dei nuovi padroni d’Europa, i quali attraverso la Bild ieri hanno lanciato un chiaro attacco all'Italia bocciando la candidatura di Mario Draghi a capo della Bce, poiché «un uomo della Lira non può essere l’uomo dell'Euro», meglio il teutonico capo della Bundesbank, Weber, «persona che ha da sempre avuto a che fare con una valuta forte». Ma che, in fatto di mercato e competenza valutaria, non vale nemmeno la suola delle scarpe del governatore di Bankitalia.

Il quale, però, sconta lo scandaloso silenzio del governo italiano rispetto a questo dibattito chiave per il futuro dell'Europa: capiamo che le idee di Giulio Tremonti siano molto simili a quelle di francesi e tedeschi rispetto alla necessità di regolare determinati strumenti finanziari (e forse questo ha portato Silvio Berlusconi ad assumere una sorta di interim silenzioso sulle scelte economiche), ma ora è giunto il momento di farsi sentire e battere i pugni sul tavolo.

Esattamente come fece Margaret Thatcher a Fontainebleu quando ottenne il rebate: la Bce non può diventare la filiale allargata della Bundesbank, per Draghi è giusto e necessario lottare. Londra, dal canto suo, ha già fatto informalmente sapere di essere al fianco dell’Italia nel sostegno del candidato di Palazzo Koch. Anche perché in questa fase di shock generalizzato per le finanze pubbliche stiamo vivendo un pericoloso processo che vede minate alla fondamenta le rilevanze analitiche rispetto alle classificazioni convenzionali delle nazioni, ovvero i paesi cosiddetti industrializzati stanno - a causa del debito ormai a spirale - peggio a livello macro dei paesi cosiddetti emergenti, il Bric ma non solo.

È un attimo, in una situazione simile, finire ai margini e nel mirino delle società di rating e, questa volta sì, dei raiders pronti a tutto per un po’ di denaro facile e veloce: Roma si svegli e lo faccia in fretta, invece di preoccuparsi per un “buffone” che cerca un po’ di notorietà facendo cagnara alle conferenze stampa.

Diciamo chiaro e tondo a Germania e Francia che invece di invocare misure populistiche e controproducenti al fine di mascherare il fallimento nel bail-out greco da parte dell’Europa, si dovrebbe fare davvero qualcosa di serio e soprattutto condiviso: ripeto, la stessa BaFin certifica che Deutsche Bank, Commerzbank e le loro colleghe transalpine - Bnp Paribas in testa - si sono lanciate come avvoltoi - poi si lamentano degli vulture funds - sui cds del debito greco: questo mentre Sarkozy e Merkel giocavano a rimpiattino con il piano di salvataggio, un giorno negando e l’altro confermando, al fine di rendere instabile la situazione di Atene e far crescere spread e rendimenti: meriterebbero l’apertura di un’inchiesta formale in sede europea, ma essendo “loro” l’Europa, si autoassolveranno come sempre fanno i vincenti alla fine della guerra.

Sono altre, volendo essere seri, le regolamentazioni da fare. Come, ad esempio, quella imposta dalla Fsa, l’ente di vigilanza del mercato britannico, alle banche d’Oltremanica, obbligate - avete letto bene, obbligate, l'Abi tenga a mente - a nuovi, durissimi stress tests per valutare la tenuta rispetto a uno scenario da double dip recession, ovvero la recessione a w: è il cosiddetto caso di “worst case scenario”, ovvero prepararsi al peggio. Che, magari, non arriverà mai, ma che è sempre meglio prevedere: la Bce e gli enti europei cosa dicono? Dormono forse? O sono troppo impegnati a dare la caccia agli speculatori cattivi, gli stessi hedge funds che vendono alle banche tedesche e francesi i cds greci, visto che si trattano su base privata e non in Borsa come le azioni?

Lo scenario inglese da simulare per gli stess tests è da incubo: disoccupazione al 13,3% e contrazione dell’economia di un ulteriore 2,3% che porti il tendenziale annuo a qualcosa come l’8,1% di calo del Pil. Per passare il test la Fsa ha reso noto che la ratio del Core Tier 1, ovvero l'indicatore di riserva degli istituti, dovrà essere superiore al 4%. Questo avviene nei paesi seri, altrove ci si fa dettare le regole da dilettanti allo sbaraglio che non vogliono altro che l’egemonia sulla nuova Europa che va formandosi: è brutto dirlo, ma ora come ora Germania e Francia sono nostri nemici. E come tali andrebbero trattati fino a quando non torneranno a portarci un po’ di rispetto.

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2010/3/12/FINANZA-Gli-errori-di-Francia-e-Germania-costeranno-cari-all-Italia/72319/

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