March 17th, 2010 by Leonardo
Mi innesto nel filone di discussione già partecipato da fonti ben più autorevoli: i CDS. L’argomento è stato affrontato da Seminero e Giannino utilizzando anche (il primo) riferimenti molto tecnici alle tecniche di copertura; tale approccio evidenzia che un politico qualunque difficilmente potrà capire di cosa sta parlando, e che la stampa più comune non è in grado di esporre adeguatamente il problema, ergo all’uomo della strada non può arrivare un’informazione completa e diviene manipolabile.
L’argomento è stato affrontato ottimamente anche dal nostro Silvano, con tanto di critica all’informazione ufficiale, dallo stesso poi richiamata in commento al pezzo di Seminero.
Marco Onado sul Sole24Ore, dopo aver sparato ad effetto che il volume dei CDS è passato da $ 630 miliardi a $ 36mila miliardi, ammette che i CDS sui titoli greci ammontano a circa il 3% del relativo debito sovrano, quindi molto poco; l’andamento dei CDS è stato semplicemente una spia del deterioramento (percepito) delle finanze greche. Nonostante questo Onado ci dice che i CDS, in specie quelli Naked, sono stati un amplificatore della crisi. È già interessante questo: i CDS non creano più le crisi, le amplificano, ma invece di andare a cercare le vere cause della crisi ci si ferma prima e si demonizza la prima cosa oscura che si trova. È informazione?
E quale è il meccanismo dell’amplificazione? I Naked CDS avrebbero permesso di aumentare il volume delle esposizioni rispetto all’ammontare di titoli (greci nel caso) e nessuno sa quanti CDS un certo ente ha venduto e quindi neppure la sostenibilità dell’impegno al verificarsi del default dell’oggetto di protezione. Ne segue la necessità di un mercato ufficiale con tanto di cassa di compensazione e margini vari per dare trasparenza al segmento.
I CDS sono come l’assicurazione sui mutui, sulla casa, sull’auto, sulla barca, sul gatto… Aver la possibilità di risarcimento in caso di danno stimola a prendere una certa posizione; certe posizioni non si prendono se non si risolvono certi rischi. Un Paese va in deficit; il deficit deve venir coperto con titoli di Stato; il mercato non compra i titoli, almeno non a certi tassi dato il rischio di default del Paese. Se c’è a disposizione un titolo CDS che mi copre il rischio di default, allora il mercato lo combina con il titolo di Stato, così il rendimento totale dell’operazione sarà minore di quello del titolo di Stato (il CDS ha un costo), ma il rischio verrà risolto, e il Paese avrà trovato come finanziarsi. Questo è un semplice schema di hedging, copertura di un rischio. Si può poi valutare se il costo della copertura, la riduzione di rendimento sull’intera operazione, vale la riduzione di rischio e quindi regge il confronto con altri titoli di per sé meno rischiosi (veloce traduzione dell’articolo di Seminero); questo si chiama “arbitraggio”, ed è come il prezzo del CDS si allinea alle condizioni dei titoli.
Perché il prezzo del CDS possa velocemente adattarsi alla percezione di default del mercato ed alle caratteristiche delle emissioni, occorre che i titoli possano venir continuamente scambiati formandosi così i dovuti prezzi; essendo parte dei CDS “immobilizzati” in hedging, devono essercene altri (Naked) da scambiare per formare prezzi di mercato, quindi tirare un parallelo tra nozionale e sottostante non ha molto senso (nel caso della Grecia comunque siamo a solo un 3% del debito, quindi è un falso problema). Qui arrivano gli speculatori: due parti si passano i titoli anche senza ragioni di hedging “speculando”, cioè scommettendo l’una che il prezzo sia troppo alto e l’altra che il prezzo sia troppo basso. Uno solo avrà ragione, quindi per rapida deduzione uno perderà e uno guadagnerà “azzeccando” il prezzo più vicino al valore effettivo del default. Mi spiegate perché il fatto che sul mercato resti chi individua il “corretto” prezzo del CDS, segnalando la percezione del default di un titolo, significa “amplificare” la crisi? Se rivelare una condizione di difficoltà è creare una crisi allora dovremmo “tacere” su tutto alla faccia della trasparenza. L’ottimismo è il profumo della vita! Ma sì, eliminiamo i CDS, i bilanci delle banche, degli Stati… diciamo che tutto va bene e la crisi sparirà da sola! Roba da psiconani…
Intermezzo. Qualcuno ha sollevato il problema che un Naked CDS sia come assicurarsi sulla casa del vicino, o sulla vita stessa del vicino. A parte quanto ricordato magistralmente da Silvano, segnalo che è possibile assicurarsi sulla vita di un terzo: è un contratto di assicurazione possibile previa autorizzazione (con annesso gesto scaramantico) da parte della persona oggetto dell’assicurazione. Se i CDS fossero una assicurazione e non un titolo mancherebbe (forse) una esplicita approvazione ed esempio del Governo greco; considerando che senza CDS il mercato dei titoli di Stato greci sarebbe più arido, costringendo il Governo greco a pagare tassi ben più alti, voglio proprio vedere Papandreou revocare “per scritto” la propria autorizzazione… In ogni caso basta con queste forzate analogie!
