giovedì 11 marzo 2010
Ormai siamo al delirio di onnipotenza. Francia e Germania, attraverso i rispettivi leader, stanno trattando l'Unione Europea come fosse il loro collegio elettorale: fanno, disfano, propongono e poi ritirano, correggono il tiro e poi tornano alla carica.
Il compiacente José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea in lizza per farci rimpiangere amaramente Romano Prodi, lancia strali contro gli speculatori e il mercato: «Questi mercati sono tanto mobili quanto opachi. La Commissione chiederà spiegazioni e soprattutto porterà all'attenzione dei partner mondiali la questione a livello di G20». Al centro della discussione, come sempre, i cds, ovvero quegli strumenti finanziari di hedging che funzionano come assicurazione sul rischio di controparte di una terza unità.
Nella volontà di Sarkozy, Merkel e Barroso, infatti, ci sarebbe il bando totale del naked short sui cds di debito sovrano al fine di evitare casi di speculazione come avvenuto - a loro avviso - per la crisi greca. Il naked short, in parole povere, significa trattare al ribasso un cds di cui non si è in possesso: pratica malvagissima ma sicuramente meno inaccettabile del ridurre uno Stato a una sorta di deposito di debiti come fatto dalla Grecia e, come tra poco scopriremo, dalla Spagna del tanto decantato Zapatero.
Peccato che questi signori parlino di cose che non conoscono. Primo, i cds non sono trattati in Borsa ma privatamente, non sono azioni od obbligazioni: quindi, se bando deve essere, questo deve essere anche globale. Se infatti si vieta lo short in Europa, nessuno può vietare a chicchessia di andare a trattare l'acquisto a New York. E, secondo voi, gli americani acconsentiranno alle richieste di Barroso e soci solo per il bene della povera Grecia? Soprattutto mentre mezza Wall Street sta scommettendo contro l'euro e l'altra sta cercando il modo per scaricare su qualcuno dei Pigs il costo, in fatto di affronto, della volontà franco-tedesca di dar vita a una sorta di Fondo Monetario Europeo?
Non fateci ridere, per favore. Inoltre c'è un altro particolare che il triumvirato si scorda: occorre definire per bene cosa si intende per naked shorting sui cds. Il perché è presto detto: significa che una banca o un investitore deve essere in possesso del bond sottostante per poter operare oppure possono farlo anche se sono in possesso di assets sottostanti, ad esempio equities? Non è questione da poco, se vogliamo ragionare seriamente di regolamentazione e non di chiacchiere populistiche. Facciamo un esempio pratico: molte banche e investitori, infatti, hanno usato i cds greci come copertura per le loro esposizioni non solo verso il mercato dei bond ellenici, ma del mercato degli assets di quel paese in generale, come equities o partecipazioni azionarie nelle aziende di quel paese. Come ci si regola in quel caso? Non è loro sacrosanto diritto mettersi in posizione difensiva verso uno Stato alle soglie dell'insolvenza argentina i cui cittadini più abbienti, in nome del bene comune, hanno già spostato 7 miliardi di euro a Cipro, in Svizzera e in Germania per paura di perdere tutto? È colpa delle banche - sì, le stesse banche che piangono miseria e attaccano gli speculatori e poi si comportano allo stesso modo, se non peggio - e degli hedge funds se il governo di Papandreou ha ereditato dei conti pubblici da terzo mondo e ora deve stringere draconianamente la cinghia per non andare in default e rifinanziare prima e ripagare poi i debiti contratti? I quali, solitamente e per buona creanza, andrebbero onorati e non dilazionati attraverso piagnistei in sede europea o al Fondo Monetario dopo che per anni Atene si è rivolta a ben altre entità per nascondere i debiti, leggi Goldman Sachs. Ma questo non si sa, non è dato a sapere: il triumvirato parla di ghigliottina contro la speculazione ma lo fa solo perché in questo periodo va di moda. E soprattutto perché deve distogliere l'attenzione dall'altra colossale topica