venerdì 12 febbraio 2010
Marc Faber è il direttore di Gloom, Boom and Doom report, una delle letture cult per chi si occupa di economia e finanza, ma anche una sorta di bollettino del pessimismo: peccato che ci prenda quasi sempre. Interpellato ieri a New York dalla Cnbc, Faber ha così parlato del pacchetto di salvataggio della Grecia posto in essere dall'Ue: «Il livello di debito rispetto al Pil e le liabilities esterne per gli Stati industrializzati - Usa, Uk ed Europa - è talmente alto che escludere un default appare irrealistico. Quando il peso del debito diverrà eccessivo, quelle esposizioni andranno rifinanziate e per farlo gli Stati dovranno stampare moneta: ecco, a quel punto i default divengono probabili oltre che possibili».
Speriamo questa volta si sbagli, anche se in effetti è tutta da valutare la bontà del piano tedesco per salvare Atene: basterà? Non si rischia l'anarchia fiscale nel Club Med? E poi, come intervenire sui tassi di interesse pagati ad esempio dai bond: quelli greci, per attrarre, sono sopra al 6%, quelli tedeschi pagano poco più del 3%. Eppure, sono entrambi in euro: quanto reggerà il già labile equilibrio del “rischio paese” in un area che dovrebbe essere omogenea e invece non lo è affatto? E, soprattutto, come valutare realmente la solidità degli Stati quando un paese membro come la Grecia ha truccato per mesi i conti e la Germania mette di fatto off-balance-sheet a livello politico le centinaia di miliardi di assets tossici presenti nelle sue banche per non perdere il rating forte?
Domande che certo non troveranno una risposta nel vertice Ue, né nella decisione della Bce di cominciare a recedere dalle misure di emergenza anti-crisi dal prossimo mese di marzo: si alzeranno i tassi, sfidando un po' di inflazione, ma colpendo definitivamente chi cerca di destabilizzare l'euro e l'intera Eurolandia? Agli inizi di marzo, infatti, il Consiglio direttivo della Bce deciderà come procedere nel rientro delle misure straordinarie di liquidità che non risultino più necessarie: «Al fine di contrastare con efficacia qualsiasi rischio per la stabilità dei prezzi nel medio-lungo periodo, la liquidità erogata sarà riassorbita quando necessario. Il Consiglio direttivo - assicura - continuerà a seguire con molta attenzione tutti gli andamenti del prossimo periodo».
Peccato che la crescita dei prestiti bancari resterà comunque «debole» nei prossimi mesi. Per la Banca centrale europea peserà lo sfasamento temporale fra la ripresa economica e la domanda di finanziamenti: inoltre la crescita zero dei prestiti al settore privato rispecchia «il persistente incremento della crescita dei prestiti alle famiglie, mentre per le società non finanziarie la contrazione si è ulteriormente accentuata».
