Pubblicato da Pietro Cambi alle 12:18 in Apocalypse now, Bugie, Energia, Finanza, Mass media
Sul numero di Gennaio di "Le Scienze", edizione italiana di "Scientific American", è stato pubblicato un articolo di Leonardo Maugeri, dal titolo "Più petrolio dalla Terra", con un richiamo in copertina che recita: "E se il petrolio durasse un'altro secolo?". Ad un fissato dei corsi e ricorsi storici, come il sottoscritto, l'articolo di Maugeri ricorda molto da vicino gli ultimi mesi del III Reich, quando, in un ultimo supremo sforzo, cercò di dimostrare l'indimostrabile, ovvero che, grazie alle sue ultime e segretissime armi segrete, sarebbe riuscito a rovescare le sorti della guerra, ormai chiaramente perduta.
Come andò a finire lo sapete bene: nonostante le V1, le V2, i Tigre II, i FW 190 Dora, i Ta 152, i Me 262, nonostante una poderosa spallata nelle Ardenne, con la quale riuscì a fermare per un paio di mesi l'avanzata alleata, la pura e semplice massa, industriale, umana, militare di questi ultimi fu sufficiente ad avere ragione, pochi mesi dopo, delle ultime, ostinate resistenze.
Non che le armi messe in campo non fossero in grado di ribaltare davvero il conflitto.
Solo che furono messe in campo troppo tardi, furono commessi errori nelle priorità dell'allocazione delle risorse, si traccheggiò troppo intorno ad obbiettivi e specifiche tecniche impossibili da raggiungere, etc etc. Una per tutte: il caccia a reazione Me 262 avrebbe potuto essere messo in linea tre anni prima, verso la fine del 1940. Il ritardo fu dovuto alla ostinazione di volere a tutti i costi un cacciabombardiere in picchiata a reazione, cosa che il povero Me 262 non poteva, strutturalmente, essere.
Ovviamente il paragone non ha nulla di morale o politico, ci mancherebbe.
Quel che colpisce, nell'articolo di Maugeri, è un ottimismo talmente disperatamente di facciata da dare, davvero, la sensazione di una cancelleria assediata da forze soverchianti.
Il tenore, riassumo brevemente, magari parzialmente ( che ci volete fare...) è il seguente: vi sono numerosissime zone ancora inesplorate che ci daranno tantissime nuove scoperte; inoltre, punto fondamentale perchè da li prende l'avvio l'articolo, con nuove tecnologie si può raddoppiare la quantità di petrolio estraibile dai giacimenti esistenti. La falla nel ragionamento di Maugeri è dovuta da un lato al fatto ( che tra l'altro ammette lui stesso nell'articolo) che la maggior parte dei giacimenti recenti ( ovvero quelli degli ultimi venti anni) viene sfruttata cosi fin dall'inizio, cosa del resto provata dalla triste storia del colosso Cantarell (e poi Debora dice che non la leggo...) in Messico.
Dall'altro alla infondata speranza che i vari scisti bituminosi, sabbie bituminose, pozzi profondi nelle piattaforme oceaniche, sotto i poli e in ogni "bacino sedimentario" possano invertire la tendenza, ormai quarantennale, che vede in calo inesorabile le scoperte, da più di vent'anni inferori ai consumi.
Non succederà perchè le scoperte "di carta", i contratti di sfruttamento, le quote di produzione allocate, i tetti, etc etc devono poi trovare una realizzazione pratica, tempestiva, efficace e manca, semplicemente, il tempo per invertire la tendenza in atto.
Maugeri, per una tesi tanto ardita avrebbe dovuto interfacciarsi, seriamente, con i "picchisti" e confutarne le tesi. L'ha fatto ma cosi da lontano ed in modo cosi superficiale da risultare fortemente sospetto.
In tutto il suo articolo si trova solo questo grafico
da cui risulterebbe che Colin Campbell, nel 1998, aveva torto, che la capacità predittiva dei modelli utilizzati è nulla e che quindi i picchisti non sono da prendere in considerazione. Peccato che le cose non stiano cosi, come potrete vedere da soli confrontando il grafico in apertura di questo post con l'ultimo disponibile da "The Oil Drum", Novembre 2009 , che prende in considerazione anche i pozzi sotto i 600 metri di profondità, i bitumoschifi etc etc.
Per vostra comodità ho sovrapposto, alla stessa scala, i due grafici in questa immagine
Come vedete la previsione di Campbell era quasi perfetta per la produzione esclusi i pozzi marittimi profondi e comunque anche tenendo conto di questi ( linea rossa e verde) si riesce solo a rallentare il crollo della produzione, posticipandolo di un paio di anni da quanto previsto 12 anni e almeno 300 miliardi di barili fa (il 30% del totale delle riserve per avere una idea). Quando Campbell scrisse il suo storico "The end of Cheap Oil"per Scientific American, nel 1998, il petrolio era ai suoi minimi storici ed ovviamente il concetto stesso di picco del petrolio veniva rifiutato.
Ora i numeri parlano e ci dicono che le previsioni erano molto, molto, vicine alla realtà. Anzi: visto che ovviamente, il prezzo del petrolio è legato a doppio filo all'incrociarsi di domanda ed offerta e questa dipende dalla presenza o meno di un picco, è probabile che quella di Campbell sia una delle migliori previsioni di "carattere economico" mai fatta.
La straordinaria quanto infondata affermazione che Campbell e gli altri teorici del picco abbiano torto avrebbe richiesto prove e confutazioni altrettanto straordinarie. Prove che latitano completamente nell'articolo di Maugeri.
Pare strano che una rivista che aveva a suo tempo pubblicato "The end of Cheap Oil", abbia potuto pubblicare "E se il petrolio durasse un'altro secolo?", vista l'enorme, evidente, differenza di livello scientifico.
Questo senza considerare un vago, potenziale, possibile, conflitto di interesse.
Mai provato a chiedere al responsabile ricerca e sviluppo della Fiat un parere sul futuro dell'auto con motore a combustione interna?
Ancora meglio: dovendo parlare del futuro dell'auto in modo rigoroso e scientifico, affidereste a lui l'arduo compito?
In ogni caso tranquilli, pare che il petrolio irakeno ci salverà tutti, per i prossimi venti anni, superando addirittura la produzione Saudita.
Certo.
Certo, certo, certo, certo, certo.
Pat. Pat. Pat. Pat. Pat.
Su da bravo, prendi la medicina; è amara ma fa tanto, tanto, tanto, bene...
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