Il Presidente americano Barack Obama sta premendo sul governo di Pechino chiedendo una rivalutazione dello Yuan che lo riporti ad un tasso di cambio più orientato al mercato, una condizione considerata essenziale per permettere una crescita bilanciata delle economie mondiali.
In sostanza l’amministrazione Usa accusa Pechino di tenere artificialmente basso il tasso di cambio della moneta cinese per favorire il suo export. Non si tratta solo di una discussione teorica. La pressione della amministrazione Usa è estremamente concreta tanto che il prossimo 15 Aprile il Dipartimento del Tesoro americano presenterà il suo rapporto biennale in cui la Cina potrebbe essere definita come “Nazione manipolatrice di valute” .
“ Il 95% dei consumatori mondiali - afferma Obama - è fuori dai confini americani, e noi dobbiamo competere per questi consumatori perché altri Paesi lo fanno. Non possiamo rimanere in panchina – conclude il Presidente Usa- non possiamo tornare ad una economia basata su bolle passeggere e speculazione rampante”.
Le critiche americane hanno avuto immediata risposta dalle autorità di Pechino. Il vicegovernatore della Banca centrale cinese Su Ning nega che un tasso di cambio dello Yuan più forte possa ridurre il surplus commerciale cinese, e rilancia invitando gli Usa a lavorare per aumentare le proprie esportazioni , invece che accusare altri Paesi. “Abbiamo sempre rifiutato la politicizzazione del tasso di cambio dello Yuan, conclude il banchiere cinese, e non abbiamo mai pensato che un Paese debba chiedere aiuto ad un altro Paese per risolvere i suoi problemi”.
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