Poveri cugini americani. Si trovano nel bel mezzo della peggior crisi economica dai tempi del catastrofico ‘29, e in più devono sorbirsi un’informazione che assomiglia sempre di più alla gloriosa propaganda dei tempi del fu Istituto Luce (quella, per capirci, del nostrano ventennio).
I fatti. Questa settimana il dipartimento del lavoro degli Stati Uniti ha sfornato i nuovi dati sulla disoccupazione. Che hanno scatenato - per lo meno sulle pagine dei giornali - una nuova ondata di ottimismo. Il New York Times è arrivato a parlare di “segnali di rinascita”. I quotidiani tricolori, al solito, lo hanno seguito a ruota. Ma le cose stanno proprio così? Sì, ma no. Spulciando il rapporto del dipartimento del lavoro, infatti, si scopre che - in effetti - il tasso di disoccupazione sarebbe diminuito. Passando dal 10% di dicembre 2009 al 9,7% di gennaio 2010. Ma c’è appunto un ma. Le aziende avrebbero, infatti, tagliato 20mila posti di lavoro.
Possibile? Nella realtà, no. Ma statisticamente, sì. Per due ragioni. La prima, la spiega assai bene Calculated risk - blog economico che negli Usa è un vero e proprio punto di riferimento per gli addetti ai lavori. In pratica. Il tasso di disoccupazione viene calcolato intervistando un campione di lavoratori. Il numero di posti di lavoro creati o distrutti, invece, viene stimato con un’altra serie di interviste, ma fatte alle aziende. Ecco perchè i risultati possono divergere. O per dirla con un’espressione cara a un ruspante politico tricolore: possono non “azzeccare” tra loro. E ancora, e più importante. Ragione numero due. I disoccupati sarebbero meno (14,8 milioni di senza lavoro a gennaio 2010 contro i 15,2 milioni di dicembre 2009). Epperò. Anche l’esercito di persone che il lavoro non lo cerca proprio più (perchè ormai dispera di trovarlo) avrebbe ulteriormente ingrossato le sue fila. A dicembre 2007 - quando è iniziata ufficialmente la recessione negli Usa - gli “scoraggiati” erano 363mila. A dicembre 2009, erano quasi triplicati: 929mila. E ora - a gennaio 2010 - hanno sfondato la barriera del milione (per la precisione, sarebbero circa 1milione e 65mila). Cui va aggiunto un altro milione e mezzo di persone che il lavoro l’ha perso e non l’ha cercato, ma solo nel mese di gennaio. Per cui - in base ai metodi dell’ufficio di statistica - non merita ancora l’appellativo di scoraggiati. Scoraggiatelli, li potremmo definire.
Dirà qualcuno di voi: embè? Embè questi scoraggiati e questi scoraggiatelli non vengono calcolati nel novero dei disoccupati. Stanno a parte, diciamo. Una scelta che - con un po’ di malizia - si potrebbe definire un bel modo di nascondere la polvere sotto il tappeto.
E di polvere sotto il tappeto, gli Stati Uniti ne hanno accumulata tanta. E non solo durante la crisi.
Per capirci. Dalla fine della seconda guerra mondiale, il numero dei lavoratori è sempre cresciuto (come ben dimostrano i dati raccolti dallo stesso dipartimento del lavoro Usa). Merito dell’emancipazione femminile e delle tante donne che hanno abbandonato le mura domestiche per andare in fabbriche e uffici. Poi a partire dall’anno di (dis)grazia 2001 - quello dell’esplosione della cosiddetta “bolla delle dot-com” - qualcosa si è rotto.
I freddi numeri. Secondo il dipartimento del lavoro americano, la popolazione attiva nel 1948 era pari al 58,6% delle persone in età da lavoro. Una cifra che è continuata a salire e salire fino al 2001, quando ha toccato quota 67.2 per cento. E poi? E poi le cose sono andate così…
(Via Bureau of Labor Statistics)
… rompendo un trend durata più di mezzo secolo e inaugurandone uno nuovo di zecca. Un nuovo trend che - in questi due anni di crisi - ha avuto una poderosa accelerata.
Accelerata che è sempre rimasta sotto traccia, proprio perchè non ha mai “guastato” i numeri del tasso di disoccupazione, grazie al trucchetto statistico di cui sopra. E infatti. Dall’inizio della crisi, i numeri della disoccupazione negli Stati Uniti sono andati così…
(via New York Times)
… ovvero: prima c’è stato un vero e proprio tonfo, poi il ritmo di caduta ha preso, per fortuna, a decelerare, fin quasi a fermarsi. Peccato solo che - contemporaneamente - in molti abbiano rinunciato completamente a lavorare. Ovvero: che la percentuale di popolazione attiva sia sceso così…
(Via Bureau of Labor Stastics)
Un bel problemuccio. Che viene, purtroppo, da lontano. E che dovrebbe dare da riflettere. Anche perchè il nodo, a ben vedere, sta tutto lì. Ovvero se la gente lavora o non lavora. E questo - statistiche o non statistiche; ottimismo o pessimismo - i cittadini Usa lo sanno benissimo.
Insomma: per stappare lo champagne, c’è ancora tempo. Forse pure parecchio.
P.S. A ben vedere nell’ultimo rapporto sulla disoccupazione a stelle e strisce una notizia davvero buona c’era: i lavoratori costretti dalle aziende a fare part time sarebbero scesi da 9,2 milioni a 8,3 milioni. Non una svolta, ma dopo 24 mesi di catastrofe, è comunque qualcosa. La cattiva notizia, invece, è che l’anno scorso il dipartimento del lavoro americano aveva - tanto per cambiare - peccato di ottimismo. Per cui ora sono spuntati fuori 600mila disoccupati in più.
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