in cui è incorso: la creazione del cosiddetto Fondo Monetario Europeo, entità di fatto parallela alla Bce che ha già fatto saltare i nervi alla Bundesbank (dove i conti su pro e contro sanno farli) e al Bundestag ma che, soprattutto, per essere creata necessita di modifiche, deroghe e stravolgimenti dei Trattati in atto, complicazione che la Francia ha già detto di voler evitare non vedendo la questione «come prioritaria». Perché l'hanno proposto allora? Perché danno fiato alla bocca invece di pensare seriamente a cosa fare della Grecia, ovvero lasciarla al suo destino salvo intervenire in caso di rischio di effetto domino sulla Spagna e quindi su tutta l'eurozona e la tenuta della moneta unica in generale? Chissà. Una cosa è certa, come faceva notare ieri Martin Wolf sul Financial Times: la tesi tedesca della rigidità fiscale necessita, kantianamente, dell'antitesi spagnola del deficit. Insomma, la Germania deve scegliere se continuare il suo cammino solitario all'interno dell'Ue, forte dei dati macro e dei surplus, oppure essere meno Germania per rendere l'eurozona più forte e soprattutto possibile come spazio politico e non solo monetario. Wolf definisce l'attuale crisi «il peggior incubo tedesco dai tempi della riunificazione»: e ha, come spessissimo capita, ragione. Il deficit fiscale di Spagna e Irlanda, ad esempio, è spaventoso e non più sopportabile: quale dei due sarà la prossima Grecia? Chi li salverà? Un altro piano congiunto franco-tedesco? La Bce? Il nuovo Fondo Monetario Europeo o quando le leve dello short colpiranno davvero pesante si smetterà di chiacchierare a vuoto rispetto a bandi e tagliole e si correrà a chiedere pietà all’Fmi? La situazione generale è grave, molto grave e quindi serve estrema serietà da parte di politici, burocrati e regolatori: nessuna delle tre categorie, però, ce la sta fornendo. In compenso le società di rating, socie degli speculatori, che invece si ammantano della postura di giudici imparziali e regolatori del mercato, stanno spianando la strada alla prossima scommessa: l'abbassamento del rating della Gran Bretagna con il downgrading da AAA «in caso non venga posto, seriamente e in fretta, un argine all'aumento del debito pubblico, il peggiore in assoluto nel club dei paesi a tripla A». Lo dice, chiaro e tondo, Fitch attraverso Brian Coulton, capo del dipartimento dei rating sovrani dell'agenzia: il deficit britannico sul Pil è al 12,6%, e quindi si potrebbe anche pensare a una soluzione shock del genere. Ma, come abbiamo detto giorni fa, l'indipendenza monetaria è ciò che mette al riparo la Gran Bretagna da rischi di rifinanziamento del debito, a differenza della Grecia ad esempio. Certo il mercato dei bond inglesi patisce molto l'inflazione e l'ipotesi di una maggioranza non qualificata alla prossime elezioni spaventa i mercati ed elettrizza gli speculatori, ma vedrete che nulla di questo accadrà: anzi, la sterlina si riprenderà e a pagare il conto sarà il sopravvalutato euro, destinato a finire a quota 1,30-1,40 sul pound entro settembre. La grande incognita globale ora resta la Cina: accetterà la rivalutazione della sua moneta e il peg con il dollaro come annunciato oppure userà ancora il ricatto della diversificazione di riserve e investimenti per spaventare Washington? Una cosa è certa: avendo acquisito tutti i porti del Pireo, oltre a molto altro, tantissimi cds a copertura delle equities greche sono stati comprati da Pechino: chissà come mai né Barroso, né la Merkel, né Sarkozy hanno lanciato strali e puntato il dito. Lo strabismo verso New York, Londra e il libero mercato è davvero grave nel caso del nostro triumvirato: o, come diceva Nicholas Ridley, ministro della Thatcher, nel 1990, riferendosi all'unione monetaria europea, si tratta di «un racket tedesco creato per conquistare l'Europa». Certo i termini furono forti e gli costarono il posto ma, alla luce di quanto sta accadendo in queste ore, forse non aveva tutti i torti a livello di contenuti.