posted by Frank Galvagno
Nell'immaginario collettivo è piuttosto diffusa l'idea che, un giorno, torneremo tutti a riscaldarci con la cara vecchia legna. Questo, soprattutto a causa dell'aumento dei prezzi della bolletta del gas (o del GPL, o del gasolio, con poche differenze), accompagnato anche dalle cattive notizie di "disponibilità strategica" del gas russo che arriva all'Europa via gasdotti che attraversano Stati "politicamente instabili" (uno su tutti, l'Ucraina).
Personalmente, trovo l'idea particolarmente affascinante e pittoresca; questo, da un punto di vista psicologico. Proviamo, invece, ad approcciare il problema sotto una visuale un po' più scientifica.
La domanda è: abbiamo abbastanza legna? Gettando un'occhiata di massima alle riprese aeree televisive domenicali delle trasmissioni dedicate al verde, verrebbe da rispondere affermativamente. In realtà, le cose non sono così semplici. Prendiamo ad esempio una regione come il Piemonte, che non è sicuramente povera di boschi (per rapporto ad altre regioni italiane). L'analisi va però fatta relazionando la superficie boschiva con il n° di persone (meglio: unità abitative) e con il fabbisogno unitario, quest'ultimo legato al grado medio di isolamento termico delle abitazioni. Non solo: occorre considerare un "flusso" legnoso compatibile con la velocità di rinnovamento dei boschi, pena il loro impoverimento (intaccamento della biomassa "capitalizzata") e il rischio reale di overshooting della risorsa.
Bene, questo studio è stato effettuato dall'IPLA (Istituto per le Piante da Legno e l'Ambiente), ed è stato presentato in ottobre 2007, in sede di convegno ad Alpi expo. Tra le altre cose, è stato calcolato che la ricrescita in tutto il Piemonte sarebbe sufficiente per il riscaldamento di circa 40.000 abitazioni su circa 1.700.000 (ipotizzati 100 m2 medi per abitazione). Vale a dire, meno del 3% delle famiglie piemontesi.
Se ci si volesse ostinare a sostituire "militarmente" gli altri combustibili fossili per riscaldamento con la legna, l'ovvia conseguenza sarebbe il rapido impoverimento dei boschi, con tutti i problemi conseguenti di ricrescita vegetale e di erosione dei suoli.
In realtà, da questo documento-studio si evince (alla slide "consumi di biomassa solida") che il contributo energetico al riscaldamento in Piemonte è di circa l'11%, circa 4 volte superiore al tasso di ricrescita dei boschi locali.
La realtà è che abbiamo già iniziato a intaccare il patrimonio boschivo. Molto istruttivo è questo documento, dove si vede (pag. 35) che il minimo prelievo dai boschi è stato nel 1973, quando il petrolio era a 4,7 $/barile.
La biomassa avrà senz'altro un ruolo importantissimo nel futuro, sia in termini di materia prima per intermedi chimici, che di reservoir energetico per la combustione. Ma un conto è utilizzare un po' di legno per integrare un riscaldamento efficiente durante le due-tre settimane/anno di minimo termico, altro conto è affidarsi interamente alla biomassa come fonte energetica di rimpiazzo per i combustibili fossili, lasciando inalterati i nostri obsoleti (mediamente) impianti di riscaldamento e sistemi di coimbentazione.
Come ha ricordato in lista Massimo Ippolito, concettore del Kitegen, riporre grandi speranze in un ciclo energetico a basso EROEI (circa 2,5 per la combustione di biomassa legnosa) potrebbe rivelarsi un boomerang, e potremmo non avere diritto a un secondo lancio.
PS 1: non stiamo qui ad approfondire la "leggera" differenza in termini di polveri emesse nella combustione tra la legna e metano (o il GPL), amplificata in città con abitanti dell'ordine delle centinaia di migliaia di persone
PS 2: ringrazio Massimo Ippolito e Luca Mercalli per l'ispirazione e per il supporto documentale fornito
Etichette: biomasse, EROEI, limiti dello sviluppo
# posted by Frank Galvagno : 10:06 AM 9 comments links to this post
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