Infine, come dice Silvano, esistono altri mercati OTC come quello degli IRS; anche qui manca una standardizzazione legale (benché gli accordi ISDA risolvano praticamente il problema), anche qui manca una cassa di compensazione, e una piattaforma di scambio e quotazione ufficiale (però tra Bloomberg, Reuters, e “speculatori” che lavorano su entrambi si hanno in realtà riferimenti sufficientemente rappresentativi), ed anche qui si fanno “scommesse” tra tassi fissi e variabili senza che sia richiesta prova di hedging. Analogamente a quanto sostenuto da Onado (e altri), si dovrebbe accusare la speculazione di distorcere il rapporto tra tassi fissi e variabili causando segnali che possono guidare una crisi sui tassi. Questo non accade, perché dovrebbe accadere solo sui CDS? Forse semplicemente non vale nemmeno per i CDS. Anche nel mercato IRS c’è il rischio di creare derivati per rischi potenziali in misura ben superiore al proprio patrimonio, ma l’IRS non ha il fascino del CDS.
Effettivamente non è una pratica “sana” quella di creare “assicurazioni” in misura “enorme” perché un classico “cigno nero” di Taleb può comportare da parte “dell’assicuratore” più esborsi di quelli che può sostenere e quindi il fallimento suo e, probabilmente, degli assicurati. Siccome non ritengo gli operatori del mercato “ebeti”, ci deve essere un motivo per cui finora non è interessato questo “rischio di controparte”, ad esempio la consapevolezza dei bail-out. Io non mi spiego altrimenti come una finanziaria possa acquistare un CDS (o altro derivato) non curandosi dell’esposizione della controparte. In realtà nella mia breve esperienza sui derivati posso dire che una qualche valutazione del rischio di controparte esiste sia da parte del venditore che dell’acquirente (magari svolta velocemente controllando il rating… e non ridete!), e se questo vale per un IRS non vedo come non valga per un CDS. Per lo più chi “monitora” è colui che ha al momento una posizione “creditoria”, perché il “debitore” in fondo ha interesse che il “creditore” fallisca sciogliendosi così l’accordo, e questa asimmetria può spiegare perché fino a un certo punto nessuno si è curato molto dell’esposizione di Goldman Sachs o AIG.
Ma un mercato ufficiale risolverebbe il problema? Basterebbe l’obbligo di fornire informazioni sulle emissioni in derivati insieme alla Relazione Trimestrale (e dubito che l’informazione non sia già disponibile) in forza di uno standard contabile internazionale, e per far questo non serve un mercato ufficiale. Tra l’altro la presenza di un mercato ufficiale non garantisce né contro frodi né contro sospetti di manipolazioni (ma seguite le vicende della Borsa o no?).
Tornando al problema originario, la sfiducia deriva dall’indisciplina fiscale, e questa non discende dalla possibilità di altri di coprirsi da un rischio nell’acquisto di un titolo di Stato, ma dall’immunità politica (tramite il voto) di chi crea il debito pubblico, dall’indisciplina fiscale di alcune realtà politiche clientelari, e da stimoli e aiuti della politica monetaria che annullano i riferimenti di disponibilità e costo del capitale incentivando invece l’attualizzazione della spesa (citando Silvano, “qui su IHC, attendiamo fiduciosi l’intervento di qualche notabile columnist del FT o del WSJ che ci illumini sulle conseguenze non intenzionali delle politiche fiscali e monetarie degli ultimi lustri”).
Senza indisciplina fiscale non c’è CDS che tenga, basta nascondersi dietro pezzi di carta!
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