Per le banche - scrivono i tecnici dell'Eurotower - la sfida è «adeguare le dimensioni e la struttura dei bilanci assicurando nel contempo la disponibilità di credito al settore non finanziario», in particolare alle imprese. Una sfida che impone di «sfruttare il miglioramento delle condizioni di finanziamento e rafforzare ulteriormente le proprie basi patrimoniali». Ma veniamo a ciò che importa davvero. Per quanto riguarda il capitolo dei tassi di interesse di Eurolandia, l'organismo presieduto da Jean-Claude Trichet, li considera «adeguati», in uno scenario inflazionistico moderato e in vista di una ripresa che per il 2010 proseguirà a «ritmo moderato» e «discontinuo». Secondo l'istituto di Francoforte i dati più recenti indicano «che l'attività economica avrebbe continuato ad espandersi negli ultimi mesi del 2009 e agli inizi del 2010». Insomma, si sale o no? Pare di no, forse l'ok tedesco al piano di salvataggio rende meno spaventosi gli speculatori di cds: questo, ad esempio, è un errore madornale. Passata la paura bisogna arrivare nella condizione che questa non torni evitando situazioni analoghe, non godendosi una buona notte di sonno e rimandare la risoluzione a data da destinarsi. Anche perché tra i rischi che gravano sulle prospettive di ripresa, la Bce cita il venir meno delle misure di sostegno pubbliche, le necessarie strette di bilancio per risanare i conti ma anche le prospettive del mercato del lavoro: «La disoccupazione dovrebbe continuare a registrare un certo incremento nell’area dell’euro - si legge - attenuando la crescita dei consumi». E quali soldi potranno mettere in campo i governi per rendere meno dura la vita ai propri cittadini? Nessuno. O briciole. Ma la Bce, da buon gendarme ottuso qual è dell'ortodossia di Maastricht (i cui risultati pratici sono sotto gli occhi di tutti con quattro, cinque stati a rischio default sul debito), ciò nonostante, torna a insistere sulla necessità di procedere a credibili e consistenti programmi di risanamento dei conti pubblici: «I Paesi dovranno rispettare gli impegni assunti nel quadro delle procedure per disavanzi eccessivi», viene ribadito nel bollettino mensile. «È della massima importanza che il programma di stabilità di ciascun Paese poggi su misure concrete in linea con le strategie di uscita dalle misure di stimolo, e con le strategie di riequilibrio dei conti per il prossimi futuro». Insomma, Francoforte quando si vede a rischio accetta di fare figli e figliastri, dando alla Grecia ciò che aveva negato all'Irlanda e poi, come se nulla fosse, torna con il mantra del rigore nel miglior stile della botte piena e la moglie ubriaca. Togliete l'amido dal cervello di questa gente o finiremo davvero male. In compenso, negli Usa hanno una Fed ultra-operativa sul fronte della lotta all'iper-inflazione ma anche una bolla immobiliare che la doppia pagina di approfondimento del Wall Street Journal di mercoledì descrive come potenzialmente letale. Pronti, quindi, a una seconda ondata di shock: al centro del gioco sempre Fannie Mae e Freddie Mac, colossi dei mutui casa che continuano a drenare soldi pubblici per restare in piedi, creando così una distorsione e una mancata accettazione del moral hazard da parte dei cittadini. Per Barney Frank, democratico del Massacchusetts, «più forte si fa rotolare la lattina giù dalla strada, più saranno grandi i danni che farà». E Obama, al momento, non ha alcuna intenzione di smettere con il supporto. Anche perché i tassi di insolvenze sui mutui crescono, il mercato langue e lo Stato, per iniettare denaro, è di fatto detentore di azioni privilegiate con un dividendo del 10% e proprietario del 79,9% delle società attraverso warrants. Insomma, gli americani usano le loro tasse per mantenere aziende decotte che sono di fatto già loro e che, quindi, se andranno in malora porteranno con sé il proverbiale danno oltre la beffa. Anche perché il nuovo programma per stimolare i rifinanziamenti di mutui, il cosiddetto HAMP, sta portando risultati risibili a fronte dello sforzo monetario messo in campo: tanto più che sia a livello morale che pratico dare incentivi a banche e finanziarie affinché queste abbassino le rate dei mutui appare suicida vista la bella avventura dei subprime. Insomma, tutto sembra in ordine: l'America cresce di oltre il 5% e l'Europa si compatta in difesa della sorella Grecia. I costi di entrambi questi dati falsati e distorti sta in quanto avete letto finora: senza risposte chiare, avremo soltanto una dilazione nel tempo del nostro tasso di default. L'Europa, per caso, ha imposto un piano di rientro dei capitali - 7 miliardi di euro - che i cittadini greci facoltosi hanno spostato negli ultimi giorni all'estero? No. Sono la garanzia per le banche, soprattutto tedesche, in caso di default. Anche perché l’esposizione verso il Club Med della Francia è di 835 miliardi di dollari, cifra pari al 30% del suo Pil, e quella della Germania è di 707 miliardi di dollari, pari al 19% del Pil. Il rischio di default, come potete ben vedere, è tutt'altro che scongiurato. Ma questo è molto inelegante da ammettere. E a Francoforte ci tengono a forme e modi.
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